Scritto da Giacomo Bottos, Raffaele Danna
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Se le scelte effettuate nella fase di stesura del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sono di grande importanza, sarà almeno altrettanto decisiva la fase attuativa da cui dipenderà l’effettivo raggiungimento degli obiettivi prefissati e la stessa completa erogazione delle risorse, vincolata al completamento di precisi milestone e target. Per gestire questo difficile processo il Piano prevede una specifica architettura di governance che permetterà di coordinare i diversi livelli istituzionali coinvolti. Temi critici in questo processo saranno il coinvolgimento di una vasta platea di attori e la qualità delle relazioni con le istituzioni europee, nonché la capacità della Pubblica Amministrazione di mettere in campo un’intensificata azione progettuale e realizzativa. Su queste tematiche e sul loro carattere di crocevia nel determinare il futuro del Paese, abbiamo intervistato Vincenzo Amendola, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio con delega agli affari europei e già Ministro per gli affari europei, che dopo aver avuto modo di partecipare in prima persona alla fase programmatica sta ora seguendo le problematiche legate all’attuazione.
Partiamo con una domanda di prospettiva. Avendo lei ricoperto un ruolo importante nel processo che ha portato all’approvazione del piano Next Generation EU a livello europeo, quali ritiene siano stati i nodi fondamentali di questo processo? Si tratta, a suo avviso, di un momento che apre una nuova fase nella storia dell’integrazione europea?
Vincenzo Amendola: Il varo del programma Next Generation a luglio del 2020 ha segnato una svolta di grande portata nella storia della costruzione europea. La più grave recessione economica su scala globale dalla Grande depressione degli anni Trenta, innescata dalla pandemia di Covid- 19, ha posto l’Europa di fronte ad uno dei momenti più difficili della sua storia. Per la prima volta l’Unione Europea ha reagito in modo tempestivo, forte e solidale. Con l’accordo sul Next Generation abbiamo certamente aperto una fase nuova, decidendo per la prima volta di emettere debito comune in proporzioni rilevanti. Lo strumento che abbiamo disegnato per la ripresa rappresenta una tappa decisiva nel processo di integrazione europea, a più di vent’anni dall’introduzione della moneta unica. Una risposta comune, di tono nettamente diverso rispetto a quella fornita in occasione della crisi economico-finanziaria degli anni 2008-2012. Il processo che ha dato vita al Next Generation ha visto alcune tappe cruciali, delle quali l’Italia è stata protagonista. Nelle prime settimane dopo lo scoppio della pandemia, a marzo del 2020, con la ‘lettera dei nove’, insieme ad altri sette Paesi UE tra i quali Francia e Spagna, abbiamo avanzato con forza la richiesta di titoli di debito comune. Da quel momento in poi c’è stato un duro percorso negoziale che, passando per l’indispensabile sostegno di Berlino, giunto a maggio con la prima proposta franco-tedesca di un fondo per la ripresa, nonché per l’impulso fornito da Commissione e Banca Centrale Europea, ci ha condotti nel lungo Consiglio Europeo di luglio 2020 alla nascita dell’ambizioso programma di investimenti. Il gioco di sponda con i nostri principali partner europei, Francia e Germania, è stato fondamentale per superare le resistenze di altri Stati membri dell’UE.
Il PNRR è stato approvato e la prima tranche di fondi europei è stata erogata: siamo ormai nella fase dell’attuazione. Quali sono da qui al 2026 le tappe principali della fase attuativa?
Vincenzo Amendola: Con la fase dell’attuazione, siamo entrati nel vivo del programma Next Generation, e in particolare del suo strumento principale, la Recovery and Resilience Facility (RRF). Ad agosto il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) ha già ripartito le risorse tra tutte le amministrazioni centrali, che avranno la responsabilità dell’attuazione di ‘Italia Domani’, il PNRR italiano, che ammonta a 235,1 miliardi di euro, provenienti dal Recovery and Resilience Fund (RRF), dal Fondo REACT EU e dal Fondo Nazionale Complementare. Ai fini dell’erogazione delle risorse, distribuite nelle 10 rate di acconto concordate nell’accordo di finanziamento, la Commissione richiede ai Paesi il raggiungimento di traguardi (milestone qualitative) ed obiettivi specifici (target quantitativi), concretamente valutabili e legati al soddisfacimento di ulteriori requisiti, come ad esempio il rispetto del principio del do no significant harm, legato alla tutela dell’ambiente, e delle tre priorità trasversali del Piano: giovani, parità di genere e riduzione del divario di cittadinanza tra le varie aree del Paese. Di qui al 2026, l’Italia ha il compito di soddisfare, in totale, 527 milestone e target. Alle due transizioni ‘gemelle’ digitale e green sono assegnati rispettivamente il 25,1 ed il 37,5% dei fondi. Il lavoro procede speditamente: alcuni Ministeri hanno già assegnato le risorse agli enti locali per le linee di intervento che hanno un impatto inevitabile sui territori, in una logica partecipativa ed inclusiva. Non dimentichiamo poi che oltre ai fondi del PNRR, nel Quadro Finanziario Pluriennale (QFP), il bilancio dell’UE per gli anni 2021-2027, vi sono altri 100 miliardi circa di risorse per il nostro Paese.
Per quanto riguarda i meccanismi di governance previsti dal Piano, quali ne sono le caratteristiche principali? Com’è strutturata la ‘cabina di regia’? Come sta funzionando il meccanismo messo in atto?
Vincenzo Amendola: I meccanismi di governance del PNRR funzionano già a pieno regime. Abbiamo disegnato un modello organizzativo su due livelli di gestione: il primo, che si occupa del presidio e del coordinamento del Piano, fa perno sulla Presidenza del Consiglio e sul MEF, mentre il secondo, che segue da vicino l’attuazione del PNRR, sulle Amministrazioni centrali, regionali e locali. Nell’ambito del primo livello, la ‘cabina di regia’ svolge il ruolo di ‘pivot’ nella fase di attuazione del Piano, svolgendo funzioni di indirizzo dell’attuazione degli interventi, monitorando lo stato di implementazione degli investimenti e delle misure normative necessarie per la loro corretta realizzazione. La struttura esamina inoltre le eventuali criticità, coordina i diversi livelli di governo e attiva i poteri sostitutivi, aggiorna il Consiglio dei Ministri e relaziona alle Camere. A seconda dei temi discussi in ogni seduta, alla ‘cabina di regia’ partecipano i Ministri e i Sottosegretari di Stato alla Presidenza del Consiglio competenti. Ai lavori possono essere invitati anche rappresentanti delle Amministrazioni regionali e locali. Nella prima riunione, ad ottobre, la cabina di regia ha dato il via libera al riparto delle risorse sui principali investimenti riguardanti istruzione e ricerca.
Nella messa a terra del PNRR sarà fondamentale il dialogo tra Governo ed enti locali. Questo rapporto sta assumendo forme positive e propulsive o invece può rappresentare un elemento critico?
Vincenzo Amendola: La sinergia con gli enti locali sta svolgendo un ruolo fondamentale in questa fase di attuazione degli investimenti. Come ha ricordato il Presidente del Consiglio Mario Draghi, il successo del Piano è nelle mani dei Comuni. Le Amministrazioni centrali stanno procedendo con l’assegnazione delle risorse ai territori, grazie al prezioso coordinamento offerto dalla Conferenza Stato Regioni, UPI e ANCI che stanno lavorando a ritmo serrato per accelerare la ‘messa a terra’ degli interventi. Dai piccoli comuni fino ai dicasteri centrali, il PNRR rappresenta una sfida decisiva per tutta la Pubblica Amministrazione italiana, che viene da anni di tagli alla spesa pubblica e ha ora di fronte a sé l’ambizioso compito di tornare a programmare investimenti di ampia portata. Nel tour ‘RoadToRecovery’, che mi sta portando in giro per le città italiane per discutere delle opportunità che il PNRR offre ai territori, sto incontrando amministratori locali che hanno ben compreso la portata trasformativa del PNRR e che insieme alle aziende e alla società civile hanno grande voglia di ripartire.
L’attuazione del PNRR richiede non solamente un’azione efficace da parte dei diversi livelli istituzionali, ma anche coinvolgimento di una molteplicità di attori: il mondo economico, il terzo settore, i corpi intermedi, le parti sociali, la società civile. Quali sono i meccanismi concreti che permettono la partecipazione di questi soggetti?
Vincenzo Amendola: Il PNRR è un progetto di grandi dimensioni per investire e riformare il Paese, per avviare un processo di ripresa duraturo, sostenibile e inclusivo, che possa trainare la modernizzazione del Sistema Italia in tutti i settori. Siamo di fronte ad una missione nazionale per la quale è necessario l’apporto di tutti, al di là dei vari livelli di governo: cittadini, imprese, parti sociali, università, terzo settore. Al di là dell’interazione con gli esponenti del mondo economico e sociale, già frequente durante la fase di preparazione del Piano, nell’ambito della governance del PNRR, abbiamo istituito un Tavolo Permanente per il Partenariato economico, sociale e territoriale, che svolge funzioni consultive nelle materie di competenza e segnala alla ‘cabina di regia’ eventuali criticità.
Il Governo ha disposto una roadmap con verifiche settimanali dei target previsti dal PNRR: come sta procedendo l’attuazione?
Vincenzo Amendola: L’attuazione procede in modo rapido: a fine novembre abbiamo già raggiunto gran parte dei 51 traguardi e obiettivi, tra investimenti e riforme, da soddisfare entro il 31 dicembre 2021. Siamo quindi assolutamente in linea con le tempistiche concordate con la Commissione. Presso le Amministrazioni centrali destinatarie delle risorse, che agiscono nell’ambito del secondo livello di governance, si sono già insediate le rispettive Unità di missione, che hanno il compito di accompagnare l’attuazione del Piano nei settori di competenza, supportando il MEF nel processo di rendicontazione puntuale alla Commissione.
La Recovery and Resilience Facility, elemento centrale del Piano Next Generation EU, è appunto una facility e non un fund. Questo implica che l’erogazione dei fondi non avviene meramente a rimborso di costi sostenuti ma è parametrata al raggiungimento di determinate performance. Cosa ne deriva in termini di rapporti con le istituzioni europee e di meccanismi di verifica nelle diverse tappe della fase attuativa?
Vincenzo Amendola: Il modello sul quale è stato costruito il PNRR – mix di investimenti e riforme – richiede un approccio diverso rispetto a quello finora utilizzato nella gestione dei tradizionali fondi strutturali UE, basati su un sistema di rendicontazione delle risorse assegnate agli Stati membri. Il cronoprogramma degli interventi è calibrato secondo queste esigenze. Fin dalla fase di preparazione del Piano, le Amministrazioni centrali, guidate dal MEF, si interfacciano quotidianamente con gli uffici della Commissione europea, in un rapporto proficuo e collaborativo. In particolare, secondo l’architettura di governance che abbiamo messo a punto, all’interno del MEF abbiamo un Servizio Centrale PNRR, che rappresenta il referente unico per la Commissione, un’Unità di audit e un’Unità di Valutazione, che verifica passo dopo passo la coerenza di indicatori, traguardi e obiettivi previsti dal Piano.
È possibile iniziare a delineare un confronto tra il Piano italiano e quelli degli altri Stati membri dell’Unione Europea? Esistono differenze negli approcci di fondo dei diversi Piani?
Vincenzo Amendola: Tutti i Piani presentati dai diversi Stati membri hanno l’obiettivo di superare delle criticità che la pandemia ha evidentemente acuito. Benché i Piani differiscano in termini di quantità di fondi assegnati a ciascun Paese – all’Italia spetta l’ammontare più elevato – è importante sottolineare che un’altra novità del programma Next Generation è costituita proprio dal fatto che, per la prima volta, a livello europeo, abbiamo deciso di investire le risorse stanziate in modo coerente, in tutti gli Stati membri. A partire ad esempio dalle percentuali minime di fondi da stanziare sul digitale (20%) e sulla transizione green (37%), uguali per tutti i Paesi. L’obiettivo di fondo è quello di arrivare al 2026 con un’Europa più sostenibile e connessa, socialmente inclusiva ed economicamente più solida, al suo interno e nel mondo.
I fondi del PNRR saranno erogati fino al 2026. È verosimile che Next Generation EU, o una analoga infrastruttura fiscale, diventi uno strumento strutturale dopo quella data, con forme di mutualizzazione del debito a livello comunitario? Già prima della fine di Next Generation EU è probabile che tornerà in vigore il Patto di stabilità e crescita. Nel contesto post-pandemico, il Patto di stabilità e crescita potrà rappresentare un framework da vari punti di vista inadeguato. Condivide questa lettura? A suo avviso, in che modo verrà affrontato questo nodo?
Vincenzo Amendola: Già prima della pandemia il Patto di Stabilità e Crescita ha mostrato i suoi limiti, non riuscendo a garantire una crescita economica competitiva per l’Europa, rispetto ad altri giganti globali come gli Stati Uniti e la Cina. In questa fase rischia di diventare addirittura un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi ambiziosi che ci siamo posti a partire dal lancio del Next Generation. Non occorre un dibattito ideologico sul tema in Europa: bisogna partire dalla constatazione che dall’inizio della pandemia il livello medio di debito pubblico è cresciuto in maniera significativa in tutta l’UE, superando il 100% del PIL. Come ha ricordato di recente il Commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni, per portare a compimento le sole transizioni ‘gemelle’ verde e digitale l’Europa da oggi al 2030 avrà bisogno di 650 miliardi di euro di risorse pubbliche e private. Senza contare i costi delle trasformazioni economiche e sociali che cambi di paradigma di tale portata inevitabilmente generanno. I tempi sono maturi per una revisione delle procedure, che liberino il potenziale di crescita e la capacità di spesa dei Paesi da regole eccessivamente rigide, che ormai appartengono ad un’altra epoca. La Commissione è al lavoro per riavviare il dibattito sulla revisione del quadro delle regole di bilancio, che entrerà nel vivo nel corso del 2022.
Per quanto riguarda nello specifico il tema delle riforme la Commissione europea nelle sue raccomandazioni considera la modernizzazione della Pubblica Amministrazione e un intervento sulla giustizia come fattore determinante per lo sviluppo economico del nostro Paese. Cosa è stato fatto riguardo alla Pubblica Amministrazione? Quali interventi sono previsti per il futuro? Come si legano all’attuazione del PNRR?
Vincenzo Amendola: È importante sottolineare che i primi provvedimenti ad essere stati adottati hanno riguardato proprio i temi della riforma della Pubblica Amministrazione e della giustizia. Si tratta di due trasformazioni cruciali per la modernizzazione del Paese, che il PNRR definisce riforme ‘orizzontali’, proprio perché attraversano tutti gli ambiti di intervento, contribuendo in modo decisivo a rafforzare l’equità, l’efficienza e la competitività dell’Italia. Su entrambi i dossier, il ruolo propulsivo del Parlamento è stato fondamentale. In linea con il cronoprogramma, quest’anno abbiamo già varato i decreti Semplificazioni e Reclutamento nella PA, volti a rendere più agile, a potenziare e a ringiovanire la nostra capacità amministrativa non solo a livello centrale, ma anche locale. Abbiamo siglato un’intesa con il mondo delle professioni, per rafforzare la sinergia tra la PA e il settore degli esperti nell’ambito del reclutamento. Abbiamo completato le riforme del processo penale e civile e la strada è in discesa per quanto riguarda la riforma delle procedure di insolvenza, con il via libera previsto per gli inizi del 2022. Il lavoro prosegue a ritmi serrati in vista dei prossimi passi: entro giugno 2023 dovremo adottare i regolamenti e le fonti di diritto derivato per assicurare la piena attuazione delle due riforme, e per la metà del 2026 dovremo ridurre in modo significativo la durata dei procedimenti.
Il 40% delle risorse territorializzabili del Piano sono destinate al Mezzogiorno. Come pensa si possa evitare il rischio che questo si traduca in una molteplicità priva di organicità di investimenti, avviando invece una strategia che possa portare ad una crescita strutturale nel lungo periodo?
Vincenzo Amendola: È l’impianto stesso dell’RRF e dei Piani nazionali che segna un cambio di strategia sul buon utilizzo delle risorse europee nel Mezzogiorno, per cui il rischio di una molteplicità di interventi poco organici è nullo. Al Sud sono indirizzati circa 80 miliardi di euro: sarà un lavoro impegnativo, che coinvolgerà fino a giugno 2026 tutti gli attori istituzionali e il settore privato, ma il Mezzogiorno ha accettato questa sfida con determinazione e ambizione e si farà trovare pronto per affrontare il percorso di ripresa economica e sociale. Abbiamo destinato alle Regioni del Sud risorse importanti in vari settori: dalle reti ferroviarie che potenzino le connessioni diagonali, alle infrastrutture portuali, da investimenti mirati nelle zone economiche speciali, agli ecosistemi dell’innovazione che mettono insieme università, centri di ricerca e aziende. La proroga, nel mese di novembre, del quadro temporaneo degli aiuti di Stato ci permette di beneficiare almeno fino a giugno 2022 della decontribuzione del 30%, altro strumento importante nel Mezzogiorno. Nelle stesse aree siamo inoltre al lavoro per potenziare la capacità amministrativa delle Regioni e degli enti locali, con l’inserimento di figure professionali altamente qualificate, a partire da informatici, architetti e ingegneri.
Già nel nome Next Generation EU, il Piano include un riferimento alle nuove generazioni. Pensa che effettivamente questa ispirazione si traduca anche in un disegno di interventi e di misure, ad esempio sui temi dell’Università, della ricerca, della formazione, dei diritti e del lavoro, a favore dei giovani?
Vincenzo Amendola: È proprio perché le prossime generazioni sono al centro della visione del Next Generation che abbiamo inserito i giovani tra le priorità ‘trasversali’ a tutte le Missioni del PNRR italiano. In modo molto concreto, il Piano italiano assegna importanti risorse ai servizi di assistenza all’infanzia, al sistema scolastico (con un’enfasi particolare sugli Istituti Tecnici Superiori, ITS), alla transizione digitale delle scuole, contrasto alla povertà educativa e alla dispersione scolastica, al sistema duale formazione- lavoro, e all’università, con un incremento significativo delle borse di studio. In termini di occupazione, ‘Italia Domani’ punta all’incremento del 3,2% della presenza dei giovani nel mercato del lavoro entro il 2026. Ad ulteriore conferma della trasversalità della priorità riservata ai giovani, basti pensare che ad esempio, anche nelle gare d’appalto, come previsto dal decreto Semplificazioni approvato quest’anno, andranno obbligatoriamente inseriti criteri volti a promuovere l’imprenditoria giovanile e l’assunzione di giovani con età inferiore a trentasei anni.