Recensione a: David Allegranti, Come si diventa leghisti. Viaggio in un paese che si credeva rosso e si è svegliato verde, UTET, Milano, 2019, pp. 224, 15 euro (scheda libro)
Scritto da Francesco Magni
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La parabola della “nuova Lega” di Matteo Salvini ha attirato negli ultimi anni l’attenzione di osservatori ed esperti. La poderosa crescita nel consenso e nei suffragi e la capacità di dettare i temi del dibattito pubblico fanno della Lega e del suo Segretario un fenomeno senz’altro da studiare e da approfondire.
Giornali, TV e analisti si sono concentrati moltissimo sulla figura del suo leader e sulla sua abilità mediatica e comunicativa. Punto di vista differente e interessante è, invece, quello scelto da David Allegranti, giornalista de Il Foglio e già autore di altre pubblicazioni in materia di attualità, tra cui, una proprio sullo stesso Salvini (Matteo Le Pen, Che destra che fa, Fandango Libri, 2016).
Con il suo ultimo testo, Come si diventa leghisti. Viaggio in un paese che si credeva rosso e si è svegliato verde, Allegranti svolge un lavoro particolare e meritevole di attenzione, raccontando in prima persona non tanto la figura del Segretario della Lega, quanto, piuttosto, le realtà all’interno delle quali il fenomeno (o meglio l’epifenomeno) leghista è penetrato e si è sempre largamente diffuso.
Meta del suo viaggio è la (ex) “Toscana rossa” e in modo particolare la città di Pisa, terra da sempre appannaggio della sinistra, mai caduta in mano “nemica” fino al 2018. Neanche negli anni Novanta e Duemila il centrodestra era riuscito a conquistare i principali centri toscani, eccezion fatta per Lucca (oggi paradossalmente governata dal PD), laddove, invece, altre storiche roccaforti rosse come Bologna venivano “espugnate” da forze di centrodestra.
Allegranti, sin dalla prima pagina, accompagna il lettore con abilità narrativa nella scoperta della realtà pisana. Grazie a una mai troppo forzata narrazione in prima persona, pagina dopo pagina si ha così l’impressione di dialogare con i residenti della periferia pisana del Cep (Centro Edilizia Popolare), con l’ex sindaco Cortopassi, con una volontaria di una cooperativa che gestisce un centro di accoglienza, con le giovani leve della nuova classe dirigente leghista o con un imprenditore del settore turistico che gestisce un albergo nei pressi della stazione.
Attraverso le conversazioni con gli attori della realtà locale viene delineata una fotografia degli umori, delle passioni e dei bisogni di segmenti anche molto diversi della popolazione.
In tutto il percorso compiuto nelle realtà pisane Allegranti si pone in maniera discreta, partecipe ma mai eccessivamente protagonista, interpretando la curiosità di chi legge e facendosi, al contempo, interlocutore delle parole e dei pensieri delle persone interpretate. L’atteggiamento dell’autore non è giudicante, né nei confronti dei suoi interlocutori né nei confronti del lettore a cui è lasciato il compito di valutare e di formarsi una propria opinione.
Allegranti sceglie di iniziare il suo viaggio e il suo racconto con l’ascolto di due voci: nelle prime pagine si susseguono, infatti, le parole di Simonetta, residente del quartiere di edilizia popolare pisana Cep, ex militante di Lotta Continua oggi in bilico tra l’astensione e il voto alla Lega, e quelle di Sergio Cortopassi, sindaco socialista tra il 1990 e il 1994. Quest’ultimo, da politico esperto e appassionato, chiosa in maniera secca e inappellabile “Montate sulla linea 5, quella che collega il Cep, Putignano, Riglione, tutte le zone rosse della mia Pisa. Montateci sopra e vedrete, vi accorgerete di cosa dice la gente. Il Pd ha vissuto troppo a lungo in una fortezza inespugnabile. […]. Non è che dovessero inventare chissà cosa, bastava accorgersi del malessere. Qui è gente per bene, aveva solo bisogno di interlocutori che la rassicurassero per le nuove paure” (pp. 18-19).
Secondo l’ex sindaco era possibile già in precedenza comprendere come le nuove e più recenti manifestazioni della globalizzazione avessero conseguentemente generato nuove paure. Questa suggestione viene approfondita nelle pagine successive soprattutto grazie a due ulteriori incontri documentati dall’autore.
Il primo è con l’On. Ziello, classe 1992 e deputato della Lega dopo una esperienza da Assessore nel comune di Cascina, che per il Carroccio è un vero e proprio laboratorio politico, come si vedrà a breve. Ziello ha avuto una netta affermazione nel suo collegio uninominale e, in modo particolare, nei seggi del Cep, dove si reca frequentemente, utilizzando spesso anche lo strumento della diretta Facebook. È l’applicazione pratica della teoria cosiddetta TRT – Televisione, Rete, Territorio, chiave dei recenti successi leghisti: un mix di attivismo di base e nuovi strumenti comunicativi.
Il secondo incontro degno di nota è quello con il sindaco di Cascina, Susanna Ceccardi. È stata lei ad ottenere la vittoria nel 2016 nel piccolo Comune, fino ad allora saldamente in mano alle forze della sinistra. Nel discorso di Ceccardi si ritrovano tutti gli argomenti classici della narrativa leghista e, in particolare, viene fortemente enfatizzato il legame tra immigrazione, mancanza di decoro e insicurezza. Temi differenti come la risposta al desdierio di protezione, i criteri di assegnazione delle case popolari e l’uso spray al peperoncino per le donne vengono legati in un’unica narrazione.
Susanna Ceccardi ha trentatré anni e proviene da una famiglia di sinistra, ha uno zio partigiano ucciso dalla X Mas durante la Resistenza. L’attuale corso della Lega ha permesso ad una nuova leva di politici di destra di farsi avanti. Rileva la giovane sindaco di Cascina, infatti, come “io non potevo presentarmi in casa con la tessera di An altrimenti non mi facevano più entrare. […] Uno di sinistra del Cep non poteva votare An per vari motivi storici di appartenenza e non può votare Forza Italia perché non è alternativa al Pd nel suo sistema di potere, ma oggi vota Lega perché riconosce l’immigrazione come un problema sociale per i più deboli” (p. 81).
A conclusione dell’incontro con il sindaco di Cascina, Allegranti rileva con acume come nella nuova classe dirigente della Lega sia da individuare un tratto essenziale di differenza rispetto agli alleati pentastellati. Si tratta, in buona sostanza, di politici che all’appartenenza a una nuova generazione uniscono una certa competenza amministrativa e una marcata fedeltà al leader Salvini. Questo allineamento al nuovo corso e alla sua leadership conferisce loro la capacità di mettere in relazione istanze territoriali e potere centrale, di proporsi come soggetti in grado di fornire risposte alle quelle paure che intercettano nel lavoro quotidiano, riportandole, analizzandole e studiandole.
La questione del fenomeno migratorio è al centro della conversazione con un albergatore locale. Con le sue parole esprime disincanto nei confronti di un sistema che mostra, a suo avviso, tutte le sue fragilità e tutti i suoi limiti. Queste valutazioni vengono espresse senza rancore, quasi a segnalare un’assenza di aspettative nei confronti del sistema. Un imprenditore del settore turistico, segnala ad Allegranti un crescente degrado nella zona della stazione, ripetutamente oggetto di lamentela nei confronti delle Amministrazioni e delle forze di pubblica sicurezza. La situazione viene da questi attribuita ad un flusso migratorio incontrollato e, in modo particolare, a una indiscriminata liberalizzazione delle licenze commerciali e degli orari di apertura e di chiusura dei negozi. Il tutto a fronte di una sempre minore e sempre meno incisiva presenza delle forze dell’Ordine sul territorio. Sono due fattori la cui addizione porta come risultato ad un aumento della microcriminalità e del degrado e conseguente fuga della clientela dell’albergo.
C’è spazio, nel pregevole lavoro di Allegranti, anche per una conversazione con un sindacalista della CGIL ed ex iscritto al Pd, oggi appassionato militante leghista e un’altra, in appuntamento conviviale con Gian Alfonso Pacinotti, in arte Gipi, fumettista e illustratore oltre che “giovanile” cinquantaduenne pisano di sinistra. Gipi fornisce una disincantata visione di uno degli uomini di sinistra rimasti e, forse anche in ragione dell’importanza che le parole, oltre alle immagini, rivestono nel suo mestiere, si dice particolarmente colpito dai discorsi che sente fare ogni giorno. Riporta e denuncia l’abuso di lemmi e concetti violenti e, soprattutto, la sua incapacità di reagire di fronte a considerazioni e vocaboli che meriterebbero una reazione collettiva in luogo di un accondiscendente silenzio assenso.
Chiudendo l’analisi con uno sguardo complessivo si rileva come l’autore si conceda, sin dal titolo, il lusso di ispirarsi a un grande classico del reportage giornalistico ma con l’intelligenza e l’abilità di chi si ispira senza riprodurre copie anastatiche. Il riferimento, che egli stesso con grande onestà intellettuale compie nelle pagine conclusive del libro, è a Come si diventa nazisti di William Sheridan Allen, accademico statunitense dell’Università di Buffalo che in tale pubblicazione ha ripercorso le tappe che hanno portato la Germania a diventare il fulcro della follia nazista nei primi anni Trenta.
Senza che ciò stia in alcun modo a indicare un parallelismo qualitativo delle due epoche storiche e dei due fenomeni, diversi sotto mille punti di vista, l’abilità dell’autore sta proprio nell’aver saputo riadattare un modello di indagine giornalistica con il modus operandi e la struttura stilistica contemporanea.
Dopo numerosi capitoli destinati al racconto degli incontri, delle voci, degli umori dei pisani di città e provincia l’autore chiude il suo lavoro con quelle che lui stesso definisce “conclusioni provvisorie” (p. 197 e ss). Sono pagine in cui si cerca di tirare le fila di un discorso complesso e di difficile definizione. Il titolo del libro viene declinato in domanda diretta, ma davanti alla questione “come si diventa leghisti?” Allegranti rileva come ognuno ha una visione e una risposta personale, non necessariamente coincidente e neanche complementare con le altre. Il bisogno di protezione e di consolazione di fronte ai nuovi bisogni e alle nuove paure, però, è senz’altro un elemento che ritorna spesso nel viaggio e nelle esperienze che l’autore ha effettuato.
Anche i cambiamenti del tessuto socio urbanistico, peraltro, hanno senz’altro influito notevolmente sugli umori dei cittadini. Si rileva acutamente, infatti, come “in periferia una volta c’era la fabbrica, un tessuto sociale, dei circoli Arci e un popolo che in quella periferia si riconosceva. Oggi invece quei vecchi quartieri operai sono ridotti a dormitori […] una volta scacciati tutti gli ambulanti, tutti gli immigrati, tutti i ladri e i rom, in periferia continuerà a non esserci niente e la gente troverà altri capri espiatori su cui proiettare la propria insoddisfazione” (p. 201).
In conclusione, questo volume, di facile e scorrevole lettura, non privo però della necessaria profondità dell’indagine giornalistica, è una straordinaria fotografia dinamica del presente. Come in un video realizzato in stop motion Allegranti realizza tante istantanee di una realtà complessa che solo nel loro susseguirsi in modo ragionato consegnano a chi guarda (rectius, legge) un quadro complessivo della situazione.
Così, immagine dopo immagine, parola dopo parola, ci si immerge in un mondo liquido e in rapida evaporazione, in cui colpisce la profondità e la complessità dei problemi riscontrati, in un certo qual modo anche la volontà di chi parla di raccontarli e di spiegarli, possibilità evidentemente negatagli dalla latitanza della politica militante su quel territorio.
Si tratta, comunque, di un viaggio che, per quanto utile, necessario e ben raccontato, riguarda un territorio relativamente piccolo, con problematiche peculiari e non necessariamente riscontrabili altrove. Siamo, insomma, di fronte ad un reportage giornalistico ricco e utile per fornire materiali per la comprensione del fenomeno leghista. Il lavoro di Allegranti può costituire la base per sollevare ulteriori domande e provare a mettere in campo uno sforzo di comprensione del leghismo e forse anche per immaginare paradigmi alternativi per rispondere alle paure e ai bisogni che sono alla base del successo di questo fenomeno politico.
Sarà, pertanto, interessante capire come il fenomeno leghista resisterà alla prova del tempo e all’assunzione sulle proprie spalle del peso e delle responsabilità di dare risposte a quelle paure, non solo di condividerne le domande. Ciò in modo particolare in quelle realtà dove per ragioni ideologiche e/o fisiologiche l’approccio leghista ha meno presa e dove a livello locale occorrerà fare i conti con gli alleati tradizionali di centro destra.