Recensione a: Marco Mariano (a cura di), Come si fa una comunità energetica. Una storia vera di transizione alle energie rinnovabili, Altraeconomia, Milano 2020, pp. 96, 12 euro (scheda libro)
Scritto da Giuseppe Palazzo
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La comunità energetica: un’impresa sociale europea
«L’idea dell’impianto fotovoltaico, prima ancora di produrre una sola stilla di energia, diventa esso stesso catalizzatore di energie»
Con queste parole Marco Mariano, curatore del libro Come si fa una comunità energetica. Una storia vera di transizione alle energie rinnovabili, sintetizza la scalabilità del potenziale delle rinnovabili e le sue implicazioni in termini di partecipazione. Un’iniziativa dal basso legata alla produzione di energia rinnovabile costituisce «un’azione apparentemente semplice, con un contenuto prevalentemente tecnico» che si trasforma in altro, in «un universo a cui ciascuno può aggiungere contenuti: la rivoluzione, sia energetica che culturale» apre così ad «un nuovo modello di sviluppo» [1]. Una possibilità per i singoli, insieme, di incidere a livello globale, sia da un punto di vista “formale”, con lo sviluppo di un’alternativa al sistema energetico odierno, sia sostanziale, dato il potenziale quantitativo di produzione e consumo “dal basso” di energia rinnovabile.
Il libro, edito da Altreconomia, racconta della più importante esperienza italiana in questo campo, quella di Retenergie ed ènostra, cooperative energetiche, oggi fuse in una sola realtà, col nome di ènostra, unica di questo genere nel nostro Paese a presidiare l’intero ciclo dell’elettricità, dalla produzione alla vendita e costituendo un unicum sull’intero territorio nazionale. Nel corso del libro, scritto da Giovanni Bert, Marco Mariano, Giancarlo Meinardi, Gianluca Ruggieri e Giuseppe Tebano, figure con diverse esperienze e background, si seguono le fasi della crescita del progetto cooperativo, con le difficoltà e le decisioni ad esse legate. Un’impresa sociale la cui storia testimonia quanto rilevato dalla letteratura accademica in merito alle comunità energetiche, inserendosi in un contesto più ampio, nazionale ed europeo.
Nell’introduzione Gianluca Ruggieri, vice presidente di ènostra, docente di fisica tecnica ambientale e ricercatore universitario, fornisce una breve panoramica storica riguardo l’Italia.
Dalla fine dell’Ottocento fino agli anni Cinquanta l’elettricità generata nel nostro Paese deriva da fonti rinnovabili per il 95% (idroelettrico soprattutto). La crescita dei consumi negli anni Sessanta porta l’Italia a dotarsi di nuovi impianti e di reti per elettricità e gas nell’ambito del grande impegno infrastrutturale che ha visto la nazionalizzazione del settore e la nascita di Eni ed Enel. Il termoelettrico supera la produzione da rinnovabili nel 1967-68.
Tra il 1999 e il 2000 tutto questo cambia con la parziale liberalizzazione. Tra i privati che entrano nel settore vi sono coloro che approfittano dei generosi pacchetti di incentivi concessi alle rinnovabili, al fotovoltaico in particolare. La generazione di elettricità da rinnovabili aumenta di 177 volte dal 1998 al 2017 dopo più di 30 anni di immobilismo, raggiungendo 42.000 GWh, il 14% della produzione nazionale. Oggi vi sono 500.000 impianti fotovoltaici di piccole dimensioni legati a prosumers (crasi tra consumers e producers) e PMI. Nonostante gli incentivi, un singolo che volesse contribuire alla transizione energetica non accontentandosi di un piccolo impianto domestico, deve sostenere dei costi significativi. Perciò sono nate iniziative, che hanno soprattutto assunto la forma della cooperativa, in cui più persone, anche chi magari non possiede un terreno o un tetto assolato, si associano per realizzare impianti di proprietà collettiva. L’energia prodotta viene venduta alla rete nazionale ad un prezzo concordato e i guadagni della vendita e degli incentivi vengono suddivisi tra i partecipanti.
Non si tratta di iniziative piccole e trascurabili. Come riportato da Ruggieri, i principali Paesi in fatto di comunità energetiche sono Danimarca, Paesi Bassi e Germania. In quest’ultima, al 2016, sono state censite più di mille cooperative per un totale di quasi 200.000 soci, 2,5 miliardi di euro investiti e una vendita di 80 TWh annui (il 15% del mercato elettrico tedesco). Il mondo cooperativo tedesco, nel suo insieme, è il quattordicesimo attore del mercato elettrico in Europa. E il potenziale è ancora tanto. Secondo CE Delft nel 2050 circa 250 milioni di europei potrebbero contribuire allo sviluppo di queste realtà, producendo 1.500 TWh, il 16% della fornitura di elettricità nell’Unione Europea.
L’UE, infatti, ha deciso di incentivare esperienze come queste coerentemente, con il documento Energia pulita per tutti gli europei pubblicato dalla Commissione nel novembre 2016, base programmatica per i provvedimenti in tema di energia e sostenibilità. I tre pilastri del documento sono:
Le rinnovabili infatti mettono i cittadini in condizione di poter, da soli o associati, produrre energia pesando meno sul sistema energetico nazionale, risparmiando nel lungo periodo, e contribuendo alla transizione. Si tratta infatti di fonti diffuse, in particolare sole e vento, e le tecnologie per sfruttarle hanno dei costi in continuo calo. Una scalabilità che “catalizza energie”, permette la diffusione di queste tecnologie e spinge, quindi, una filiera strategica che va a sommarsi a quella per l’efficienza energetica, con un impatto importante in termini di sviluppo tecnologico e occupazione.
Anche a livello italiano le istituzioni intendono supportare le comunità energetiche nonché la diffusione di impianti. In questa direzione va il Decreto Milleproroghe del febbraio 2020, che apre nuove possibilità per l’autoconsumo collettivo[2].
Le sfide di una comunità energetica
Dopo una prima introduzione che inquadra l’esperienza nel più ampio contesto europeo e di politiche nazionali, il testo propone poi un approfondimento in merito alle concrete dinamiche di partecipazione “dal basso” che avvengono in Retenergie ed ènostra. Due imprese a tutti gli effetti, sia in quanto progettualità collettive, sia in quanto realtà che producono valore economico (anche se non puramente business oriented, come si tiene a sottolineare in più passaggi).
Tutto inizia con Marco Mariano, agricoltore del cuneese, “diffidente” verso la tecnologia, eppure ispirato, dalle opportunità rivoluzionarie che può fornire un pannello solare. L’umanità, lo slancio ideale, gli aneddoti e un po’ di ingenuità (su stessa ammissione degli autori) rimangono per tutto il racconto e restano alla base del progetto, anche quando, nei salti di qualità impressi all’iniziativa, i protagonisti dovranno introdurre cambiamenti e nuove risorse in termini organizzativi, di competenze e di impegno.
Queste iniziative nascono spesso da un gruppo di persone che vivono vicine e che condividono forti motivazioni ideali iniziali (o, se vogliamo, politiche, nel senso più ampio del termine), sensibilità e attivismo in ambito associativo. Emergono pertanto la natura volontaristica, ideale e il legame dell’iniziativa con il territorio. Più mutano gli obiettivi e le esigenze del settore e della normativa, più questa natura deve cambiare.
Una pubblicazione del 2017 analizza le principali barriere al cambiamento interne ad una comunità rinnovabile:
Nonostante questi studi solitamente analizzino contesti nord europei, le barriere sopra richiamate caratterizzano anche il percorso delle italiane Retenergie ed ènostra. Qui ci si limiterà ad accennare come le due cooperative hanno gestito il tema dell’approvvigionamento di capitali e l’integrazione tra le sensibilità diverse dei soci delle due realtà per giungere alla fusione.
La raccolta dei capitali si è svolta contemporaneamente alla stessa attività di sensibilizzazione e presentazione del progetto e l’approccio comunicativo nel proporre l’installazione di impianti è stato pratico, focalizzato sugli impatti concreti a livello locale. A ciò è seguito, nella realizzazione degli impianti, il coinvolgimento della cittadinanza, delle associazioni del territorio e delle istituzioni. Questo approccio ha pagato e ha contribuito ad abbattere barriere esterne quali la possibile diffidenza della cittadinanza, proteste nimby (not in my backyard). Una capacità di dialogo diffusa tra le comunità energetiche che supporta i programmi di transizione energetica e che sottolinea l’importanza di realtà come queste per le politiche nazionali[4].
Il mantenimento di questo approccio sensibile alle specifiche esigenze locali e in generale alla dimensione territoriale permette anche di non perdere “la cura della comunità” dei soci, nonostante una crescita che raggiunge un numero crescente di iscritti sparsi in tutto il Paese.
La tensione tra dimensione locale e nazionale è stata vissuta anche dai protagonisti del libro, soprattutto nel dibattito sulla fusione tra Retenergie ed ènostra, ma è solo una delle questioni di principio che si sono affrontate. Si trattava infatti di realtà differenti.
Retenergie era più legata ai piccoli Comuni piemontesi e caratterizzata da forte radicamento locale e senso di comunità tra i soci, per lo più investitori molto prudenti, attivi nel mondo dell’agricoltura e dell’acquisto solidale. Mentre ènostra era legata a Milano, con soci più eterogenei e più avvezzi alla responsabilità sociale di impresa e al mondo aziendale che ai Gruppi di Acquisto Solidale. Si trattava inoltre di un progetto più rischioso e col bilancio ancora in negativo. In particolare ènostra non produceva energia, bensì acquistava energia da impianti rinnovabili di terzi e la rivendeva ai soci a livello nazionale (con una preponderanza di soci nel Nord Italia). Pertanto vi era meno senso di comunità tra gli associati.
La fusione è stata conseguita dopo un lungo percorso e con un lavoro di ascolto e condivisione che ha avuto successo nel superare insieme le barriere. L’obiettivo di presidiare tutta la filiera, dalla produzione al consumo, per cui era necessario raggiungere una massa critica, era sentito sin dall’inizio del progetto.
Il 1 gennaio 2019, dopo una decina d’anni dalla costituzione di Retenergie, nasce la nuova ènostra, oggi con oltre 6.000 soci, un soggetto nazionale, riconosciuto dalle istituzioni, che tuttavia intende continuare a mantenere l’attenzione per la dimensione locale e per la comunità dei soci, convinta, come diceva Gandhi, che “tra mezzi e fini vi è la stessa relazione che esiste tra seme e albero”.
La comunità energetica tra politiche e infrastruttura
Come abbiamo visto le comunità energetiche sono oggetto di interesse da parte delle politiche ma proprio le modifiche alla normativa costituiscono delle sfide. La più importante è stata la fine dell’erogazione degli incentivi: nel nostro Paese gli impianti fotovoltaici costruiti dopo il 2013 non ne beneficiano più. E la grande maggioranza degli interventi delle comunità energetiche in Italia, compresa Retenergie, riguarda proprio il fotovoltaico. Il modello di business doveva quindi cambiare. Una recente pubblicazione dello stesso Gianluca Ruggieri e di Chiara Candelise mostra che dopo il 2013 il piccolo settore, agli albori, delle comunità energetiche in Italia, ha subito un’importante contrazione, passando dalla crescita di capacità installata di 3,5 GW annui tra il 2008 e il 2013 a quella di 385 MW annui dal 2013 al 2018. Solo tre realtà sono riuscite a nascere o a crescere dopo il 2013 in Italia: Retenergie/ènostra, Energia Positiva e WeForGreen. Ci sono riuscite uscendo dalla dimensione meramente locale, portando avanti interventi più grandi e/o in più zone del Paese, allargando così la platea di collaborazioni e associati, e fornendo servizi aggiuntivi ai soci[5]. Retenergie nello specifico acquista impianti costruiti prima della scadenza del 2013 (ancora incentivati), rafforza i propri servizi di efficienza energetica, attira nuove competenze e avvia la collaborazione con ènostra.
Nelle ultime pagine del libro si accenna infine alla struttura del sistema elettrico, sviluppato in base alle caratteristiche delle fonti fossili, pertanto con relativamente pochi centri di produzione concentrati (le grandi centrali) e tanti punti di consumo. Con la crescita degli impianti rinnovabili la generazione di elettricità ha invece un’origine diffusa, proprio come sono diffusi sole e vento. Le dinamiche all’interno della rete pertanto diventano più orizzontali e i punti di produzione di elettricità molto più numerosi. Questa produzione “dal basso” necessiterà col tempo di un’infrastruttura di coordinamento “dall’alto” permeata di tecnologie digitali, indispensabile per garantire il corretto e sicuro funzionamento della rete. L’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente nel corso del 2019 ha portato avanti un progetto pilota in tal senso, per organizzare le capacità produttive, anche piccole, sparse sul territorio[vi] (qui un approfondimento di Pandora Rivista). Sarà interessante e importante osservare come si evolverà il ruolo delle comunità energetiche con l’adeguarsi del sistema elettrico alla nuova orizzontalità e quale modello di comunità sarà avvantaggiato dalla futura normativa, se a vocazione locale o nazionale[vii].
[1] Qui un approfondimento sul tema della democratizzazione del sistema energetico.
[2] Italia Solare, Comunità energetiche, la rivoluzione dell’energia è a portata di tutti, Infobuild Energia, 04/03/2020.
[3] Herbes Carsten, Brummer Vasco, Rognli Judith, Blazejewski, Gericke Naomi, Responding to policy change: New business models for renewable energy cooperatives – Barrier perceived by cooperatives’ members”, «Energy Policy» 109 (2017).
[4] Wagemans Donné, Scholl Christian, Vasseur Véronique, Facilitating the Energy Transition – The Governance Role of Local Renewable Energy Cooperatives, «Energies» 2019, 12.
[5] Candelise Chiara, Ruggieri Gianluca, “Status and evolution of the Community Energy sector in Italy”, «Energies», 2020, 13.
[6] Energy & Strategy Group, Electricity Market Report 2019 – L’apertura del MSD oltre I progetti pilota: quali ricadute per il sistema Paese?, ottobre 2019.
[7] Candelise Chiara, Ruggieri Gianluca, Status and evolution of the Community Energy sector in Italy, «Energies», 2020, 13.