Recensione a: Chris Miller, Chip War. La sfida tra Cina e USA per il controllo della tecnologia che deciderà il nostro futuro, Garzanti, Milano 2024 pp. 432, 22 euro (scheda libro)
Scritto da Alessandro Aresu
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Dalla fine degli anni Quaranta, con l’invenzione del primo prototipo funzionante di transistor, presso i leggendari Bell Labs, viviamo in una “era digitale” che approfondisce sempre la sua estensione.
Le caratteristiche tecnico-ingegneristiche, ma anche economiche e politiche di quest’era, negli ultimi cinque anni, hanno ormai raggiunto un’attenzione pubblica senza precedenti. Alla cosiddetta “carenza di chip” del 2020 ha fatto seguito una “abbondanza” di materiali, ricerche e studi, come mai prima d’ora, attorno all’industria dei semiconduttori. Si pensi solo a qualche breve esempio. Dai documentari del Financial Times agli oltre 600.000 iscritti del canale YouTube “Asianometry”, dagli oltre 200.000 membri del forum di discussione SemiWiki a una newsletter come SemiAnalysis, discussa tra l’altro da Google, Sam Altman ed Elon Musk, si è ormai registrata un’esplosione di contenuti, in buona parte liberamente disponibili in rete, che consentono di monitorare l’evoluzione di un’industria decisiva.
Perché sta avvenendo questo? La competizione tra Stati Uniti e Cina sulle filiere tecnologiche, attraverso vari strumenti di guerra e di “arma economica”[1], è il ritmo essenziale del tempo di capitalismo politico[2] in cui viviamo, e ciò si ripercuote su tutti gli altri conflitti e le altre tensioni. In questo contesto, l’industria dei semiconduttori ha raggiunto, soprattutto nel corso di questo secolo, un ruolo di primo piano, che può essere facilmente argomentato attraverso i riferimenti dell’attualità: dalla trasformazione tecnologica di alcune industrie (si pensi all’automobile), al peso crescente di alcune aziende dell’ecosistema negli indici azionari e nelle scelte degli investitori, passando per gli strumenti di controllo degli investimenti e delle esportazioni, i provvedimenti antitrust e le politiche industriali (sussidi, crediti fiscali, organizzazione della forza lavoro e della formazione), fino ai vari casi di spionaggio industriale.
Vi sono numerosi libri che hanno raccontato e che racconteranno la struttura di quest’industria: per il lettore europeo il “testo sacro” è a mio avviso la storia di ASML, un’opera in corso del giornalista René Raaijmakers[3], visto che per chi vive in Europa non c’è nulla di più importante di conoscere l’appassionante vicenda del campione tecnologico di Veldhoven, cittadina dei Paesi Bassi.
Allargando lo sguardo, nella nostra fase storica, c’è un libro in particolare che ha incarnato l’accelerazione e la maturazione dell’attenzione generale sul tema dei semiconduttori: Chip War di Chris Miller, pubblicato in inglese nell’estate 2022, vincitore nello stesso anno del Financial Times Business Book of the Year Award e finalmente disponibile per il lettore italiano, grazie a Garzanti. Io stesso ho cercato senza successo di far tradurre il libro di Miller da vari editori italiani, e quando un testo del genere viene coraggiosamente reso disponibile anche a lettori che non hanno confidenza diretta con la lingua inglese si tratta sempre di una notizia eccellente per la nostra cultura.
Il libro di Miller parla da solo per l’ampiezza con cui affronta il tema e per una scrittura piacevole e coinvolgente, in cui si descrivono complessi procedimenti ingegneristici e tecnologici (con i loro protagonisti, inventori e manager) ma anche dinamiche politiche, a partire dai due principali conflitti che hanno caratterizzato l’industria dei semiconduttori, quello tra Giappone e Stati Uniti e quello, attuale, tra Washington e Pechino. Lascio scoprire da solo al lettore questi aspetti, per soffermarmi su alcuni punti.
Un aspetto molto interessante di Chip War, utile per un più ampio discorso culturale, riguarda la provenienza disciplinare dell’autore, associate professor alla Fletcher School della Tufts University. Miller è un giovane storico con specifiche competenze sulla Guerra fredda e l’Unione Sovietica, oltre che sugli aspetti economici e diplomatici della Russia dopo la Guerra fredda, e a questi temi ha dedicato i suoi tre volumi precedenti[4].
Un campo di ricerca importante all’interno della storia della Guerra fredda è quello del divario tecnologico tra Stati Uniti e Unione Sovietica: come mai il sistema che ha prodotto lo Sputnik del 1957 ha poi accumulato un notevole ritardo, in particolare nella microelettronica? Con una battuta: perché non abbiamo assistito nella realtà alla storia alternativa di For All Mankind, la serie televisiva in cui la bandiera dell’Unione Sovietica è issata sulla luna, mentre gli americani guardano la scena con apprensione, gelosia e terrore alla televisione?
Questo filone di ricerca del problema e del divario tecnologico, in relazione con una più generale storia della tecnologia e storia economica della tecnologia[5], è presente in importanti testi storici. Penso per esempio a Dissolution di Charles Maier, sulla crisi della Germania Est, che contiene alcune pagine, molto dense, sul “costo della computerizzazione”[6] e il ritardo accumulato nei confronti della storia di Stato e mercato di successo negli anni Ottanta, quella dell’industria giapponese. In questo senso, il lavoro di Miller a mio avviso si può leggere come un possibile “elogio della storia” nel nostro tempo. Certo, la “macchina” del nostro mondo è l’ingegneria, nelle sue varie forme, e i protagonisti di Chip War sono ingegneri elettronici, chimici, fisici, manager. Tutto questo è essenziale, anche se non si può dire che gli ingegneri elettronici siano stati particolarmente abili nel raccontare la loro impresa a un pubblico vasto. Tutt’altro. È un lavoro che non hanno proprio saputo fare, pur con un “materiale” eccezionale, se li paragoniamo per esempio ai fisici. Non è certo esistito il Richard Feynman dell’ingegneria elettronica!
Questo tema narrativo e divulgativo non è ininfluente, ma il punto teorico è un altro. La comprensione storica dei temi e dei problemi, anche in riferimento alla storia contemporanea, non deve mai essere considerata un orpello, bensì una bussola che aiuta a inquadrare il percorso. Per esempio, nel libro di Miller del 2016, dedicato al contesto in cui opera Gorbachev e ai suoi tentativi di riforma, si possono ritrovare alcuni legami con Chip War: la convinzione di alcuni analisti sovietici di un declino del capitalismo occidentale (e in particolare l’erosione della base manifatturiera statunitense) negli anni Settanta e negli anni Ottanta, per via del dinamismo giapponese; il confronto tra l’Unione Sovietica e le capacità elettroniche e di attrazione degli investimenti esteri della Cina, che mostra negli anni Ottanta le differenze tra i due sistemi. E si potrebbero fare anche altri esempi specifici.
Un secondo aspetto, che si lega sempre alla formazione di Miller e alla sua competenza storica, è il fattore militare. Siccome viviamo nell’epoca dell’allargamento della sicurezza nazionale, la stessa industria dei semiconduttori riceve varie attenzioni (talvolta strumentali) per il suo ruolo negli armamenti. Per esempio, nel corso degli ultimi anni abbiamo appreso che questo ruolo non riguarda una parte soverchiante del mercato complessivo e che le aziende più dinamiche non sono certo dipendenti dalle commesse del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. La situazione non è più quella degli anni Cinquanta e Sessanta e va letta con occhiali radicalmente diversi, anche se i politici e gli apparati statunitensi tendono ad accentuare questi aspetti militari, per comprensibili ragioni di controllo e di mobilitazione.
Eppure, anche su questo la storia fornisce un riferimento obbligato, perché il complesso militare-elettronico è stato un elemento fondamentale della vicenda degli Stati Uniti nella Guerra fredda. Un gigante di questa storia, che nel libro di Miller ha giustamente adeguato spazio, è William J. Perry, matematico di formazione, imprenditore nell’elettronica, consulente e ufficiale governativo degli Stati Uniti per decenni, fino a diventare segretario alla Difesa nell’amministrazione Clinton. La “trasformazione elettronica” della difesa statunitense sotto Perry (che ha peraltro scritto una bellissima autobiografia[7]), e la sua vicinanza a figure essenziali della Silicon Valley, a partire dal co-fondatore di Intel Robert Noyce, è stata un fattore della forza statunitense.
Nella politica che emerge dal libro di Miller, la distribuzione dell’industria dei semiconduttori non è “globale” perché è legata a un’asimmetria del potere. Da un lato, tutti i Paesi sono più o meno “clienti” perché abitano nell’era digitale, con diversa intensità a seconda delle loro industrie di utenti della microelettronica (dagli smartphone alle automobili, dai data center ai frigoriferi, eccetera). Dall’altro lato, nei segmenti diversificati che compongono l’industria dei semiconduttori (e che sono tutti meritevoli di studio e di considerazione), si registra la concentrazione in alcuni Paesi. Nell’ultimo rapporto del 2023 pubblicato dall’associazione statunitense del settore, Semiconductor Industry Association, la quota di mercato globale è divisa così: 48% Stati Uniti, 19% Corea del Sud, 9% Giappone, 9% Europa, 8% Taiwan, 7% Cina. Si tratta di una divisione complessiva sulle quote di mercato che non considera la concentrazione (in alcuni casi monopolistica) di alcuni segmenti essenziali, che divengono veri e propri colli di bottiglia. Negli Stati Uniti, nonostante gli investimenti annunciati per il CHIPS & Science Act approvato nel 2022 dall’amministrazione Biden che hanno già avuto effetti sulle costruzioni delle fabbriche, la questione manifatturiera, che pervade anche le discussioni del libro di Miller, appare tutt’altro che risolta, visto che è legata anche ad aspetti culturali e di organizzazione della formazione e della forza lavoro. Anche su questo, i riferimenti storici negli spunti e nei fallimenti del rapporto tra pubblico e privato (per esempio, il consorzio SEMATECH) offrono alcune lezioni per il presente. La statistica in ogni caso ci aiuta a portare gli Stati Uniti nel loro rango, in questi processi: il rango di Numero Uno. Ammaccato per alcuni aspetti, ma Numero Uno.
Gli Stati Uniti sono stati e sono anche, nella storia della microelettronica, uno straordinario magnete di talenti, per esempio per gli europei. In questa direzione, la storia di ASML è invece “eretica”, perché il grande campione tecnologico europeo è emerso perfezionando un campo di ricerca statunitense (da Jay Lathrop a Gordon Moore) e poi inserendosi come vincitore nella guerra tecnologica tra Stati Uniti e Giappone. Nel suo trionfo, come ho più volte sottolineato[8], l’azienda olandese è divenuta essa stessa in parte statunitense, attraverso alcune fondamentali acquisizioni che poi, nella nostra fase, contribuiscono al vincolo politico “obbligato” verso Washington nei confronti della Cina.
La storia dei semiconduttori, negli ultimi cinquant’anni, si intreccia poi con la grande storia dello sviluppo del nostro pianeta: quella che ha riguardato l’amplissima fetta dell’umanità che vive in Asia Orientale. Per affrontare la scalata della manifattura globale prima del Giappone, poi delle “Tigri asiatiche”, poi della Repubblica Popolare Cinese e adesso dei “vincitori” della diversificazione rispetto alla Cina come Malesia, Vietnam e potenzialmente India, è ancora necessaria una prospettiva storica. Gli investimenti delle aziende di microelettronica degli Stati Uniti nell’Asia Orientale, come Texas Instruments e Intel, ci riportano a più di cinquant’anni fa, alle reti di competenze e agli ecosistemi che si sono creati e, nel corso del tempo, rafforzati. Con alcune differenze fondamentali, perché non tutti sono riusciti a diventare Taiwan. Il libro più ambizioso di Francis Fukuyama[9] si concentra sulla formula getting to Denmark per le politiche di sviluppo, per semplificare l’ideale di una società caratterizzata da ricchezza, Stato di diritto, buon governo e virtù sociali. Getting to Taiwan è invece una possibile formula che rappresenta il trionfo di Morris Chang, fondatore di TSMC, e dell’applicazione del suo modello di business in un ecosistema di successo, di cui – ancora una volta – è essenziale conoscere la storia, con i vari punti fermi e i “casi” che l’hanno caratterizzata, oltre alla presenza di un manager eccezionale. Senza pensare che getting to Taiwan sia un “punto d’arrivo”, per varie ragioni.
La storia dell’industria dei semiconduttori continuerà a essere scritta e aggiornata nei prossimi anni, perché quella che l’amministratore delegato di Intel Pat Gelsinger ha chiamato “siliconomia” (Siliconomy) continuerà a influenzare in modo decisivo la politica e l’economia globale. Ciò non avverrà in modo statico ma attraverso cicli brutali, che accompagneranno la distruzione creatrice delle aziende, e attraverso strappi ai processi economici che saranno apportati dagli interessi politici.
Anche attraverso i suoi incontri internazionali, Chris Miller sta continuando a scrivere questa storia. Tra le varie conferenze che ha tenuto nel mondo, quella che mi ha colpito di più è stata in India, dove un conduttore molto preparato l’ha intrattenuto a lungo, in un’atmosfera di grande attenzione e fermento.
Quando hanno dato la parola al pubblico, a un certo punto, tra ingegneri e informatici, ha fatto una domanda un ragazzino di tredici anni, il quale si era chiaramente interessato a quelle questioni e aveva già costruito in qualche modo una base di competenze, magari studiando i video di “Asianometry” su YouTube o le altre risorse disponibili in rete.
Nell’incertezza globale, una cosa è pressoché certa: il futuro dell’industria dei semiconduttori sarà scritto dai Paesi che sapranno formare, accogliere e finanziare i progetti e i sogni dei ragazzini di tredici anni che si interessano a questi temi.
[1] Nicholas Mulder, The Economic Weapon. The Rise of Sanctions as a Tool of Modern War, Yale University Press, Yale 2022.
[2] Alessandro Aresu, Le potenze del capitalismo politico. Stati Uniti e Cina, La Nave di Teseo, Milano 2020; Id., Il dominio del XXI secolo. Cina, Stati Uniti e la guerra invisibile sulla tecnologia, Feltrinelli, Milano 2022.
[3] René Raaijmakers, ASML’s Architects, Techwatch Books, Nijmegen 2019.
[4] Chris Miller, The Struggle to Save the Soviet Economy. Mikhail Gorbachev and the Collapse of the USSR, University of North Carolina Press, Chapel Hill 2016; Id., Putinomics. Power and Money in Resurgent Russia, University of North Carolina Press, Chapel Hill 2018; Id., We Shall Be Masters. Russian Pivots to East Asia from Peter the Great to Putin, Harvard University Press, Harvard 2021.
[5] Per la vicenda occidentale e statunitense, basti pensare ad autori come Nathan Rosenberg e Joel Mokyr.
[6] Charles Maier, Dissolution. The Crisis of Communism and the End of East Germany, Princeton University Press, Princeton 1997.
[7] William J. Perry, My Journey at the Nuclear Brink, Stanford University Press, Stanford 2015.
[8] Si veda tra l’altro Alessandro Aresu, Il centro invisibile della tecnologia globale: svelare il segreto di ASML, «Le Grand Continent», 10 maggio 2023.
[9] Francis Fukuyama, The Origins of Political Order. From Prehuman Times to the French Revolution, Profile Books, Londra 2011.