“Homo premium. Come la tecnologia ci divide” di Massimo Gaggi
- 14 Maggio 2018

“Homo premium. Come la tecnologia ci divide” di Massimo Gaggi

Recensione a: Massimo Gaggi, Homo premium. Come la tecnologia ci divide, Laterza, Roma-Bari 2018, pp. 192, 15 euro (scheda libro)

Scritto da Luca Picotti

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Homo premium. Come la tecnologia ci divide (Editori Laterza) di Massimo Gaggi, editorialista del «Corriere della Sera» negli Stati Uniti, affronta temi cruciali quali le nuove tecnologie, l’intelligenza artificiale, le disuguaglianze e le trasformazioni nel mondo del lavoro. Il filo conduttore del volume è dato dal pericoloso percorso evolutivo imboccato dall’uomo, analizzato dall’autore nelle sue varie sfumature – politiche, economiche, sociali e antropologiche – e riassumibile in queste parole: «È l’itinerario che conduce una parte dell’umanità – non tutti – verso una nuova condizione: quella dell’homo premium. Un uomo, cioè, che, trovandosi sulla sponda migliore del fiume in un mondo di enormi e crescenti disuguaglianze di reddito e di conoscenza, non solo è più ricco e istruito, ma gode di salute migliore, vive più a lungo e, magari, riesce ad ottenere capacità intellettive e fisiche aumentate grazie alle manipolazioni genetiche o alle protesi messe a disposizione dalle tecnologie informatiche più avanzate». Una parte dell’umanità, non tutti: questo è il nucleo della trattazione di Gaggi, un viaggio dal sapore quasi fantascientifico nella silenziosa rivoluzione tecnologica cui stiamo assistendo, tra disuguaglianze e divaricazioni sempre più marcate, grandi monopoli digitali e l’incognita di una intelligenza artificiale dalle infinite potenzialità.

La struttura economica negli ultimi anni è radicalmente cambiata. Secondo Gaggi «buona parte del malessere economico che si è diffuso nell’Occidente industrializzato deriva dal modo in cui vengono gestiti i processi di automazione e di smaterializzazione dell’economia» (p. XIV), più che dal libero mercato o dalla globalizzazione in sé. Secondo uno studio della Ball State University solo il 13% dei posti di lavoro manifatturieri della Rust Belt – la decaduta cintura industriale del Nord Est americano (dal Michigan all’Ohio, alla Pennsylvania) – sono andati persi a causa delle delocalizzazioni: il resto è dovuto all’automazione. Sempre per comprendere le anomalie del capitalismo contemporaneo, si consideri l’impatto del modello di business di Facebook sull’occupazione: la società vale in borsa circa 520 miliardi di dollari dando lavoro a 21 mila dipendenti, mentre se sommiamo General Electric, IBM, Ford e AT&T arriviamo a circa 550 miliardi in borsa, ma con più di 1 milione e 100 mila addetti stipendiati.

I grandi monopoli della Silicon Valley poggiano le loro radici culturali nella controrivoluzione californiana degli anni Sessanta e Settanta e, più in generale, nella svolta antropologica che ha visto prevalere il privato sul pubblico, l’individuo sulla collettività. Lo sviluppo delle tecnologie è stato accompagnato da una logica di progressiva privatizzazione dell’esistente, troppo spesso sottovalutata da una politica miope dinanzi alle trasformazioni globali e alle criticità del progresso. Al giorno d’oggi i grandi monopoli digitali possiedono un potere pressoché totale, non solo economico, ma anche socio-culturale. Inoltre, come sottolinea l’autore, i padroni di queste aziende, spesso visionari e megalomani, si stanno impegnando a colonizzare il futuro, sottraendolo al controllo pubblico e alla politica: «mentre Richard Branson tenta di inaugurare il primo servizio di turismo spaziale con la sua Virgin Galactic, Jeff Bezos alimenta la sua dimensione da sognatore […] coi missili della sua Blue Origin […] Più concreto Elon Musk che ha affiancato alla produzione delle auto elettriche Tesla, delle batterie di nuova generazione e dei pannelli solari, lo sviluppo di missili e capsule spaziali della sua SpaceX: primo operatore privato in grado di soppiantare la NASA traghettando carichi – e presto anche astronauti – verso la Stazione spaziale internazionale in orbita intorno alla Terra» (pp. 6-7). Questi monopoli, scrive Gaggi, stanno diventando sempre più simili a reti infrastrutturali: Google manda ad alta quota palloni aerostatici per offrire una connessione wireless a vaste superfici dell’Africa, Amazon dispone di una flotta di Boeing 767, migliaia di autotreni, navi e droni, e Facebook ha iniziato con Microsoft a posare cavi sottomarini di telecomunicazioni attraverso l’Atlantico.

Nel frattempo, la ricchezza è sempre più concentrata e le disuguaglianze di reddito aumentano a dismisura. Questo fenomeno è dovuto anche, sottolinea Gaggi, al particolare modello di business sviluppatosi negli ultimi anni: l’economia della condivisione (Uber, Airbnb etc.), per quanto di condiviso vi sia ben poco. Oltre ad essere campioni di elusione fiscale, i padroni di queste nuove app in grado di far incontrare la domanda con l’offerta si avvalgono di collaboratori sottopagati e privi di tutele, non essendo loro riconosciuto lo status di lavoratori dipendenti: «nell’era della gig economy la durata media degli impieghi continua a calare e […] questo incide negativamente anche sui livelli retributivi, oltre che sulle tutele sociali, pressoché scomparse» (p. 78).

 

Intelligenza artificiale e automazione: verso l’homo premium?

In questo contesto caratterizzato da monopoli sempre più pervasivi e disuguaglianze in costante crescita, si inseriscono l’intelligenza artificiale e l’automazione, con il loro impatto sul mondo del lavoro e sulla società.

Gaggi, analizzando le parole di vari esperti, tecnottimisti e non, si domanda se l’uomo farà metaforicamente la fine del cavallo: «Per millenni il mezzo di locomozione per eccellenza, essenziale e ammirato in ogni civiltà, questo splendido quadrupede è finito dimenticato in qualche recinto con l’invenzione del motore a vapore delle locomotive e, successivamente, con quello a combustione interna delle auto» (p. 36). Se molti obiettano, dinanzi a questa affermazione, che l’uomo è sempre riuscito a convivere con il progresso tecnologico, adeguandosi, non è meno forte la voce di quanti iniziano a pensare che «questa volta sia diverso». I dubbi emergono se si considera la sostituzione non solo dei lavori manuali, ma anche di quelli cognitivi. I progressi dell’intelligenza artificiale, da un lato straordinari se pensiamo alle innovazioni in medicina, dall’altro rischiano di innescare una crisi di sistema nel mondo del lavoro. Dal computer in grado di battere i campioni degli scacchi, sembra si sia giunti ad un computer, Libratus, in grado di vincere anche a poker, quindi capace di bluffare e sfruttare l’imprevedibilità. Gaggi racconta di macchine capaci di scrivere sceneggiature per brevi film, combinare cibi e ingredienti in modo inedito, raccogliere e ordinare i precedenti giuridici nei processi.

Stiamo andando verso la fine del lavoro? Kai-Fu Lee, scienziato e imprenditore, sostiene che l’intelligenza artificiale rimpiazzerà quasi tutte le funzioni umane, sia manuali che cognitive: rimarrà spazio solo per i mestieri creativi e quelli che richiedono empatia. Il rischio c’è, ma la maggior parte degli studiosi ritiene impossibile fare previsioni certe, dal momento che, come afferma un rapporto realizzato a metà 2017 da 20 manager e accademici per conto della Dell Computers, «l’85 per cento dei posti di lavoro che esisteranno nel 2030 devono ancora essere inventati». Nel frattempo, si può solo ipotizzare, non senza una certa dose di fantasia, l’emergere di nuove professioni: dal surreale psicologo dei computer al nostalgist (designer d’interni che ricrea ambienti del passato soprattutto per gli anziani), passando per il rewilder, ovvero uno specialista in rimozione di danni ambientali.

Verso dove sta andando l’umanità? Il libro di Massimo Gaggi prova a rispondere a questa domanda. Le sempre più marcate disuguaglianze, l’immenso potere dei monopoli e un’intelligenza artificiale capace di sostituire l’uomo sembrano prefigurare uno scenario distopico. Se non vi sarà una seria riflessione sulla tecnologia, una più equa redistribuzione del reddito e una democratizzazione nel controllo delle macchine, l’inquietante scenario dell’homo premium tracciato dall’autore non appare così surreale. Il giornalista, per dimostrare come già oggi vi siano i primi segnali, porta il lettore nella 96esima strada di New York, dove comincia Harlem: «Eppure, ancor più che in passato, lungo la 96esima passa una frontiera invisibile e terribile. Chi sta a sud ha un’aspettativa di vita di 85 anni: vive, cioè, quasi dieci anni più di chi abita a nord, a Harlem. Il residente medio dell’Upper East Side, più ricco e più colto, ha ottime assicurazioni sanitarie, fa check-up frequenti, ha accesso a terapie d’avanguardia, cura l’alimentazione e la fitness: fa la spesa nel supermercato biologico, va in palestra e dal dietologo. Fa yoga, si dedica alla meditazione o a terapie antistress» (p. 96). Ad Harlem invece c’è una maggiore diffusione di fumo e alcool, una pessima alimentazione (fast food, bibite gassate etc.) e una scadente assistenza sanitaria, incapace di far fronte ai problemi di obesità e diabete. Gaggi sottolinea come, in futuro, questa disuguaglianza di opportunità potrà accentuarsi grazie a nuove tecniche di ingegneria genetica e simili, accessibili ai pochi che hanno la fortuna di appartenere alla sponda del fiume agiata.

Il libro di Massimo Gaggi ha il merito di richiamare l’attenzione su questioni di fondamentale importanza, dall’intelligenza artificiale alle disuguaglianze, passando per i monopoli digitali. Il problema, sostiene l’autore, è la cecità della politica dinanzi a queste sfide: «Le cose nel mondo digitale cambiano alla velocità della luce mentre la politica osserva ma non agisce: non capisce appieno che cosa sta accadendo, né sembra in grado di organizzare il consenso che sarebbe necessario costruire qualora volesse tentare di intervenire in un’area che è ormai parte integrante della vita dei cittadini-elettori» (p. 134). La potenziale scomparsa delle professioni tradizionali e l’emergerne di nuove, le tecnologie come la blockchain che perseguono la chimera di una democratizzazione condivisa dal basso e infine le crescenti disuguaglianze di reddito, di conoscenza e longevità sono problemi ai quali la politica dovrà dare risposte.

Massimo Gaggi, con questo volume, invita il lettore a riflettere su temi che, quasi sicuramente, saranno al centro del dibattito pubblico nei decenni a venire.

Scritto da
Luca Picotti

Avvocato e dottorando di ricerca presso l’Università di Udine nel campo del Diritto dei trasporti e commerciale. Autore di “La legge del più forte. Il diritto come strumento di competizione tra Stati” (Luiss University Press 2023). Su «Pandora Rivista» si occupa soprattutto di temi giuridico-economici, scenari politici e internazionali.

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