Diritto al futuro, capacità di aspirazione, conflitto generativo: un dialogo aperto
- 23 Luglio 2021

Diritto al futuro, capacità di aspirazione, conflitto generativo: un dialogo aperto

Scritto da Azzurra Spirito, Shata Diallo

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Questo articolo si inserisce all’interno di un percorso di approfondimento parte del progetto Aut – Futuri Fuori promosso da Cob Social Innovation. Aut – Futuri Fuori è un processo di immaginazione collettiva sulle possibilità di Futuro per costruire il nuovo modello di società al 2050. L’intento è cambiare la direzione attuale facendo leva sulla capacità umana di aspirare, e sulla possibilità di farlo insieme.


Il rapporto che ogni persona ha con il futuro, in quanto orizzonte temporale, semantico e d’azione, è sempre frutto di una particolare combinazione di fattori estremamente peculiari (credenze, identità di genere, luogo di nascita, fase della vita, etc.). Tra essi però ve n’è almeno uno comune ad ogni individuo, ovvero quella che Arjun Appadurai chiama la capacità di aspirare. L’antropologo statunitense sostiene inoltre che le aspirazioni non sono mai semplicemente individuali, pertanto la relazione con il futuro è frutto anche della partecipazione a capacità collettive di immaginazione di orizzonti condivisi che contribuiscono enormemente a influenzare gli orientamenti delle collettività in termini di valori e diritti. Infatti, ancora Appadurai afferma come la capacità di aspirare non sia equamente distribuita, concentrandosi maggiormente tra i benestanti. Cosa comporta? Per spiegarlo egli indaga il modo in cui viene espressa o meno nei poveri, intesi come gruppo sociale, focalizzandosi su capacità di riconoscimento e protesta emersa all’interno dei movimenti per la casa nelle periferie di alcune grandi metropoli dell’India.

Una prima conclusione a cui arriva è proprio il mostrare l’importanza della relazione tra democrazia e sviluppo nell’accrescere le capacità di aspirazione di coloro che hanno più da perdere da una sua diminuzione trovandosi in condizioni di forte subalternità e mancando dell’accesso alle risorse anche minime necessarie alla personale autorealizzazione. Cosa accade però se proviamo ad applicare questa riflessione ad un altro gruppo sociale, quale la generazione della next generation (i cosiddetti millennials, nate/i tra il 1980 e il 1995)? Una generazione che rischia di rimanere ai margini dei processi decisionali pur essendo chiamata ad essere protagonista del cambiamento necessario a rispondere efficacemente all’emergenza climatica, orientare l’evoluzione tecnologica e governare la pandemia in corso e le sue conseguenze.

L’obiettivo di questo articolo è dunque quello di stimolare il confronto su un tema centrale e urgente: donne e uomini che oggi hanno un’età compresa tra i 26 e i 41 anni sono capaci di maturare la visione necessaria al cambiamento e di guidarne l’attuazione? Per farlo abbiamo scelto di attingere ad esperienze dirette di ricerca-azione, ponendo in dialogo quanto scoperto nelle nostre specifiche aree di competenza.

Per compiere questa esplorazione inizieremo con il definire a quali terreni sperimentali abbiamo attinto e con quale esito (CAROTAGGI); indagheremo poi i punti comuni identificati (NUOVI MATERIALI PREZIOSI) così da porre le basi di un confronto sul ruolo della next generation nel cambiamento (NUOVE FONDAMENTA).

 

Carotaggi

I carotaggi rappresentano l’azione, sono i terreni di sperimentazione, gli sguardi esperienziali sugli spazi di confronto e collaborazione. Scrivere questo articolo è stato per noi una preziosa occasione di riflessione, soprattutto grazie al confronto reciproco che ci ha permesso di mettere quanto rintracciato nelle pratiche individuali in dialogo con le esperienze dell’altra. In questi ultimi anni ad entrambe è capitato di seguire molti progetti dedicati a ragazze e ragazzi di età compresa tra i 16 e i 30 anni, un range molto ampio rispetto a cui abbiamo isolato le caratteristiche rispondenti al target d’indagine di questo articolo. Non è l’area di azione specifica di nessuna delle due, eppure diverse realtà hanno sentito l’esigenza di attivare o supportare percorsi dedicati allo sviluppo di competenze di futuro in questa generazione attingendo alle competenze di figure che potessero al contempo guidarle verso una realizzazione nel presente.

I progetti che abbiamo identificato come spazi di azione e riflessione privilegiati sono stati:

Futuri (Im)Perfetti – il futuro possibile di chi non ha voce, realizzato da Forwardto per Fondazione Brodolini insieme a ItaliaCamp, Forcoop, San Donato Scs, Stranaidea e Vides Main. Ha avuto avvio il 9 novembre 2020 ed è attualmente in corso. Qui il link al progetto per seguirne l’evoluzione. Il progetto supporta giovani under30 che vivono a Torino nell’immaginare, aspirare e costruire un futuro da protagonisti. Le prime fasi del progetto si sono concentrate sull’esplorazione di utopie e distopie elaborate da oltre 60 ragazze e ragazzi di età compresa tra i 18 e i 30 anni.

Insight

La libera esplorazione delle utopie e distopie che nutrono l’immaginario di ragazze e ragazzi under 30 ha fatto emergere la visione condivisa di un mondo ineluttabilmente destinato alla perdita di biodiversità, controllato dalle grandi piattaforme, in preda a conflitti geopolitici che portano l’Europa a scoprire la fame, abitato da perfetti corpi traslucidi incapaci di contatto. Ragazze e ragazzi ambiscono però ad un mondo capace di dare spazio alla vocazione dei singoli, che tratti l’umano come arte del possibile e che si riappropri dell’indicibile. Ne è emerso il desiderio di un mondo articolato in micro-comunità consapevoli e connesse, che tratta le risorse del territorio e della comunità secondo modalità circolari e responsabili. (Per approfondire qui è possibile trovare le visioni emerse e il modo in cui sono state tradotte in un manifesto operativo).

Futuri Emergenti, un progetto di Forwardto in partnership con TEDxTorino, School of Entrepreneurship & Innovation, TOxD Torino Città per le Donne, Contamination Lab, PRS Paratissima Art Production, Dipartimento Culture, Politiche e Società dell’Università di Torino. Realizzato a febbraio 2021, ha coinvolto circa 40 ragazze e ragazzi under 30 che vivono a Torino o che provengono da questa città. Scopo del progetto è stato esplorare immagini e visioni di futuro dei giovani solitamente esclusi dai processi di costruzione di policy. L’esito dei visioning così condotti sono stati posti in dialogo con il futuro immaginato dagli attuali decisori.

Insight

L’immaginario di ragazze e ragazzi under30 che vivono a Torino in questo caso è stato indagato in gruppi omogenei: startupper, donne, artisti e artiste, studenti e studentesse, stranieri e straniere. La visione che ne è emersa parla di studentesse e studenti universitari coinvolti nella vita cittadina attraverso tavoli civici e azioni di volontariato. L’offerta formativa diviene ibrida, digitale e fisica, coinvolgendo docenti di diverse città europee. Gli esami sono basati sulla realizzazione in team di progetti concreti. La città crea spazi di sperimentazione che coinvolgono le startup nello sviluppo di innovazioni. Investitrici e investitori lavorano coi team di startupper, scambiandosi conoscenza e generando impatto sociale positivo. Le risorse naturali della città sono valorizzate e promosse come parte dell’offerta culturale. L’equilibrio vita lavoro è garantito. C’è stato un importante impegno rispetto alla tech justice che ha portato le nuove tecnologie ad essere progettate per assicurare equità di accesso ai servizi da parte di tutte e tutti.

YOBBO – Youth Beyond Borders, associazione culturale guidata da giovani per i giovani. Ospita e partecipa a progetti finanziati da Erasmus Plus volti a promuovere la cittadinanza attiva, l’inclusione e l’imprenditorialità sociale con e per i giovani tra i 15 e i 30 anni. I progetti promossi sono scambi culturali, corsi di formazione o partenariati strategici e coinvolgono giovani in esperienze brevi (15 giorni massimo) in giro per l’Europa. Il mezzo: l’educazione non formale. Il processo: lo shock culturale per generare innovazione e visione. Il fine: il disegno di una vera e prima cultura europea. YOBBO è la casa di chi ha l’ambizione di generare un contributo di impatto sociale all’interno della propria comunità e come cittadino/a europeo/a.

Insight

Gruppi di 50 under 30, provenienti da 7-8 Paesi europei si incontrano e per 15 giorni vivono, mangiano, riflettono insieme su temi rilevanti e trasversali per il futuro del nostro continente: imprenditorialità sociale, inclusione, cittadinanza attiva, ecologia, arte, sostenibilità. Questi progetti sono completamente finanziati dalla Comunità Europea e per questo offrono la possibilità, soprattutto a giovani con poche opportunità (economiche, culturali, sociali, geografiche, linguistiche, ecc.), di varcare i propri confini e costruire ponti con la diversità, generando valore per se stessi e per le loro comunità di appartenenza. E lo fanno al di fuori delle dinamiche educative formali: dibattito, gestione del conflitto, porta a porta per dialogare con persone locali (che sia nei Paesi Bassi, in Lettonia o in Svezia). Questi progetti, anche se purtroppo poco conosciuti, si ripetono migliaia di volte l’anno in tutti i Paesi Europei e generano un valore tale per cui l’UE ha deciso, per il settennio 2021-2027 di triplicare i fondi portandoli a 26 miliardi di euro.

(Qui i link per approfondire il programma Erasmus+ in Italia e l’operato di YOBBO).

Gocce d’Amore Onlus: Associazione Culturale che supporta lo sviluppo dell’istruzione primaria sull’Isola di Zanzibar. E lo fa lavorando con due target di giovani: bambini locali e giovanissimi volontari italiani. Generare impatto con ascolto, confronto e collaborazione sono tre tra le parole chiave che raccontano l’operato dell’associazione a Zanzibar e del percorso di crescita dei volontari in Italia. L’Italia, infatti, è uno dei Paesi con il più alto tasso di volontari attivi in Europa.

Insight

Mettere un piede fuori dal privilegio e scoprire che il nostro mondo è l’interpretazione del nostro sguardo e non rappresenta la realtà: questi sono i comandamenti dell’esperienza di volontariato a Zanzibar. Gruppi di giovani volontari si confrontano attivamente per sviluppare progetti ad una unica e sfidante condizione: progettare qualcosa che sia rispondente ai bisogni del territorio e che sia in linea con una diretta esigenza esplicitata dai villaggi locali. Ad esempio negli ultimi anni è stato attivato il progetto “Elena d’Amanzo”, grazie al quale ogni mese centinaia di persone locali hanno l’opportunità di ricevere visite e cure gratuite. Il desiderio di contribuire a livello sanitario era presente da tempo, ma mai i villaggi avevano espresso questa necessità. “Vale più la qualità o la quantità della vita? E questo è un valore condiviso?”. Si allena la capacità di fare un passo indietro piuttosto che uno in avanti, la capacità di ascoltare piuttosto che di commentare, la capacità di relativizzare.

 

Sedimenti

I sedimenti sono i semi di futuro, gli elementi distintivi che mettono in moto gli ingranaggi e stimolano l’azione. Per coglierli è importante partire dalla consapevolezza che la capacità di pensare ai futuri non è innata, richiede di essere sviluppata. Non di rado le persone coinvolte nei percorsi qui descritti hanno manifestato resistenze o difficoltà nel condurre questo tipo di esplorazione sul piano individuale. Interessante notare come nelle nostre esperienze più raramente emergano rispetto ad immaginare futuri collettivi. In questo caso, invece, tende a prevalere un senso di ineluttabilità. Il sentimento di ridotta capacità di agency è sicuramente un nodo centrale rispetto alla capacità di aspirare, in questo caso presente in modo trasversale a diverse classi sociali. Gli insight emersi dai diversi progetti hanno reso evidenti alcuni elementi che costituiscono la base per un diverso modo di costruire e agire il futuro:

La possibilità di autodeterminazione

Genetica e identità vengono poste in una nuova dialettica: la fotografia viene ridisegnata per diventare rappresentativa di ciò che viene percepito come distintivo. L’identità viene interpretata come spazio di costruzione che può spingersi fino a ridefinire elementi tradizionalmente dati per indiscutibili.

La nuova appartenenza

Appartenenza, oggi, significa sentirsi valorizzati come parte del mix, sentirsi benvenuti, ascoltati: frutto di un riconoscimento nella diversità e non nella similitudine. La nuova appartenenza cammina su scie di valori che cercano e trovano, alla propria base, l’opportunità di scegliere a cosa, dove e chi appartenere.

Le competenze fluide

Le nuove generazioni inventano i nomi delle loro professioni. Cercano, oppure sono obbligate a sviluppare, competenze fluide. Le competenze fluide sono quelle che cambiano in continuazione: cambiano perché evolvono ed evolvono velocemente. Competenze spesso situate: connesse a specifici sistemi, che la next generation cerca di aprire per favorirne l’ibridazione.

Pratiche di collaborazione

Cambia il concetto di affermazione di sé. L’agire collettivo trova nuovi spazi, dal volontariato alle comunità di pratica. Anche il lavoro viene ridisegnato, da una parte verso un’assunzione di maggiore autonomia individuale e dall’altra nella direzione di una maggiore predisposizione alla collaborazione.

 

Nuove fondamenta

Le nuove fondamenta rappresentano il tragitto che ancora non abbiamo percorso, ma di cui conosciamo i contorni: l’insieme dei carotaggi che osserviamo e dei sedimenti che, giorno dopo giorno, alimentano il tracciato. Torniamo al saggio di Appadurai. Lui afferma: «Non sto dicendo che i poveri non possono desiderare, volere, esigere, progettare o aspirare. Ma che la restrizione delle circostanze in cui queste pratiche avvengono è costitutiva della povertà. Se la mappa delle aspirazioni viene vista come una fitta combinazione di intersezioni e percorsi, la povertà relativa consiste in un ridotto numero di intersezioni cui aspirare e in un assottigliamento e indebolimento dei percorsi che dai concreti voleri vanno ai contesti intermedi, alle norme generali e ritorno. Dove per i poveri questi percorsi esistono, sono verosimilmente più rigidi, meno flessibili e di minore valore strategico, non già a causa di un deficit cognitivo, ma perché la capacità di avere aspirazioni, al pari di ogni capacità culturale complessa, sopravvive e prospera con la pratica, la ripetizione, l’esplorazione, la congettura e la confutazione».

Nel caso dei millenials spesso c’è un grande accumulo di conoscenze che però nella maggior parte dei casi non si è tradotto nella possibilità di affermazione sociale ed economica. Due punti diventano allora di particolare interesse per l’analisi condotta da Appadurai: la dialettica di futuro e la capacità di incidere sulle norme generali. Un gioco di poteri asimmetrici, dove le scelte di oggi di indebitamento, che in Italia ha superato il 130% del PIL, e l’erosione progressiva dei sistemi naturali non si è limitata a depauperare il presente, ma è ormai arrivata ad ipotecare il futuro delle generazioni giovani nel presenti e di quelle a venire. Il modo in cui questo debito ha preso forma nei decenni racconta una visione estrattiva del valore priva di una doverosa attenzione a realizzare investimenti che potessero permettere la generazione di nuove risorse per uomini e donne future. Forse più evidente diventa la dinamica rispetto alla dimensione ambientale: non è un caso che il report con cui nel 1987 viene introdotto il concetto di sostenibilità si intitola proprio Our common future. Inizia ora a porsi l’attenzione sul tema dell’uguaglianza tra le generazioni, anche in termini di principi costituzionali ad oggi incentrati sull’equità tra cittadini.

In sociologia identificare le diverse generazioni non è questione da poco. Tendenzialmente le differenze che si riscontrano analizzando per coorti di età i dati di ricerche campionarie dipendono da tre “effetti”: l’effetto età (che dipende dai processi evolutivi di maturazione della personalità), l’effetto generazione (che dipende dall’esposizione selettiva a eventi e situazioni storiche nella fase formativa del ciclo di vita) e l’effetto periodo (che dipende dal momento storico nel quale viene effettuata la rilevazione). Nell’analisi questi effetti si sommano e risulta poco agevole distinguerli (si veda Riley e altri, 1972). Se consideriamo aspetti quali l’incidenza della dimensione tecnologica, l’allungamento della vita accompagnato da un miglioramento delle condizioni di salute ma anche una totale ridefinizione del concetto di età adulta vediamo quanto possa essere complessa l’attuale coesistenza di circa 7 diverse generazioni.

Eppure nonostante la posta in gioco sia chiara manca una vera e propria dialettica tra di esse. Una dialettica che ad oggi fatica ad attuarsi a causa di una tendenziale mancanza di disponibilità al rischio di fallimento e alla presenza di un rapporto di dipendenza rispetto a quello che dovrebbe costituire il polo dialettico diretto delle nuove generazioni. Una generazione come la nostra che ha interiorizzato i cambiamenti ma che teme fortemente il fallimento. Nei percorsi realizzate si è evidenziata una connessione tra lungimiranza e disponibilità al fallimento: il fallimento smette di farti paura quando hai una direzione verso cui tendere e la possibilità di considerare gli errori come tentativi da cui imparare per poterti avvicinare a ciò che vuoi realizzare. La lotta individuale per l’emancipazione economica ha spesso trattenuto i millenials dal sollevare lo sguardo verso un futuro che spesso è percepito come ineluttabile e predeterminato. Ma cosa accadrà se il cambiamento rimarrà un’istanza connessa alle forme assunte dalla realizzazione individuale?

L’approccio che prevede un supporto quasi assistenzialistico alle nuove generazioni in realtà ne depotenzia il portato generativo, che è invece fondamentale per fare emergere nuovi leader, sensemaker, practitioner. Cosa accade se la politica continua a promuovere misure basate su valori e sistemi di pensiero altri? Il rapporto di dipendenza si rinforza. Non si crea una visione condivisa che possa dare la forza necessaria ad autonomia di pensiero e azione. Eppure quelle istanze di futuro non possono restare in evase. Vediamo così assurgere nuovi alfieri del cambiamento, che spesso però ne fanno un uso strumentale trasformando in pura retorica e marketing elementi che potrebbero e dovrebbero dare forza identitaria e consentire un riconoscimento di intenti in uomini e donne che faticano ad agire insieme, mentre ascende una nuova generazione determinatissima, forgiata da un approccio aziendalistico e performativo. Forse già più capace di ottenere peso dialettico rispetto alla generazione X e a quella dei millenials. Ma questo (ulteriore) salto generazionale cosa comporta?

È fondamentale evitare la “pornografia del futuro”: una strumentalizzazione retorica dei cambiamenti da costruire, che taglia via quello che può essere appreso dai tentativi fin qui condotti e che ne depotenzia il portato trasformativo riducendolo a mera retorica commerciale.

La dipendenza, come sistema di attaccamento, racconta del passato: è l’ancoraggio profondo a sistemi culturali e di valori che hanno garantito sopravvivenza fino ad oggi (che siano funzionali oppure no). Per guardare al futuro e fondare un nuovo contratto sociale c’è bisogno di due ingredienti fondamentali: sguardi divergenti e protagonisti contemporanei. Gli sguardi divergenti sono in grado di immaginare e generare, e lo fanno liberandosi dai forti ancoraggi del passato. Sono in grado di immaginare con visione prospettica, disegnando norme generali appoggiate (e non radicate) a nuovi valori. Avere sguardo divergente vuol dire arrivare alla sintesi lasciando spazio alla sperimentazione e soprattutto all’errore, vuol dire darsi (e concedere) il permesso di sbagliare con fiducia e autoefficacia.

Diventa sempre più urgente sancire un’alleanza tra generazioni, che impegni le risorse in processi lungimiranti, abilitando l’intervento dei protagonisti contemporanei: coloro per cui il futuro rappresenta l’arco di vita che vivranno. La dialettica del futuro è l’occasione per mettere al centro lo sguardo dei giovani, rendendoli protagonisti contemporanei, con il supporto di tutti gli altri, protagonisti del passato. Ma per costruire un contratto sociale inclusivo, equo e integrato è necessario il contributo di tutti gli attori. Un contributo che non abbia timore di stare nel conflitto generativo, nell’incidente critico e nella paura del diverso. Stimolata anche da nuovi spazi di confronto dettati dalla pandemia in corso e dall’emergenza climatica.

Lo stimolo offerto da questo articolo ci ha portate ad interrogarci sul modo in cui la nostra generazione si relazioni all’immaginazione di futuri e alle azioni che ne conseguono. Al contempo il dialogo da cui i contenuti sono derivati ha costituito per noi l’opportunità per riconoscerci come parte di una generazione, costringendoci a identificare elementi comuni della visione di cui siamo portatrici e agenti. Il confronto con le persone coinvolte in AUT ci ha permesso di aprire la riflessioni relativa al rapporto tra generazioni, iscrivendola più chiaramente tra gli elementi fondanti di un nuovo patto sociale. Ora sentiamo l’esigenza di aprire la riflessione a chi ci legge: porta qui il tuo contributo alla riflessione e continua a consultarlo per seguire l’evoluzione collettiva di questo dialogo.


Bibliografia

Futuri possibili. Il domani per le scienze sociali di oggi di Vincenza Pellegrino, Ombre Corte (2019)

The Future as Cultural Fact. Essays on the Global Condition di Arjun Appudurai, Verso (2013)

Homo Deus. Breve storia del futuro di Yuval Noah Harari, Bompiani (2017)

Extreme Economies. Survival, Failure, Future Lessons from the World’s Limits di Richard Davies, Bantam Press (2019)

Why Futures & Foresight is not as Innate as You Think, articolo di Alex Fergnani (2020) disponibile a questo link

Scritto da
Azzurra Spirito

Designer di processi collaborativi, con particolare attenzione a quelli che connettono pubblico – privato – comunità. Collabora con diverse realtà, tra cui ForwardTo. È stata per cinque anni parte del team di SocialFare | Centro per l’Innovazione Sociale. Ha condotto consulenze per importanti enti nazionali (Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Università Luiss Guido Carli, Croce Rossa) e docenze anche a livello internazionale (Escola SERT, TechSoup, Ong 2.0).

Scritto da
Shata Diallo

Psicologa e consulente presso la società di consulenza aziendale MIDA, si occupa di interventi di Change Management e guida la Tribe che sviluppa progetti di Diversity, Equity & Inclusion. Dal 2015 è founder e presidente di “YOBBO – Youth Beyond Borders”, un’associazione culturale che si occupa di progettare e facilitare scambi e corsi di formazione per giovani europei orientati alla promozione dell’imprenditorialità, dell’inclusione e della cittadinanza attiva.

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