Scritto da Raffaele Danna
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Il risultato di questo processo è, dal punto di vista aziendale, un aumento della produttività delle imprese che utilizzano questo genere di tecnologia, perché diminuiscono i ritardi dovuti a guasti o a mancanze di forniture, i costi si abbassano, e i processi diventano più facili da controllare, più facilmente coordinabili, automatizzati. Un drastico aumento della produttività è stata la caratteristica fondamentale di ogni processo che siamo abituati a chiamare “rivoluzione industriale”, e per questo motivo si usa definire l’applicazione della tecnologia IoT all’industria quarta rivoluzione industriale.
Questa nuova ondata di tecnologia che sta per investire il nostro sistema produttivo con la quarta rivoluzione industriale determina importanti effetti sul lato dell’occupazione. Le figure professionali scarsamente specializzate sono verosimilmente destinate a scomparire. Ecco la “digital disruption”. Al manutentore generico presente in ogni stabilimento si sostituirà progressivamente una figura sempre più specializzata, in grado di intervenire sia sulla meccanica sia sull’informatica dell’impianto. Diversi problemi potranno addirittura essere risolti da remoto. Questo determinerà verosimilmente un calo nel numero degli addetti attivi nel settore. I promotori della quarta rivoluzione industriale affermano che queste perdite saranno più che compensate dalla contestuale creazione di nuovi profili professionali, dai tecnici specializzati nella risoluzione di specifici problemi, alle nuove figure necessarie in fase di progettazione dei macchinari (profili ibridi fra l’ingegneria e l’informatica), alle figure che dovranno effettuare la formazione necessaria all’implementazione della nuova tecnologia. Che l’aumento delle nuove professionalità sarà tale da “più che compensare” la perdita dei posti di lavoro scarsamente specializzati è un’affermazione discutibile, in quanto in questo momento ci troviamo a uno stadio embrionale di diffusione della tecnologia 4.0 e della quarta rivoluzione industriale, soprattutto in Italia, dunque esistono ampi spazi di libertà e di progettualità, soprattutto da parte della politica. Trincerarsi in posizioni di chiusura nei confronti della “digital disruption” e della quarta rivoluzione industriale significherebbe perdere le possibilità che si aprono, oltre a rimanere con un sistema industriale obsoleto. Perché le nuove possibilità possano essere colte è però necessario che sia l’opinione pubblica sia le istituzioni siano informate riguardo a queste nuove sfide. È compito della politica, inoltre, quello di rendere l’applicazione della nuova tecnologia un processo attento alle possibili conseguenze negative che il processo stesso può generare, attraverso la costruzione di regole, limiti, responsabilizzazioni, incentivi e finanziamenti. Tutto questo può darsi solo in presenza di una politica informata, in grado di accogliere competenze e pareri tecnici, e dunque capace di dialogare a partire da una posizione autorevole con il mondo dell’industria privata.
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