Recensione a: Dario Bevilacqua e Edoardo Chiti, Sette. Green Deal. Come costruire una nuova Europa, il Mulino, Bologna 2024, pp. 144, 14 euro (scheda libro)
Scritto da Enrico Verdolini
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L’European Green Deal ha rappresentato la strategia politica complessiva stabilita dalla Commissione Europea in materia di transizione ecologica, contrasto al cambiamento climatico e processo di decarbonizzazione dell’economia per il mandato dal 2019 al 2024. I principali contenuti politici dell’European Green Deal sono stati elaborati dalla Commissione Europea nel 2019, all’inizio del proprio mandato, e sono stati resi noti dalla comunicazione n. 640 del 2019. La ragione di fondo dell’European Green Deal è stata, più che altro, quella di combinare le politiche pubbliche necessarie a intervenire sull’economia europea e a trasformarla in una prospettiva maggiormente ecocompatibile, rendendola «un’economia moderna (…) che nel 2050 non genererà emissioni nette di gas a effetto serra» (comunicazione n. 640 del 2019 della Commissione Europea).
Un’interpretazione significativa dell’European Green Deal, è stata di recente proposta nel volume Green Deal. Come costruire una nuova Europa, di Dario Bevilacqua e Edoardo Chiti, edito da il Mulino. In questa pubblicazione, il Green Deal è stato descritto sia dal punto di vista del suo quadro d’insieme (al capitolo II), che da quello delle singole componenti strutturali (ai capitoli III e IV).
Per quanto riguarda il suo disegno complessivo, l’European Green Deal ha stabilito l’obiettivo dell’azzeramento delle emissioni climalteranti (la cosiddetta neutralità climatica), da conseguire entro il 2050, come la priorità principale della transizione ecologica. Non a caso, gli autori hanno evidenziato come il macro-obiettivo della neutralità climatica abbia rappresentato l’elemento unificante dell’intero progetto: «la novità del Green Deal sta proprio qui: nella individuazione di un obiettivo che supera, per ambizione e ampiezza, altre possibili strategie» (pp. 26-27). In un momento successivo, il regolamento n. 1119 del 2021 (meglio noto come Legge europea sul clima) ha, fra l’altro, dato forma legale a tale obiettivo, rendendolo giuridicamente obbligatorio sia per le istituzioni dell’Unione Europea, che per quelle degli Stati membri.
Per poter perseguire la finalità della neutralità climatica, l’European Green Deal ha messo a sistema una pluralità di strumenti d’intervento, che non è possibile richiamare in questa sede se non per accenni, che riguardano soprattutto l’adozione di provvedimenti normativi e l’attuazione di politiche pubbliche innovative, nei settori dell’agricoltura, dell’industria, dell’energia, dei trasporti e del commercio. Un insieme consistente di iniziative, come noto, è rientrato nel cosiddetto Pacchetto Fit for 55%, (comunicazione n. 550 del 2021 della Commissione Europea). Ciascuno di questi strumenti, inserito nel contesto della più estesa strategia europea di transizione ecologica, è stato rivolto principalmente al perseguimento dell’obiettivo di riduzione delle emissioni inquinanti e di raggiungimento della neutralità climatica.
Una delle principali tesi sostenute dagli autori del libro è stata quella secondo cui il fenomeno di trasformazione associato all’European Green Deal e, soprattutto, all’obiettivo della neutralità climatica abbia avuto e stia avendo un impatto tale da cambiare gli assetti della costituzione economica europea. Da questo punto di vista, chiamando in causa il concetto di costituzione economica, gli autori hanno fatto riferimento a quel corpus di regole che hanno definito i tratti essenziali del rapporto fra istituzioni ed economia nel contesto dell’ordinamento giuridico dell’Unione: per effetto dell’European Green Deal, pur in assenza di una riforma dei Trattati europei, sarebbe stato possibile parlare di un mutamento della presenza delle autorità pubbliche nella sfera economica. Qual è, nei dettagli, l’ipotesi di cambiamento prospettata?
Spostando l’attenzione su quelle che sono le caratteristiche di fondo della costituzione economica europea, occorre sottolineare come quest’ultima sia nata attorno a quelle regole dei Trattati fondativi delle Comunità Europee che hanno definito l’impianto essenziale del mercato unico europeo, attraverso la disciplina della concorrenza di mercato e della libera circolazione dei fattori di produzione. Almeno in origine, il dettato della costituzione economica era piuttosto scarno dal punto di vista della fissazione di obiettivi di carattere sociale, essendo rimaste in capo agli Stati membri le principali competenze in materia di Welfare State, secondo la celebre formula per cui “Keynes regnava all’interno e Smith all’estero”. In questa prima fase, è noto che i Trattati ignorassero del tutto la questione ecologica e climatica, potendosi parlare di una vera e propria frigidità ambientale.
Questo nucleo originario di regole, col passare dei decenni, è stato soggetto a un processo di trasformazione continua, sia di portata modificativa che integrativa. Il cambiamento della costituzione economica è avvenuto dietro l’impulso della sottoscrizione di nuovi Trattati e della revisione di quelli esistenti. Ha beneficiato del contributo, in termini di prassi concreta, di singoli attori istituzionali, come la Corte di Giustizia, la Commissione e il Consiglio Europeo. A seconda della particolare fase storica in cui sono avvenuti gli avanzamenti, sono stati inclusi all’interno della struttura nuovi elementi in grado di rafforzare, nella diversità dei casi, lo spazio accordato alle libertà economiche o quello riservato ai valori sociali. Gli obiettivi originari e gli strumenti necessari alla loro attuazione sono stati arricchiti e completati, con la strutturazione dell’unione economica e monetaria, degli istituti di coesione economico-sociale, delle regole di tenuta dei conti pubblici.
Soltanto in una fase avanzata la costituzione economica ha fatto propria una terza categoria di obiettivi, quelli di natura ambientale. Attraverso un percorso che si è protratto nei decenni, la costituzione economica si è gradualmente aperta a nuovi scopi e a strumenti inediti, di carattere ecologico. Attualmente, l’art. 3 comma 3 del Trattato sull’Unione Europea (TUE), una delle disposizioni principali della costituzione economica, afferma espressamente la necessità di garantire un «elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente».
Dopo l’avvio dell’European Green Deal, l’obiettivo della neutralità climatica, così come disciplinato dalla Legge europea sul clima, pur non essendo stato incluso all’interno dei Trattati, sembra aver determinato l’avanzamento strutturale della costituzione economica cui fanno riferimento Bevilacqua e Chiti: l’obiettivo della decarbonizzazione ha reso necessario un impegno più consistente delle istituzioni pubbliche a livello di politiche ecologiche, così da dare impulso a una trasformazione complessiva dell’intera economia, in modo tale da raggiungere un livello di emissioni nette pari allo zero entro il 2050.
Che si possa parlare di un cambiamento in corso nella costituzione economica, sembra in qualche modo più che plausibile. C’è da chiedersi, però, quali siano esattamente le ricadute concrete di questo mutamento sul sistema industriale sottostante, quali siano i fenomeni evolutivi nella sfera dell’economia, quale il loro grado di estensione e quale quello di profondità. È sempre più diffusa l’idea che alla trasformazione della costituzione economica corrisponda un’innovazione strutturale dello stesso sistema di produzione dei beni e dei servizi, il quale, perdendo i propri connotati passati, si sta avvicinando gradualmente a un modello di economia circolare (la cosiddetta blue economy).
Se è vero che l’European Green Deal ha inaugurato una nuova stagione e se è vero che la costituzione economica europea è in corso di evoluzione, è pur sempre vero che le resistenze sono molte e le battute d’arresto potrebbero essere altrettante. Ci sono apparati industriali che potrebbero opporsi alla decarbonizzazione per motivi di interesse immediato, classi dirigenti che potrebbero non comprendere fino in fondo l’importanza della transizione ecologica, lavoratori che potrebbero essere penalizzati dalla scomparsa di intere filiere produttive.
La transizione ecologica, al momento presente, è appena agli inizi. Il raggiungimento dell’obiettivo della neutralità climatica comporterà uno sforzo continuo, di durata pluridecennale, che richiederà un impegno collettivo non solo delle istituzioni pubbliche, ma anche dei singoli cittadini. Il ruolo degli studiosi del diritto, in questa nuova fase, sarà fondamentale, sia per monitorare il processo in corso, che per evidenziarne le criticità e i punti di forza.