Scritto da Francesca Coli, Antonio Manzoni
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Questo contributo fa parte della sezione “Il PNRR in dettaglio visto dalla Next Generation” del numero 2/2021 di Pandora Rivista “Next Generation EU. Leggere il PNRR” – nata da una collaborazione con l’esperienza di “Next Generation Research”, un gruppo di giovani ricercatori e ricercatrici di diverse discipline della Scuola Superiore Sant’Anna e di altre Università. Per maggiori dettagli è possibile leggere l’introduzione a questa sezione, a cura di Francesca Coli e Alessandro Mario Amoroso, che presenta anche l’indice di tutti i 18 contributi di “Next Generation Research”.
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Il presente contributo si propone di mettere in evidenza gli aspetti essenziali della ‘rivoluzione verde’, così come delineata dalla Missione 2 (M2) del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza italiano (PNRR, Piano), nonché di analizzare nel dettaglio la componente del PNRR relativa ad Agricoltura Sostenibile (M2C1). Dopo un breve inquadramento del tema della transizione ecologica nel contesto europeo e internazionale di riferimento, l’analisi si concentra su contenuti e obiettivi della M2, focalizzando poi l’attenzione sugli investimenti che interessano il comparto agro-alimentare del Paese. Successivamente, viene analizzata la visione strategica adottata dal Governo italiano nel PNRR e nel Fondo complementare al PNRR, esaminando le scelte effettuate sia alla luce degli impegni già assunti dall’Italia in sede europea, sia delle esigenze di maggiore rilevanza e urgenza dell’agri-food nazionale.
La reazione verde alla crisi pandemica
«La pandemia di Covid-19 è sopraggiunta in un momento storico in cui era già evidente e condivisa la necessità di adattare l’attuale modello economico verso una maggiore sostenibilità ambientale e sociale»[1]. Le parole utilizzate dal Governo nell’introduzione del PNRR evidenziano un dato: la reazione dell’Unione Europea (UE) alla crisi pandemica (e alla conseguente crisi economica) va ad unirsi, e quindi ad amplificare, la risposta che la stessa UE aveva già delineato e iniziato a mettere in pratica nei confronti della crisi climatica. Una risposta che aveva (e ha tutt’ora) non solo l’obiettivo di azzerare, entro il 2050, la produzione di gas serra dell’intero continente (Net-Zero), ma anche quello di (ri)costruire la società europea, dotandola di un’economia moderna ed effettivamente sostenibile.
A dicembre 2019, e quindi qualche mese prima della diffusione del Covid-19 in Europa, la Commissione europea aveva infatti approvato il Green Deal Europeo (Green Deal), una Comunicazione contenente l’insieme delle strategie e delle iniziative politiche da adottare al fine di contrastare gli effetti del cambiamento climatico e di migliorare il benessere e la salute dei cittadini e delle generazioni future[2]. Il Green Deal, tramite politiche atte ad intervenire su clima, energia, agricoltura, industria, ambiente, oceani, trasporti, ricerca e innovazione, si pone l’obiettivo di trasformare l’UE, generando una crescita economica giusta e inclusiva, che sia totalmente dissociata dallo sfruttamento delle risorse naturali.
Tale ambizioso programma di riforme intende realizzare i già noti obiettivi delineati dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite[3] e dall’Accordo di Parigi[4]. È utile ricordare che l’Agenda 2030, sottoscritta nel 2015 da 193 Paesi delle Nazioni Unite, con i suoi 17 obiettivi comuni (‘comuni’ perché universali) da raggiungere in ambito ambientale, sociale, economico e istituzionale, rappresenta il quadro di riferimento globale per lo sviluppo sostenibile. L’Accordo di Parigi, invece, nonostante i suoi notevoli limiti in tema di attuazione e monitoraggio, è il primo accordo universale e giuridicamente vincolante sui cambiamenti climatici[5]. L’Accordo prevede un piano d’azione per limitare il riscaldamento globale «ben al di sotto» dei 2°C, proseguendo gli sforzi per mantenerlo entro 1,5°C.
Il Green Deal europeo, l’Agenda 2030 e l’Accordo di Parigi vengono ripetutamente menzionati tanto dal Regolamento europeo 2021/241 (il Regolamento che ha istituito il Recovery and Resilience Facility, ovvero il dispositivo per la ripresa e la resilienza o Regolamento RRF)[6], quanto dal PNRR italiano, quali basi programmatiche della nuova strategia di crescita nazionale ed europea[7]. Per tale ragione, non possono pienamente essere comprese né valutate le scelte effettuate nella Missione 2 «Rivoluzione verde transizione ecologica» del PNRR senza un breve richiamo agli obiettivi perseguiti da questi tre strumenti (il Green Deal, l’Agenda 2030 e l’Accordo di Parigi). Essi ne costituiscono, allo stesso tempo, l’inquadramento strategico a lungo termine – valido oltre i limiti temporali del Piano – e il vincolo esterno cui si sono conformate le istituzioni nazionali.
Come anticipato, la crisi da Covid-19 ha agito da ‘acceleratore’ del processo di transizione verde già avviato dall’UE[8]. Ciò ha comportato una unificazione di strategie, resa evidente dagli atti normativi adottati nei rispettivi ambiti di intervento: quelli che costituiscono la base giuridica e il contesto dei recovery plans nazionali, e quelli – pubblicati dopo l’insorgere della pandemia – derivanti dal processo di attuazione del Green Deal. In tal senso, si fa riferimento, a titolo meramente esemplificativo: a) al Programma di lavoro della Commissione per il 2021, il quale prevede che: «con Next Generation EU, l’Europa sceglie non solo di riparare i danni, di riprendersi oggi e di sostenere le persone più colpite dalla crisi, ma anche di realizzare e costruire un modo migliore di vivere per il mondo di domani» [9]; b) alla «Strategia sulla Biodiversità per il 2030» [10] (Strategia sulla Biodiversità) – elemento chiave del Green Deal – pubblicata a maggio 2020, secondo la quale «investire nella protezione e nel ripristino della natura sarà di cruciale importanza anche per la ripresa economica dell’Europa dalla crisi Covid-19»; c) alla Strategia «Dal produttore al consumatore» [11] (Farm to Fork Strategy, o F2F), anch’essa parte del Green Deal, la quale, oltre a prendere atto delle «interrelazioni tra la nostra salute, gli ecosistemi, le catene di approvvigionamento, i modelli di consumo e i limiti del pianeta», enuncia espressamente come la pandemia abbia dimostrato «l’importanza di un sistema alimentare solido e resiliente che funzioni in qualsiasi circostanza e sia in grado di assicurare ai cittadini un approvvigionamento sufficiente di alimenti a prezzi accessibili».
La conseguenza di una tale sinergia è stata la trasposizione e il rafforzamento della strategia relativa alla green transition europea all’interno del Regolamento RRF. Nello specifico, sono stati creati dei vincoli alla programmazione degli investimenti nella redazione dei PNRR nazionali: 1) un minimo del 37% della spesa per gli investimenti e le riforme programmata nei PNRR deve essere posta a sostegno degli obiettivi climatici[12]; 2) tutti gli investimenti previsti dal PNRR devono rispettare il principio di ‘non arrecare danni significativi’ all’ambiente[13]; 3) gli Stati membri devono illustrare in che modo i recovery plans contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi climatici, ambientali ed energetici adottati dall’UE [14].
La green transition nel PNRR: accenni sistematici
Sulla base delle indicazioni appena menzionate, la scelta del Governo è stata quella di destinare una parte consistente dei fondi del PNRR (precisamente, il 31,05% dei fondi, per un ammontare complessivo di 59,463 miliardi di euro) alla M2. Questi sono stati integrati da ulteriori 12,40 miliardi di euro investiti in progetti aventi una ‘ricaduta green’ provenienti dalle altre 5 Missioni del PNRR, per un totale di 71,30 miliardi di euro (che corrispondono al 37,5% del totale dei fondi del PNRR, 191,5 miliardi di EUR)[15].
La M2 è suddivisa in 4 componenti: C1) economia circolare e agricoltura sostenibile; C2) energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile; C3) efficienza energetica e riqualificazione degli edifici; C4) tutela del territorio e della risorsa idrica. Gli obiettivi generali della missione, come enunciati dal PNRR, sono quelli di rendere il sistema italiano sostenibile e resiliente ai cambiamenti climatici nel lungo periodo, rafforzando le infrastrutture e la capacità previsionale di fenomeni naturali e del loro impatto. L’intento è anche quello di sviluppare una leadership internazionale industriale e tecnologica nelle principali filiere della rivoluzione ecologica, nonché di assicurare una transizione inclusiva ed equa, attraverso la massimizzazione dei livelli occupazionali e la riduzione del divario tra le Regioni. Da ultimo, il PNRR vuole adottare, tramite gli investimenti e le riforme previste, un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente.
La maggior parte degli investimenti della M2 è destinata a finanziare l’utilizzo dell’energia rinnovabile per favorire la progressiva decarbonizzazione di tutti i settori dell’industria, in linea con il Clean Energy Package europeo[16] e il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2030[17]. Sono quindi previsti considerevoli fondi per sovvenzionare il trasporto sostenibile, l’utilizzo dell’idrogeno nei settori caratterizzati da un’alta intensità energetica, l’efficienza energetica dei Comuni, nonché l’efficientamento degli edifici residenziali pubblici e privati (i cosiddetti Ecobonus e Sismabonus). Ampio spazio, all’interno della M2, è anche riservato alla tecnologia, e quindi all’intersezione tra i due assi strategici costituiti dalla transizione digitale e da quella ecologica. In tal senso, si prevedono investimenti per rinnovare e sviluppare gli impianti di gestione dei rifiuti e i macchinari del settore agricolo, nonché per potenziare e digitalizzare le infrastrutture delle reti energetiche, idriche e dei parchi nazionali.
In linea generale, sembra che il Governo, nel dare ampio spazio all’energia e all’innovazione, abbia seguito le linee programmatiche del Regolamento RRF, il quale prevedeva che la transizione verde fosse sostenuta «da riforme e investimenti in tecnologie e capacità verdi, tra cui la biodiversità, l’efficienza energetica, la ristrutturazione degli edifici e l’economia circolare, contribuendo al tempo stesso al raggiungimento degli obiettivi climatici dell’Unione»[18].
Il Regolamento RRF dedica, però, ampio spazio anche alla drammatica questione della perdita di biodiversità del pianeta e, quindi, alla necessità che questa diventi una priorità centrale della green transition nazionale ed europea[19]. Il PNRR italiano si occupa di tale argomento, ma lo fa esclusivamente all’interno della M2C4, componente relativa alla Tutela del territorio e della risorsa idrica. Pur rinviando per un’analisi di tale componente al relativo contributo contenuto in questo volume[20], appare utile accennare qui al fatto che in tema di biodiversità sono stati previsti esclusivamente investimenti e riforme diretti a valorizzare il verde urbano ed extraurbano, nonché a ripristinare e riattivare i processi naturali dell’area del Po (e degli habitat marini). Sorprende constatare, invece, che nessun finanziamento sia stato contemplato in materia di biodiversità nella componente relativa all’agricoltura sostenibile (M2C1), oggetto di analisi del presente lavoro.
L’Agricoltura sostenibile del PNRR
Il settore agricolo e alimentare è l’utilizzatore dominante delle risorse naturali e, di conseguenza, può rappresentare una delle principali cause della perdita di biodiversità, provocando – tra le altre esternalità negative – il degrado del suolo e l’impoverimento delle acque[21]. Un uso sostenibile delle risorse naturali, da parte degli attori del sistema alimentare, non solo contribuisce a contrastare la scomparsa di varietà di specie animali e vegetali, ma rende anche gli ecosistemi più resilienti, elemento imprescindibile per la lotta al cambiamento climatico. Nonostante, dunque, nel PNRR non sia stata direttamente prevista alcuna misura che metta in correlazione la produzione agricola, i sistemi alimentari e la biodiversità, è interessante verificare quale sia il piano di investimenti che riguarda il comparto agro-alimentare del Paese, settore strategico tanto per la ripresa economica, quanto per la rivoluzione verde.
Gli investimenti relativi allo sviluppo di una filiera agroalimentare sostenibile sono stati inseriti all’interno della Componente 1 della M2 Economia Circolare e Agricoltura sostenibile (M2C1). Per l’intera componente sono stati stanziati 5,27 miliardi di euro, di cui 2,80 miliardi per le misure relative ad ‘Agricoltura sostenibile’, ai quali devono aggiungersi 1,2 miliardi provenienti dal Fondo Complementare al PNRR[22], questi ultimi destinati a finanziare «contratti di filiera e distrettuali per i settori agroalimentare, pesca e acquacultura, silvicoltura, floricultura e vivaismo»[23].
Nella M2C1 «Agricoltura Sostenibile» sono stati previsti tre investimenti: (1) Sviluppo della logistica (0,80 miliardi), al fine di ridurre l’impatto ambientale del sistema dei trasporti nel settore agroalimentare, migliorare la capacità di stoccaggio delle materie prime, potenziare le capacità di esportazione delle PMI agroalimentari italiane e garantire la tracciabilità dei prodotti; (2) Parco Agrisolare (1,50 miliardi), per contribuire alla produzione di energia da fonti rinnovabili, attraverso il finanziamento dell’installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti delle strutture aziendali; (3) Innovazione e meccanizzazione nel settore agricolo ed alimentare (0,50 miliardi), al fine di ammodernare i macchinari agricoli, e quindi favorire l’adozione di tecniche di agricoltura di precisione.
Per quanto riguarda, invece, i finanziamenti su programmazione complementare al PNRR (il Fondo Complementare), il decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59 predispone 1,2 miliardi di euro per i contratti di filiera, destinandone il 25% «esclusivamente alle produzioni biologiche italiane ottenute conformemente alla normativa europea e a quella nazionale di settore»[24]. Tramite tali misure di finanziamento (PNRR e Fondo), il Governo mira, dunque, a raggiungere gli obiettivi espressamente enunciati in M2C1 e, quindi, una «filiera agroalimentare sostenibile» che migliori «le prestazioni ambientali e la competitività delle aziende agricole», nonché «un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente».
Se da un lato si può sostenere che gli investimenti previsti dal PNRR siano stati principalmente nel settore logistico, impiantistico e produttivistico del comparto agricolo italiano, dall’altro non si può non notare come gli stessi garantiscano indiscutibilmente benefici in termini ambientali (soprattutto attraverso la riduzione del consumo diretto di energia nella produzione alimentare) e tecnologici (attraverso l’innovazione dei processi produttivi e di tracciabilità, utilizzando ad esempio blockchain e intelligenza artificiale).
Nonostante tali incontestabili aspetti positivi, alcune questioni, di centrale importanza nel processo di transizione verde del nostro Paese, non sembrano essere state prese direttamente in considerazione in fase di redazione del PNRR e di pianificazione degli investimenti del Fondo. Questi, invero, non si occupano della gestione sostenibile delle risorse naturali da parte del settore agro-alimentare, dello sfruttamento intensivo dei suoli agricoli, degli allevamenti intensivi, dei redditi e del turnover generazionale degli agricoltori, del green washing, delle frodi alimentari e, soprattutto, del cibo e dei sistemi alimentari (se non nella forma dei contratti di filiera). Il paragrafo che segue prova a mettere in luce la centralità di alcune di tali questioni, al fine di supportare l’impegno delle istituzioni competenti verso una piena ed efficace transizione ecologica, sia in sede di attuazione del PNRR, sia in sede di predisposizione degli investimenti futuri ad esso complementari.
PNRR: un’agricoltura sufficientemente sostenibile?
Il PNRR è uno strumento peculiare, condizionato dalle ragioni eccezionali e urgenti della pandemia che ne hanno giustificato l’adozione e che lo hanno dotato di una natura giuridica che rappresenta un unicum nel panorama normativo europeo e nazionale. Questo rileva nella misura in cui il PNRR non può e non poteva essere la soluzione né per risolvere le molteplici problematiche legate al settore agro-alimentare e ambientale del Paese, né per recuperare decenni di mala gestio e di ritardi.
A tale osservazione preliminare si aggiungono altre due considerazioni. Primo: in ambito agro-alimentare, il PNRR concorre con altri strumenti di finanziamento di fondi e di programmazione a livello europeo e nazionale, primo fra tutti il Piano Strategico Nazionale della Politica Agricola Comune (PAC) 2023-2027[25]. Secondo: il PNRR è un documento di indirizzo, contenente direttive strategiche di carattere generale e vincolato a tempistiche attuative relativamente brevi (2021-2026). Di conseguenza, nel PNRR sono stati inevitabilmente privilegiati progetti realizzabili nel breve periodo. Ciò considerato, l’obiettivo della presente analisi è quello di valutare la visione strategica adottata nel PNRR nel suo insieme, nonché l’opportunità e l’efficacia degli investimenti in esso previsti, alla luce delle esigenze del Paese e del contesto nazionale ed europeo di riferimento.
Dunque, il piano di investimenti previsto appare esser valutabile sotto due distinti, ma collegati, punti di vista. In primo luogo, relativamente ai contenuti: la componente sembra focalizzarsi soprattutto sulla dimensione economica della sostenibilità, considerando spesso solo come riflessi indiretti gli aspetti ambientali e raramente quelli sociali. In secondo luogo, nell’affrontare il tema della ‘filiera agroalimentare sostenibile’, la M2C1 utilizza un approccio prevalentemente settoriale, a discapito di una visione sistemica, olistica e integrata, essenziale per il cambio di paradigma auspicato in seno all’UE.
Per quanto concerne il primo aspetto – quello dei contenuti – il punto di partenza va identificato negli obiettivi fissati dalle strategie derivanti dal Green Deal (segnatamente, la F2F e la Strategia sulla Biodiversità), nonché in quelli stabiliti nella nuova PAC 2023-2027[26]. Questi si sostanziano, a grandi linee, nel rendere il cibo e il sistema alimentare europeo il riferimento mondiale per la sostenibilità, nel promuovere nuovi modelli di business ‘verdi’ (come il sequestro del carbonio), nel riequilibrare la distribuzione del potere nella filiera agroalimentare, nel tutelare l’ambiente, il paesaggio, la biodiversità e la salute e il benessere degli animali, nel promuovere la qualità dell’alimentazione e della salute umana, nonché nel garantire un reddito equo agli agricoltori [27].
Poco o nulla viene previsto relativamente a questi aspetti tanto nel PNRR, quanto nel Fondo. Alcuni riferimenti a tali questioni si possono tuttavia incontrare nella recente presentazione illustrativa pubblicata dal Mipaaf (Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali)[28]. Quest’ultima inserisce, tra i vari obiettivi da raggiungere tramite l’investimento relativo ai contratti di filiera (vedi supra), quello di ridurre l’utilizzo di fitofarmaci e antimicrobici, di favorire l’agricoltura biologica, di migliorare il benessere degli animali e di ridurre gli sprechi alimentari. Ciò apre prospettive positive per la fase attuativa del Piano: è probabile (ed auspicabile) che la governance preposta decida di conformarsi maggiormente al modello di transizione delineato dall’UE.
In ogni caso, se si tenta di ragionare sul perché il Governo non abbia preso in considerazione tali questioni (a titolo esemplificativo, nel testo del PNRR non viene mai citata l’agro-ecologia), è possibile delineare due ipotesi. In primo luogo, il perseguimento di parte degli obiettivi sopra enunciati può esser stato affidato – in maniera totalmente indipendente rispetto al Piano – alla legislazione nazionale (sia di iniziativa spontanea, come sta avvenendo per l’agricoltura biologica[29], sia in sede di recepimento di direttive o regolamenti europei). In secondo luogo, il Governo potrebbe aver scelto, in sede di programmazione degli investimenti contenuti nel PNRR, di evitare duplicazioni con investimenti e riforme che confluiranno nella nuova PAC 2023-2027. Vale la pena ricordare infatti che i nove obiettivi della nuova PAC sono: garantire un reddito equo agli agricoltori, favorire un aumento della competitività del settore agricolo, riequilibrio della distribuzione del potere nella filiera alimentare, azioni per il cambiamento climatico, tutela dell’ambiente, tutela del paesaggio e delle biodiversità, sostegno del ricambio generazionale, aree rurali dinamiche, protezione della qualità dell’alimentazione e della salute. Tali obiettivi saranno quindi oggetto del Piano Strategico Nazionale della PAC 2023-2027 (da predisporre alla luce delle Raccomandazioni della Commissione per il piano strategico della PAC dell’Italia[30]), che dovrà esser sottoposto alla Commissione europea entro il 31 dicembre 2021. Ciò anche alla luce del fatto che il 18 dicembre 2020 la Commissione ha pubblicato delle raccomandazioni che invitano gli Stati Membri a tener conto, nei propri Piani Strategici Nazionali, delle ambizioni del Green Deal e degli obiettivi contenuti nella F2F e nella Strategia sulla Biodiversità.
Se così fosse, emergerebbe in tale contesto il tema del coordinamento tra PNRR e PAC (e, quindi, il Piano Strategico Nazionale). Il Governo, in sede di redazione del PNRR, aveva quindi plausibilmente a disposizione due opzioni: cumulare le risorse per il raggiungimento di ‘pochi’ obiettivi, valutati come prioritari; oppure, usare i fondi del PNRR e della PAC in maniera complementare. Nel primo caso, il Governo avrebbe dovuto destinare parte delle risorse del PNRR e del Fondo al finanziamento di uno o più degli obiettivi della nuova PAC, aumentando dunque il budget a disposizione per un’azione congiunta volta al raggiungimento di medesimi target, così da impedire una possibile dispersione di risorse.
Dall’analisi di M2C1 sembra sia stata preferita la seconda delle due opzioni: non prevedere una sinergia tra PNRR e PAC, con il conseguente indirizzo del budget del Piano e del Fondo verso investimenti non coperti dalla PAC. Gli investimenti previsti dal PNRR non corrispondono agli obiettivi che la nuova PAC si prefigge di raggiungere, ma sicuramente concorrono (in maniera quasi esclusiva) al conseguimento di uno di essi: quello dell’aumento della competitività delle imprese agricole.
Prima di giudicare in termini positivi o negativi la linea d’azione intrapresa dal Governo, sarà necessario aspettare la gestione della fase attuativa del PNRR, nonché la redazione del Piano Strategico Nazionale della PAC 2023-2027. In ogni caso, si può fin da subito affermare che l’agricoltura delineata dal PNRR pone sicuramente l’accento su produttività e innovazione, volge con timidezza l’attenzione all’ambiente e trascura quasi del tutto le questioni sociali.
Tale ultimo aspetto ha sicuramente un rilievo significativo, tenuto conto del fatto che tanto la Strategia sulla Biodiversità e la F2F, quanto la nuova PAC, stanno compiendo sforzi considerevoli per includere le dimensioni ambientali e sociali della sostenibilità agro-alimentare europea. A titolo meramente esemplificativo, si può accennare al fatto che la nuova PAC, sulla base del recente accordo provvisorio raggiunto tra i ministri dell’Agricoltura dell’UE e il Parlamento europeo[31], sarà dotata di una ‘nuova dimensione sociale’, volta a sanzionare i beneficiari dei finanziamenti che non offrono condizioni di lavoro adeguate in linea con la legislazione UE (la cosiddetta ‘condizionalità sociale’). Sulla base del medesimo accordo, sono state anche previste misure volte ad incoraggiare gli agricoltori ad adottare pratiche agricole e regimi ecologici più rispettosi dell’ambiente, tra cui la conservazione dei suoli ricchi di carbonio.
Anche alla luce di tale aspetto, non appare del tutto condivisibile la scelta del Governo di trascurare in maniera così evidente un aspetto – quello della dimensione sociale della sostenibilità agricola – che con fatica sta finalmente iniziando ad imporsi nel contesto europeo (senza considerare, per altro, che lo stesso Piano in teoria stabilisce che la M2 «pone particolare attenzione acché la transizione avvenga in modo inclusivo ed equo»[32]).
Ammesso e non concesso, dunque, che il Governo abbia scelto di utilizzare il PNRR e il nuovo Piano Strategico Nazionale della PAC in maniera complementare, appare utile considerare che tale ‘complementarità’ avrebbe comunque potuto essere delineata in modo tale da tenere in considerazione – e sullo stesso piano – tutte e tre le dimensioni della sostenibilità. Ciò è ancor più vero se si volge lo sguardo alle esigenze ambientali e sociali del comparto agro-alimentare del Paese (che non potranno, evidentemente, essere soddisfatte nella loro totalità dal Piano Strategico Nazionale della PAC). A titolo meramente esemplificativo, si può fare riferimento al tema della tutela del suolo[33] (esempio della dimensione ambientale) e del ricambio generazionale (esempio della dimensione sociale), entrambi non considerati dal Piano. Per quanto riguarda il primo, dagli ultimi rapporti ISPRA[34] emerge come i dati sul consumo di suolo (CdS) nel nostro Paese siano quanto mai allarmanti.[35] Nello specifico, il 32% del CdS riguarda il suolo destinato all’agricoltura. Ciò significa che è disponibile meno spazio per coltivare e produrre cibo, nonostante la popolazione stia progressivamente aumentando[36].
Per quanto invece concerne il ricambio generazionale, questo rappresenta un’annosa questione che interessa l’Italia (e l’Europa) da decenni. Dai dati ISMEA emerge che sono ben 468.850 le aziende guidate da un over 65, contro le 46.520 gestite da un under 35[37]. Le ragioni di questa stortura sono molteplici: a titolo meramente esemplificativo, si può citare l’eccessiva burocrazia, gli ostacoli nell’ottenimento di credito, i redditi poco allettanti, la bassa disponibilità e gli alti costi della terra.
Ci si domanda, dunque, se non fosse opportuno prevedere già nel Piano investimenti diretti ad incidere su tali situazioni emergenziali. In tal modo, PNRR, PAC e politiche del Green Deal avrebbero potuto concentrare la risorse su un numero minore di obiettivi prioritari, ma con un budget maggiore, evitando una eventuale frammentazione delle risorse.
Per quanto, invece, concerne l’approccio strategico adottato dal PNRR, questo non appare del tutto chiaro e dovrà essere meglio specificato in fase attuativa. In primo luogo, non è del tutto persuasivo il rapporto tra gli obiettivi prefissati e gli investimenti che dovrebbero portare al loro raggiungimento. Appare complicato riuscire ad adottare «un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente», senza investimenti o riforme in materia di cibo e di sistemi alimentari – se non, indirettamente, nella forma dei contratti di filiera. Questi ultimi sembrano indirizzarsi a tale finalità, ma è lecito domandarsi se rappresentino lo strumento più efficace allo scopo. Allo stesso modo, si ribadisce, non sembra realistico raggiungere una «filiera agroalimentare sostenibile» se si prescinde quasi del tutto dalle dimensioni ambientali e sociali della sostenibilità agro-alimentare[38].
Conclusioni
Gli investimenti previsti dal Governo apporteranno indiscutibili benefici al comparto agricolo del Paese, con positivi incentivi tecnologici, infrastrutturali ed energetici. Tuttavia, la fase attuativa dovrà operare uno sforzo per considerare in maniera circolare e interdipendente – più di quanto abbia fatto il documento di indirizzo del PNRR – gli attori, le componenti e le esternalità del settore agro-alimentare italiano, in un’ottica sistemica ed ecologica, volta al supporto reciproco delle tre dimensioni della sostenibilità. Si auspica, dunque, che l’implementazione del Piano non venga ispirata solo dalla citazione del PNRR richiamata in apertura del presente contributo (è «evidente e condivisa la necessità di adattare l’attuale modello economico verso una maggiore sostenibilità ambientale e sociale»), ma anche dal modello prospettato dalla Strategia sulla Biodiversità: «che l’economia sia al servizio delle persone e della società e restituisca alla natura più di quanto le sottrae», altrettanto adeguata ad affrontare le sfide non solo del futuro, ma anche del presente.
[1] PNRR, p. 9.
[2] Commissione Europea, COM (2019) 640 final, 11 dicembre 2019. Alcune delle strategie del Green Deal sono già state rese pubbliche tra il 2020 e il 2021. Per una breve analisi del Green Deal, vedasi Marco Siddi, The European Green Deal: Assessing Its Current State and Future Implementation (2020).
[3] L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, UN A/RES/70/1, 21 ottobre 2015.
[4] Accordo di Parigi tra gli Stati membri della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, 12 dicembre 2015.
[5] Già la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Accordi di Rio, adottata nel 1992), poneva obiettivi non vincolanti per la riduzione dei gas serra, poi aggiornati e ampliati con il Protocollo di Kyoto adottato nel 1997.
[6] Regolamento (EU) 2021/241 che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza.
[7] In tal senso, cfr. il Regolamento (EU) 2021/241 considerando n. 23 e PNRR pag. 14 e 116 (tra le altre).
[8] In tal senso, il documento della Commissione Europea The sectoral impact of the Covid-19 del 3 marzo 2020 stabilisce che: «The COVID-19 crisis has acted as an accelerator for the support to the green transition, which was already high on the EU agenda with the European Green Deal. […] In this context, one of the main priorities of the Recovery and Resilience Facility is to support this reform effort and boost green investment».
[9] COM (2020) 690 final.
[10] COM (2020) 380 final.
[11] COM (2020) 381 final. Per un’analisi dettagliata della strategia, vedasi Albert Massot Marti, «The Farm to Fork Strategy Implications for Agriculture and the CAP – Research for AGRI Committee» (2020).
[12] Cfr. Regolamento (EU) 2021/241, art. 18, co.4, lett. e).
[13] In tal senso, si veda il regolamento (UE) 2020/852 (art. 5 recante «Principi orizzontali», e art. 17, recante «Danno significativo agli obiettivi ambientali», che contiene una definizione di ciò che si intende per danno significativo all’ambiente. Si veda anche la Comunicazione della Commissione (C (2021) 1054 final) «Orientamenti tecnici sull’applicazione del principio “non arrecare un danno significativo” a norma del regolamento sul dispositivo per la ripresa e la resilienza».
[14] Si veda il documento predisposto dal Governo che contiene il TAG Climate e TAG Digital delle Missioni del PNRR, disponibile qui: https://www.governo.it/sites/governo.it/files/PNRR_RiformeInvestimentiMissioni.pdf.
[15] Tali dati sono stati presi dal Documento di Lavoro dei Servizi della Commissione – Analisi del piano per la ripresa e la resilienza dell’Italia, SWD (2021) 165 final del 22 giugno 2021.
[16] Il Clean Energy Package (CEP) dell’Unione Europea fissa il quadro regolatorio della governance dell’UE per l’energia e il clima funzionale al raggiungimento dei nuovi obiettivi europei in materia di decarbonizzazione entro il 2050.
[17] Il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2030 (PNIEC) è lo strumento nazionale per cambiare la politica energetica e ambientale del Paese verso la decarbonizzazione.
[18] Così il Regolamento (EU) 2021/241, considerando n. 11.
[19] Cfr. Regolamento (EU) 2021/241, considerando n. 11, 23 e 24.
[20] Putzer e Luporini La tutela del territorio come risorsa del Paese.
[21] Cfr., UNEP, Food Systems and Natural Resources. A Report of the Working Group on Food Systems of the International Resource Panel, Westhoek, H, Ingram J., Van Berkum, S., Özay, L., and Hajer M, (2016).
[22] Il decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59 convertito dalla legge n. 101 del 2021 ha istituito il Fondo complementare al PNRR con una dotazione complessiva di 30,6 miliardi di euro per gli anni dal 2021 al 2026. Qui è disponibile la lista degli investimenti: https://www.governo.it/sites/governo.it/files/PNRR_InvestimentiProgrammazioneComplementare.pdf
[23] A questi possono essere aggiunti concettualmente, in tema di agricoltura, ulteriori 880 milioni relativi all’investimento Resilienza dell’agrosistema irriguo previsti dalla M2C4 Tutela del Territorio e della Risorsa Idrica.
[24] Così, art.1, co. 2, lett. h.1) del Decreto-Legge convertito con modificazioni dalla L. 1° luglio 2021, n. 101 (in G.U. 06/07/2021, n. 160). Tale previsione si pone in linea con il Green Deal Europeo, che enuncia esplicitamente l’obiettivo di destinare, entro il 2030, almeno il 25% della superficie agricola dell’UE al regime biologico.
[25] In estrema sintesi, nel quadro della nuova Politica Agricola Comune (PAC) 2023-2027, ogni Stato membro – Italia inclusa – dovrà redigere un piano strategico in cui dovrà dimostrare alla Commissione come il Paese darà specifica attuazione ai nuovi obiettivi della PAC, e come userà il budget allocato per questo scopo. A tal riguardo, vedasi il regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme sul sostegno ai piani strategici che gli Stati membri devono redigere nell’ambito della Politica Agricola Comune (piani strategici della PAC) e finanziati dal Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) – COM (2018) 392 final.
[26] Si ricorda che l’inizio della nuova PAC era previsto per il 2021, poi posticipato al 2023.
[27] Per una disamina completa degli obiettivi della nuova PAC, si vedano i documenti dedicati da parte della Commissione, reperibili alla seguente pagina: https://ec.europa.eu/info/food-farming-fisheries/key-policies/common-agricultural-policy/new-cap-2023-27/key-policy-objectives-new-cap_en.
[28] Il Ministero ha infatti pubblicato un documento volto all’illustrazione degli investimenti previsti dal PNRR e dal Fondo Complementare che incidono sul comparto agro-alimentare italiano. Il documento è disponibile qui: https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/16849
[29] Il Disegno di legge n. 988 recante «Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura con metodo biologico» approvato al Senato e, ad oggi (23/11/2021), in corso di esame in commissione alla Camera.
[30] Commissione europea, SWD (2020) 396 final del 18 dicembre 2020.
[31] Per sapere di più relativamente a tale accordo, si legga il comunicato stampa del Consiglio dell’UE, disponibile qui: https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2021/06/28/farming-ministers-confirm-cap-reform-deal/
[32] PNRR, pag. 118.
[33] Il suolo, oltre a ricoprire un ruolo essenziale per la biodiversità, fornisce i micronutrienti essenziali per piante ed esseri viventi, permette la purificazione dell’acqua e lo stoccaggio della CO₂.
[34] Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale.
[35] Nell’ultimo anno, sono stati coperti artificialmente altri 57,5 km2 di suolo, che equivalgono, in media, a circa 16 ettari al giorno, e quindi a 2m2 ogni secondo.
[36] Si ricordi che la stessa UE ha destinato una delle 5 missioni di Horizon Europe proprio a «Soil, Health and Food», con l’obiettivo di rendere, entro il 2030, almeno il 75% di tutti i suoli europei sani per cibo, persone, natura e clima. Horizon Europe è il principale programma di finanziamento dell’UE per la ricerca e l’innovazione con un budget di 95,5 miliardi di euro. Affronta il cambiamento climatico, aiuta a raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite e promuove la competitività e la crescita dell’UE.
[37] Dati provenienti da indagini ISMEA (2016) ed EUROSTAT – Osservatorio imprenditorialità giovanile in agricoltura (https://www.ismeamercati.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/7874#id-0066e3bfe149941b49c7e1487e08c442).
[38] In merito al raggiungimento di sistemi alimentari sostenibili, si vedano, ad esempio: SAPEA Science Advice for Policy by European Academies, «A Sustainable Food System for the European Union» (2020); EEA, Food in a Green Light. A Systems Approach to Sustainable Food (2017); Joachim Von Braun and others, «Food Systems – Definition, Concept and Application for the UN Food Systems Summit. A Paper from the Scientific Group of the UN Food Systems Summit» [2021] UN Food System Summit 1.