Chi è Alexandria Ocasio-Cortez?
- 03 Luglio 2018

Chi è Alexandria Ocasio-Cortez?

Scritto da Pietro Moroni

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La vittoria di Alexandria Ocasio-Cortez nelle primarie dei Democrats nel 14° Distretto di New York contro Joe Crowley, alto dirigente dei democrat e presunto successore di Nancy Pelosi alla presidenza del caucus democratico alla Camera dei Rappresentanti statunitense, ha sorpreso molti, a cominciare forse proprio da Ocasio-Cortez, che i sondaggi davano venti punti percentuali sotto Crowley. La Cortez invece è riuscita a vincere di largo margine col 57.5%, nonostante Crowley la surclassasse sia per spese elettorali che per sostegni da parte dei tanti dirigenti democrat della metropoli.

Eppure questo successo, per quanto forse imprevedibile, ha cause e meriti come ogni altro evento, e può essere compreso nella sua complessità, senza doverci limitare alla pur suggestiva narrazione della giovane attivista che sconfigge il veterano solo in virtù della sua energia e della sua passione. Energia e passione, per quanto fondamentali, da sole non avrebbero permesso a Ocasio-Cortez di vincere senza un’adeguata organizzazione, intelligenza e soprattutto capacità di parlare a una comunità di elettori e militanti tanto popolosa (nel distretto abitano 712.053 persone, di cui 27.658 hanno partecipato alle primarie democratiche).

Ma prima di tutto, chi è Alexandria Ocasio-Cortez? Ocasio-Cortez è una giovane donna di origini ispaniche nata nel Bronx. Suo padre era un architetto e sua madre è una portoricana che ha lavorato come addetta alle pulizie e come autista di bus: se il lavoro del padre le ha permesso di trasferirsi in un suburb benestante e bianco, al fine di frequentare scuole migliori[1], e poi l’università di Boston, sono le origini della madre a segnare la vicinanza alla causa di Puerto Rico, isola statunitense dalla povertà endemica che, notoriamente, non ha voce in capitolo nelle elezioni presidenziali americane, e più in generale alla situazione degli immigrati portoricani a New York, che solo nel Bronx compongono il 21.6% della popolazione.

La carriera studentesca di Ocasio-Cortez è brillante, ma ad essere particolarmente degna di nota è la sua collaborazione da stagista presso l’ufficio del senatore Ted Kennedy del Massachusetts sul tema dell’immigrazione. Tuttavia, in piena crisi economica, la scomparsa del padre porta la sua famiglia in difficoltà economiche. Dopo essersi laureata in economia e in relazioni internazionali la Cortez torna dunque nel Bronx per sostenere la madre e lavora come cameriera e come barista. È sempre in questo periodo che incomincia il suo attivismo politico, che nel 2016 la porta a lavorare per la campagna presidenziale di Bernie Sanders. Dopo le elezioni, Ocasio-Cortez prosegue con il suo impegno recandosi nel Michigan, dove segue da vicino la crisi idrica di Flint e conosce le sue vittime. Forte di questa esperienza, e dopo appena un anno dall’aver ripagato il suo debito universitario, si candida alle primarie democratiche, ricevendo il supporto di varie organizzazioni, come Our Revolution, Democracy for America e i Democratic Socialists of America (DSA), di cui lei stessa fa parte.

 

La campagna elettorale di Alexandria Ocasio-Cortez

La sua vittoria è anche la più grande vittoria fino ad oggi per l’associazione di cui fa parte, i Democratic Socialists of America (DSA), “la più grande organizzazione socialista d’America”[2], ma non la prima, se non ovviamente per l’importanza. Infatti fino a queste primarie le vittorie dei militanti del DSA si sono limitate a elezioni amministrative e locali, con la Camera dei Rappresentanti della Virginia come organo più elevato a cui sono riusciti ad accedere.

I DSA hanno molto beneficiato della campagna presidenziale di Bernie Sanders nel 2016, che ha fatto da volano per molti giovani e socialisti che hanno cercato nel DSA un modo di continuare un impegno politico che non volevano interrompere dopo la sconfitta di Sanders. Oggi i DSA contano 40mila membri, ognuno dei quali versa ben 70$ di iscrizione all’anno. E i DSA sono stati, tra i tanti militanti che Ocasio-Cortez ha raccolto attorno a sé, sicuramente il gruppo più organizzato su cui potesse contare. In totale, la sua campagna ha potuto contare su di un budget di 300,000$, raccolti da DSA e altre associazioni simili, oltre che dai singoli sostenitori attraverso il suo sito online, realizzato, come il resto della base organizzativa, grazie al gruppo di attivisti socialisti e progressisti newyorkesi e con il sostegno del resto della sempre meno piccola e sempre più organizzata galassia socialista statunitense. Totalmente bandite invece le donazioni da parte di gruppi di lobby finanziarie o industriali.

Alexandria Ocasio-Cortez

Nelle parole di M. Kinnucan, vice-manager della campagna elettorale di un’altra candidata supportata dal DSA, Julia Salazar di New Brooklyn, e fino a pochi giorni fa entusiasta della prospettiva per cui la Ocasio-Cortez potesse prendere il 30% o magari il 40% per cominciare a smuovere le acque, “la sua [di Ocasio-Cortez] vittoria dimostra la decrescente importanza dei soldi nella politica: i primi $100,000 servono per il minimo indispensabile, i terzi $100,000 comprano solo un altro paio di spot in TV. Possiamo vincere quando siamo surclassati, ma non si può ottenere nulla senza una seria infrastruttura capace di realizzare il fund-raising”[3] e l’architrave insostituibile per la vittoria sono “i volontari che fanno campagna elettorale”. Kinnucan sottolinea anche come seggi come questo, dove le minoranze etniche sono la maggioranza, sono i punti deboli dove si può sconfiggere più facilmente l’establishment democratico, e ha invitato a tenere d’occhio quartieri simili del Queens.

Parlando di campagna elettorale, Ocasio-Cortez l’ha basata su temi molto forti, che oggi stanno venendo anche ripresi dalle emittenti televisive, dalla CNN a Fox News, grazie alla sua vittoria: l’estensione del Medicare su base universale, includendo ogni trattamento sanitario dalle medicine, all’oculistica, alla sanità mentale e alle cure odontoiatriche. Universal Jobs Guarantee, ossia lavoro garantito in servizio della comunità con una retribuzione dignitosa (living wage), proposta che riporta in auge le riflessioni dell’economista Hyman Minsky. Supporto alle scuole, istituti magistrali e università pubbliche, abolendo le tasse universitarie e ottenendo i fondi dalla tassazione delle attività finanziarie. Congedo pagato per malattia e per motivi familiari. Diritto all’abitazione. Riforma del sistema giudiziario per fermare la War on Drugs, demilitarizzare la polizia e abolire le carceri private. Giustizia per gli immigrati, in riferimento alle offensive di Trump ai cosiddetti DREAMers, semplificazione dell’accesso alla cittadinanza e abolizione dell’Immigration and Customs Enforcement (ICE), l’agenzia che si occupa dell’immigrazione adottando i metodi dell’antiterrorismo, causando, specialmente di recente, molte polemiche soprattutto in merito alle separazioni forzate di famiglie e al trattamento dei minori. Rinnovamento infrastrutturale in favore delle energie rinnovabili. Stretta sui finanziamenti elettorali da parte dei colossi finanziari.

 

Le sfide future per Alexandria Ocasio-Cortez

Di queste proposte colpisce anzitutto la smaccata radicalità, oltre che la novità. In mano a un’oratrice appassionata come Ocasio-Cortez, non deve sorprendere che il suo tentativo di aumentare l’affluenza delle fasce di elettori più affidabili, a cominciare dai giovani ispanici, abbia avuto successo. Un’intervista in cui emergono chiaramente le caratteristiche fin qui sottolineate è disponibile qui. In merito a questo, è da mostrare come l’identity politics, arma principale utilizzata dall’establishment democratico contro Bernie Sanders, si sia completamente ritorta contro di esso: mentre nel 2016 Bernie Sanders venne accusato dalla campagna di Hillary Clinton di essere portatore di un modello di socialismo democratico buono forse per l’etnicamente omogeneo New England, lontano dalle comunità non-bianche in quanto Sanders stesso sarebbe un maschio anziano e bianco (tralasciando o aggiungendo, secondo l’occorrenza, il fatto che fosse anche ebreo), nel 2018 il 14° Distretto, composto al 49.8% da ispanici, non si è fatto problemi a scegliere tra un anziano maschio bianco e una giovane donna ispanica[4].

Il socialismo democratico di Sanders andava bene per il culturalmente omogeneo New England, e lo stesso socialismo democratico di Ocasio-Cortez è stato già dichiarato adeguato solo per un distretto a metà fra Bronx e Queens dove la comunità bianca costituisce il 18.4% della popolazione. Nancy Pelosi, capogruppo alla Camera dei Democratici, ha infatti ristretto la portata di Ocasio-Cortez alla scelta isolata degli elettori del Bronx, mentre la senatrice Tammy Duckworth dell’Illinois ha criticato l’impostazione di Ocasio-Cortez in quanto troppo radicale per il Mid-West[5], lo stesso Mid-West che, con l’eccezione di Illinois e Minnesota, alle scorse elezioni ha disertato Hillary Clinton e il Democratic Party, così come i tradizionali stati blu e working-class di Michigan e Wisconsin, contribuendo in maniera determinante alla vittoria di Trump. La stessa Ocasio-Cortez non ha mancato di replicare alla senatrice come Sanders avesse vinto molti Stati dello stesso Mid-West alle primarie del 2016, Stati che poi hanno in larga parte votato per Trump[6].

Alexandria Ocasio-Cortez ora spera non solo per vincere le elezioni di novembre 2018 per il Congresso: impresa non troppo ardua sulla carta, visto che il 14° Distretto è considerato un seggio sicuro data la storia di continue vittorie democratiche dal 1993 fino ad oggi, sempre con uno stacco di almeno 20 punti sui repubblicani; infatti, a seguito della sua vittoria, Ocasio-Cortez non si è trattenuta dal rimarcare le sfide future e a indicare la costituzione di un caucus nella camera bassa del Congresso, incoraggiando i suoi militanti a spendersi per le campagne di altri candidati: Ayanna Pressley nel Massachusetts, Cori Bush nel Missouri, Chardo Richardson in Florida e Julia Salazar nella stessa New York[7].

È da notare però che di queste menzioni solo Salazar è supportata dal DSA, mentre gli altri candidati, in buona parte ex-sostenitori di Sanders, ma non solo: Ayanna Pressley, consigliera comunale di Boston, in particolare ha in comune con Alaxandria Ocasio-Cortez solo la sottoscrizione della piattaforma “Medicare for All”, e la comune frequentazione dell’università di Boston dal quale è dovuta uscire per problemi economici, una comune esperienza di collaborazione con un altro importante senatore democratico, John Kerry, e sta attualmente avendo difficoltà contro Mike Capuano, rappresentante conosciuto già per le sue posizioni molto progressiste nel Democratic Party dalle quali Pressley fatica a distinguersi.

Solo il tempo ci dirà se sta crescendo un nuovo movimento negli Stati Uniti, se sarà in grado di costruire una coalizione attorno a sé e se soprattutto sarà in grado di strutturarsi e organizzarsi per avere l’impatto che desidera.


[1] https://www.independent.co.uk/news/world/

[2] https://www.dsausa.org/about_dsa

[3] https://jacobinmag.com/2018/06/

[4] https://www.youtube.com/watch?v=Cs5fmEc5QIY

[5] http://thehill.com/homenews/campaign/

[6] https://twitter.com/Ocasio2018/status/ “With respect to the Senator, strong, clear advocacy for working class Americans isn’t just for the Bronx. Sen. Sanders won: – Michigan – Minnesota – Kansas – Nebraska – Wisconsin – Indiana. We then lost several of those states in the general. What’s the plan to prevent a repeat?”

[7]https://www.youtube.com/watch?v=lAb2QMw9h_w

Scritto da
Pietro Moroni

Classe 1992, nato a L'Aquila, vive a Roma. Laureato in International Relations, dipartimento di Scienze Politiche LUISS, con 110 e lode.

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