“Abitare la prossimità. Idee per la città dei 15 minuti” di Ezio Manzini
- 15 Marzo 2022

“Abitare la prossimità. Idee per la città dei 15 minuti” di Ezio Manzini

Recensione a: Ezio Manzini (con un contributo di Ivana Pais), Abitare la prossimità. Idee per la città dei 15 minuti, Egea, Milano 2021, pp. VI-178, 22 euro (scheda libro)

Scritto da Angelo Laudiero

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In Abitare la prossimità. Idee per la città dei 15 minuti, Ezio Manzini indaga e ripropone un’idea che negli ultimi anni ha ricevuto grande attenzione: quella di una città delle prossimità in cui tutto ciò che serve quotidianamente si possa trovare a pochi minuti a piedi da casa. Una città a scala umana, diversificata nelle funzioni, caratterizzata da un mix di spazi pubblici, attività produttive e aree residenziali. Questa prossimità funzionale si lega anche a una prossimità relazionale, cioè a una maggiore opportunità per le persone di incontrarsi, sostenersi, tutelare l’ambiente e cooperare per raggiungere degli obiettivi comuni.

In tal senso, la prossimità non è intesa solo come condizione di essere fisicamente vicini nello spazio, ma anche come consapevolezza di condividere qualcosa con gli altri. Per dare attuazione a questa città delle prossimità o “dei 15 minuti” – sostiene Manzini – occorre rompere con una visione di città divisa in parti specializzate e operare una radicale riorganizzazione delle infrastrutture e delle forme di governance esistenti. Ma ciò richiede di combattere le disuguaglianze che caratterizzano la società e le città contemporanee: la città dei 15 minuti non può essere prerogativa di alcuni quartieri privilegiati, ma deve essere un diritto di tutti i cittadini.

Ebbene, Manzini afferma che la città contemporanea possa essere costruita a partire da una nuova idea di prossimità e che le innovazioni sociali degli ultimi anni indicano anche come farlo. Abitare in modo collaborativo, realizzare un orto di comunità, organizzare reti di supporto agli anziani, aprire laboratori condivisi di artigianato, ridare vita a una strada, sono tutte innovazioni sociali che generano forme di prossimità che coinvolgono direttamente le comunità. Ma, in questo senso, la relazione tra innovazione sociale e prossimità va letta in una duplice dimensione: non solo le innovazioni generano prossimità, ma la città dei 15 minuti diventa il terreno comune all’interno del quale dare vita e diffusione alle più diverse sperimentazioni di innovazione sociale.

Naturalmente, la città delle prossimità risponde a tematiche sociali (innovazione sociale, lotta alla solitudine, migliore qualità della vita), ma anche a questioni prettamente ambientali (riduzione del traffico, minore inquinamento, maggiore vivibilità) e alcune importanti città hanno già avviato progetti e programmi che vanno in questa direzione (Parigi, Barcellona, Milano). Il tema appare piuttosto urgente se si pensa all’evidente intreccio tra crisi ambientale e crisi sociale che sta fratturando sempre di più il tessuto urbano delle città contemporanee. A ciò si aggiungano la crisi pandemica da Covid-19 e gli imprevedibili scenari futuri che essa comporta.

Tuttavia, uno degli effetti della pandemia, già piuttosto evidente, è lo spostamento del baricentro delle attività produttive e di consumo verso la dimensione digitale, con quote crescenti di lavoro, studio e intrattenimento online e con le conseguenti implicazioni in termini di mobilità, socialità e uso dei servizi urbani. Proprio in questo contesto, la città delle prossimità diventa un fenomeno di grande attualità in quanto linea guida da seguire per affrontare le sfide ambientali e sociali, ma anche per opporsi all’idea – potente, comoda e già largamente diffusa – del “tutto a/da casa”, cioè lo scenario in cui è possibile fare e ricevere quasi tutto nella propria abitazione, estremizzando l’individualizzazione delle persone e amplificando il carico ambientale, le disuguaglianze e l’emarginazione.

Per contrastare, quindi, le crisi che le città contemporanee si trovano a dover fronteggiare, sembra evidente – nell’idea di Manzini – dover realizzare alcuni obiettivi fondamentali.

1) La costruzione di comunità: occorre cioè ricucire il tessuto sociale e ricostruire le comunità attraverso la creazione di un ambiente nel quale produrre gli stimoli adatti per generare incontri, discussioni, idee, dalle quali far nascere nuove comunità. Nella costruzione di questo ambiente, la prossimità funzionale e quella relazionale giocano un ruolo distintivo nel promuovere la nascita e lo sviluppo di nuove comunità che nutrano un comune interesse per dove vivono e nel generare forme particolari di innovazione sociale.

2) La relazione tra città, prossimità e cura: la cura, in questo senso, va intesa come lavoro e modalità di agire tra esseri umani e tra esseri umani e mondo esterno. In una città dei servizi che appare sempre più senza cura, i cui abitanti sono visti solo come potenziali utenti e clienti, appare necessario, invece, costruire una città capace di prendersi cura dei beni comuni, sviluppare nuove comunità e nuovi servizi. In questa prospettiva, tali servizi vanno intesi come collaborativi, distributivi e infrastrutturali, che siano vicini ai cittadini, che favoriscano la costruzione di comunità, che includano più attori e che connettano più aree di intervento. Se la città delle distanze è una città senza cura, la città delle prossimità è una città che cura, in senso relazionale oltre che funzionale.

3) La relazione tra dimensione fisica e digitale della prossimità. Lo spazio in cui agiamo è sempre più un ibrido fisico-digitale che la pandemia ha soltanto reso più ampio e nel quale sono comunque immersi i concetti di prossimità, comunità e cura. Questi temi, pur appartenendo al mondo fisico, assumono una forte componente digitale che è largamente rappresentata dalle diverse tipologie di piattaforme. In tal senso, vanno particolarmente analizzate le attività, i caratteri e la presunta neutralità delle diverse piattaforme digitali nate per la città che, al contrario, possono essere progettate per favorire o eliminare la relazione, accentrare o distribuire il potere, riconoscere il contributo individuale o estrarre valore.

In definitiva, il libro di Manzini adotta un punto di vista interno, dalla prospettiva dei cittadini, per studiare il complesso fenomeno delle città e i temi della prossimità e della cura. Anche se i principali casi studiati, Milano e Barcellona – come altre città europee – appaiono più vicini alla proposta di città delle prossimità, è ancora lungo il cammino per rompere con il modello culturale e operativo di “città delle distanze” e per evitare il modello di “città del tutto a/da casa”. In alcuni quartieri storici di queste città, il sistema di prossimità è già abbastanza diversificato e relazionale, ma in ogni caso la sfida lanciata da Manzini resta quella di estendere l’idea di città delle prossimità all’interno di tutto il territorio urbano, comprese le aree dove ciò appare più difficile. La realizzazione di tale sistema di prossimità comporta l’affluire di azioni mirate, definite e necessarie, come la localizzazione di attività e servizi vicini ai cittadini; la costruzione di comunità; l’inclusione di tutti gli attori presenti sul territorio; il coinvolgimento di attori esterni, non previsti inizialmente; e il coordinamento orizzontale delle diverse aree d’intervento.

Nei quattro capitoli curati da Manzini, dunque, si affronta il tema della prossimità partendo dalla prospettiva delle dinamiche evolutive di questo concetto applicato alla città. Da qui il riconoscimento di tre possibili scenari di sistema di prossimità: “città delle distanze”, “città del tutto a/da casa” e “città delle prossimità”. In quest’ultimo scenario, emerge il tema della relazione tra città, prossimità e cura, intendendo quest’ultima come la forma di interazione tra persone e tra persone e mondo, su cui dovrebbe basarsi la costruzione della città delle prossimità e la nascita di nuove comunità. Il capitolo redatto da Ivana Pais discute, invece, il tema delle piattaforme digitali per la città, mostrandone la natura complessa, l’evoluzione temporale e il contributo che potrebbero dare alla città delle prossimità.

Tuttavia, ciò che si può dire con chiarezza è che l’idea della “città dei 15 minuti” potrebbe essere in grado di aggregare sempre più persone, organizzazioni e istituzioni attorno a una visione condivisa di futuro desiderabile in una società post-pandemica che ha riscoperto l’importanza dei servizi di prossimità. Appare evidente come la realizzazione di questo modello di città delle prossimità passi da più aspetti, tra loro interconnessi: da quello strettamente fisico a quello relazionale a quello digitale e dall’incrocio tra tecnologie, luoghi, usi individuali, logiche imprenditoriali e forme di attivismo civico. In tal senso, la proposta di una città della prossimità abitabile – cioè di una città del “tutto vicino” – implica uno sforzo progettuale in direzione di un futuro desiderabile che rompa e superi il modello consolidato di “città delle distanze” e riesca a deviare dalla tendenza di una non-città “del tutto a/da casa”, invertendo il processo di desertificazione sociale già in atto ed evolvendo verso forme di prossimità più evolute e moderne.

Scritto da
Angelo Laudiero

È laureato magistrale in Scienze Politiche presso l’Università “Orientale” di Napoli. Dopo diverse esperienze di lavoro in Italia e all’estero, ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Sviluppo Locale presso l’Università di Trento, con una tesi su innovazione sociale e attività culturali nei processi di rigenerazione urbana delle periferie. Contatti: a.laudiero1@libero.it.

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