“L’emergenza democratica. Presidenti, decreti, crisi pandemica” a cura di Fortunato Musella
- 06 Luglio 2021

“L’emergenza democratica. Presidenti, decreti, crisi pandemica” a cura di Fortunato Musella

Recensione a: Fortunato Musella (a cura di), L’emergenza democratica. Presidenti, decreti, crisi pandemica, Editoriale Scientifica, Napoli 2020, pp. 310, 18 euro (scheda libro)

Scritto da Adriano Cozzolino

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Anche grazie ad un titolo particolarmente felice, il volume L’emergenza democratica. Presidenti, decreti, crisi pandemica (Editoriale Scientifica), a cura di Fortunato Musella (Ordinario di Scienza Politica all’Università Federico II di Napoli), si candida ad essere uno strumento indispensabile per orientarsi nella più recente evoluzione delle democrazie contemporanee in tempi di crisi pandemica. Il volume ospita otto capitoli (inclusi l’introduzione e le conclusioni del curatore) che affrontano il tema della presidenzializzazione nel contesto emergenziale del coronavirus, attraverso l’indagine comparata di sette democrazie europee (Italia, Francia, Germania, Spagna, Ungheria, Regno Unito e Francia).

In ciò che segue, si proverà a fare luce su diversi elementi, di merito e di metodo, che conferiscono particolare valore al libro. Ma prima di entrare nel dettaglio, ci sia permesso in via preliminare di sottolineare che questa collettanea, grazie allo stile rigoroso ma di grande chiarezza espositiva che accomuna i diversi capitoli, è consigliabile sia a lettori/lettrici che hanno familiarità con i temi in analisi, sia ad un pubblico più largo, desideroso di capire dove vanno le democrazie e quali sfide hanno di fronte.

Nel discutere alcuni tra i punti forza del testo è necessario partire dai temi cardinali della presidenzializzazione e personalizzazione dei processi politici. Temi, questi ultimi, oggetto – ormai da diverse decadi – di approfondite indagini da parte del gruppo di ricerca qui coordinato da Fortunato Musella, nel solco aperto dai lavori di Mauro Calise su un caso, quello italiano, che resta paradigmatico della presidenzializzazione, cioè la prassi di trasformazione istituzionale che nel nostro Paese si è storicamente data in assenza di riforme di rango costituzionale.

In termini generali, la diade presidenzializzazione-personalizzazione indica il processo di rafforzamento dei presidenti e dei leader politici sia nel governo (è qui che ritroviamo in particolare la “svolta monocratica”), sia nei partiti. Un indicatore essenziale della presidenzializzazione è il ricorso, ormai strutturale, a forme di legislazione di tipo emergenziale (in cui il governo è il rule maker) e di marginalizzazione della legge ordinaria delle assemblee rappresentative. Nelle parole di Musella, i processi di personalizzazione della politica hanno reso «la decretazione di urgenza lo strumento più efficace per garantire ai capi di governo non solo speditezza decisionale ma anche un alto impatto mediatico» (p. 23). Veniamo quindi al primo punto di forza di questo lavoro: la forza euristica intrinseca del paradigma della presidenzializzazione rende quest’ultimo naturalmente adatto sia a capire che ad analizzare la più recente evoluzione delle democrazie contemporanee nell’epoca della pandemia. In altre parole, gli studi sulla presidenzializzazione muovono già da una condizione di avanguardia per comprendere la dimensione politico-istituzionale dello shock pandemico, che di fatto – come mostrano efficacemente tutti i capitoli del volume – porta ad un livello successivo i processi di monocratizzazione istituzionale in un contesto di emergenza senza precedenti.

La riflessione sul rapporto tra rafforzamento dell’esecutivo ed emergenza è un altro punto di grande interesse del volume. Al tema – di fatto centrale per generazioni di politologi, teorici della politica e costituzionalisti –, il curatore dedica ampie parti del capitolo introduttivo, quello di inquadramento teorico-concettuale. Nella disamina ci sembra importante la scelta teorica di non aderire ad una visione dicotomica del binomio normalità/straordinarietà; cioè, lo stato di eccezione non corrisponde, semplicisticamente, ad una pneumatica sospensione temporale dell’ordine costituzionale. Piuttosto, sottolineando la natura dinamica e processuale dei momenti “straordinari” e il loro divenire nuova norma, l’emergenza è qui letta sia a monte che a valle dei processi di rafforzamento dell’esecutivo, «addirittura intervenendo sulla forma di Stato laddove i confini tra democrazia e autoritarismo sono più incerti» (p. 15). L’emergenza è dunque “permanente”, e visibile nel ricorso ordinario (che assorbe gran parte della legislazione) a forme di normazione straordinaria come decreti-legge e ordinanze extra-ordinem. In questo quadro, la pandemia ha acutizzato le tendenze emerse in precedenza, segnando, tramite la rinnovata centralità (mediatica e istituzionale) del leader dell’esecutivo, «il raggiungimento della tappa avanzata dei processi di presidenzializzazione della politica nei regimi contemporanei» (p. 34). Acutizzazione che è analizzata in chiave comparata e con grande dovizia empirica nei diversi contributi.

La prospettiva comparata e, ci si permetta di aggiungere, la qualità della comparazione di questo volume è di fondamentale importanza sia dal punto di vista del merito che del metodo. In generale, negli studi politologici la comparazione è uno strumento metodologico essenziale per comprendere – ad esempio in condizioni di shock esogeni come la crisi economica globale o la pandemia – specificità, processi simili e variazioni nei diversi ambiti nazionali. Per stabilire, cioè, come elementi strutturali trasversali (globalizzazione, internazionalizzazione e mediatizzazione della politica, la stessa presidenzializzazione, etc.) vengano “assorbiti” e tradotti nel contesto nazionale. In questo senso, i capitoli dedicati ai casi nazionali non solo permettono di apprezzare come la presidenzializzazione sia una tendenza comune, ma, al contempo, come essa si innesti dinamicamente nelle specificità legate al contesto istituzionale, politico, storico, culturale. Per ragioni di spazio non è possibile offrire una analisi particolareggiata dei singoli capitoli, che indagano creativamente e con rigore i processi di presidenzializzazione nei diversi contesti nazionali, cioè quello italiano (Annalisa Criscitiello), tedesco (Michelangelo Vercesi), spagnolo (Raffaella Fittipaldi), ungherese (Luigi Rullo), del Regno Unito (Marco Valbruzzi) e francese (Armando Vittoria). Di seguito si segnalano alcuni elementi comuni dell’approccio analitico. Innanzitutto, i capitoli offrono un quadro costituzionale dei regimi politici dei diversi Paesi. Alla luce delle disposizioni costituzionali formali, la tendenza alla presidenzializzazione è analizzata dinamicamente e nella prassi attraverso diversi livelli analitici: i leader, i sistemi di partito, le tendenze della produzione legislativa (grande attenzione è data a strumenti eccezionali, dai decreti alle ordinanze), la cultura politica e la storia nazionale, le crisi recenti, e naturalmente il governo della (e nella) pandemia. Scelta metodologicamente felice, questa di impiegare analisi qualitative e quantitative, corroborate dalla profondità dell’indagine storica e delle culture politiche, giacché testimonia non solo il respiro largo della comparatistica migliore, ma rende il libro godibile per il pubblico di non-specialisti.

In conclusione, L’emergenza democratica offre un quadro teorico rigoroso e un ricco apparato empirico per apprezzare, in chiave comparata, la nuova normalità democratica, cioè «quella dell’emergenza permanente a centralità presidenziale» (p. 306). Indagando l’asse portante delle trasformazioni democratiche contemporanee, il testo si presta bene ad accompagnare l’agenda di ricerca post-pandemica, anche – ci permettiamo di suggerire – con possibilità di nuovi innesti analitici quali, ad esempio, il ruolo dell’integrazione europea nel rafforzare i processi monocratici. Siamo, infine, ai prodromi di una rottura degli assetti democratici? In realtà, ci avverte il curatore, la pandemia, più che condurre ad una rottura costituzionale e/o una deriva apertamente e formalmente autoritaria (condizione che sembra caratterizzare invero soprattutto il caso ungherese), appare l’ennesimo stress test delle democrazie, naturalmente non senza rischi e pericoli di derive autocratiche. Ciò, peraltro, in un contesto caratterizzato da un corpo sociale sempre più frammentato ed elettoralmente sfaldato, tra disallineamento rispetto alle appartenenze tradizionali, disaffezione e astensionismo – fattori che rendono ancora incerto il destino degli Stati democratici –.

Scritto da
Adriano Cozzolino

Dottore di ricerca in Studi Internazionali. Attualmente lavora come assegnista di ricerca presso l’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” e dirige il Center for European Futures. Le sue ricerche vertono principalmente sul tema delle trasformazioni dello Stato nell’epoca della globalizzazione neoliberale, sulla politica economica europea e internazionale, sulla teoria sociale e politica. È autore della monografia “Neoliberal Transformations of the Italian State: Understanding the Roots of the Crises” (Rowman & Littlefield, 2021) e di articoli scientifici in riviste nazionali e internazionali. Ha curato diversi volumi inerenti il processo di integrazione europeo, tra questi: con D. Giannone, “Fratture nell’Unione. L’Europa dentro le crisi del XXI secolo” (Mimesis 2020); con O. Malatesta e L. Sica, “Questione Europea. Crisi dell’Unione e trasformazioni dello Stato” (Istituto Italiano per gli Studi Filosofici Press 2021); e il numero speciale della rivista «Futuri» dal titolo “Il Futuro dell’Europa dopo la pandemia” (2021).

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