“Le campagne elettorali in Italia” di Edoardo Novelli
- 20 Aprile 2018

“Le campagne elettorali in Italia” di Edoardo Novelli

Recensione a: Edoardo Novelli, Le campagne elettorali in Italia. Protagonisti, strumenti, teorie, Laterza,  2018, Roma-Bari, pp. 216, 16 euro (scheda libro)

Scritto da Giulio Andrea Del Boccio

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Il saggio di Edoardo Novelli, professore associato all’Università di Roma Tre e giornalista professionista, ripercorre settant’anni di storia politica della Repubblica attraverso l’analisi delle campagne elettorali e dei loro principali protagonisti, i partiti, gli elettori e i media.

Il testo unisce il rigore della ricostruzione storica e l’analisi ragionata del dato politico ad un linguaggio scorrevole capace di coinvolgere il lettore e alleggerire la trattazione, senza però sacrificarne il valore scientifico. Decisamente si qualifica come un contributo notevole per l’approfondimento della storia della comunicazione politica contemporanea.

Come si legge nella quarta di copertina «Le campagne elettorali sono una festa e una battaglia, una celebrazione e una competizione, un momento sacro e un rito pagano, terreno d’azione di folle e singoli leader, condotte da eserciti di volontari e ristretti staff di professionisti». Infatti il fenomeno politico, come rappresentato nel saggio, è innanzitutto fenomeno sociale che riflette l’evoluzione dei costumi della comunità, ma è anche comunicazione e linguaggio, ed è proprio questo il profilo che viene sottoposto all’analisi di Novelli.

Il saggio si compone di 5 capitoli, ognuno dei quali affronta uno specifico periodo della storia politica repubblicana, ciascuno con un peculiare approccio propagandistico, plasmato da differenti ideologie, stili comunicativi e strumenti tecnologici utilizzati dagli attori della competizione elettorale per il coinvolgimento del popolo.

Il primo periodo preso in considerazione è quello collocato agli albori della Repubblica (1946-1960), quando le campagne elettorali di questa prima fase furono caratterizzate dalla centralità dei partiti e dall’attivismo dei militanti; rispettivamente organizzatori ed esecutori materiali. «In presenza di un sistema dell’informazione ancora poco sviluppato e, di conseguenza, di un’arena pubblica estremamente ristretta e frammentata, lo svolgimento delle campagne elettorali dipende totalmente da loro» (p. 4).

In questa prima fase della Repubblica – in cui il modello organizzativo del partito politico è quello a integrazione di massa – il comizio costituisce la forma di propaganda per eccellenza assieme all’utilizzo di strumenti di grande diffusione, quali manifesti, cartoline, fumetti, periodici, volantini, prodotti in numeri senza precedenti. Con tali strumenti i partiti hanno iniziato a riappropriarsi dello spazio pubblico e a far sentire la propria voce, mentre la stampa, d’altra parte, non era ancora in grado di influenzare o condizionare il dibattito pubblico.

Le prime campagne elettorali successive alla caduta del fascismo sono quelle svoltesi nel 1946 per le elezioni amministrative e la nomina dell’Assemblea Costituente. In esse si sono verificate le prime prove di democrazia nel Paese dal 1924, mentre nelle successive elezioni del 1948 l’Italia si è confrontata con il primo vero scontro tra i principali partiti di massa, la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista, e tra le relative ideologie e forme comunicative.

In un clima di serrata contrapposizione ideologica è stato facile per la propaganda partitica recuperare l’utilizzo di linguaggi e toni di forte impatto, capaci di intimorire l’elettore e coinvolgerlo emotivamente, è il caso della propaganda democristiana, o anche di far leva sul piano razionale per imporre una visione educativa del partito, come nel caso del Partito comunista e di quello socialista.

 

Le campagne elettorali e l’età della televisione (1960-1990)

La seconda fase delle campagne elettorali italiane è segnata da elementi assolutamente nuovi, sia strettamente politici, come la progressiva crisi delle ideologie e dei partiti che su di esse si fondano, sia sociali e tecnologici: il boom economico, la modernizzazione del Paese e dell’elettorato e l’ingresso dirompente della televisione e del cinema nella vita degli italiani. Una testimonianza diretta della profondità di queste trasformazioni sulla società, ad esempio, è il referendum sul divorzio del 1974, la cui campagna elettorale per la prima volta è stata caratterizzata dal coinvolgimento di nuovi soggetti esterni ai partiti ma figli delle lotte operaie e studentesche, dei movimenti per la casa e del nascente movimento femminista.

I principali partiti, consci della progressiva flessione degli iscritti e dello sviluppo di questi nuovi soggetti sociali, si adoperano per organizzare al loro interno degli organismi a cui viene affidato il compito specifico di dirigere la campagna elettorale, affidandosi anche a soggetti esterni (è il periodo di nascita dell’attività professionalizzata di campaigning) che si muovono nel mondo della pubblicità, della grafica e della comunicazione mediatica. «Per i partiti la comunicazione passa dal costituire una risorsa importante e uno strumento indispensabile, a tratto identitario e qualificante. Come se l’attualità e la qualità dell’offerta politica fossero in qualche misura già contenute e sintetizzate nella capacità di comunicarla» (p. 83).

L’elemento di novità delle campagne elettorali della seconda metà del Novecento, analizzato con cura nel secondo e terzo capitolo, è di certo l’utilizzo propagandistico della televisione. La nascita del programma Tribuna Elettorale sposta il dibattito politico dalle piazze agli studi della Rai, offrendo «un momento ufficiale ed istituzionalizzato per parlare agli italiani in televisione» (p. 52).

La televisione diviene pertanto il medium principale della comunicazione politica, con la conseguente prevalenza della logica dei media e la spettacolarizzazione dei formati[1]. Questa sovrapposizione del linguaggio televisivo a quello politico trova la propria massima espressione nello spot politico, nuovo medium comunicativo sorto nei decenni in esame sul modello delle pubblicità commerciali, il quale rappresenta senz’altro «il principale contributo delle televisioni commerciali alla trasformazione e alla modernizzazione delle campagne elettorali» (p. 94). 

 

La Seconda Repubblica e l’età della rete

Le logiche summenzionate raggiungono gli estremi durante il periodo della Seconda Repubblica. Sotto la pressione delle inchieste svolte dalla Procura di Milano e del crollo delle grandi ideologie si assiste a un vero e proprio stravolgimento del sistema politico italiano con la scomparsa dei partiti storici e la nascita di nuovi movimenti politici ruotanti attorno a figure carismatiche della società civile.

Le importanti riforme legislative in materia elettorale (il passaggio dal sistema elettorale proporzionale a quello maggioritario) permettono di portare a compimento il processo di trasformazione della scena politica del Paese, con il contributo fondamentale altresì degli interventi normativi in materia di telecomunicazioni finalizzati a regolamentare e limitare l’utilizzo degli spot politici, la presenza degli esponenti politici nelle trasmissioni non espressamente elettorali e a introdurre tetti di trasparenza nei finanziamenti e nelle voci di spesa, ma che non alterano la scena mediale italiana spaccata tra la contrapposizione/competizione tra reti pubbliche e private.[2]

Per quanto riguarda il ruolo della comunicazione attraverso i media nella propaganda politica, si procede lungo la strada sviluppata nella fase antecedente, con un notevole accrescimento della componente comunicativa. La professionalizzazione delle campagne comporta l’introduzione nella scena elettorale di figure specifiche provenienti dal mondo dei sondaggi, del marketing e della consulenza aziendale, sul modello delle campagne elettorali americane. «All’intento educativo nei confronti degli elettori/cittadini che sottostava alla propaganda dei vecchi partiti di massa subentra ora l’idea, direttamente tratta dal marketing commerciale, di invertire il rapporto e adeguare il prodotto politico – il partito e il candidato – agli elettori» (p.122). Questo ruolo fondamentale giocato dalla televisione, soprattutto privata, è ben testimoniato dalle elezioni del 1994 che hanno sancito l’apoteosi del partito-azienda di Silvio Berlusconi e segnato la totale riscrittura degli stili delle campagne elettorali, caratterizzate ora dall’intreccio tra politica, televisione e talk show-spettacolo.

Il culmine di questo processo è raggiunto con l’introduzione della rete come strumento di campagna elettorale, che segna il passaggio alla cosiddetta pop politics[3], ovvero alla trattazione della politica con le forme e i toni della cultura popolare.

Nell’età della rete la pianificazione dell’attività elettorale si trasferisce necessariamente sul web, dove i partiti organizzano il dibattito pubblico utilizzando “volontari digitali” che agiscono sui social network diffondendo contenuti e promuovendo temi, commentando i principali avvenimenti e svolgendo azioni di pressione e di lobbying nei confronti di istituzioni e rappresentanti politici.

In un contesto siffatto la strategia politica dell’uso propagandistico della rete si somma all’accentuarsi del personalismo, alternando così tradizione ed innovazione, ben evidenziate nella campagna del 2013, segnata dallo Tsunami Tour di Beppe Grillo, il quale ha trasformato il tradizionale comizio in happening-show fondendo il linguaggio politico-istituzionale con quello della rete, riscrivendo le pratiche della politica e accentuando il rapporto diretto con l’elettorato.

La nuova forma delle campagne elettorali contemporanee appare dunque sempre più liquida; i registri informativi si fondono con i toni dell’intrattenimento propri della rete; le nuove gerarchie mettono a confronto istituzioni e comuni cittadini, mass media tradizionali e opinion leaders, aprendo così spazi politici, istituzionali e anche comunicativi prima non accessibili dall’esterno.


[1] Altheide, Snow 1979; Statera 1986.

[2] Il primo intervento in materia, relativo all’accesso alla stampa e alla televisione nelle elezioni amministrative, è rappresentato dalla l. n. 81/1993, seguito ed ampliato dalla l. n. 515/1993, relativamente alle elezioni politiche ed europee. Si succedono poi diversi ulteriori interventi mediante decreto, la nota sentenza della Corte costituzionale n. 161/1995 e la l. n. 28/2000 nota come par condicio. Per quanto concerne gli interventi diretti sul sistema televisivo si segnalano la l. n. 223/1990 e la n. 249/1997, c.d. legge Maccanico.

[3] Van Zoonen 2005; Mazzoleni, Sfardini 2009.

Scritto da
Giulio Andrea Del Boccio

Classe 1993. Laureato in giurisprudenza all'Università di Roma Tor Vergata e praticante avvocato nella stessa città, dove si occupa di diritto penale di impresa e tributario. Interessato di politica, economia ed istituzioni italiane ed europee.

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