Genova e il Ponte Morandi: dalla costruzione al crollo
- 02 Ottobre 2018

Genova e il Ponte Morandi: dalla costruzione al crollo

Scritto da Walter Rapetti

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Questo articolo, che sviluppa un’analisi su viabilità e urbanistica di Genova, prosegue l’approfondimento iniziato nel contributo dedicato a Il nodo autostradale di Genova: storia di una viabilità complessa.


La costruzione del viadotto sul Polcevera, il Ponte Morandi, aveva generato molto entusiasmo nella stampa e nell’opinione pubblica italiane dell’epoca. Già il 1º marzo 1964, tre anni prima del completamento dei lavori, La Domenica del Corriere pubblicò in prima pagina un disegno del ponte sul Polcevera, con il titolo: “Genova risolve il problema del traffico”, seguito da numerosi articoli di corredo[1]. Quando i lavori vennero completati il 31 Luglio 1967 e il Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat celebrò l’inaugurazione il successivo 4 Settembre, la copertura mediatica fu di portata nazionale, ampiamente seguita da radio, giornali e notiziari televisivi[2].

Genova Ponte Morandi

Domenica del Corriere – 1 Marzo 1964

Il Ponte Morandi, estendendosi tra i quartieri di Sampierdarena ad est del Polcevera e di Cornigliano ad ovest dello stesso, permetteva finalmente di unire l’Autostrada dei Fiori (A10) all’Autostrada Genova – Serravalle – Milano (A7) e di avvicinare entrambe al porto e al centro cittadino grazie ai due svincoli autostradali di Genova Cornigliano/Genova Aereoporto e di Genova Sampierdarena/Genova Ovest. Con il completamento del viadotto autostradale sul Bisagno e del raccordo fra la A7 e la A12 (l’Autostrada Azzurra) che collegava Genova Est/Staglieno a Rivarolo, e da qui permetteva di raggiungere rapidamente Genova Sampierdarena e il viadotto sul torrente Polcevera, la stampa nazionale poté celebrare la nascita del Nodo di Genova, il più complesso d’Italia, che era finalmente diventato operativo dopo quattordici anni d’attesa[3].

Il Ponte Morandi venne celebrato in libri, riviste e convegni nazionali e internazionali[4]. Il suo autore, l’ingegnere romano Riccardo Morandi, era da tempo celebre per i suoi studi sulle strutture di calcestruzzo armato precompresso, per le quali mise a punto un sistema originale italiano di precompressione che da lui prende il nome[5].

Prima di vincere l’appalto della Società Italiana per Condotte d’Acqua (la società incaricata della costruzione del viadotto sul Polcevera, che per questo nei giornali degli anni ’60 era denominato anche “Ponte delle Condotte”) l’ingegnere Morandi era già stato apprezzato – tra le varie sue opere – per il rafforzamento dell’Arena di Verona (nel 1953)[6], per la costruzione del ponte General Rafael Urdaneta sul Lago di Maracaibo in Venezuela (nel 1957)[7] e, in contemporanea ai lavori di edificazione del ponte sul Polcevera, per la vittoria nel concorso internazionale volto alla realizzazione del ponte sul Wadi al-Kuf, nella Libia nord-orientale che, fino al 1984, fu il più grande ponte carrabile mai realizzato nel continente africano[8].

Gli anni Novanta e la congestione del traffico autostradale

La conclusione del Nodo di Genova diede indubbio sollievo al traffico cittadino[9], permettendo di ridurre il numero di incidenti stradali[10], di abbassare i tempi di percorrenza di uomini e merci[11], e di rendere più libere le strade adibite alla circolazione urbana ordinaria[12], tuttavia presto ci si rese conto che il costante incremento del numero e della dimensione dei veicoli in movimento sulla rete autostradale avrebbero reso insufficienti le infrastrutture costruite[13]. Già nel 1980 si progettò un collegamento tra la zona portuale di Voltri, nel ponente cittadino, all’area di Rivarolo in Val Polcevera mediante una “bretella autostradale” da riservarsi al traffico pesante (autocarri di peso pari o superiore alle 3,5 tonnellate)[14]. Per la realizzazione di tale progetto venne previsto uno stanziamento di circa 666 milioni di Lire con la legge 526 del 1986[15], ma a causa dell’opposizione alla realizzazione del raccordo da parte delle associazioni ambientaliste e dei comitati costituiti dai cittadini residenti nei luoghi interessati dai lavori il progetto subì delle dilazioni e venne infine archiviato a seguito della sentenza del TAR della Liguria, emessa il 19 Febbraio 1990, con cui il tribunale accoglieva il ricorso presentato dai comitati e dalle associazioni locali contro la realizzazione dell’opera[16].

A partire dagli anni ’90, prendendo atto della congestione del traffico autostradale e dell’insufficienza delle infrastrutture esistenti, dotate di sole due corsie per senso di marcia in tutto il nodo e atte a sostenere un flusso medio di traffico compreso tra le 40mila e le 50mila vetture al giorno a fronte di un traffico reale medio compreso tra le 66mila e le 75mila vetture al giorno[17],  si tornò a discutere della necessità del potenziamento del Nodo di Genova, in particolare del raddoppio delle autostrade A7 (Milano – Genova) e A10 (Genova – Ventimiglia) assieme alla costruzione di un nuovo viadotto autostradale da affiancarsi al Ponte Morandi, ormai costantemente congestionato dal traffico e insufficiente a fronte dell’aumentate esigenze sia del traffico veicolare privato che del trasporto merci su lunga percorrenza[18]. Dopo varie vicessitudini e altalenante interesse nazionale nel 2006 venne sottoscritto un protocollo di intesa tra ANAS, Regione ed Enti locali che prevedeva un tracciato diverso: i due tratti autostradali, quello esistente e quello nuovo da costruire a monte, sarebbero confluiti nel punto dove si trovava il ponte Morandi che sarebbe stato abbattuto e ricostruito con larghezza doppia[19]. Anche questo tracciato implicava tuttavia pesanti interferenze con le abitazioni e con alcune aree industriali della Val Polcevera (in particolare con lo storico stabilimento dell’Ansaldo) che furono ritenute dalla nuova amministrazione comunale, insediatasi nel 2007[20], troppo penalizzanti per un quartiere industriale che aveva già subito pesanti servitù e drastiche riduzioni dei servizi pubblici. Per questo la giunta comunale cercò di concordare con Autostrade per l’Italia (ASPI) un nuovo tracciato che passasse più a monte e in un’area meno urbanizzata, suggerendo pertanto non l’abbattimento e la ricostruzione del Ponte Morandi ma un suo raddoppio tramite la costruzione di un nuovo viadotto sul torrente Polcevera, localizzato alcuni chilometri a nord del ponte esistente[21].

La Regione Liguria obiettò che tale soluzione sarebbe stata poco razionale sul piano trasportistico e propose di mantenere il tracciato individuato nel 2006 con una piccola variante (la ricostruzione del ponte Morandi verso mare e non più verso monte come prevedeva la soluzione concordata) in modo da salvaguardare gli impianti dell’Ansaldo[22]. A sua volta Autostrade per l’Italia formulò un’ulteriore alternativa che prevedeva il passaggio dell’autostrada a metà della valle[23]. Alla fine del 2008 si erano così venute delineando cinque diverse alternative di tracciato per l’attraversamento della Val Polcevera: due alternative basse, molto simili tra loro, che prevedevano entrambe l’abbattimento e la ricostruzione del Ponte Morandi in una nuova versione potenziata e ampliata (quella concordata nel 2006 con ANAS e quella successivamente caldeggiata dalla Regione Liguria); una alternativa intermedia proposta da Società Autostrade che non prevedeva l’abbattimento del Ponte Morandi ma il suo raddoppio più a monte; e infine due alternative alte suggerite del Comune di Genova, che – come nella proposta di Società Autostrade – non prevedevano l’abbattimento del viadotto esistente ma una sua ristrutturazione con contemporanea destinazione d’uso al solo traffico veicolare privato leggero (sotto le 3,5 tonnellate), riservando il traffico di entità maggiore ad un nuovo viadotto che sarebbe stato costruito diversi chilometri più a nord rispetto all’esistente[24]. Comune a tutte e cinque le alternative e, quindi, innovativo rispetto ai primi progetti a riguardo avanzati vent’anni prima, era il tratto autostradale compreso tra Genova Voltri e la Val Polcevera che sarebbe stato realizzato prevalentemente in galleria[25].

Il Ponte Morandi e la Gronda di Genova

Vista la molteplicità di opinioni in merito al tracciato della Gronda di Genova, la divergenza di punti di vista fra gli Enti locali, e il precedente storico del 1990 quando le proteste degli abitanti e delle associazioni della Val Polcevera erano riuscite a bloccare la realizzazione dell’autostrada già formalmente approvata, l’allora sindaco di Genova Marta Vincenzi decise di sciogliere le incertezze relative ai tracciati e di stemperare le divergenze con la Regione Liguria tramite una discussione pubblica sulle varianti di tracciato[26]. Il Comune di Genova si orientò sul modello del débat public francese, su cui a Genova si era aperta da qualche anno una riflessione in seguito a un convegno organizzato dalla Camera di Commercio con la partecipazione di alcuni protagonisti del débat public sulla linea del TGV – Côte d’Azur svolto nella vicina regione francese PACA (Provence-Alpes-Côte d’Azur)[27]. La proposta ottenne la piena adesione del soggetto proponente, la società Autostrade per l’Italia, che era interessata a sperimentare un percorso innovativo che portasse alla realizzazione dell’opera tramite il consenso piuttosto che con l’imposizione[28]. Il dibattito pubblico sulla Gronda di Genova si è svolto dal 13 Febbraio al 29 Aprile 2009, con restituzione dei lavori il 15 Maggio dello stesso anno[29]. Nei tre mesi di dibattito furono organizzati dodici incontri pubblici e una quarantina di incontri più ristretti, al termine dei quali il Comune di Genova scelse la seconda alternativa del tracciato autostradale (ovvero l’opzione medio-alta, a monte del Ponte Morandi, nel territorio del quartiere di Bolzaneto, in prossimità dell’odierno svincolo della autostrada A7 Milano – Genova e del Mercato Ortofrutticolo Generale della città), con lievi modifiche che facevano seguito ai contributi giunti alla commissione che gestiva il dibattito pubblico da parte di gruppi di cittadini, associazioni ed esperti locali che si erano offerti di contribuire a titolo personale e gratuito[30].

Il dibattito pubblico di Genova, che per la sua ampiezza e importanza meriterebbe una trattazione specifica, fu il primo tentativo in Italia di discutere con la cittadinanza una opera infrastrutturale di grande impatto urbanistico, economico e sociale ma non diede i risultati sperati dalla committenza sia poiché il dibattito venne spesso egemonizzato dai gruppi organizzati dei comitati contrari all’opera, sia perché si innestava su un territorio che aveva subito impatti significativi di opere di interesse pubblico nei precedenti quarant’anni, sia perché – infine – la discussione fu limitata da una condizione fondamentale ovvero l’impossibilità di discutere l’opportunità o meno della costruzione dell’infrastruttura autostradale (definita “opzione zero” dagli oppositori del progetto)[31].

Genova e il crollo del Ponte Morandi

Tracciati Gronda di Genova – 2008

Sebbene negli articoli di quegli anni i termini Gronda di Ponente o Gronda di Genova fossero spesso considerati sinonimi di “Raddoppio del Ponte Morandi”, in realtà la costruzione di un nuovo ponte (sia nel caso di abbattimento e ricostruzione dell’esistente, sia nelle alternative che prevedevano un suo mantenimento con interdizione ai mezzi pesanti a cui sarebbe stato dedicato un nuovo viadotto specifico), pur essendo un punto indubbiamente centrale e molto rilevante del progetto, sarebbe stata solo una parte di un’opera molto più ampia di potenziamento del nodo autostradale di Genova[32]. Nelle intenzioni dei proponenti, oltre al nuovo viadotto autostradale sul Polcevera, vi sarebbe stato anche un potenziamento del percorso autostradale a due corsie per senso di marcia ottenuto raddoppiando il tracciato dell’esistente A10 – Autostrada dei Fiori nel tratto di attraversamento del Comune di Genova (dalla Val Polcevera fino all’abitato di Vesima a Ponente),  affiancato dal potenziamento delle autostrade A7 – Milano – Genova e A12 – Autostrada Azzurra da ottenersi il primo con la costruzione di nuove gallerie e nuovi tratti di carreggiata da Serravalle (AL) sino a Genova Ovest/Genova Sampierdarena, mentre il secondo con un nuovo viadotto sul torrente Bisagno, ad affiancare l’attuale ponte all’altezza del quartiere di Staglieno, che sarebbe stato connesso con nuovi tratti autostradali in un complesso viario che – in un tempo successivo – avrebbe dovuto costituire il completamento della Gronda di Ponente nell’infrastruttura denominata Gronda di Levante[33]. In tal modo si sarebbe costruita una autostrada tangenziale che avrebbe descritto un arco a nord del centro di Genova e avrebbe permesso ai mezzi in spostamento lungo la direttrice Est – Ovest di evitare la città e proseguire verso la propria destinazione su un percorso extraurbano a loro riservato[34].

Il collegamento veloce con il Porto di Genova sarebbe invece stato realizzato tramite una infrastruttura specifica, il Nodo di San Benigno, così denominato dal nome di una abbazia medievale e dall’omonimo quartiere storico (oggi scomparsi) che separava il Comune di Genova dal Comune di Sampierdarena[35], che sarebbe stata realizzata nel pieno contesto cittadino in modo da essere il più prossima possibile all’area portuale[36]. Sebbene i lavori del Nodo di San Benigno siano stati effettivamente avviati e in parte realizzati, in particolare per quel che concerne il raccordo con la viabilità ordinaria cittadina e con le banchine portuali, la sua potenzialità non si è ancora potuta esprimere appieno mancando il contesto di inserimento: il complesso della Gronda di Genova che avrebbe dovuto raddoppiare la capacità di smaltimento del traffico, decongestionando il Ponte Morandi (che, fino al suo tragico crollo[37], è rimasto un punto di passaggio obbligato per chiunque volesse muoversi via autostrada in direzione Ventimiglia o in direzione Alessandria, oppure da chiunque provenendo da ponente intendesse recarsi verso la riviera di Levante o verso Milano) e permettendo un accesso diretto agli autotrasportatori che, in uscita dal porto, intendessero recarsi lungo la grande direttrice commerciale che da Genova conduce a Milano e da qui all’Europa centrale e settentrionale[38].

Genova Ponte Morandi

Genova – Ponte Morandi – vista da Coronata (dopo crollo)


[1] Corriere della Sera – Archivio Storico, La Domenica del Corriere, n° 9, Milano, 1 Marzo 1964, Anno 66.

[2] Redazione TCI, Genova: inaugurato il viadotto sul Polcevera, in Le Strade, XLVII, nº 10, Milano, Touring Club Italiano, Ottobre 1967.

[3] Redazione TCI, Genova: il nodo autostradale più grande d’Italia è operativo!, in Le Strade, XLVII, nº 2, Milano, Touring Club Italiano, Febbraio 1968.

[4] Ordine degli Ingegneri Italiani, Strutture di acciaio o di calcestruzzo armato – il viadotto sul fiume Polcevera in Genova, Roma, 1968.

[5] Ministero dei Beni Pubblici, Dispositivo per la realizzazione di strutture in cemento armato precompresso, in Giornale del Genio Civile, n° 3, Roma, 1950.

[6] Redazione, Il rafforzamento statico dell’ala dell’arena di Verona mediante la precompressione, in L’Industria Italiana del Cemento, n°2, Società Incremento Applicazioni del Cemento, Roma, 1956.

[7] Riccardo Morandi, Obras de enlace de las orillas del lago de Maracaibo: Puente en concreto precomprimido entre Punta Piedras y Punta Iguana, Roma, Ars Nuova, 1957.

[8] Redazione, Il ponte sul Wadi Kuf nell’Altopiano cirenaico, Libia, in L’Industria Italiana del Cemento, nº 9, Società Incremento Applicazioni del Cemento, Roma, 1971.

[9] Secolo XIX, edizione del 22 Febbraio 1970, Genova.

[10] Notiziario Statistico del Comune di Genova, Genova, 16 Aprile 1978.

[11] Ordine degli Ingegneri Italiani, Le nuove strutture in calcestruzzo armato e la viabilità stradale – benefici e flussi dei traffici a Genova, Milano, Bologna e Roma, Roma, 1972.

[12] Notiziario Statistico del Comune di Genova, Genova, 22 Maggio 1977.

[13] Spea Ingegneria Europea S.p.A., Previsionali di traffico e carenze del Nodo di Genova, SPEA, Milano, 1979.

[14] Ministero dei Lavori Pubblici, Lavori urgenti per infrastrutture trasportistiche, Roma, 1984.

[15] G.U., Legge n° 526 del 10 Agosto 1986.

[16] Vedasi l’Interrogazione a riposta scritta n°4/09670 del 15 Gennaio 1993, presentata al Ministero dell’Ambiente dall’allora deputato della Federazione dei Verdi Lino De Benetti.

[17] Spea Ingegneria Europea S.p.A., Analisi trasportistica del Nodo di Genova, SPEA, Milano, 1991.

[18] Giuseppe Ieraci, Genova: bretella Voltri-Rivarolo, in Archivio ISAP n° 7, Le decisioni di opera pubblica e di urbanistica nelle città, Milano, 1994.

[19] Nimby Forum, Cantiere Italia. Quando lo sviluppo è una corsa a ostacoli, rapporto a cura di Aris, Roma, 2010.

[20] Ministero dell’Interno, Archivio Storico delle Elezioni, Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali, Roma, 2007. Consultabile anche online all’URL: https://elezionistorico.interno.gov.it/index.php?tpel=G&dtel=27/05/2007&tpa=I&tpe=C&lev0=0&levsut0=0&lev1=7&levsut1=1&lev2=34&levsut2=2&lev3=250&levsut3=3&ne1=7&ne2=34&ne3=340250&es0=S&es1=S&es2=S&es3=N&ms=S

[21] Luigi Bobbio, Il dibattito pubblico sulle grandi opere. Il caso dell’autostrada di Genova, Rivista Italiana di Politiche Pubbliche, Roma, 2010.

[22] Marco Ponti e Paolo Beria, Aspetti economici e regolatori del progetto della Gronda di Ponente di Genova, UrbanCenter, Genova, 2009.

[23] Autostrade per l’Italia S.p.A., Proposte per il Nodo di Genova – Gronda di Ponente, SPEA-ApI, Milano, 2007.

[24] Autostrade per l’Italia, Nodo stradale e autostradale di Genova. Relazione definitiva, Milano, 2011.

[25] Luigi Bobbio, Il dibattito pubblico sulle grandi opere. Il caso dell’autostrada di Genova, Rivista Italiana di Politiche Pubbliche, Roma, 2010.

[26] Giacomo Pomatto, Grandi opere e dibattito pubblico. L’esperienza della gronda di Genova, UNITO, Dipartimento di Studi Politici, Working Paper n° 12, Torino, 2009.

[27] Il convegno, intitolato «Débat public e legge obiettivo: due esperienze a confronto» si svolse a Genova il 28 gennaio 2005.

[28] Camera di Commercio di Genova, Gronda di Genova. Posizione di Società Autostrade in merito alla realizzazione dell’opera Gronda di Ponente e al percorso di dibattito pubblico, Quaderno degli attori, UrbanCenter, Genova, 2009.

[29] AA.VV., La Gronda di Ponente del Nodo Autostradale di Genova. Dibattito Pubblico, UrbanCenter, Genova, 2010.

[30] Luigi Bobbio, Il dibattito pubblico sulle grandi opere. Il caso dell’autostrada di Genova, Rivista Italiana di Politiche Pubbliche, Roma, 2010.

[31] Giacomo Pomatto, Grandi opere e dibattito pubblico. L’esperienza della gronda di Genova, UNITO, Dipartimento di Studi Politici, Working Paper n° 12, Torino, 2009.

[32] Autostrade per l’Italia S.p.A., Proposte per il Nodo di Genova – Gronda di Ponente, SPEA-ApI, Milano, 2007.

[33] Autostrade per l’Italia, Nodo stradale e autostradale di Genova. Relazione definitiva, Milano, 2011.

[34] Autostrade per l’Italia S.p.A., Progetto Definitivo. Nodo stradale e autostradale di Genova, SPEA-ApI, Milano, 2011.

[35] Stefano Finauri, Forti di Genova: storia, tecnica e architettura dei fortini difensivi, Edizioni Servizi Editoriali, Genova, 2007.

[36] AA.VV., La Gronda di Ponente del Nodo Autostradale di Genova. Dibattito Pubblico, UrbanCenter, Genova, 2010.

[37] Avvenuto alle ore 11:36 di martedì 14 Agosto 2018. Ha causato la morte di 43 persone, la distruzione delle strutture sottostanti, l’interruzione delle linee ferroviarie transitanti per la Val Polcevera, l’interruzione delle strade di valle che collegavano la Val Polcevera a Sampierdarena e al centro cittadino, oltre al blocco della porzione centrale del nodo autostradale genovese.

[38] AA.VV., Flussi commerciali da e per il Porto di Genova. Anno 2017, Camera di Commercio della Liguria, Genova, 2018.

Scritto da
Walter Rapetti

Nato nel 1987. Laureato in Scienze Storiche con tesi in evoluzione culturale. Master in Innovazione nella Pubblica Amministrazione. E' assistente europarlamentare e insegna presso un Liceo pubblico di Genova. Collabora con diverse associazioni e riviste nel settore culturale e politico.

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