Intervista su Alternative für Deutschland a Markus Egg
- 23 Settembre 2017

Intervista su Alternative für Deutschland a Markus Egg

Scritto da Quex

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Siamo alla vigilia delle elezioni politiche tedesche e uno degli elementi su cui l’attenzione dei commentatori si concentrerà maggiormente sarà il risultato del partito Alternative für Deutschland (AfD), che con ogni probabilità entrerà per la prima volta nel Bundestag. Associato comunemente all’euroscetticismo e al populismo di destra, questo partito è stato al centro di numerose polemiche. Fondato dall’economista Bernd Lucke, il partito ha visto poi diverse vicende e scontri all’interno del suo gruppo dirigente. Per via della natura  controversa di alcuni dei temi trattati e delle critiche di cui il movimento e molti suoi esponenti sono stati oggetto non è facile, a maggior ragione per il lettore italiano, farsi un’idea precisa delle posizioni del partito. Come contributo al dibattito pubblichiamo questa intervista, inviataci da un autore che lavora da tempo in Germania, al Professor Markus Egg. Ordinario di linguistica presso l’Università von Humboldt di Berlino, ha aderito sin dalle origini ad Alternative für Deutschland ed è stato candidato nelle liste del partito alle elezioni politiche del 2013 ed alle amministrative di Berlino del 2016 ed è a tutt’oggi il presidente della Commissione Formazione e Cultura di AfD nel Land berlinese. Si tratta dell’unico docente del principale ateneo berlinese che abbia un ruolo attivo all’interno del partito e abbia assunto incarichi di rilievo in esso. Le risposte che fornisce alle domande poste in questa intervista restituiscono dunque il punto di vista di un intellettuale vicino ad Alternative für Deutschland e come tali possono costituire, al netto della loro ovvia parzialità, materiali utili per la comprensione di questo fenomeno. I temi trattati dall’intervista sono: il concetto di identità nazionale, le idee di Alternative für Deutschland sul rapporto con i partiti tradizionali, l’euro, la politica estera, il sistema mediatico e il passato nazionalsocialista della Germania.


Vorrei iniziare la nostra conversazione con una domanda generale intorno al concetto di identità nazionale. Come definisce Lei questo concetto?

Markus Egg: Personalmente, ritengo che si debba giungere a una nozione di identità nazionale che non sia da intendersi nel senso di orgoglio, il quale, in questo contesto, mi pare insensato. Si può essere orgogliosi solo delle azioni compiute da noi in prima persona: che io ora venga al mondo come appartenente ad una specifica nazione è qualcosa che accade senza che io vi abbia preso parte. In tal senso, di ciò che hanno compiuto alcune grandi personalità tedesche non posso essere orgoglioso allo stesso modo in cui, invece, posso ben esserlo per qualcosa che ho fatto io. D´altra lato, è anche parte della nostra nazione l´essere, come anche l´Italia, una delle grandi nazioni sul piano della cultura universale: si tratta di aspetti semplicemente positivi che dovrebbero rientrare nella definizione della identità nazionale. In tale definizione rientra naturalmente anche la consapevolezza che queste identità nazionali si fecondano reciprocamente. Siamo stati poco tempo fa in Toscana, dove si sono recati in pellegrinaggio molti pittori tedeschi per imparare a dipingere. Quanto lì appreso lo hanno poi reso effettivo nella cultura nazionale tedesca, esattamente come molti musicisti italiani, nel diciannovesimo secolo, sono venuti in Germania a studiare, per poi restituire il loro talento alla cultura nazionale italiana…

 

Questo è chiaro. Tuttavia, credo che anche Angela Merkel sottoscriverebbe pienamente quanto Lei ha appena dichiarato. In seno al dibattito politico tedesco, il suo partito si contraddistingue proprio perché assegna un ruolo preminente al concetto di identità nazionale. Potrebbe dunque spiegarci in termini più specifici che cosa intende la Alternative für Deutschland quando parla di identità nazionale? Lei capisce che, soprattutto in Germania, concetti come “identità”, “popolo”, Leitkultur [cultura-guida] sono storicamente connotati ed evocano immediatamente epoche buie della storia dell´umanità…   

Markus Egg: Il concetto di Leitkultur è stato frainteso da entrambe le parti, sia dai suoi sostenitori sia dai suoi detrattori. La nozione di Leitkultur non intende alcunché di statico o di escludente. Certamente essa implica il desiderio di appartenere a quella determinata cultura e di sostenerla attivamente, ma Leitkultur resta qualcosa di dinamico. Il concetto di Leitkultur è stato coniato da persone che desiderano cooperare, di attivarsi in prima persona, da persone che vogliono essere parte dell´intero “senza se e senza ma”. A tal proposito, ricordo che c´è un´associazione di nome “Typisch Deutsch” [“tipicamente tedesco”], che è stata fondata da tedeschi di famiglie immigrate. Insomma, già il titolo lo trovo molto curioso e divertente, perché questo è esattamente il punto: per diventare tedesco, non è affatto necessario rinnegare o abbandonare la propria origine. Leitkultur va intesa in questo senso, non certamente come un concetto che, definito nel 1850 una volta per tutte, è ora fisso e immobile.

 

Ma che cosa significa per Lei “tedesco”? Per essere più precisi: in che termini il discorso del Suo partito circa il tema dell´identità nazionale tedesca si differenzia dal discorso fatto dagli altri partiti?

Markus Egg: Dunque, noi affrontiamo l´identità in modo più aperto rispetto agli altri partiti nella misura in cui noi, esplicitamente, osiamo esigere una consapevolezza sul tema. Ma in ultima analisi il tema non è stato ancora perfettamente definito, questo è vero. Per me il concetto di Leitkultur o di identità trae il suo senso dalla lingua, dalla cultura, dalla mentalità, dalla storia: grosso modo queste sono le componenti con cui si costruiscono tali nozioni. È chiaro però al di sotto di questa Leitkultur, di questa identità, vi possono essere delle grandi differenze regionali. A tal proposito credo che Germania e Italia abbiano al loro interno, rispettivamente, le più rilevanti differenze regionali. Penso ora alla Sicilia e alla Lombardia: differenze come queste si ritrovano anche in Germania. Leitkultur e identità lasciano senz´altro spazio a siffatte differenze, lasciano senz´altro spazio ai margini [di una nazione]: ad esempio io, provenendo dal sud del Baden, riconosco senz´altro alcune affinità con gli svizzeri, le quali sono maggiori di quelle che posso avere con un tedesco di Amburgo. Allo stesso modo, un lombardo può avere più affinità con un ticinese che con un siciliano. La costruzione di una identità positiva – che non oscura o abbellisce nulla, ma che determina un allargamento dello sguardo anche su tutti gli aspetti positivi – in una certa misura non si è ancora realizzata.

 

Allora potrebbe delineare i valori fondamentali in cui si riconosce la Alternative für Deutschland?

Markus Egg: In Germania e in realtà in tutta Europa ci si chiede che cosa sia una politica di destra e come questa si possa formulare. Si riflette anche su come si debba trattare il nazionalismo e il fascismo, un movimento che in realtà ha interessato l´intero continente. In questo rispetto, si distingue spesso fra le vecchie destre, dichiaratamente razziste, e le cosiddette “nuove destre”, cioè alcune correnti che sono giunte soprattutto dalla Francia e che hanno elaborato un diverso discorso politico. In rapporto al tema dell´identità, queste ultime hanno ad esempio detto che l´identità è certamente qualcosa di importante, che tuttavia non si definisce affatto nella svalutazione [Abwertung] dell´altro, poiché nel bisogno di tale svalutazione è insita una insicurezza rispetto a se stessi. Queste sono idee che anche io ritengo giuste: l´identità deve essere qualcosa con una connotazione in positivo e in tal caso posso rispettare gli altri nei loro propri valori. La mia identità è per me, in quanto tedesco, importante, ma allo stesso modo rispetto altre identità. Così, all´interno del mio partito, il tentativo di svalutare gli altri sulla base di una diversa nazionalità, colore della pelle o orientamenti sessuali etc. viene risolutamente respinto.

 

Fatta questa premessa generale, torno a chiederLe: quali sono i valori fondanti della Alternative für Deutschland?

Markus Egg: Arrivo subito alla Sua domanda. Prima vorrei dire brevemente una cosa. Occasionalmente, da parte di membri del mio partito vengono fatte esternazioni che non sono state formulate con sufficiente accuratezza – non si può dire diversamente. E dico che siffatte dichiarazioni non vengono formulate con sufficiente accuratezza nel senso che esse non escludono possibili interpretazioni che, sebbene non corrispondano al senso autentico della dichiarazione e non siano conformabili con la linea del nostro partito, pure non ne sono di fatto escluse. Purtroppo ciò accade, ma viene poi fortemente discusso e biasimato all´interno del partito. Vengo ora ai valori. Ho riflettuto su come si possa riassumere la risposta in una frase. Credo che un buon concetto sia quello espresso dal verbo bewahren, il preservare, il custodire, il proteggere – a prescindere se poi lo si voglia intendere in senso reazionario o meno. Io intendo il verbo bewahren, nel senso che non tutto ciò che è nuovo è automaticamente buono e tutto ciò che è vecchio è automaticamente cattivo: sì, credo che tale definizione colga nel segno. Spesso si esige dalle persone di aderire al principio per cui il cambiamento sarebbe qualcosa di assolutamente positivo, rispetto al quale, in ogni caso, non si può fare nulla: si tratterebbe insomma soltanto di accettarlo. Il più delle volte simili discorsi vengono fatti da persone che, come me, non traggono alcun problema dal mutamento in atto nelle nostre società. Come è ovvio, vivo in prima persona l´arricchimento derivante dall´internazionalizzazione dell´università – non potrebbe essere altrimenti. Tuttavia, se io fossi in una posizione socialmente più debole e fossi costretto, senza potermi trasferire, ad assistere a un mutamento radicale del quartiere in cui abito, il quale nel giro di una generazione divenisse semplicemente un quartiere diverso, ebbene credo che tutto ciò possa creare problemi. E d´altra parte non posso semplicemente negare questi problemi, cancellarli con un tratto di penna e dire “questo è il cambiamento, accontentatevi!”. Come partito crediamo che cose come la Heimat, il sentirsi a casa, siano preziose e che non si possa pretendere che le persone vivano improvvisamente in un mondo del tutto diverso. Questo elemento del bewahren, del custodire/preservare, è molto tipizzante, anche se personalmente devo dire con franchezza che esso, talvolta, si spinge davvero troppo in là. Ad esempio, in determinate questioni sociali, come i matrimoni fra persone dello stesso sesso, c´è di fatto un certo cambiamento, e personalmente non ho alcun problema a riconoscerlo: all´interno del partito sostengo con forza che non ogni elemento di novità, in quanto tale, sia negativo.

 

La rappresentazione più diffusa della Alternative für Deutschland lega questo partito al nazionalsocialismo. Lei come giudica questo giudizio, diffuso anche in Italia?

Markus Egg: Vorrei contraddire in tutta chiarezza questa rappresentazione. Come Alternative für Deutschland ci distanziamo del tutto dal nazionalsocialismo cosí come da qualsivoglia nostalgia nei confronti di questa epoca. Siffatto atteggiamento del nostro partito si mostra già nel fatto che non è possibile divenirne membri se si è fatto parte di una organizzazione estremistica di destra. Altri partiti non sono così rigorosi.

 

Poco fa Lei ha evocato il concetto di cambiamento, che gioca un ruolo importantissimo in seno al dibattito politico attuale. Esso viene discusso in termini sociali ed economici, ad esempio quando si parla di rivoluzione digitale. In tal senso, il partito liberale FDP ha coniato lo slogan “Digital first, Bedenken second” [il digitale prima, i dubbi poi]. Quale è, secondo Lei, il rapporto che la politica dovrebbe intrattenere con il fatto innegabile del mutamento?  

Markus Egg: Questa idea del cambiamento come qualcosa di ineluttabile e di per sé positiva è indice di una certa codardia rispetto all´azione performativa della politica, la quale significa appunto che io esamino criticamente sia la situazione sia ciò che io voglio, i miei obbiettivi. Per me, appunto, tutto il cambiamento di cui si parla non è necessariamente inarrestabile ed è compito e responsabilità della politica distinguere in che misura sta mutando il mondo e come gli uomini vi si debbano rapportare. Ad esempio, le nuove tecnologie semplicemente vengono date alle luce, lì la politica ha davvero spazi di manovra ristretti e può solo reagire in modo pronto – ma la domanda circa l´aspetto complessivo della nostra società è una domanda rispetto alla quale io mi aspetto, dalla politica, una capacità di plasmare la società nel suo complesso, e non frasi come “non si può fare nulla contro il mutamento sociale, fateci i conti e accontentatevi”. Vorrei aggiungere ancora una cosa circa i valori. Per me è molto importante l´aspetto sociale. All´inizio si diceva che la Alternative für Deutschland fosse ultra-liberale nelle questioni di politica economica. Questo non è assolutamente vero. Noi siamo realisti. E precisamente nel senso che le politiche sociali devono andare di pari passo con una politica economica sensata. Il denaro che viene infatti speso in politiche sociali lo si deve guadagnare da qualche parte, il che significa che le persone di valore, che generano ricchezza e innovazione, devono trovare un ambiente in cui vengono agevolare e promosse. In tal senso, non ho alcun problema con il fatto che qualcuno che ha messo in piedi una azienda con 500 dipendenti sia anche ricco: egli ha fatto realizzato qualcosa e deve avere il diritto di goderne i frutti. Ma con ciò viene ampliato lo spazio per politiche sociali. Ci sono persone che hanno bisogno di aiuto e lo devono ricevere. In America possiamo ad esempio vedere che cosa significa non avere una copertura sanitaria universale: queste prestazioni sociali fondamentali sono irrinunciabili. In questo senso, stiamo molto convintamente accanto alle persone comuni [kleine Leute], che non sono alla moda, non sono chic, non sono cosmopolite, che sono radicate nella loro regione. Queste persone si esprimono talvolta in un modo per noi inaccettabile, talvolta hanno un orizzonte limitato, e tuttavia questo è il popolo di questo Stato e i politici disprezzano il popolo: ciò è molto negativo, mi repelle.

 

Mi scusi, ma la vicinanza al popolo, ai lavoratori, è certamente anche una prerogativa della Linke…

Markus Egg: Credo invece che l´impegno in favore delle persone comuni sia davvero una caratteristica unica della Alternative für Deutschland: la Linke lo condivide solo in parte, perché poi si impiglia alla fine nella sua retorica internazionalista. Come hanno mostrato di recente i sondaggi, noi siamo il partito dei lavoratori, il 34% dei lavoratori vota per noi – molto di più che per la SPD. Noi ci impegniamo per la famiglia, lottiamo contro una fiscalità oppressiva che penalizza chi guadagna di meno, siamo per una riforma del sistema sanitario e per elementi di democrazia diretta, come il referendum, grazie ai quali il popolo si esprima non solamente una volta ogni quattro anni.

 

Potrebbe dirci in che cosa la Alternative für Deutschland si differenzia dalla CDU di Angela Merkel?

Markus Egg: Con una certa dosa di esagerazione direi: in tutto. La signora Merkel ha compiuto con grande successo l`impresa di trasformare la CDU in una seconda SPD. Il prezzo è stato quello di aver rimosso il nocciolo, il cuore della CDU. La signora Merkel abbandona senza riserve i principi della CDU, come si vede nel caso della energia atomica, la questione del diritto di cittadinanza o quella che concerne il matrimonio per tutti, o ancora le decisioni intorno alla crisi dei migranti. Nella sostanza, Frau Merkel ha preso decisioni in modo unilaterale e in parte anche contrarie alle opinioni del suo stesso partito. Tali decisioni hanno fatto sì che la CDU sia stata vista come un partito di sinistra. E di conseguenza l´intero arco democratico-costituzionale di destra, che è tanto grande quanto quello di sinistra, è ora vuoto. Certo, di tanto in tanto la CSU rivendica di riempire questo vuoto, ma nei fatti, quando si giunge al momento delle decisioni, la CDU e la CSU si uniscono e votano allo stesso modo. Ciò significa, di fatto, che si prova a tabuizzare l´intera metà “destra” dello spettro democratico-partitico tedesco. Quando si dice che a destra della CDU non vi sono più democratici e nello stesso tempo la CDU slitta sempre più a sinistra, emerge un vuoto. Insomma, io intendo la Alternative für Deutschland come la CDU prima del periodo di governo di Helmut Kohl – sì, credo che le due cose si possano felicemente paragonare.

 

Consideriamo brevemente la SPD. Uno dato molto interessante – e per molti assai allarmante – risiede nel fatto che numerosi elettori della SPD votino ora per la Alternative für Deutschland. Si potrebbe credere che alla base di questa scelta stiano anche determinate scelte politiche compiute dalla SPD ai tempi di Gerhard Schröder che sono poi state percepite come antisociali: lo stesso Martin Schulz ha più volte effettuato affermazioni in questo senso. Che posizione assume la Alternative für Deutschland rispetto alle riforme del welfare come ad esempio Agenda 2010?

Markus Egg: Tutto ciò ha a che fare con lo sviluppo della SPD che era un vero e proprio partito dei lavoratori e si è poi trasformato in un partito degli impiegati pubblici, del ceto medio. Ciò è in sé e per sé del tutto legittimo. Ma ci si chiede: chi si occupa ora dei lavoratori e delle persone comuni? In una certa misura, questo viene fatto dalla Linke nelle regioni orientali del Paese, ma la Linke stessa ora si sta fortemente modificando. D´altra parte, però, i lavoratori, le persone comuni non si sono modificate e dunque non meraviglia che esse cerchino ora un partito che prenda a cuore i loro interessi. Insomma, non meraviglia che l´afflusso degli elettori dalla Linke e dalla SPD verso la Alternative für Deutschland sia relativamente forte. Da un lato, Schröder è stato coraggioso nel porre delle questioni urgenti e nel provare a dare delle risposte: una riforma dello stato sociale è inaggirabile. La domanda è però come questa riforma debba essere fatta. In tale rispetto, non condivido le scelte di Schröder e qui si trova secondo me uno dei problemi della SPD: il fatto di aver seguito un percorso neoliberista che poi, a buon diritto, ha urtato contro una forte resistenza.

 

Alternative für Deutschland nacque per iniziativa di alcuni professori che avevano a cuore soprattutto alcune tematiche economiche, Bernd Lucke prima di tutti. In seguito questo gruppo fondatore è stato marginalizzato a beneficio di altri settori del partito, di cui era esponente anche la stessa Petry. Può descriverci quali erano i temi principali al centro di questa dialettica interna?

Markus Egg: Mi ricordo molto bene tutta la vicenda. La mia risposta, che forse la sorprenderà, è che quella vicenda ha a che fare con questioni personali più di quanto si possa immaginare. So bene che nei giornali si raccontano cose come “il ritorno della Destra” o “il complotto contro i liberali”. In questa narrazione vengono fatte congetture troppo teleologiche, secondo le quali la manovra sarebbe stata architettata in anticipo da parte di piccoli gruppi del partito. Niente di tutto ciò. Il problema stato piuttosto che Bernd Lucke, che io ho molto apprezzato e la cui fuoriuscita dal partito mi addolora molto (così come quella di Ernst Starbatty), aveva un´idea diversa su come si debba guidare un partito. Lucke voleva imbrigliare il partito, determinare in modo chiaro ciò che va e ciò che non va. Diciamo così: nel partito voleva esercitare una guida come in una cattedra universitaria. Io stesso tengo la mia cattedra con questo metodo che non è di per sé dispotico: ci sono semplicemente delle formazioni sociali che necessitano di una certa guida e altre che ne richiedono un´altra. Lucke non ha mai compreso che un partito non può essere guidato come una cattedra universitaria, tanto meno un partito che già di per sé, diciamo, è molto vivace. Perciò Lucke si è scontrato presto con una forte resistenza e non ha mai davvero compreso quale fosse il problema: al contrario, ha cercato di costruire strutture parallele all´interno del partito per conservare il proprio potere, operazione che poi ha allontanato da lui molte persone che in linea di principio lo apprezzavano. Da qui si è giunti a un cambio di potere. Come si vede, si è trattato molto più di un conflitto personale che di una decisione politica circa gli indirizzi generali della Alternative für Deutschland.

 

La posizione critica nei confronti dell’euro e della politica tedesca, che in Italia è molto viva, è condivisa anche da Marine Le Pen in Francia e viene ribadita a Washington da Donald Trump. Ora, la Alternative für Deutschland è a sua volta molto scettica nei confronti dell´euro. Potrebbe spiegarci le ragioni di un simile atteggiamento? In altri termini: potrebbe dirci in modo schematico quali sono le ragioni della critica all´Euro fatta dalla Alternative für Deutschland?

Markus Egg: A nostro avviso, il problema principale dell´euro si lascia così riassumere: mediante la moneta unica viene perseguito il tentativo di tenere artatamente insieme economie che semplicemente non si adattano l´una con l´altra. Non si tratta qui di stabilire se le diverse economie siano migliori o peggiori, si tratta piuttosto di capire quale economia sia adatta a quale Paese. Qui ci sono delle differenze. In taluni casi si tratta di vere e proprie patologie, come nel caso della fobia tedesca nei confronti dell´inflazione, la quale molto probabilmente viene compresa altrove in termini differenti. E ciò dipende dal fatto che la storia connessa con l´inflazione si è impressa a fondo nella coscienza di noi tedeschi. Io posso raccontarle una storia personale – che ha quasi un carattere mitologico – su quanto la mia famiglia nel 1923 abbia sofferto a causa dell´inflazione. Le risparmio ora la storia della mia famiglia, ma tutto ciò è un trauma che è profondamente radicato in noi. Si può naturalmente anche argomentare che l´inflazione è socialmente ingiusta, perché colpisce in prevalenza i risparmiatori e non i detentori di beni immobili, ma altre economie, come Francia, Italia e Spagna, hanno mostrato che è possibile vivere con un tasso di inflazione molto più alto.

 

La percezione e l´analisi della crisi dell´eurozona è molto diversa in Italia e in Germania. Schematizzando al massimo, si può dire che nel dibattito pubblico tedesco domini l´idea per cui l´alto tasso di disoccupazione e la recessione economica dei paesi del sud sia da imputarsi a problemi strutturali di queste economie (alto debito pubblico, corruzione, scarsa produttività del lavoro etc.) e che per converso la crescita tedesca sia da imputarsi esclusivamente alla natura virtuosa dell´apparato produttivo tedesco. Al contrario, in Italia molti ritengono che l´euro abbia determinato un notevole vantaggio per l´industria tedesca, riflesso nel surplus commerciale verso l´estero, e un notevole svantaggio per l´economia italiana. È molto criticato, da parte di economisti italiani, il rifiuto da parte tedesca di acconsentire a misure di mutualizzazione dei rischi da un lato (i cosiddetti Eurobonds) e a rilanciare la propria domanda interna dall’altro, incrementando la spesa pubblica e favorendo la crescita dei salari, favorendo così il riequilibrio della bilancia dei pagamenti e la crescita continentale. A livello popolare questo si traduce in un sentimento di diffidenza verso la Germania, sfruttato dai partiti populisti italiani (il Movimento 5 Stelle, ma anche la Lega Nord), che vedono nell´euro e nelle scelte politiche della Bundesregierung la causa principale del declino economico italiano.  Come si rapporta la Alternative für Deutschland a questa differenza nell´interpretazione delle cause della crisi economica? E ancora: ritiene che la soluzione risieda in un reciproco avvicinamento delle due economie o piuttosto nella loro definitiva separazione, cioè nella rottura completa della moneta unica?  

Markus Egg: Prima dell´introduzione della moneta unica, i diversi sistemi economici hanno coesistito. Occasionalmente si è certo notato, a partire dall´adattamento dei tassi di cambio delle valute, che l´inflazione era più alta in alcuni Stati. Ciò che io però ritengo essenzialmente illegittimo è dover dire ad altri Stati come questi debbano gestire il loro proprio sistema economico, cosa che invece viene pretesa da questa politica dell´euro, generando, come è ovvio, malcontento nei Paesi coinvolti. Si potrebbe addirittura andare oltre e affermare che i problemi sorgano in realtà già con il mercato unico europeo. Le riporto un fenomeno che certamente viene avvertito in misura particolarmente acuta nei paesi dell´Europa meridionale, cioè che merci tedesche possano entrare senza resistenza in altri Paesi e soppiantare talvolta prodotti locali. Ebbene, tutto ciò non è un dato naturale, non è qualcosa che si debba necessariamente accettare. Ciò che in Italia e in altri Stati viene naturalmente visto in modo differente [rispetto alla Germania] sono le questioni legate al cosiddetto Target 2, questioni che possiamo così riassumere: gran parte delle merci che vengono esportate fuori dalla Germania e che, a quanto pare, fanno prosperare l´economia tedesca sono pagate a debito [pumpfinanziert] dai Paesi importatori. Stiamo parlando di cifre che si aggirano intorno agli 800 Miliardi di euro se non mi sbaglio: chissà se si rivedrà mai questo denaro… In riferimento invece al fenomeno da lei evocato, e cioè l´estremo contenimento salariale dei lavoratori tedeschi, si tratta effettivamente di qualcosa di sorprendente. Certo, in Germania c´è una tendenza minore allo sciopero – un´altra di queste differenze di mentalità: per cui, statistiche alla mano, in altri Stati si sciopera molto di più. Da ciò discende naturalmente un assai ridotto potere d´acquisto dei tedeschi. Insomma, la sua è una critica certamente giusta, che condivido e che muovo alla politica tedesca, a Wolfgang Schäuble, il quale parla sempre del suo “schwarze Null” (bilancio pubblico in pareggio). In verità, abbiamo bisogno urgente di investimenti: le nostre infrastrutture cadono in rovina, le scuole cadono in rovina, le reti di trasporto cadono in rovina, mentre Schäuble se ne sta seduto sui miliardi. Tutto ciò non va bene.

 

Come partito la Alternative für Deutschland auspica dunque un generale aumento dei salari dei lavoratori tedeschi?

Markus Egg: Questa formulazione letterale non è nel programma del nostro partito. Diciamo così: noi vogliamo che i lavoratori abbiano a disposizione più denaro, obbiettivo da raggiungere attraverso una diminuzione del carico fiscale oppressivo, soprattutto con riferimento alla fiscalità indiretta. Tutto ciò avrebbe poi l´effetto che Lei ha evocato nella sua domanda precedente, e cioè di innalzare il potere d´acquisto interno, compensando gli squilibri. Siamo invece risolutamente contrari alla mutualizzazione dei debiti. È per noi infatti inconcepibile che i debiti, contratti a livello nazionale, vengano poi distribuiti a livello internazionale: siamo dunque assolutamente contrari agli Eurobond. Naturalmente non ci opponiamo a un sostegno reciproco fra i Paesi, ma nel caso di debiti pubblici si tratta di cifre enormi. Basti pensare che non è stato possibile nemmeno rimettere in sesto le finanze della piccola Grecia…come dovrebbe essere possibile nel caso di Paesi molto più grandi, qualora questi fossero in difficoltà?

 

Per riassumere: ritiene dunque che la moneta unica non sia affatto qualcosa che debba essere preservata ad ogni costo?

Markus Egg: No. La moneta unica è stata un grande errore. E gli errori, una volta riconosciuti, devono essere corretti. I tassi di cambio delle monete nazionali non cadono dal cielo, ma mostrano determinati parametri: mostrano la forza di una economia, il suo rapporto con l´inflazione etc. Ora, osservando i tassi di cambio delle monete nazionali si è mostrato, ben prima dell´euro, che ad es. gli stati del Benelux, la Germania, la Svizzera, la Danimarca e l´Austria sono sempre stati in armonia [im Gleichklang]: sette schilling austriaci valevano sempre un marco tedesco, un goulden olandese valeva sempre 90 pfennig tedeschi. Mentre il tasso di cambio, che ne so, con la lira o con il pesos si è sempre costantemente modificato: queste erano in realtà delle grandezze perfettamente calcolabili. Dal nostro punto di vista, non c´è dunque alcune necessità di una moneta unica, la quale presenta anzi moltissimi svantaggi. Siamo dell´idea che la moneta unica debba essere soppressa. Se poi determinate economie, che procedono all´unisono, decidono di unificare le rispettive monete nazionali, questo sarebbe corretto. In tal senso, una unione monetaria fra Germania e Austria, o fra Germania e Olanda, nella sostanza, non cambierebbe nulla: lo si potrebbe fare, ma in fondo non ve ne è bisogno.

 

Nei vari Paesi dell´Eurozona sono attivi molti movimenti critici nei confronti della moneta unica e dell´attuale assetto politico della UE. Ritiene che sia possibile una alleanza fra la Alternative für Deutschland e le altre forze populiste europee, che criticano l´euro e la Germania, oppure la critica della Alternative für Deutschland è di natura del tutto diversa?

Markus Egg: Innanzi tutto diciamo: l´Europa è qualcosa di più della UE, esprimersi contro la UE o contro aspetti definiti della UE non significa pronunciarsi contro l´Europa. E questo siamo costretti a dirlo. Per venire alla sua domanda: certamente. I problemi dell´euro non sono visibili solo in Germania. Ne viene che è perfettamente normale associarsi con altre persone che, dalla prospettiva di altri Stati, riconoscono gli stessi problemi, ed è perfettamente normale lavorare insieme a costoro per correggere gli errori. Il problema è che c´è una grande varietà di gruppi euroscettici. Dunque, bisogna stare attenti: essere uniti nella semplice critica della UE non significa affatto che si voglia e si possa lavorare insieme, poiché è possibile che l´altro gruppo sostenga valori che non si sposano con quelli in cui crediamo noi della Alternative für Deutschland. In linea di principio una simile collaborazione è però la strada giusta: si tratta cioè di lavorare a livello non solo nazionale, ma anche internazionale con personalità e gruppi che, pur dalla loro prospettiva, giungono in ultima istanza alle stesse conclusioni.

 

Possiamo ora andare ancora un passo oltre e allargare ulteriormente lo sguardo. Consideriamo Trump e Putin, a cui molti elettori populisti guardano o hanno guardato con simpatia. Come si dovrebbe posizionare la Germania secondo Lei? Quale rapporto ha la Alternative für Deutschland con Trump e con Putin?

Markus Egg: Innanzi tutto va detto – cosa che volentieri si dimentica – che gli USA sono più di Trump e la Russia è più di Putin. L´esperienza storica ci insegna che una buona intesa fra Germania e Russia ha giovato molto a entrambe le nazioni. Ciò significa che la Russia deve restare un importante partner politico ed economico: ciò è per noi, per la Germania – che è una potenza di medie dimensioni, insomma è chiaro che la Germania non è una superpotenza –di grande importanza. D´altra parte non vedo alcuna contraddizione nell´avere una stretta intesa con gli USA e nel contempo con la Russia. Questo è il nostro ruolo, che peraltro vogliamo adempiere anche nell´interesse degli altri partner europei, poiché noi tedeschi possiamo essere gli interlocutori – sì, diciamo pure gli interlocutori –, sicché si può dire che tutte le altre nazioni europee possono trarre vantaggio da un buon rapporto fra Germania e Russia. Allo stesso modo, nei rapporti con gli USA, potrebbero giocare un ruolo importanti Stati come l´Inghilterra determinando una certa armonia che si riverberebbe positivamente su tutto il resto dell´Europa. Il nostro compito consiste in realtà nello svolgere una mediazione e nel creare un bilanciamento fra USA e Russia, là dove occasionalmente emergono tensioni e conflitti fra interessi diversi – circostanza di per sé normale. Noi tedeschi non dovremmo lasciarsi strumentalizzare, come è accaduto nel caso di queste sanzioni contro la Russia che giudico assolutamente dannose e stupide. Vengo ora a Putin e a Trump. Chiaramente, quanto Putin e Trump annunciano e lasciano intendere è un problema. Ci si chiede come si debba procedere quando le due personalità lì al potere – assumiamo ora un atteggiamento critico nei loro confronti – l´una, Trump, persegue una politica imprevedibile e volubile, e l´altra, Putin, una politica in qualche modo autocratica – si pensi alla questione della Crimea etc. Ebbene, come si deve procedere? Credo che non vi sia una soluzione automatica e predefinita. È ovvio che non possiamo semplicemente mettere fra parentesi la Russia e gli USA o impartire loro buoni consigli: noi dobbiamo di fatto prendere le personalità guida di questi Paesi esattamente come esse sono, senza con ciò approvare tutto ciò che esse fanno. È chiaro tuttavia che per far ciò esistono canali differenti da quelli usati da Frau Merkel quando spiega pubblicamente a Trump quali siano le condizioni alle quali lei è pronta a lavorare con lui.

 

Lei ritiene che in quella circostanza Angela Merkel commise un errore…

Markus Egg: Ritengo che i modi usati da Frau Merkel fossero sbagliati. Ci si parla a quattr´occhi, si affrontano simili questioni e si dice semplicemente che così non va. Ma bisogna procedere con grande cautela, si tratta di diplomazia. Se oggi un politico tedesco di livello regionale si credesse in diritto di spiegare a Trump come va il mondo, beh, questo sarebbe certamente imbarazzante e controproducente.

 

Qui si delinea a mio parere una differenza con la politica della Merkel, la quale tende a porsi come garante della stabilità della Germania e della intera EU, talvolta in aperta contrapposizione a Putin o a Trump. Sotto questo aspetto La Alternative für Deutschland assume dunque una prospettiva diversa, diciamo pure meno intransigente nei confronti di personalità come Putin o Trump?

Markus Egg: Se si ricorda come agì Frau Merkel all´indomani dell´elezione di Trump, quando gli spiegò le condizioni stringenti alle quali sole lei era disposta a lavorare con lui, ciò fu imbarazzante. Non si agisce così nel caso di una superpotenza. Che Frau Merkel assuma un po’ questo ruolo, per cui lei rappresenterebbe la voce della Ragione, è certo una buona mossa politica: insomma è chiaro che la signora non è stupida, è una politica molto navigata, questo lo si capisce da sé e dobbiamo riconoscerglielo. Però è chiaro che in lei c´è anche un po’ di artificio, un po’ di posa. D´altra parte, come Germania, abbiamo di fatto un ruolo – che lo si voglia o no. Noi dobbiamo avere, per così dire, un spirito di iniziativa, dobbiamo cioè essere pronti a dare impulso a certe cose, a mettere temi in agenda. Non tanto nel senso che noi si debba spiegare all´Europa come si debba procedere e che cosa debba essere fatto, ma insomma, certamente, in quale direzione si debba andare. Nel frattempo è accaduto anche che uno dei governi polacchi abbia richiamato la Germania alla sua qualità di guida [Führungsqualität]: “questo ruolo di guida [Führungsrolle] vi spetta, dovette semplicemente accettarlo”, è stato detto. Ora, se la Polonia, dopo una storia millenaria di reciproci conflitti con la Germania, afferma che noi tedeschi dobbiamo assumere questo compito di guida, io credo allora che sotto questo aspetto dovrebbe essere fatto di più, ritengo insomma che noi, data la situazione, si debba pienamente accettare il ruolo che ci capita in sorte [zufällt]. Certo, non per arroganza o senso di superiorità: si tratta di un ruolo difficile, in una certa misura si devono coinvolgere anche gli altri Stati, ma nello stesso tempo si deve mostrare appunto… qualità di guida [Führungsqualität].

 

Lei parla in sostanza di una leadership tedesca. In Italia è stato anche opposto alla Merkel di mancare proprio di quella leadership che la avrebbe resa un politico genuinamente europeo, continentale. Frau Merkel – così si argomenta – non sarebbe riuscita davvero a unire i vari Paesi europei sotto un´egemonia tedesca condivisa e accettata poiché proprio la politica della Bundeskanzlerin avrebbe provocato, o non sanato, gli squilibri fra i Paesi della Eurozona. Ritiene che vi sia del vero in questo genere di analisi? Come valuta, in generale, la politica della Cancelliera?

Markus Egg: Diciamo intanto che i nostri due Paesi, Germania e Italia, hanno una narrazione che è loro propria, circostanza che ora per fortuna si sta modificando ma che comunque ritengo sia sempre in gioco. Ora, io condivido del tutto la critica per cui Frau Merkel non è un´autentica personalità guida. Ci sono anche alcune analisi della politica merkeliana, che non si riferiscono soltanto alla politica interna, il cui tenore è in generale quello per cui la Merkel, in politica, ha sempre e solo re-agito, insomma si è comportata in modo opportunistico. Prendiamo l´esempio di Fukushima, dove è accaduto un incidente serio a causa di uno tsnunami, cioè di un fenomeno naturale che semplicemente accade in quella regione del mondo, ma che non si verifica in Germania. Ci sono stati certo terremoti in Germania, ad esempio Basilea fu una volta distrutta da un terremoto, credo fosse il 14esimo secolo. In ogni caso, né tsunami né terremoti hanno un ruolo di rilievo in Germania. L´incidente accaduto in Giappone ha naturalmente impressionato tutti, ma che cosa ha fatto Frau Merkel? [Spegnendo le centrali nucleari tedesche] ha agito in modo del tutto irrazionale e insensato, l´intera politica delle energie rinnovabili non è buona. Consideriamo anche la crisi dei migranti: Frau Merkel, agendo in solitaria, ha creato seri problemi a tutta l´Europa. Ad esempio, gli stati balcanici hanno avuto problemi che, senza la Merkel, non avrebbero mai avuto, e questo è certamente anche il caso dell´Italia. E poi improvvisamente Macedonia e Ungheria dovrebbero fare tutto il lavoro sporco… Su questo tema c´è un libro, “Die Getriebenen”, che indaga con precisione i processi che si sono svolti nel 2015 e mostra perché l´intera operazione sia fallita. È evidente, infatti, che è del tutto legittimo rendere sicuri i confini, così come è ovviamente legittimo richiamarsi alla nostra Costituzione, ove letteralmente si dice che lo straniero che arrivi in Germania da un Paese sicuro non ha diritto di asilo. Tuttavia Frau Merkel, in ultima analisi, non ha fatto nulla, e non ha fatto nulla per paura della stampa e di un danno di immagine. Certo, a tutta prima questa applicazione delle leggi già esistenti appare spaventosa, ma l´assunzione di responsabilità consiste anche in scelte coraggiose.

 

Lei ha appena evocato la stampa tedesca. Il rapporto fra media e democrazia è ovviamente un tema classico della teoria politica e della sociologia, ma esso, negli ultimi anni e in vari contesti, è uscito dalla cerchia degli specialisti e si è imposto nel dibattito politico quotidiano: in Italia già con l´ascesa di Silvio Berlusconi, oggi negli USA attraverso il conflitto permanente fra Trump e i principali media del Paese. Mi piacerebbe sapere se la Alternative für Deutschland si sente in qualche modo penalizzata dal sistema mediatico tedesco.

Markus Egg: Dunque, c´è uno studio della Media School della Università di Amburgo che indaga il ruolo della stampa tedesca nel quadro della crisi dei migranti: si tratta di uno studio i cui risultati sono devastanti [vernichtend]. Cito: “nella crisi dei migranti, la stampa si è allontanata di molto dal ruolo suo proprio e ha in sostanza condotto delle campagne mediatiche in favore del governo”. Personalmente, ricordo ancora una apertura della Bild Zeitung che recitava: “Refugees welcome”. Ora, questo non è affatto il ruolo della stampa: questa è propaganda. Nell´ambito della crisi dei migranti, la stampa ha perso davvero molto della sua credibilità. Io sono dell´avviso che comunque si debba affrontare l´argomento in modo un poco più differenziato. Ci sono ancora, è ovvio, giornalisti legati coscienziosamente al compito di riportare le notizie, e si dice sempre che si debba separare il commento dalla notizia vera e propria. È chiaro, infatti, che se io scrivo un commento per la Süddeutsche Zeitung, so che il giornale ha un suo indirizzo generale; sopra il mio pezzo c`è però l´indicazione che si tratta di un commento, di una opinione, e ciò è perfettamente legittimo perché se il commento irrita il lettore, costui non è costretto a leggere quel determinato giornale. Altra cosa, invece, è se le notizie non sono veridiche ed esatte. Se questo accade, è un problema. Ora un´istituzione terza ci ha appunto dimostrato scientificamente che la stampa è venuta meno al suo compito.

 

Alcuni esponenti della Alternative für Deutschland hanno però rilasciato alla stampa dichiarazioni che paiono davvero inaccettabili, penso a quanto affermato in circostanze diverse da Frauke Petry e Beatrix von Storch in relazioni alla crisi dei migranti. Come giudica Lei siffatti episodi?    

Markus Egg: Bisogna intanto rappresentarsi il contesto in cui sono state fatte queste affermazioni. Ad esempio, Frauke Petry è stata praticamente assalita dai reporter, che continuavano a ripetere ossessivamente il concetto “ordine di sparare” [Schießbefehl] sino a quando lei, alla quinta volta, ha affermato che in fondo la possibilità di proteggere i confini con le armi è previsto dalla legge federale. È chiaro che una simile possibilità non era affatto riferita a lunghe file di profughi disarmati, ma a trafficanti, sabotatori, spie etc. Personalmente, devo comunque dire che non ho mai avuto esperienze negative con la stampa e mi auguro che si torni presto a un clima meno teso, a rapporti più sereni: affinché ciò avvenga, dobbiamo contribuire anche noi come partito. Mi auguro che anche da parte della stampa si torni alla normalità.

 

Sia in Europa sia negli Usa si discute molto oggi circa l´effetto del cd. “politicamente corretto”, intendendo con ciò la tendenza a depurare il dibattito pubblico da tutti quegli elementi che possono offendere la sensibilità di ben definiti gruppi sociali. Alcuni sostengono che questa tendenza sia una norma certamente positiva quale condizione fondamentale per un pacifico dialogo fra culture diverse al tempo della globalizzazione, laddove i suoi avversari – in Germania penso alle tesi di Thilo Sarrazin – ritengono che ciò sia una forma di censura, la quale impedisce una discussione davvero franca dei problemi. Come valuta questo fenomeno?

Markus Egg: Il concetto di politically correctnes è un concetto piuttosto vago. Molto di ciò che viene trattato sotto questa categoria è in realtà normale decoro, buona educazione, tatto: rispetto a tutto ciò, è chiaro che nessuna persona normale avrà alcunché da obbiettare. Si tratta insomma di una condotta che deve essere auspicata e che può essere pretesa dagli altri. Ne viene che alcune stupide frasi riferite ad alcune minoranze devono semplicemente essere rifiutate: punto e basta. D´altra parte è chiaro che per assumere siffatta condotta non c´è bisogno di alcuna politically correctness poiché qualunque persona ben educata rifiuterebbe di impiegare, ad esempio, insulti razzisti: non c´è nemmeno bisogno di discuterne. Ma il politicamente corretto va oltre, e qui sorgono le difficoltà. Quando ci si domanda, ad esempio, se si debba adattare la lingua a criteri e prescrizioni definite, si giunge davvero a qualcosa che deve essere respinto, nel senso che io voglio poter parlare e scrivere in normale tedesco, senza dovermi attenere a qualche prescrizione alla moda, ad una cosiddetta “lingua gender-neutrale” – da linguista rigetto tutto ciò come un non senso. Sono dell´avviso che il problema risieda in realtà nel fatto che l´intero viene vieppiù frantumato – mi riferisco ora al concetto di intersezionalità. Si dice infatti che non ci sono soltanto le rivendicazioni di singole minoranze etniche, ma anche quelle di minoranze religiose, delle donne, degli invalidi etc, Se si considera poi il processo complessivo, si vede come l´intero sociale divenga sempre più spezzettato, circostanza che poi viene spesso sfruttata per l´affermazione di interessi particolari e che può essere usata come arma in seno al dibattito pubblico. Ricordo qui il caso di Thilo Sarrazin, che lei stesso ha evocato. Sarrazin sostiene delle tesi che possiamo anche definire controverse – e non vi è nulla di male in ciò: si può e si deve confrontarsi aspramente su queste tesi. Tuttavia, a mio modo di vedere, il 90% delle discussioni intorno a Sarrazin avevano meno a che fare con la domanda se egli avesse ragione o torto quanto piuttosto con la domanda se, in generale, fosse lecito pensare ciò che Sarrazin di fatto pensa. Questo è senz´altro sbagliato. Constato anche che queste tecniche divengono sempre più raffinate. Ad esempio, si consideri la domanda seguente: che cosa significa in verità “discriminazione”? Si consideri insomma la definizione di “discriminazione”. Ebbene, si dice che non appena un individuo appartenente ad un gruppo si sente discriminato si ha a che fare con una discriminazione: che poi la maggioranza di questo gruppo la pensi allo stesso modo o meno è del tutto irrilevante. E questo sentire del singolo non può essere messo ulteriormente in questione, sicché se io ora andassi lì e dicessi che l´esternazione in oggetto potrà forse essere considerata scortese, ma non davvero come un atto di discriminazione, mi renderei io stesso responsabile di un atto di discriminazione. In sostanza, vengono costruiti dei tabù che rendono impossibile un confronto franco, soprattutto nel contesto della ricerca scientifica.

 

A proposito del mondo della ricerca, ci piacerebbe sapere come Lei valuta la crescente internazionalizzazione della Università tedesca e quali siano le idee-guida della Alternative für Deutschland in rapporto all´Università.

Markus Egg: Io stesso sono stato professore ospite in Olanda e giudico in termini assolutamente positivi che in Germania sia possibile uno scambio libero di idee e di scienziati. È chiaro: noi come partito – e io personalmente – sosteniamo convintamente la libertà accademica. Nelle università affluiscono persone con provenienze, convinzioni, vissuti personali del tutto diversi. Tutto ciò che ci unisce sta in ciò: ricerchiamo la conoscenza. Questo ci unisce ed è molto più importante di quanto ci divide. Ora, io non devo per forza condividere la generale visione del mondo di qualcuno per poter fare con costui della buona ricerca scientifica. Di conseguenza, come Alternative für Deutschland rifiutiamo il tentativo della politica di esercitare un influsso sulla università – anche qualora quest´ultimo si articoli sotto forma di una regolamentazione per “quote” o di clausole come la cosiddetta “clausola civile” [Zivilklausel], in forza della quale le università si impegnano a non perseguire ricerche che possano avere una applicazione militare. In linea di principio è infatti chiaro che gran parte della ricerca scientifica possa trovare una applicazione bellica, anche la linguistica. Sulla base della mia esperienza, devo però dire che la maggior parte degli studenti sono tolleranti. Il problema è che abbiamo alcuni gruppuscoli – molto minoritari ma molto aggressivi e rumorosi – che tentano di avvelenare l´atmosfera generale dell´università: particolarmente colpiti sono stati colleghi come lo scienziato politico Prof. Herfried Münkler e lo storico dell´Europa orientale, Prof. Baberowsky, perseguitato da alcuni gruppetti trotzkisti. Le lezioni del professore di pedagogia Malte Brinkmann sono stati invece disturbate da non so quali estremisti, perché egli aveva osato far leggere agli studenti testi di Kant: a quanto pare – non lo sapevo nemmeno io – Kant ha fatto di tanto in tanto alcune isolate osservazioni che, considerate dalla nostra prospettiva, sono razziste. È del tutto evidente che il contenuto di queste osservazioni di Kant, se viste dalla prospettiva dell´oggi, urtano la nostra sensibilità, ma ciononostante sono dell´avviso che sia importante conoscere questi testi classici. Al Prof. Brinkmann è stato dunque intimato di rimuovere questi testi dalla bibliografia del corso, egli si è rifiutato e dunque le sue lezioni sono state oggetto di disturbo: credo che questi episodi diano molto da pensare…

 

Abbiamo iniziato la nostra conversazione con alcune riflessioni intorno all´identità nazionale tedesca, un tema sempre delicato poiché si riallaccia prima alla storia del nazionalsocialismo e poi alla gestione della riunificazione dopo la caduta del Muro. In chiusura, vorrei riprendere questo argomento e analizzarlo direttamente alla luce del nazionalsocialismo. A tal proposito, lo storico Ernst Nolte ha parlato di un “passato che non passa”, cioè di una dimensione storica che ancora determina, in qualche modo, la coscienza nazionale tedesca e che, dunque, non può essere ancora trattata come mero oggetto storiografico. Personalmente Lei ritiene che l´idea di Nolte sia obsoleta e che questo tema possa essere oggi trattato senza scrupoli particolari? Quale ruolo gioca o potrebbe ancora oggi giocare un confronto serrato con il nazismo?

Markus Egg: Innanzi tutto va detto che Nolte ha ragione nella misura in cui lo sgomento nei confronti dei crimini perpetrati ai tempi del nazismo è semplicemente presente in noi: credo che nessun uomo mediamente sensibile abbia bisogno di divieti e precetti in tal senso, poiché egli, in modo del tutto spontaneo, sentirà in sé questo sgomento. Si capisce dunque che il nazionalsocialismo è stato una rottura della civiltà [Zivilisationsbruch], qualcosa che è semplicemente impossibile ignorare: in tal senso, il nazionalsocialismo configura davvero un passato che non passa. Ma la Sua domanda mira forse al modo in cui noi tedeschi ci rapportiamo oggi a questo fenomeno storico…

 

Sì, mi piacerebbe sapere se a Suo avviso esso plasma ancora il presente della Germania…

Markus Egg: Senz´altro: questo passato non è passato. E tuttavia, ciò viene talvolta abusato nel dibattito politico. In una certa misura si prova a portare avanti la piccola politica quotidiana attraverso la memoria delle vittime del nazionalsocialismo: si tratta qui davvero di un abuso della Storia, le potrei riportare migliaia di esempi. Certo è difficile, perché deve anche essere conservata una certa dignità ed è necessario trarre le lezioni dal passato. Ecco che quindi ci sono leggi che proibiscono penalmente la propaganda nazionalsocialista – questo è perfettamente giusto –, mentre è inammissibile che il Terzo Reich venga fuori ogni volta che qualcuno sostiene una opinione diversa dalla mia.

Scritto da
Quex

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