A metà strada, ma molto lontano dal traguardo: il rapporto ASviS 2023
- 02 Novembre 2023

A metà strada, ma molto lontano dal traguardo: il rapporto ASviS 2023

Scritto da Tommaso Malpensa

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Il Rapporto ASviS 2023 – d’ora in poi “il Rapporto” – rappresenta un passo rilevante nella storia dell’Alleanza per lo sviluppo sostenibile. ASviS nasce nel 2016 come alleanza di organizzazioni, istituzioni e reti, pubbliche e private, rappresentative di categorie e di segmenti della società civile impegnate nell’attuazione dell’Agenda 2030. Oggi i soggetti aderenti sono oltre 300. L’Alleanza è operativamente organizzata in Gruppi di lavoro tematici, ciascuno con il compito di elaborare analisi e proposte riguardo l’attuazione di un determinato Obiettivo dell’Agenda. Ogni anno a ottobre i risultati di queste analisi e le conseguenti proposte vengono presentati pubblicamente nel Rapporto. Si tratta di un lavoro che unisce gli sforzi di tutta l’Alleanza, con il quale si rende conto dell’attuazione dell’Agenda a livello globale, europeo e nazionale. Il campo di indagine del contesto mondiale copre innanzitutto l’analisi della situazione politica e le principali questioni da affrontare da qui al 2030, mentre l’analisi sull’Unione Europea scende nel dettaglio della realizzazione di ciascun Obiettivo fino al momento della stesura e dei possibili scenari futuri. La terza e la quarta parte si occupano interamente dell’Italia. Al nostro Paese è dedicata l’analisi dell’avanzamento di ciascun Obiettivo e un programma di policy da intraprendere per rispettare la tabella di marcia derivante dagli Accordi di Parigi. Con quest’anno l’Agenda 2030 entra nella seconda metà della sua vigenza, e così ASviS arriva a metà della propria mission. Per questa ragione il Rapporto non è soltanto l’aggiornamento annuale sui campi di indagine dell’Alleanza, ma un primo bilancio dell’attuazione dell’Agenda. È il momento di guardarsi alle spalle e chiedersi: dove siamo rispetto agli obiettivi dell’Agenda? Drammaticamente lontani, risponde il Rapporto.

I primi anni di Agenda 2030 avevano segnato dei significativi miglioramenti a livello globale: tra il 2015 e il 2019 sono stati raggiunti risultati importanti sulla povertà estrema, la mortalità infantile, l’utilizzo delle rinnovabili. La pandemia ha portato via buona parte degli avanzamenti. Il risultato è che di 140 target analizzati, solo 17 sono sulla buona strada, mentre gli altri o registrano progressi insufficienti o subiscono una regressione. Nel frattempo, il 2023 è stato l’anno in cui si è raggiunto l’aumento di temperatura di 1,1°C. La comunità internazionale ha già avuto modo di esprimersi sulla situazione nell’High level political forum di quest’anno, ma le attenzioni dei leader del globo sono rivolte alla COP28 di Dubai, in programma tra novembre e dicembre. Le contraddizioni della Conferenza[1] faranno da sfondo al Global stocktake, il Bilancio globale che prevede la revisione degli impegni di riduzione delle emissioni previsti dagli accordi di Parigi, e restituirà il quadro dell’attuazione dell’Agenda. Il momento non è dei migliori per la stabilità internazionale: l’allargamento dei BRICS e la contrapposizione strategica con il G7, il proseguire delle ostilità in Ucraina e il nuovo scoppio del conflitto israelo-palestinese rendono improbabile la buona riuscita del Summit sul Futuro, vertice voluto da Guterres per rafforzare il dialogo multilaterale sugli obiettivi posti nel Rapporto del Segretario generale dell’ONU. Il progetto dietro questo vertice è giungere ad un nuovo Patto per il futuro che avrà il suo fulcro nel raggiungimento degli SDGs in modo equo nei confronti dei Paesi in via di sviluppo e nella definizione di una Nuova agenda per la pace. Rimangono molti interrogativi per il futuro. Il secolo sarà percorso da varie crisi, in primis climatica, demografica e migratoria, ma anche da grandi cambiamenti dovuti alla tecnologia. Farà la differenza il modo in cui risponderemo a queste sfide, se interverremo too little, too late, generando povertà e disuguaglianze diffuse, o se saremo in grado di compiere il giant leap, unica reale alternativa di trasformazione ecologica e sociale.

Nel frattempo, l’Unione Europea avvicina i suoi SDGs, ma lentamente e con importanti disparità. La crescita della maggior parte dei Goals non supera il 5% tra il 2010 e il 2021, ma ciò che risalta sono le differenze tra i Paesi top e i Paesi bottom, con una forbice media di oltre 20 punti percentuali. I due Goals che migliorano significativamente, Parità di genere e Lavoro dignitoso e crescita economica, sono pareggiati dal regresso nei campi della Vita sulla terra e della Partnership per gli obiettivi. Osservando la serie storica, vi è un progressivo avvicinamento delle condizioni dei Paesi entrati con l’allargamento ad Est del 2004 a quelle dell’Europa occidentale, mentre i Paesi dell’Europa mediterranea, Grecia su tutti, tendono ad occupare con più frequenza le ultime posizioni nella classifica UE. Esistono tuttora situazioni critiche nel territorio dell’Unione: in Romania, sebbene tale percentuale sia in forte calo, il 21% della popolazione vive ancora in abitazioni senza un bagno e una doccia; la Bulgaria sembra bloccata in un processo impossibile di ripresa dove disuguaglianze, lavoro povero e istruzione di bassa qualità sono ormai elementi strutturali, a parte qualche miglioramento nella gestione del territorio. È un’Unione che procede a velocità diverse, ma che vive un momento di scelte profonde per il suo futuro. Il mandato di von der Leyen alla guida della Commissione già dai primi mesi ha rappresentato quell’Unione “più ambiziosa” che il suo programma richiamava. È stato il mandato che ha visto realizzare due grandi piani per affrontare la crisi della pandemia, Next Generation EU, e del ritorno della guerra, RePowerEU, come risposte unitarie a problemi di portata globale. Questi interventi sono sintomi di un processo di integrazione politica irreversibile dove l’Unione Europea affronta come un’unica entità le sfide poste dall’Agenda 2030, e di una pianificazione fondata sul metodo della strategic foresight¸ strumento di tracciamento e anticipazione di rischi e opportunità. L’Europa a trazione von der Leyen ha nella sua visione strategica un programma ambizioso di rafforzamento nel contesto internazionale e di allargamento a un’Unione a 30 e più Stati, con il fine di un’Europa attrice e non spettatrice degli scenari geopolitici futuri. Le proposte del Parlamento, del Consiglio, del Comitato economico e sociale europeo e del Comitato delle regioni tendono tutte verso un’Unione politicamente più integrata, che veda gli SDGs nel proprio insieme come bussola dell’azione politica e che sappia rappresentare meglio le istanze provenienti dal basso. In questo senso si inserisce la proposta della Commissione affari costituzionali del Parlamento di ampliarne le competenze, trasformare il Consiglio in una camera legislativa e costituire un sistema bicamerale con la Commissione come esecutivo. Una soluzione che non rinnega il dualismo tra Stati e Unione, ma apre a prospettive federaliste e nel frattempo assegna adeguata rappresentatività alle istituzioni dell’Unione, garantendo centralità ai rappresentanti dei governi nazionali. Il primo punto del Piano della Commissione per l’Agenda 2030 è stato il programma Green New Deal, strumento per una transizione ecologica giusta, sostanziato innanzitutto nella tassonomia verde per gli investimenti e nell’introduzione del do not significant harm principle. A fianco del tema ambientale si colloca il progetto di un’economia al servizio delle persone che ricerchi la crescita del tasso di occupazione, la riduzione delle disuguaglianze e la dignità del lavoro. Corollari di questi due pilastri sono la transizione digitale, che oggi ha portato alla prima regolamentazione europea sull’intelligenza artificiale, il rilancio di un sistema di welfare sanitario e sociale secondo lo “stile di vita europeo”, la promozione della pace e del dialogo multilaterale nei rapporti con gli altri Stati, così come il rafforzamento della democrazia interna con migliorati strumenti di rappresentanza e trasparenza. Le elezioni del 2024 si prevedono fortemente polarizzate nella visione del futuro dell’Unione.

E l’Italia? L’Italia arranca. L’urgenza scientifica della transizione non si è riflettuta nell’azione di governo e solo una parte minoritaria dell’opinione pubblica conosce l’Agenda 2030. Cresce in maniera significativa, invece, la percentuale di persone scettiche sulla realizzazione dell’Agenda. Al contempo, cresce la consapevolezza della necessità di interventi rapidi e sistemici di contrasto al cambiamento climatico, valutato come priorità tra gli SDGs. Il problema del nostro Paese, in linea in realtà con i risultati generali del resto del mondo e dell’Unione Europea, ma non per questo di maggior conforto, è l’evoluzione insufficiente per gran parte degli SDGs. Ben sei SDGs su diciassette registrano un peggioramento, due sono stabili e i restanti nove migliorano, ma soltanto due, Salute ed Economia circolare, in maniera significativa. Analizzando le differenze regionali il dato è ancora peggiore: le disuguaglianze tra le Regioni si riducono solamente per il Goal 10 (Ridurre le disuguaglianze) e il Goal 16 (Pace, Giustizia e Istituzioni solide), per cinque Goals rimangono stabili e per tutti gli altri peggiorano significativamente. L’Italia non solo non procede verso gli SDGs, ma nel complesso peggiora e non tiene il passo dei partner. In Italia circa 5,6 milioni di persone sono ad oggi in povertà assoluta, e secondo ISTAT sarebbero state molte di più senza le misure di sostegno al reddito varate nel corso degli anni, dal Reddito di inclusione al Reddito di cittadinanza al Reddito di emergenza in pandemia. Il rapporto tra la ricchezza del 20% più povero e del 20% più ricco è cresciuto da 5,3 a 6,2 volte tra il 2010 e il 2022, mentre la mobilità sociale ristagna: solo il 5% della popolazione intervistata ritiene che la sua condizione sia migliorata, mentre il 26% la ritiene peggiorata (con un picco del 51% tra i ceti popolari). La ricchezza si redistribuisce, ma in maniera regressiva. Il sistema Paese non riesce a colmare i divari con il resto d’Europa riguardo la sanità, strutturalmente sottofinanziata e sempre più sulle spalle della spesa diretta dei cittadini, situazione che accentua le disuguaglianze interne. Discorso simile riguarda l’istruzione: l’Italia è indietro già dagli asili nido, ma i tassi di dispersione scolastica (esplicita) raccontano che l’11,3% (36,5% tra gli stranieri) degli studenti abbandona gli studi. Risibili i risultati in materia ambientale, con peggioramenti nella qualità delle acque, nello sfruttamento delle riserve ittiche, nel consumo e nel degrado del suolo. Sebbene il programma Fit for 55 sia già vincolante in virtù del Regolamento europeo sul clima, una legge nazionale sul clima lancerebbe un importante segnale politico, dal momento che con i ritmi di oggi l’Italia giungerà alla decarbonizzazione in circa due secoli e il 9% della popolazione, ma il dato è in aumento, non può permettersi l’energia per scaldarsi o mangiare. Riguardo al Gol 8 (Lavoro dignitoso e crescita economica), si registra un miglioramento del tasso di occupazione. L’Italia rimane però distante dal resto d’Europa in termini quantitativi, ma anche di qualità del lavoro perché dilagano i contratti precari e la disoccupazione giovanile: nel 2022 sono nati 1,8 milioni di contratti a tempo indeterminato, 8,5 milioni a tempo determinato. Di questi circa la metà è inferiore a 30 giorni e spesso precarietà, bassi salari e disoccupazione sono concentrati nelle fasce più deboli della società, cioè donne, giovani e stranieri. Anche i dati sulla Parità di genere, in miglioramento nel resto dell’Unione, non sono positivi. L’Italia sconta il più ampio divario tra occupazione maschile e femminile in tutta l’Unione e stenta ad introdurre politiche paritarie di sostegno alla genitorialità, come il congedo parentale obbligatorio. Il nostro Paese rimane indietro rispetto alle politiche di prevenzione e contrasto alla violenza di genere, mentre i dati sul Goal 16 (Pace, giustizia e istituzioni solide) registrano una crescita delle discriminazioni. Le riforme della giustizia vanno nella direzione della digitalizzazione e della deflazione giudiziaria, ma i magistrati rimangono troppo pochi. Il sistema infrastrutturale è carente sia nei collegamenti su rotaie sia per i servizi di distribuzione: la rete elettrica, idrica e di connessione Internet richiedono ingenti investimenti, da finanziare con il PNRR. Da segnalare positivamente, invece, i progressi realizzati nella responsabilità sociale d’impresa e nel consumo sostenibile, per via del miglioramento delle politiche di educazione della cittadinanza. Tuttavia, questa rondine non fa primavera.

Che fare, dunque? Occorre pensare grandi trasformazioni e agire in fretta. La consapevolezza, d’altronde, è che ogni attimo perso comporta l’innalzamento dei costi della transizione. ASviS propone una cura ambiziosa, i cui interventi sono spesso a costo zero o molto basso. L’approccio dell’Alleanza nella sua proposta è intersezionale. Le misure universali di sostegno al reddito devono accompagnarsi alla riforma progressiva della fiscalità per un nuovo contratto sociale che affronti l’ormai sistemica questione giovanile, ma al contempo il Servizio sanitario nazionale si dovrà attrezzare di fronte alle nuove minacce esterne e alle nuove richieste della società per la tutela della salute mentale. Non si potrà parlare di pari opportunità senza politiche di integrazione della popolazione immigrata e di tutela delle donne nel lavoro e nella società, ma allo stesso tempo bisognerà garantire un reale diritto allo studio con un sistema scolastico universale a partire dall’infanzia e che sia attrattivo per i neolaureati nelle possibilità di avanzamento professionale. Non realizzeremo la transizione ecologica se non rafforzeremo la tutela e il reintegro degli ecosistemi terrestri e marini e se non porteremo al massimo potenziale le nostre capacità di produzione di energia rinnovabile. Il sistema produttivo dovrà essere indirizzato verso tali nuovi obiettivi, che tuttavia non potranno realizzarsi senza un determinato impegno delle pubbliche amministrazioni e della cittadinanza tutta nell’adozione di misure e comportamenti ambientalmente sostenibili. Il tutto dovrà essere connesso attraverso un rafforzamento del nostro ordinamento giudiziario, come anticorpo contro i problemi atavici del radicamento della criminalità organizzata e della corruzione sistemica, e normativo, per un’efficace ed etica regolamentazione degli sviluppi dell’intelligenza artificiale. Nessun punto può essere lasciato indietro.

Le analisi e le proposte contenute nel Rapporto sono auspicato materiale di studio per legislatori e amministratori. Esse disegnano il percorso per un Paese indubbiamente migliore di quello di oggi. Tuttavia, è inevitabile notare come l’agenda politica e il dibattito pubblico siano paradossalmente distanti da questi temi. L’eloquenza dei dati non si appaia alla richiesta di interventi urgenti da parte dell’opinione pubblica, che tende a polarizzarsi su tematiche di minor portata sulle quali il dibattito politico tende a adagiarsi. È la ragione per cui oggi faticheremmo ad individuare il “veltro” in grado di incaricarsi delle sorti della transizione giusta che la comunità internazionale si è data come obiettivo. Perciò, la conclusione è amara: conosciamo lo scopo, conosciamo la via, ma non sappiamo indicare chi la percorrerà.


[1] Gli Emirati Arabi Uniti (UAE) hanno notoriamente una lunga storia di sfruttamento delle risorse petrolifere alle spalle. Al di là di ciò, molte critiche sono arrivate per la nomina a Presidente del summit di Sultan Al Jaber, Ministro dell’industria e dello sviluppo tecnologico nel governo degli UAE, ma al contempo CEO di ADNOC, compagnia petrolifera di bandiera degli Emirati.

Scritto da
Tommaso Malpensa

Studente del corso di laurea magistrale in Giurisprudenza e allievo del Collegio Superiore dell’Università di Bologna. Ha ricoperto la carica di rappresentante degli studenti del Dipartimento di Scienze Giuridiche e di rappresentante degli allievi del Collegio Superiore dell’Università di Bologna. Ha partecipato al corso 2023 della scuola di formazione “Traiettorie. Scuola di lettura del presente”.

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