“La dissidenza comunista italiana, Trockij e le origini della Quarta Internazionale” di Gabriele Mastrolillo
- 31 Agosto 2023

“La dissidenza comunista italiana, Trockij e le origini della Quarta Internazionale” di Gabriele Mastrolillo

Recensione a: Gabriele Mastrolillo, La dissidenza comunista italiana, Trockij e le origini della Quarta Internazionale. 1928-1938, Carocci, Roma 2022, pp. 244, 27 euro (scheda libro)

Scritto da Andreas Iacarella

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La storiografia italiana del movimento comunista ha a lungo trascurato le diverse dissidenze che animarono il comunismo nazionale e internazionale nel corso degli anni Venti e Trenta del Novecento. Le ragioni di questo parziale silenzio sono certamente numerose, a partire dalla sconfitta, storica, di quelle esperienze e dalla ridotta consistenza numerica delle formazioni che successivamente a quelle si richiamarono. Oltre a ciò, non si può non considerare il ruolo decisivo svolto nella seconda metà del Novecento dal Partito Comunista Italiano nell’influenzare le linee di ricerca storiografica in modo prioritario verso il comunismo filosovietico, tralasciando le formazioni divergenti ed eterodosse. Un altro buon esempio di quest’ultima tendenza può essere, pur nella decisa diversità, la scarsa attenzione rivolta fino a pochi anni fa ai legami tra il pensiero teorico e politico di Aleksandr Bogdanov, storico avversario di Lenin, e il movimento comunista italiano, soprattutto nelle elaborazioni di Antonio Gramsci.

In un panorama, dunque, piuttosto lacunoso si inserisce il denso volume di Gabriele Mastrolillo, che ricostruisce le vicende del movimento trockista dalle sue origini alla fondazione della Quarta Internazionale, nel 1938, esplorando in modo specifico i suoi rapporti con la dissidenza italiana. La prospettiva adottata è quella di un inquadramento del trockismo all’interno di una dimensione internazionale, che risulta la più adeguata per comprendere ragioni e aspirazioni di questo movimento, che ambiva a proporsi come alternativa allo stalinismo e alla burocratizzazione del regime sovietico. Pur nelle diverse declinazioni, la proposta era quella di un comunismo che aspirava, come scrive l’autore, «a realizzare l’autodeterminazione dell’individuo così come dei popoli, che ammetteva la libertà di stampa, di espressione, di manifestazione, di riunione e sindacale e che riconosceva la liceità di un sistema politico multipartitico» (p. 15). All’interno di questa storia, estremamente intricata, l’autore ci conduce attraverso un approfondito scavo documentario in archivi sia italiani che esteri.

Quando Stalin decretò, nel 1929, l’esilio di Trockij, che era già stato espulso dal partito nel 1927, commise probabilmente un errore politico decisivo: nonostante la durezza delle peregrinazioni cui fu sottoposto, il suo avversario guadagnò infatti in questo modo una libertà di movimento e di azione che sarebbero state impensabili all’interno dell’Unione Sovietica. Nel 1930 venne fondata ufficialmente, a Parigi, l’Opposition de gauche internationale (OGI), che voleva compattare le diverse opposizioni comuniste sorte a livello globale, allo scopo di ridirezionare la politica del Komintern. Dopo la presa del potere di Hitler in Germania nel 1933, favorita secondo Trockij dall’intransigenza cominternista nel rifiutare l’alleanza con i partiti socialdemocratici, avvenne invece quella “svolta indipendentista” che portò l’OGI a divenire Ligue communiste internationaliste (LCI), muovendo i primi passi verso la fondazione di quella che sarebbe stata la Quarta Internazionale.

Questo, in estrema sintesi, l’arco temporale coperto dal volume, che si avventura anche nel difficile compito di ricostruire le complesse vicende e le diatribe interne che travagliarono il movimento trockista per tutto il decennio, offrendone un’utile e approfondita sintesi. Non abbiamo qui lo spazio per darne un pur limitato sunto, ma l’aspetto che ci preme evidenziare è come, in virtù della sua dichiarata adesione a «un paradigma che pone l’accento proprio sulla natura transnazionale/globale di questi fenomeni politici» (p. 24)[1], l’autore non si limiti a una ricostruzione “interna”: le traversie del trockismo internazionale diventano, per il lettore, una lente attraverso la quale ripercorrere gli eventi mondiali ed europei, assumendo una prospettiva inconsueta. Al di là delle intenzioni, nei fatti il movimento trockista rimase in effetti numericamente poco rilevante (circa 5.000 seguaci in tutto il mondo alla fine degli anni Trenta) e fortemente marginale, se si eccettuano alcuni casi specifici, particolarmente in America Latina (a Cuba, in Cile e in Brasile) e in Vietnam. Nonostante ciò, è particolarmente interessante riscoprire il suo contributo di riflessione, colto nell’evolversi delle vicende storiche e della discussione politica, sugli eventi che prepararono la Seconda guerra mondiale.

Come evidenziato nel titolo del testo, un’attenzione specifica è posta da Mastrolillo al fronte italiano della dissidenza internazionale allo stalinismo, che nel corso degli anni Trenta si andò articolando tra bordighisti, consiglisti e trockisti[2]. Tra il 1929 e il 1930 erano infatti cresciuti i contrasti all’interno del gruppo dirigente del PCd’I (Partito Comunista d’Italia). Per rafforzare le sue posizioni, la segreteria guidata da Togliatti estromise progressivamente dagli organi direttivi figure rilevanti come quelle di Angelo Tasca, Amedeo Bordiga, Alfonso Leonetti, Paolo Ravazzoli e Pietro Tresso. Furono questi ultimi tre, insieme a Gaetana Teresa Recchia e Mario Bavassano, a fondare nel 1930 la NOI (Nuova Opposizione Italiana); con l’adesione all’OGI, e quindi al fronte trockista, maturò nello stesso anno la loro definitiva espulsione dal PCd’I.

Sulle vicende di questi esponenti, in particolare Tresso e soprattutto Leonetti, si concentra l’autore[3], mostrando il ruolo rilevante che assunsero all’interno del movimento trockista internazionale, nonostante l’esiguità della formazione italiana (che contava all’incirca una trentina di membri all’interno dell’emigrazione antifascista in Francia) e le diverse scelte maturate nel corso degli anni. Tresso entrerà infatti, già dal 1931, nelle file del trockismo francese, divenendone poi importante dirigente – scelta questa che segnò un dissidio insanabile con Leonetti. Quest’ultimo, che era stato caporedattore de L’Ordine nuovo e direttore de L’Unità tra il 1924 e il 1926, sarà membro del Segretariato internazionale dell’OGI dal 1930 al 1937. E se si considera «la stima che lo stesso Trockij nutrì per Leonetti – scrive l’autore –, si può benissimo affermare che [egli] fu, dopo Trockij, la personalità più importante ai vertici del movimento trockista internazionale» (p. 22).

Figura originale di comunista “eterodosso”, nelle sue posizioni ed elaborazioni si intravede chiara l’influenza di Gramsci (come gli altri membri del NOI, Leonetti era stato infatti esponente del “centro” gramsciano), insieme a una buona dose di spirito critico. Rilevante, ad esempio, la riflessione che propose sull’ascesa politica del nazismo, che lo portò a sostenere già all’inizio del 1934, prima della svolta del Komintern nella direzione dei fronti popolari, la necessità della «nascita di un fronte antifascista che comprendesse anche le forze esterne al movimento operaio» (p. 132). O ancora lo scambio con Trockij nel 1936, in relazione alla situazione sovietica, rispetto alla quale Leonetti notava alcune convergenze con il corporativismo economico fascista. «L’utopia staliniana del socialismo in un solo paese differisce poco, a parer mio – scriveva il dirigente pugliese –, dall’utopia piccolo-borghese, (…) sia hitleriana o mussoliniana, di organizzare la produzione nel contesto nazionale. A lungo termine la burocrazia staliniana si rivelerà un ostacolo allo sviluppo delle forze produttive sociali. L’economia pianificata, se non è cosmopolita, non può sfuggire all’anarchia capitalista» (p. 200).

Emerge, da questi scambi, l’autonomia di pensiero del dirigente italiano, che lo condurrà progressivamente ad allontanarsi dal movimento trockista tra il 1936 e il 1937. I vari dissensi e i deludenti risultati raggiunti a livello politico lo portarono a una rottura maturata «un po’ alla volta con distacco lento, con la percezione che non c’era più niente da fare» (p. 195), come raccontò lui stesso. Nonostante la fondazione della Quarta Internazionale, il fallimento del trockismo nel suo tentativo di costituirsi come opposizione comunista globale era infatti ormai manifesto. Mastrolillo ricorda, tra le ragioni di ciò, l’esiguità numerica dei suoi rappresentanti, l’eterogeneità ideologica delle sue componenti e il «potere soltanto nominale dei suoi organismi dirigenti» (p. 218), «la competizione impari col comunismo filostalinista», «l’assenza di una leadership compatta e dal prestigio indiscusso» (p. 216), anche a causa degli attentati che falcidiarono le sue file (lo stesso Trockij venne ucciso nel 1940).

Questo, in sintesi, il percorso tracciato nel testo, che si presenta dunque, grazie soprattutto alla ricchissima ricerca documentaria su cui poggia, come un importante riferimento per la prosecuzione degli studi sul tema. La scelta di privilegiare un approccio ricostruttivo, limitando le incursioni interpretative, lascia tuttavia inesplorati alcuni snodi ideologici e politici, che avrebbero forse meritato maggior respiro e sui quali è auspicabile l’autore possa tornare a indagare più in profondità in futuro.

Quanto resta con forza della lettura del volume, nonostante il triste epilogo del movimento trockista, è la grande passione e consistenza della riflessione politica di questi militanti, sebbene dispersa in prolungate polemiche e inconcludenti processi di fusione e scissione. Le loro vicende, oggi sempre più oggetto di attenzione storiografica, rimangono come traccia di un precoce tentativo di critica al comunismo filosovietico, che tornerà più volte e in termini simili nel corso del Novecento (basti pensare alla Rivoluzione ungherese del 1956 e alla Primavera di Praga del 1968). Vale la pena, per concludere, citare ancora una volta Leonetti, quando in un articolo del 1935 attaccò il PCd’I con parole caustiche, paragonandolo al circo Barnum (una metafora gramsciana): «In esso convivevano sia rivoluzionari sia opportunisti velati, non avveniva una “elaborazione collettiva del pensiero e della politica del partito” e lo spirito critico era sostituito “con la fede nel capo inamovibile e infallibile”» (p. 163).


[1] In Italia, un recente riferimento in questo senso è: Silvio Pons, I comunisti italiani e gli altri. Visioni e legami internazionali nel mondo del Novecento, Einaudi, Torino 2021.

[2] Tra i pochi studi precedenti sul fronte trockista si segnalano: Silverio Corvisieri, Trotskij e il comunismo italiano, Samonà e Savelli, Roma 1969; Eros Francescangeli, L’incudine e il martello. Aspetti pubblici e privati del trockismo italiano tra antifascismo e antistalinismo (1929-1939), Morlacchi, Perugia 2005.

[3] Al primo aveva già dedicato una monografia e diversi contributi, cfr. Gabriele Mastrolillo, Alfonso Leonetti nel socialismo e nel comunismo italiano (1913-1930), Cacucci, Bari 2018; Id., Alfonso Leonetti e il gruppo dirigente del PCI dalla destalinizzazione alla segreteria Natta, «Italia contemporanea», 296 (2021), pp. 38-62.

Scritto da
Andreas Iacarella

Laureato in Scienze storiche presso la Sapienza di Roma con una tesi di antropologia delle scritture personali. Svolge attività di ricerca presso il Gramsci centre for the humanities di San Marino e collabora a vario titolo con diverse riviste tra cui «Pandora Rivista», «Storiografia», «Il sogno della farfalla». Ha co-curato il volume collettivo “Conoscere per trasformare. La ricerca di Ernesto de Martino” (Left 2021), è inoltre autore di “Indiani metropolitani. Politica, cultura e rivoluzione nel ‘77” (Red Star Press 2018) e di diverse pubblicazioni sulla storia delle scienze della mente in Italia.

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