Il triangolo del consenso. La politica prima, durante e dopo il Coronavirus
- 28 Marzo 2020

Il triangolo del consenso. La politica prima, durante e dopo il Coronavirus

Scritto da Diego Ceccobelli

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L’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 ha in pochissimo tempo travolto e trasformato la vita e la quotidianità dei cittadini. Quello che fino a poche settimane fa sembrava scontato e naturale, oggi non lo è più, o lo è solo in parte. Ovviamente anche la politica non è rimasta immune dagli effetti causati dalla diffusione globale del nuovo coronavirus. Tra i tanti, uno riguarda sicuramente la comunicazione degli attori politici e le dinamiche alla base della formazione del consenso. Insomma, come comunicare durante una pandemia? Quali sono le scelte simbolico-comunicative in grado di favorire la formazione e crescita di consenso politico durante una crisi sanitaria di portata mondiale? Per rispondere a questi interrogativi presenterò qui uno strumento analitico attraverso il quale comprendere a fondo e sotto una nuova lente teorica il rapporto tra leader, comunicazione politica ed elettori: il triangolo del consenso. Dopo una breve premessa introduttiva, questo contributo si svilupperà come segue: I) saranno in primis descritte le principali componenti del triangolo del consenso; II) sarà poi esaminata una sua applicazione in una fase precedente l’esplosione dell’attuale emergenza sanitaria (casi Mario Monti, movimento 6000 Sardine e Greta Thunberg), durante queste prime settimane di pandemia (caso Matteo Salvini) per infine concludere con alcune ipotesi relative alla fase post-coronavirus[1].

Formazione del consenso e comunicazione politica

Comprendere appieno tutti i meccanismi causali che spingono un elettore a supportare e poi votare per un leader/partito è forse (ancora oggi) uno degli ambiti di ricerca più complessi (persino) per gli studiosi di comportamento elettorale. E questo vale ancor di più in una fase storica caratterizzata dalla progressiva erosione delle appartenenze ideologiche di matrice ottocentesca e novecentesca[2], ossia quelle che hanno plasmato la politica italiana (e non solo) dal dopoguerra a oggi[3]. Con la recente crescita del numero di elettori disposti a modificare il proprio comportamento di voto da un’elezione all’altra[4], esaminare oggi la capacità di un partito/leader politico di attirare a sé il favore degli elettori diviene un compito molto più complesso, ma allo stesso tempo necessario.

Tra i vari fattori in grado di spiegare la formazione del consenso politico, ce n’è uno che sta attirando sempre maggiore interesse: il ruolo della comunicazione. Se in una fase storica caratterizzata da bassa volatilità elettorale la comunicazione aveva il principale e forse unico ruolo di rafforzare appartenenze politiche già esistenti, oggi un’efficace comunicazione politica può permettere agli attori politici di accrescere in maniera significativa la propria capacità di creare consenso “dal nulla”.

Entrando nel campo della comunicazione politica, uno dei fenomeni più rilevanti (e allo stesso tempo recenti) maggiormente osservati dalla letteratura scientifica è la progressiva crescita di quella che in Italia viene definita politica pop o popolarizzazione della politica[5]. Il riferimento in questo caso va al leader politico intervistato da una rivista popolare/di gossip[6], la sua partecipazione a un programma televisivo di intrattenimento[7], o un post Facebook che lo raffigura mentre si fa un selfie a pranzo, o in occasione di una sagra di paese[8]. Come ben sappiamo, Matteo Salvini è oggi considerato uno dei politici maggiormente predisposti verso questo tipo di comunicazione. Il fatto che sia allo stesso tempo uno dei leader con i livelli più alti di consenso personale e alla guida del partito (sondaggi alla mano) di maggioranza relativa[9], ha fatto sorgere in tanti una possibile relazione tra queste sue strategie comunicative e la capacità di costruire consenso politico.

Ma è proprio così? E soprattutto, basta quindi “copiare” le strategie comunicative del leader della Lega per portare un partito oltre il 30%? Esiste quindi una “formula magica” grazie alla quale garantire a ogni leader politico la capacità di creare consenso? E questa “formula magica” è immutabile nel tempo oppure varia con il mutare dello scenario politico, vedi quanto determinato dallo scoppio di una pandemia di portata mondiale? È proprio grazie al triangolo del consenso che le prossime sezioni risponderanno a questi interrogativi.

Il triangolo del consenso

Come riporta la Figura 1, il triangolo del consenso è costituito da tre componenti (i tre angoli): l’autenticità, l’ordinarietà e la straordinarietà.

Triangolo del consenso

Figura 1. Il triangolo del consenso

La prima componente, l’autenticità, esprime la capacità di un leader di stimolare fiducia nell’elettorato (“mi posso fidare”); la seconda, l’ordinarietà, quella del leader di essere percepito vicino all’elettore, soprattutto nel suo stile di vita (“come me”); la terza, la straordinarietà, si realizza nel considerare il leader come un soggetto dotato di capacità appunto speciali e non ordinarie (“meglio di me”). A partire da queste tre componenti, le “istruzioni per l’uso” alla base del triangolo del consenso sono molto semplici: per accrescere il più possibile la propria capacità di conquistare il sostegno da parte degli elettori, un leader politico deve oggi conciliare queste tre dimensioni.

Graficamente parlando, deve avvicinarsi il più possibile al baricentro di questo triangolo equilatero. Più si allontana dalla stella gialla (coordinate ABC), meno sarà in grado di creare consenso. Tutto ciò avviene perché viviamo in una fase storica in cui il cittadino attiva l’identificazione politica anche attraverso un polo, quello dell’ordinarietà, fino a pochi anni fa non così significativo nelle dinamiche di attivazione/mantenimento del consenso, tanto da spingere alcuni studiosi a teorizzare l’avvento della cosiddetta identity o lifestyle politics[10]: ti voto se mi dimostri di essere anche “come me”. In tutto. Dal modo in cui ti vesti, ai luoghi che frequenti, passando per come ti atteggi e cosa mangi. Ma attenzione a non dimenticarsi delle altre due componenti presenti all’interno del triangolo del consenso. Senza di queste, infatti, oggi il leader non potrebbe capitalizzare al massimo i suoi sforzi comunicativi. Anzi, rischierebbe persino di vedere compromesse le proprie possibilità di conquistare il favore degli elettori. O almeno, tutto questo era valido prima dello stravolgimento economico, politico e sociale causato dalla diffusione del coronavirus.

Prima però di descrivere il funzionamento del triangolo del consenso durante una pandemia mondiale, vediamolo all’opera in un momento precedente allo stravolgimento della vita dei cittadini causato dal coronavirus. Lo faremo con tre esempi concreti: Mario Monti, il Movimento delle 6000 Sardine e Greta Thunberg.

 

Il triangolo del consenso prima del coronavirus 

Mario Monti nel 2013

In occasione delle elezioni politiche del 2013, il senatore a vita Mario Monti decide di fondare un nuovo partito (Scelta Civica). Questa scelta segue le sue dimissioni da un governo da lui presieduto e percepito dagli italiani come formato da tecnici/esperti in materia principalmente economica, e chiamati a salvare il paese da un potenziale default economico. Se filtriamo la figura di Mario Monti con lo strumento euristico del triangolo del consenso, possiamo posizionare il Mario Monti presidente del Consiglio dei ministri pre-elezioni politiche del 2013 in posizione AB (Figura 2): quella che concilia la dimensione dell’autenticità con quella della straordinarietà. Un attore politico “migliore di noi” (economista e professore universitario stimato nel mondo) viene chiamato in soccorso del paese, godendo quindi di un grandissimo favore popolare anche perché nel suo mestiere di “economista in grado di mettere a posto i conti di un paese supportato da una squadra di esperti” appare come la persona più giusta e autentica (“di lui ci possiamo fidare, non ha accettato questo incarico per secondi fini”) per compiere al meglio questo incarico. Durante la campagna elettorale, però, il suo posizionamento all’interno del triangolo del consenso cambia. Come mai?Triangolo del consenso

Figura 2. Il triangolo del consenso e Mario Monti durante la campagna elettorale del 2013[11]

Lo spostamento raffigurato nella Figura 2 è il frutto della decisione del suo staff di provare ad avvicinare il candidato Mario Monti al baricentro del triangolo. Come? Facendolo apparire anche come “uno di noi”, come un cittadino ordinario: prima con un’intervista esclusiva alla moglie rilasciata alla rivista di gossip Chi[12], poi in maniera ancor più evidente con un’intervista televisiva all’interno del programma le Invasioni Barbariche condotto sul canale La7 da Daria Bignardi, in cui Mario Monti si è fatto riprendere sorseggiando una birra e accarezzando un cane tra le sue braccia[13]. Per molti studiosi, tuttavia, quest’intervista televisiva ha rappresentato la “svolta negativa” della sua campagna elettorale. Invece di avvicinarlo alla stella posizionata in prossimità del baricentro del triangolo del consenso, dandogli quindi accesso anche al polo dell’ordinarietà, questo snaturamento del suo profilo e personalità ha avuto l’effetto di allontanarlo dal polo più importante, quello dell’autenticità. Mario Monti è infatti apparso forzato, innaturale. Appunto, inautentico. Più che in posizione ABC, dopo l’intervista si è quindi trovato confinato in posizione A: solo come uno “migliore di noi”. Null’altro. Solo un professore universitario, appunto. Nulla più. Non (più) anche un leader politico al quale affidare il paese.

Il movimento delle 6000 Sardine

Un altro esempio di una erronea gestione del triangolo del consenso viene dalla combinazione tra un’intervista rilasciata da un gruppo di “sardine” nella trasmissione Di Martedì condotta da Giovanni Floris[14], e una fotografia che raffigurava i fondatori di questo movimento con un noto imprenditore italiano[15]. Il movimento delle sardine e i suoi leader possono tranquillamente essere collocati in posizione BC nella percezione dell’elettorato. Sono cittadini “come noi” (ordinarietà) e di cui “ci possiamo fidare” (autenticità). Quello che sembrerebbe mancargli è la componente della straordinarietà. Insomma, i suoi leader e componenti più in vista dovrebbero essere anche “migliori di noi” (straordinarietà), ma non sembrerebbero essere (ancora) percepiti come tali. Un modo per ottenere questo obiettivo è ad esempio quello di partecipare a trasmissioni televisive dove mostrare la propria competenza su questioni politiche concrete.

Triangolo

Figura 3. Il triangolo del consenso e il movimento delle 6000 Sardine

Durante l’intervista appena richiamata, tuttavia, alcuni esponenti del movimento delle 6000 Sardine o non hanno saputo rispondere o hanno risposto in maniera molto vaga alle domande poste loro dai giornalisti presenti in studio, non riuscendo dunque nell’obiettivo di avvicinarsi alla stella in posizione ABC, fallendo quindi così nell’obiettivo di acquisire la componente della straordinarietà. Con la foto insieme all’imprenditore Benetton, invece, i leader del movimento delle 6000 Sardine hanno perso parte della componente dell’autenticità. Insomma, dall’essere attivisti “come noi” e di cui “ci possiamo fidare”, dopo queste due scelte comunicative si sono auto-spinti nella direzione del polo della ordinarietà, rischiando quindi di essere poi percepiti semplicemente “come noi”. 

Greta Thunberg

Greta Thunberg rappresenta forse la figura di quella leader politica maggiormente in grado di impersonare il giusto punto di equilibrio tra le tre componenti del triangolo del consenso. La leader del movimento Fridays For Future è infatti un’attrice politica che concilia allo stesso tempo il polo dell’autenticità, quello della straordinarietà e quello della ordinarietà (Figura 4).

Triangolo

Figura 4. Il triangolo del consenso e Greta Thunberg

Greta Thunberg è in primis una leader politica “migliore di noi”. Questa prima aura di straordinarietà le viene assegnata dall’essere stata la prima, con forza e costanza, ad apportare moltissimi sacrifici nella sua vita personale per raggiungere un benessere collettivo, come ad esempio la scelta di scioperare dalla scuola una volta a settimana, senza tentennamenti. Ma Greta Thunberg è anche una teenager come tante altre. “Una di noi”, soprattutto se vista con gli occhi dei tanti e tante teenager che si ispirano alla sua lotta e hanno poi esportato in tutto il mondo il movimento politico da lei lanciato in Svezia. Infine, Greta Thunberg è una leader politica di cui potersi fidare, grazie soprattutto a quello che lei ha pubblicamente definito il suo superpotere[16], ossia l’essere una persona con la sindrome di Asperger. Una sindrome che comporta, tra vari tratti, quello di spingere la persona con questa diagnosi ad essere “generalmente molto diretta, dice ciò che pensa”, ma anche “determinata e [con] un forte senso di giustizia sociale”[17]. Una persona autentica e di cui potersi fidare, appunto.

Trovare il giusto equilibrio

Il triangolo del consenso va quindi concepito come l’esigenza da parte di un leader politico di trovare il giusto equilibrio tra dimensioni differenti. Utilizzando un paragone che attinge all’arte della miscelazione, si potrebbe confrontare il triangolo del consenso alla realizzazione di un cocktail come l’Aperol Spritz. Per proporre a un cliente un’ottima versione di questa bevanda bisogna realizzare un cocktail formato da un giusto equilibrio di prosecco, campari e acqua. Se al posto di questa combinazione ci fosse solo la componente acqua, al cliente sarebbe offerto un semplice bicchiere d’acqua, appunto, non uno Aperol Spritz. Miscelando insieme solo acqua e prosecco, si avrebbe il cosiddetto “spritz bianco”. Solo con l’aggiunta dell’Aperol, e con un buon equilibrio tra i tre ingredienti, si avrà un ottimo Aperol Spritz. Lo stesso vale per i leader politici nel loro sforzo di creare consenso intono alla loro figura. Non gli basta essere solamente autentici, solamente ordinari, o solamente straordinari. Un elettore si fida ciecamente (autenticità) di un famigliare, ma non (solo) per questo gli affiderebbe le chiavi di Palazzo Chigi. Un parrucchiere considera un suo collega come “uno di noi”, ma non (solo) per questo gli affiderebbe la guida di una regione. Un architetto considera un medico migliore di lui nell’arte della medicina, ma non (solo) per questo gli affiderebbe la guida del suo comune. Solo nell’incontro equilibrato tra queste tre dimensioni si realizza quel cocktail perfetto in grado di fornire al leader politico la capacità di creare consenso.

Soprattutto il caso di Mario Monti ci consegna dunque un insegnamento molto importante nell’approcciarsi al triangolo del consenso. Come indicato da Filippo Sensi –ex portavoce e capoufficio stampa del presidente del Consiglio dei ministri– durante un suo intervento in occasione dell’ultimo convegno nazionale dell’Associazione Italiana di Comunicazione Politica: “somigliati!”[18]. Insomma, sii te stesso. Questo ci dà la conferma che non esiste una formula magica valida per tutti i politici. Soprattutto, ci dice che non tutti hanno la capacità di avvicinarsi al baricentro del triangolo del consenso. Tra quell’insieme (limitato) di leader politici in grado di farlo, ognuno di loro potrà ottenere questo risultato solo seguendo strategie differenti, personali, personalizzate e realizzate con l’obiettivo di apparire il più possibile autentico. Ecco il motivo per il quale una forza politica non si può (più) permettere di sbagliare il proprio leader oggi. Ma questa è una scelta difficilissima. Perché un leader deve essere innanzitutto tale e saper allo stesso tempo sviluppare una strategia autonoma, differente e che rispecchi lui e il suo partito. Allo stesso tempo. Senza copiare né scimmiottare i propri competitor. Così non fosse, sarebbe facilissimo per un attore politico portare il proprio partito al 35%. La realtà empirica ci restituisce (naturalmente) tutto un altro scenario.

Percezione VS realtà

Una ulteriore considerazione è però ora necessaria e riguarda il rapporto tra realtà e percezione. Come ricorda spesso il politologo Luigi Di Gregorio citando il caso di Matteo Salvini, l’assegnazione dello status di autenticità attiene alla sfera della percezione, non a quella della realtà. Salvini è ad esempio autentico nel suo promuovere la politica dei cosiddetti “porti chiusi”? Lo pensa veramente? Ritiene veramente che quella sia la scelta politica migliore per affrontare al meglio il tema dell’immigrazione? Forse sì, forse no. Ma questo secondo Di Gregorio, richiamando i concetti di invenzione dell’autenticità e autenticità percepita[19], non conta. Soprattutto, nessuno lo può sapere con certezza. Forse neppure lo stesso Salvini è pienamente a conoscenza di tutto ciò. Perché quello che posiziona, o meno, un leader politico a ridosso del baricentro del triangolo del consenso non è l’effettiva capacità di essere “uno come noi”, “meglio di noi” e di cui “ci possiamo fidare”. Ma la sua percezione nei confronti dell’elettorato. Il percepire (non l’essere) un leader come (allo stesso) tempo “migliore di noi”, “come noi” e “di cui potersi fidare”. Tutto questo rende la gestione del triangolo del consenso ancora più complessa. Non conta infatti essere allo stesso tempo come noi, uno di noi e un leader di cui potersi fidare. Quello che conta è essere percepito come tale dall’elettorato.

Il triangolo del consenso durante il coronavirus

Il triangolo del consenso ha però una ulteriore caratteristica: è mutevole. Questo ci porta a dover considerare un altro fattore: i tempi e cicli della politica. Intesi come il clima di opinione predominante in cui un leader si trova di volta in volta a operare. Ci sono fasi della politica di un paese in cui gli elettori potrebbero richiedere al leader di essere come loro. Oppure, al contrario, che non lo sia per niente. Vedi la luna di miele che ha contraddistinto i primi mesi del governo Monti. Una fase storica del nostro paese in cui nella percezione dell’elettorato era necessario un leader straordinario e autentico. Non anche ordinario. Insomma, il Monti presidente del Consiglio dei ministri “andava bene” anche in posizione AC, non per forza ABC. Ma quella era una fase caratterizzata da un forte sentimento elitista. Una fase caratterizzata dalla richiesta di straordinarietà, non anche o solo di ordinarietà. Fino a qualche settimana fa il clima di opinione dominante richiedeva invece al leader di padroneggiare anche la dimensione dell’ordinarietà. Tanto da spingere alcuni a sostenere il superamento della dimensione della straordinarietà. Vedi ad esempio il caso recentissimo delle “sardine”. Richiamando l’esempio dell’Aperol Spritz: gli elettori che chiedono in massa uno spritz bianco, senza più l’aggiunta dell’Aperol. Poi però è arrivato il nuovo coronavirus.

Matteo Salvini

Come nel caso del Mario Monti presidente del Consiglio dei ministri appena richiamato, l’attuale pandemia in corso ha spostato radicalmente il punto di equilibrio all’interno del triangolo del consenso nella posizione più lontana possibile dal polo dell’ordinarietà. Durante una crisi sanitaria i cittadini non chiedono a un leader politico di essere come loro, bensì migliore di loro e di cui potersi fidare. Un leader che in questo caso ha capito con estremo ritardo questo mutamento all’interno del triangolo del consenso è stato proprio Matteo Salvini, reo di aver mutato con estrema lentezza una strategia comunicativa che in una fare pre-coronavirus lo vedeva quasi perfettamente in grado di trovare il punto di equilibrio tra le componenti dell’ordinarietà, della straordinarietà e dell’autenticità. Come graficamente rappresentato nella Figura 5, il posizionamento di Matteo Salvini all’interno del triangolo del consenso durante questa crisi sanitaria è divenuto tutto tranne che ideale, soprattutto ai suoi albori.

Triangolo

Figura 5. Il triangolo del consenso e Matteo Salvini durante la crisi sanitaria causata dal Covid-19

Prova ne è ad esempio un post Facebook, agli albori dell’emergenza sanitaria, che lo ritrae brandendo un bicchiere di vino e un tagliere di salumi in una baita di montagna[20]. Un post del genere, che lo spinge appunto verso il polo della ordinarietà (“uno di noi”), risulta ovviamente stonato durante una crisi sanitaria per la quale i cittadini si aspettano ben altri atteggiamenti e stili comunicativi da parte dei leader politici.

Politica fisica e chimica

Insomma, a un leader politico non basta conoscere il triangolo del consenso per accrescere il suo consenso, gli è anche necessario prendere in considerazione molti altri fattori, compreso capire dove tira il vento del clima di opinione in una determinata fase politica. E capirlo con estrema rapidità e prontezza. Non è detto infatti che questi spinga sempre verso le coordinate ABC del triangolo del consenso. Il clima di opinione potrebbe anche spingere rapidamente verso AC (vedi Monti al governo o questa attuale emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del Covid19) o, perché no, verso AB (vedi quello che rappresentavano le “sardine” fino a qualche settimana fa). Questo ci conferma che in politica non esiste una formula magica valida per tutti e immutabile nel tempo. Insomma, l’arte della politica non equivale alle leggi della fisica o della chimica. Perché la formazione del consenso dipende da tanti fattori. Mutevoli. Il leader di successo è quello che li coglie per primo e poi si muove di conseguenza, anticipando i suoi competitor.

 

Il triangolo del consenso dopo il coronavirus

Cosa succederà una volta che l’emergenza coronavirus sarà finalmente alle spalle? Dove si posizionerà di conseguenza il punto di equilibrio all’interno del triangolo del consenso? Tornerà immediatamente in posizione ABC, oppure rimarrà ben saldo nella posizione AC (straordinarietà + autenticità, senza ordinarietà) in cui si trova ora? Insomma, i cittadini torneranno a chiedere ai leader politici di essere un po’ anche “come loro”, oppure questa caratteristica verrà considerata secondaria, financo dannosa? Difficile prevederlo. Nella loro storia, gli Stati Uniti hanno spesso trasformato i generali di una guerra in presidenti. Si pensi al caso più recente nel tempo di Dwight Eisenhower. L’Italia post-coronavirus potrebbe, perché no, seguire un andamento similare. Potrebbe cioè spingere uno dei “generali” di questa “guerra” contro il coronavirus verso palazzo Chigi, oppure verso il Quirinale. Il punto è: chi è oggi percepito come il generale alla guida della guerra contro il coronavirus? È il presidente del consiglio Giuseppe Conte? O più un medico come Roberto Burioni? E se questa emergenza non dovesse essere risolta prima di molti mesi/anni e con un sacrificio di vittime molto elevato, da che parte si sposterebbe il punto di equilibrio all’interno del triangolo del consenso?

Tanti e diversi interrogativi, molti dei quali non avranno sicura risposta prima che la storia ci consegni, tra qualche mese (speriamo non anno/i), un mondo post-coronavirus. Quello che è certo, oggi, è che lo strumento euristico del triangolo del consenso ci ricorda che il punto di equilibrio al suo interno è mobile e in continuo mutamento; e che forse il polo dell’ordinarietà potrebbe non essere più così rilevante nel prossimo futuro. Insomma, per un certo periodo di tempo i post Facebook che ritraggono un leader politico mentre si beve uno spritz al tramonto in riva al mare o intento a cucinare un piatto di tagliatelle al ragù in casa con la famiglia, potrebbero smettere di caratterizzare la comunicazione politica di buona parte dei leader contemporanei. Nel caso continuassero a farlo, questa strategia comunicativa rischierebbe solamente di ridurre notevolmente la capacità di un leader politico di creare consenso.

Che cosa ci insegna il triangolo del consenso?

E allora riprendiamo uno degli interrogativi da cui siamo partiti per costruire il triangolo del consenso: basta “copiare” Matteo Salvini, comunicare e apparire proprio come lui per portare un partito oltre il 30%, vedi il caso della Lega? La risposta a questa domanda è “no”. E questo “no” non significa che un leader politico alternativo a Salvini debba per forza allontanarsi il più possibile dal polo dell’ordinarietà. Che non debba mai farsi fotografare a una sagra di paese o in costume da bagno durante le sue vacanze estive. Lo può fare, sì. Ma a modo suo. Apparendo autentico. Se stesso. Per fare in modo che gli elettori si possano fidare di lui. Ma senza perdere il suo status di leader straordinario. Soprattutto, lo dovrà fare però nei modi e tempi giusti. Perché lo stile comunicativo di Matteo Salvini nella fase pre-coronavirus è oggi, in piena emergenza sanitaria, quanto di più lontano rispetto al sentimento dominante presente tra gli elettori. Quindi un modello da non imitare in nessun modo.

Infine, deve però essere sempre chiaro al lettore che per spiegare il successo/popolarità di un leader politico non basta utilizzare lo strumento euristico del triangolo del consenso. Altri fattori sono ancora più che decisivi nel determinare il comportamento elettorale, a partire dal voto di appartenenza di matrice ottocentesca e novecentesca. Il triangolo del consenso non rappresenta pertanto il Sacro Graal della comunicazione politica, ma contribuisce a spiegare il motivo del successo e/o dell’insuccesso dei leader politici. Soprattutto, ci è molto utile oggi per far risuonare bene in testa tre insegnamenti ai leader politici e rispettivi staff: A) somigliati!; B) non tutti hanno la stoffa e i tratti del leader, quindi la capacità di combinare le tre dimensioni che compongono il triangolo del consenso; C) tempi, cicli e fasi della politica eterogenei richiedono leader e strategie comunicative differenti.


[1] L’autore intende ringraziare Luigi Di Gregorio e Giovanni Diamanti per i preziosissimi suggerimenti offerti dopo aver letto la prima bozza di questo contributo. Un altro sentito ringraziamento va agli studenti del mio corso in Comunicazione Politica e Istituzionale presso l’Università di Bergamo e ai partecipanti al corso breve su “Populismo e crisi della democrazia rappresentativa” tenutosi lo scorso novembre presso l’ISPI, ai quali per primi ho presentato lo strumento del triangolo del consenso e i cui commenti sono stati poi fondamentali per la sua formulazione definitiva.

[2] Paolo, M. (2015). Il post partito. La fine delle grandi narrazioni. Bologna: il Mulino.

[3] Diamanti, I. (2009). Mappe dell’Italia politica, Bologna: il Mulino.

[4] Chiaramonte, A., & Emanuele, V. (2017). Party system volatility, regeneration and de-institutionalization in Western Europe (1945–2015). Party Politics23(4), 376–388.

[5] Mazzoleni, G., & Sfardini, A. (2009). Politica pop. Da’Porta a porta’a’L’isola dei famosi’. Bologna. il Mulino; Ceccobelli, D. (2017). Facebook al potere. Lo stile della leadership al tempo dei social media. Santarcangelo di Romagna: Maggioli Editore.

[6] https://www.ilpost.it/2014/12/02/matteo-salvini-copertina-oggi/

[7] https://www.corriere.it/politica/foto/#1

[8]https://www.facebook.com/salvini

[9] https://www.youtrend.it/2020/03/20/

[10] Mancini, P. (2011). Between Commodification and Lifestyle Politics: Does Silvio Berlusconi Provide a New Model of Politics for the Twenty-first Century?. Reuters Institute for the Study of Journalism, University of Oxford.

[11] La costruzione di questo e dei prossimi triangoli del consenso applicati a casi di Mario Monti, Movimento 6000 Sardine, Greta Thunberg e Matteo Salvini sono il frutto di ipotesi sulle percezioni dei cittadini formulate dall’autore di questo contributo. Essendo appunto unicamente ipotesi, non evidenze empiriche risultato di una ricerca scientifica, non vanno considerate come scientificamente affidabili, in quanto richiederanno una validazione scientifica in programma di esecuzione, ma non ancora effettuata.

[12]http://www.ansa.it/web/notizie/

[13] https://www.youtube.com/watch?v=4Tgoe8sZNPU

[14] https://www.la7.it/dimartedi/video/

[15] https://www.repubblica.it/2020/02/01/

[16] https://www.youtube.com/watch?v=jpptVrll-bo

[17] https://www.valigiablu.it/greta-thunberg-sindrome-asperger/

[18] https://www.compol.it/eventi/convegno-2019/

[19] Di Gregorio, L. (2019). Demopatìa. Sintomi, diagnosi e terapie del malessere democratico. Soveria Mannelli: Rubbettino Editore, p. 136.

[20]https://www.facebook.com/salvini

Crediti immagine: CC-BY-4.0: © European Union 2019 – Source: EP.

Scritto da
Diego Ceccobelli

Ricercatore all’Università degli Studi di Milano dove insegna Comunicazione crossmediale. In precedenza, ha insegnato nelle Università di Bologna, Trento e Bergamo. Ha conseguito un dottorato in Scienza della politica alla Scuola Normale Superiore di Firenze dove è stato anche assegnista di ricerca. È autore di: “Facebook al potere. Lo stile della leadership al tempo dei social media” (Maggioli 2017) e di numerosi articoli scientifici in materia di leadership, comunicazione politica e social media.

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