Geopolitica del Niger
- 10 Aprile 2018

Geopolitica del Niger

Scritto da Federico Rossi

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Il 27 gennaio 2018 il Parlamento ha approvato lo stanziamento di fondi per l’invio di un contingente italiano in Niger, che andrebbe ad aggiungersi alle truppe statunitensi e francesi già presenti sul territorio e alla missione civile dell’Unione Europea EUCAP Sahel. Prima della crisi migratoria degli ultimi anni questo Stato saheliano, incastonato fra la Nigeria e il Sahara libico-algerino, era un interlocutore marginale nelle scelte diplomatiche e strategiche dell’Italia, ma ora con l’intensificarsi della rotta di Agadez, uno dei centri urbani principali del paese, sembra essere diventato uno dei nodi fondamentali da sciogliere nel delicato contesto geopolitico della regione.

Il Niger è ad oggi uno dei paesi più fragili in una macroregione, quella sahelo-sahariana, già di per sé pesantemente compromessa. Da ormai vari anni occupa le ultime posizioni per gli indici di sviluppo umano e presenta un’aspettativa di vita media fra le più basse al mondo, testimoniata anche dal fatto che quasi il 70% della popolazione ha meno di 25 anni. Dei circa venti milioni di abitanti del paese, un numero destinato a crescere nonostante i tentativi di avviare politiche di controllo della fertilità, quasi l’80% vive al di fuori delle città, dove più impellenti sono i problemi infrastrutturali, di disoccupazione e di accesso all’istruzione e alla sanità.

Sul piano economico lo Stato nigerino è strettamente dipendente dalla Francia, tanto che in molti casi si è parlato di vero e proprio neocolonialismo. La sua principale risorsa, l’uranio, di cui il Niger è fra i maggiori esportatori al mondo, è in gran parte gestita da aziende francesi, fra le quali un ruolo significativo spetta ad Areva, multinazionale partecipata dallo Stato francese specializzata nell’energia nucleare. Negli ultimi anni inoltre, soprattutto per effetto di quanto accaduto alla centrale nucleare di Fukushima, il prezzo dell’uranio ha subito un importante calo con conseguenze non trascurabili sull’economia del paese.

A questo quadro si aggiunge una limitata sovranità monetaria, comune a tutti gli Stati africani che utilizzano il Franco CFA come valuta corrente. Questa moneta, risalente all’ultimo periodo coloniale, costringe i paesi dell’area a mantenere un tasso di cambio fisso con la moneta francese, oggi l’euro, che viene garantito da un fondo di riserva di moneta estera depositato presso il Tesoro francese a cui contribuiscono tutti i 14 paesi dell’unione monetaria. Questo non solo costringe i paesi come il Niger a mantenere un basso livello di inflazione e a intrattenere gran parte delle proprie relazioni commerciali con l’Europa, ma inficia innanzitutto la loro possibilità di gestire autonomamente la politica monetaria, esponendoli in particolare alle ingerenze della Banca di Francia.

Un ruolo fondamentale nel tenere in piedi l’economia del paese lo hanno svolto invece le rimesse degli immigrati nigerini, residenti soprattutto in Nigeria e Libia, che contribuivano a formare nelle regioni di maggior emigrazione fra il 25% e il 50% del reddito delle famiglie residenti. L’emigrazione permetteva di alleviare almeno in parte le carenze non solo del mercato occupazionale, ma anche del settore agricolo e alimentare, gravato da una sempre più pressante desertificazione. Una preoccupante svolta si è però avuta negli ultimi anni con la guerra civile libica, l’ascesa di Boko Haram in Nigeria e il conflitto nell’Azawad in Mali, che hanno costretto una gran parte dei migranti nigerini al rientro.

 

La situazione politica in Niger

Anche da un punto di vista politico il Niger si trova ad affrontare una difficile congiuntura. Nel 2010 un colpo di Stato militare ha rovesciato Mamadou Tandja, al potere dal 1999, reo di aver sciolto il Parlamento nel tentativo di farsi rieleggere alla presidenza per un terzo mandato, eventualità proibita dalla costituzione nigerina. Le presidenziali dell’anno successivo hanno visto quindi l’ascesa dell’ex leader dell’opposizione Mahamadou Issoufou, poi riconfermato nel 2016 in una tornata elettorale in cui l’opposizione ha denunciato pesanti brogli. Il principale oppositore parlamentare, Hama Amadou, esponente del partito di cui faceva parte lo stesso Tandja, si è successivamente autoesiliato in Francia ed è stato da poco condannato in contumacia per traffico di minori.

Ciò nonostante Issoufou ha promesso che non proverà a modificare la costituzione per avere un terzo mandato e, dopo una storia travagliata che ha visto ben quattro colpi di Stato dall’indipendenza nel 1960, la possibilità di un cambio pacifico al vertice appare comunque come una vittoria. Nel frattempo, il presidente continua a promettere che il paese crescerà, ha annunciato la costruzione di grandi opere strategiche e di voler portare avanti il progetto della Zona di Libero Scambio Continentale all’interno dell’Unione Africana, ma la gran parte di tutto ciò continua a non dipendere direttamente da lui.

La maggioranza dei fondi per questi interventi arrivano infatti dai trasferimenti effettuati da Stati Uniti e Unione Europea, il cui obiettivo è soprattutto il contrasto al terrorismo, e dagli investimenti cinesi, che permetteranno fra l’altro la costruzione di una delle principali opere infrastrutturali annunciate dal presidente, il terzo ponte di Niamey sul fiume Niger. I rapporti con l’Europa si sono inoltre ulteriormente approfonditi dopo che Issoufou ha aperto alla creazione di partenariati, soprattutto in ottica di contrasto all’immigrazione illegale, nel corso del G8 di Taormina, dove era stato uno dei tre leader africani invitati.

Il rinnovato ruolo internazionale, guadagnato grazie alla rilevanza geopolitica nei flussi migratori, e la spinta riformista di Issoufou non bastano tuttavia a mettere una pezza sulla situazione di precarietà del paese. Oltre ai problemi economici, occupazionali e ambientali, gravano infatti sul Niger anche difficoltà strategiche e sociali, accentuate dalla penetrazione nel territorio nigerino di Boko Haram e dal crescente radicamento di AQMI (Al-Qaida nel Maghreb islamico).

Accanto a questo si deve inoltre considerare la questione tuareg, che, dopo un periodo di relativa calma seguito alla rivolta del 2007, sembra ora riemergere dopo il venir meno della Libia, garante dell’accordo fra i gruppi nel nord del paese e il governo centrale. Il conflitto con le fazioni tebu e tuareg si è riacceso inoltre anche per effetto del tentativo di implementare una politica più repressiva nei confronti delle migrazioni, settore nel quale sono impiegati, tanto sul piano legale che illegale, ampi strati di questi gruppi.

Gli sforzi protratti dal governo nigerino per tenere sotto controllo questa situazione costringono a mantenere un costante investimento nella difesa, tanto che il 15% del budget nazionale è destinato all’esercito, impegnato su un triplice fronte: a sud per impedire le incursioni di Boko Haram dalla Nigeria, a nord per contenere le conseguenze del crollo della Libia e a est, al confine con il Mali, dove è forte la penetrazione di AQMI e di altri gruppi terroristici soprattutto dopo la crisi nell’Azawad.

A fronte di tutto ciò il pacchetto di riforme proposto da Issoufou e dal suo governo, che, oltre alla costruzione di nuove infrastrutture, prevede le tanto attese riforme del settore agrario, della sanità e dell’istruzione, rimangono poco più che cantieri abbozzati. L’opposizione ha rinominato Issoufou monsieur première pierre per la sua propensione ad annunciare l’avvio di grandi e rivoluzionari progetti che tuttavia rimangono tali solo sulla carta.

Le accuse rivolte al presidente si spingono però anche oltre e molti denunciano che, sotto l’apparenza democratica, Issoufou stia in realtà sfruttando il discorso securitario per limitare le libertà del paese. Questi sospetti sembrano avvalorati dal continuo rinvio delle elezioni amministrative e dalla dura repressione delle recenti proteste popolari contro la legge delle finanze, che accresce la pressione fiscale in particolare sulla popolazione rurale.

 

Il Niger ad un bivio

In questo delicato contesto dovrebbe venire ad inserirsi la missione italiana, il cui obiettivo è essenzialmente quello del contrasto al traffico di migranti e ai flussi migratori in generale, senza che siano per il momento previste finalità di anti-terrorismo. Riguardo all’invio di truppe italiane in Niger tuttavia si sono però sviluppate alcune vicende che rischierebbero di bloccare una missione già pianificata dall’Italia.

In un’intervista a Radio France Internationale infatti il Ministro della Difesa nigerino Kalla Moutari ha dichiarato che un intervento italiano in Niger è fuori questione, una posizione ripresa dal Ministero dell’Interno Mohamed Bazoum, indicato da molti come possibile successore di Issoufou. La missione italiana è stata per il momento solo sospesa e potrà forse essere ridimensionata nei termini della precedente intesa, firmata da Moutari e da Roberta Pinotti, limitandosi quindi a un ruolo di addestramento delle forze nigerine.

Al di là di quella che potrà essere l’evoluzione delle relazioni italo-nigerine nel prossimo futuro, il Niger si trova ad oggi ad un bivio. Il paese affronta problemi strutturali importanti, che sono accentuati dall’ingerenza di potenze straniere e dal peso dei prestiti contratti, nonché dalla presenza radicata sul suo territorio di gruppi terroristici. Il nuovo ruolo strategico acquisito dal Niger inoltre, se da un lato offre la possibilità trattare sul piano internazionale con una posizione negoziale più forte, dall’altro non permette una piena emancipazione del paese e continua a bloccare l’implementazione di quelle riforme richieste dalla popolazione e vitali per lo sviluppo futuro del Niger.

L’Unione Europea ha in Niger una delle sfide più importanti del suo prossimo futuro sul piano internazionale, che vede impegnate in un ruolo centrale l’Italia e, soprattutto, la Francia. Un primo passo da fare potrebbe essere privilegiare un intervento unitario nell’ambito della missione civile europea rispetto ai singoli invii di truppe militari nazionali, che dovrebbe tuttavia accompagnarsi necessariamente ad un processo di piena restituzione della sovranità politica ed economica al Niger.

Scritto da
Federico Rossi

Nato nel 1995, attualmente studente di Scienze Politiche e Sociali presso la Scuola Superiore Sant’Anna e di Governance delle Migrazioni presso l’Università di Pisa, dopo aver conseguito la laurea triennale in Scienze Politiche Internazionali nello stesso ateneo. Attivo in alcune associazioni di volontariato e sportello legale per le migrazioni, tiene una rubrica a tema immigrazione per la rivista online “Il Fuochista”.

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