La SPD ai tempi di Martin Schulz
- 19 Marzo 2017

La SPD ai tempi di Martin Schulz

Scritto da Lorenzo Cattani

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Martin Schulz: una carriera partita dal basso

La carriera di Schulz all’interno della SPD inizia molto presto: il giovane Martin vi entra infatti a 19 anni nel 1974. In seguito, 13 anni dopo, sarebbe diventato sindaco di Würselen, città della Nordrhein-Westfalen e nel 1994 avrebbe intrapreso la carriera di europarlamentare, che gli darà una certa notorietà e lo porterà alla candidatura a presidente della Commissione Europea alle ultime elezioni del 2014 (elezioni che il PSE perde, mentre Schulz diventa presidente del Parlamento Europeo, riassumendo la carica che aveva ricoperto dal 2012 al 2014). Molti italiani si ricorderanno di lui per il, tristemente, famoso litigio del 2003 durante il quale Silvio Berlusconi gli diede del kapò in risposta a diverse critiche avanzate dall’europarlamentare tedesco (che perlopiù si erano concentrate sull’argomento del mandato d’arresto europeo); tuttavia quella con l’allora presidente del consiglio è solo una delle polemiche che hanno coinvolto Schulz, fra le altre si può anche citare quella con Jean-Marie Le Pen, che lo accusò di avere l’aspetto di Lenin ma di parlare come Hitler.

Le differenze con Angela Merkel non si limitano però al campo politico-ideologico, ma anche su quello personale. Le difficoltà scolastiche e i suoi passati problemi con l’alcol sono elementi che il ministro Wolfgang Schäuble ha sempre sottolineato, mettendo un forte accento sulla vita che Schulz conduceva prima di impegnarsi attivamente in politica (la sua precedente professione era quella di libraio). Tuttavia è proprio da queste differenze fra i loro profili che Schulz costruisce la sua proposta contro Angela Merkel, la quale avrebbe ormai perso il contatto con l’elettorato secondo Schulz, che cerca di avvicinarsi il più possibile agli elettori arrivando persino a reclamare, senza che però ve ne sia ragione, una certa estraneità alle dinamiche interne alla SPD degli ultimi anni (affermazione forte a parere di chi scrive). La sua narrazione è più positiva e idealista rispetto a quella di Merkel, votata ad un pragmatismo che ha mostrato tutti i suoi limiti. Schulz parla infatti della necessità di tutelare l’Unione Europea, per la quale l’opzione delle due velocità non sarebbe consigliabile secondo il socialdemocratico, a cui serve una Germania più equa e giusta, parla anche di migrazioni (anche se su questo argomento le differenze con Merkel non sono molto forti) e soprattutto si concentra sulle riforme che hanno impattato fortemente sulle disuguaglianze e che potrebbero anche aver influenzato (ma su questo bisognerà ancora attendere per dare un giudizio completo) la crisi del debito europeo.  La solidarietà è quindi una parte fondamentale della sua narrazione, che si concentra soprattutto intorno alla critica delle riforme neo-liberiste prodotte dall’Agenda 2010. È molto difficile non dire che sia proprio per la posizione di Schulz nei confronti dell’Agenda 2010 che la SPD sia riuscita a guadagnare molti punti negli ultimi sondaggi. Dato ancora più interessante è che contemporaneamente all’aumento della SPD vi è una discesa nei sondaggi da parte dell’AfD di Frauke Petry, che per la prima volta scende sotto quota 10%, un dato che probabilmente è anche dovuto ad una momentanea “tregua” nella questione migranti, ma che sarebbe ingenuo non leggere anche alla luce dell’aumento di consensi della SPD.

Il ripristino della solidarietà è quindi rientrato prepotentemente nell’agenda della socialdemocrazia e potrebbe avere importanti ripercussioni internazionali: superare l’Agenda 2010 significherebbe infatti superare una crisi ideologica e teorica che attanaglia la sinistra europea da più di 20 anni, trovando un modo per rielaborare, adattandoli alle sfide dei nostri tempi, quegli ideali che la socialdemocrazia promuove da più di un secolo. Cosa ancora più importante è che sia proprio in Germania che venga intrapreso questo percorso perché potrebbe stimolare un diverso tipo di dialogo anche all’interno dell’Unione Europea, ridando energie alle forze politiche “unioniste”, gettando quindi le basi per poter arginare l’avanzata dei partiti più euroscettici.

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Scritto da
Lorenzo Cattani

Assegnista di ricerca presso l’Università di Bologna dove ha conseguito un dottorato di ricerca in Sociologia e ricerca sociale. Ha frequentato un Master in Human Resources and Organization alla Bologna Business School (BBS) e conseguito la laurea magistrale in Scienze internazionali e diplomatiche all’Università di Bologna.

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