“La Gente. Viaggio nell’Italia del risentimento” di Leonardo Bianchi
- 04 Dicembre 2017

“La Gente. Viaggio nell’Italia del risentimento” di Leonardo Bianchi

Recensione a: Leonardo Bianchi, La Gente. Viaggio nell’Italia del risentimento, minimum fax, Roma 2017, pp. 362, 18 euro (scheda libro)

Scritto da Simone Bernardi della Rosa

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«Come diceva quel tale, per ogni problema complesso c’è una soluzione semplice, ed è sbagliata». Così si esprimeva Umberto Eco con ironia citazionistica attraverso le parole di Casaubon, protagonista de Il pendolo di Foucault, che considerava il suo vero capolavoro narrativo. Parole che potrebbero fare perfettamente da sfondo al libro La Gente di Leonardo Bianchi, news editor di Vice Italia e collaboratore presso varie riviste quali Internazionale e Valigia Blu.

L’autore, raccogliendo numerosi reportage effettuati negli ultimi anni, ricostruisce la fenomenologia di una serie di avvenimenti politici e sociali collocandoli nella categoria del “gentismo”. Nuova categoria che si riferirebbe ad un «atteggiamento politico di calcolata condiscendenza verso interessi, desideri, richieste presuntivamente espresse dalla gente, considerata come un insieme vasto e, sotto il profilo sociologico, indistinto» che si differenzia dal populismo a causa dello slittamento del focus da un capo capace di raccogliere il favore popolare al «popolo che diventa gente, cioè massa, audience».

Negli ultimi anni abbiamo assistito al diffondersi di moduli interpretativi basati sulla ricerca di una “soluzione semplice” per spiegare quotidianamente molti fenomeni sociali: questa ipersemplificazione poggia sulla banale dicotomia fra un “noi” e un “loro”, che rispecchierebbe una divisione manichea della società. Questa divisione semplificatoria è uno dei nuclei portanti del gentismo e di tutte le paranoie del complotto, ma soprattutto, come vedremo, della loro circolazione on line e non solo. Volendo fornire una meta-lettura, l’intero testo di Bianchi si presenterebbe in realtà come il primo tentativo di una analisi sociale che tenti di superare questa opposizione presentandoci in maniera dettagliata le mille sfaccettature di cui è composto il fenomeno “emergente” del gentismo.

«Da tempo mi ponevo domande su questa Europa delle crisi indotte […] dei popoli che vedono passare il destino sulle loro teste, dell’invasione accettata e autoprocurata. Tutto questo non poteva essere frutto del caso o della cattiva gestione». Si tratta di un’affermazione rilasciata al giornale Libero da Matteo Simonetti, autore del volume La verità sul piano Kalergi. Il piano Kalergi, consistente in una presunta cospirazione ai danni dei popoli europei, della “gente”, rappresenta un esempio perfetto di un topos gentista.

Ma le stesse anomalie si ritrovano più in generale in ogni paranoia del complotto, e ancor di più nei super-complotti nell’accezione fornita da Michael Barkun, ovvero quei complotti che tengono insieme gerarchicamente varie cospirazioni (di nuovo il finto piano del Pendolo ne è esempio strutturalmente perfetto): essi infatti concettualmente ricercano una spiegazione semplice dietro a fenomeni complessi, la “sostituzione etnica” dietro alla questione migratoria, ma in pratica si esplicano in una serie di intricatissime analogie grazie alle quali cercare di tenere insieme problemi analizzabili in realtà solo localmente. Incubi spacciati per ideologie.

 

Gente vs Kasta

Di contrapposizioni in realtà nella narrazione comune ve ne sono moltissime. Questo stesso volume segue nel catalogo della casa editrice un altro saggio di cui molto si è discusso ultimamente, Teoria della classe disagiata, un accostamento che sembra suggerire un contrasto fra una giovane classe di produzione intellettuale in piena crisi, chiusa nella propria bolla e la sua nemesi (almeno virtuale), che condivide foto di cieli infestati dalle scie chimiche e prepara le nuove crociate sui bus anti-gender.

La bandella del libro ci propone invece un altro accostamento, ricollegando l’origine del concetto di gente all’opposizione con La Casta, espressione la cui diffusione generalizzata va fatta risalire a un fortunato libro dei giornalisti del Corriere della Sera Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, che usciva per Rizzoli esattamente 10 anni fa. In realtà secondo Bianchi è possibile risalire più indietro, ad un momento cruciale della storia italiana, spartiacque fra due modi diversi di comunicare la politica, ovvero all’inchiesta Mani Pulite, che mise fine alla Prima Repubblica e introdusse un’idea di giustizialismo che diventò sempre più pervasiva nella Seconda, un’idea che «ha accompagnato come un’ombra» il gentismo, «fenomeno complesso e sfaccettato».

«Dai forconi alle sentinelle in piedi, dai “cittadini” che s’improvvisano giustizieri all’esplosione delle proteste antimigranti, La Gente è il ritratto cubista dell’Italia contemporanea: un paese popolato da milioni di persone che hanno abbandonato il principio di realtà per inseguire i propri incubi privati, mentre movimenti politici vecchi e nuovi cavalcano quegli incubi spacciandoli per ideologie».

Perfetta come scelta editoriale, La Gente è in realtà arcilessema, termine ombrello, di una tassonomia sconfinata di microfenomeni accomunati da una insofferenza ormai profondamente radicata nei confronti delle istituzioni di qualsiasi genere e del concetto di autorevolezza; ma non di autorità. Non esiste infatti un vero e proprio nuovo attore politico, i tentativi di “sistematizzazione” dei movimenti più o meno spontanei che Bianchi racconta sono stati fino ad ora sporadici e fallimentari.

Il fenomeno è talmente trasversale e obliquo che qualsiasi tentativo di recinzione semantica risulta inappropriato e insufficiente. Difatti alcune situazioni che vengono descritte in modo dettagliato dall’autore hanno indistintamente coinvolto una parte di popolazione ai margini della società, improvvisati capipopolo dai contorni oscuramente sfaccettati e politici provenienti dal mondo dell’estrema destra pronti ad approfittare della situazione. Semmai è il sottotitolo a suggerire un trait d’union in grado di fare da trasduttore fra questi sommovimenti eterogenei: il risentimento è la chiave grazie alla quale è possibile infiltrarsi fra le pieghe irrazionali della nostra società per trarne fuori le più impensabili manifestazioni.

Il volume di Bianchi ha sicuramente il merito di porre alcune questioni grazie alla descrizione minuziosa di questa galassia eterogenea. Una descrizione arricchita dal ricco apparato paratestuale, fra note e bibliografie alle quali sono delegati gli spunti teorici, che rappresenta uno dei punti di forza del libro.

 

Irrational man

Da dove viene quindi tutto questo risentimento? Sicuramente si sono registrati nel periodo che va da Tangentopoli all’uscita del libro di Stella e Rizzo certi sommovimenti e cambiamenti comunicativi che hanno accompagnato tutto il periodo del berlusconismo. L’avvento della crisi, l’irritazione popolare dovuta alle manovre di austerity e l’esplosione del fenomeno dei social, poi, hanno determinato una concomitanza di situazioni che hanno esasperato una polarizzazione della società già in atto favorendo movimenti “orizzontali”.

Il punto da sottolineare, d’altra parte, è che l’ondata di risentimento a cui stiamo assistendo non ha un oggetto, è priva di contenuti, ed è quindi facile da riempire a piacimento, indirizzabile e manovrabile di volta in volta verso nuovi nemici. Infatti Bianchi fa partire il suo viaggio nel mondo dell’indignazione proprio dal «più improbabile movimento di protesta dell’Italia repubblicana», il Movimento 9 dicembre, legato ai cosiddetti Forconi, il fenomeno più complesso e variopinto fra tutti quelli registrati negli ultimi anni, che ha visto riunire persone della più varia provenienza in vista di una “rivoluzione” in realtà mai avvenuta, priva di contenuti se non un generico odio verso qualsiasi tipologia di establishment:

«da un giorno all’altro l’Italia intera si è risvegliata in una sgangherata versione di “Millennium people” in cui complottisti, freak di internet, celebrità assortite, fascisteria varia, esclusi, precari, lavoratori autonomi, piccoli imprenditori sull’orlo del fallimento, impiegati incazzati, e gente comune hanno trovato un’inaspettata unità d’intenti e sono riusciti a contare qualcosa, a farsi finalmente sentire».

Seppur con una certa ironia di fondo, Bianchi tocca con mano le contraddizioni e le storture insite nei fenomeni affrontati, in maniera vivida e non sottostimando il peso politico che questi hanno conquistato. Solo di recente infatti l’irrazionalità in politica è tornata al centro del dibattito pubblico, e solamente dopo risultati eclatanti e impronosticabili come Brexit e la vittoria di Trump. In realtà non si tratta solo degli sterili (dal punto di vista dell’approfondimento) problemi di fake news che i media hanno elevato a emergenza primaria: il meccanismo è molto più strutturato, e rappresenta una questione molto complessa anche dal punto di vista teorico.

Il volume ovviamente non fornisce un quadro teorico coerente, ma ad una attenta analisi mostra quali possano essere i nodi concettuali su cui poggiano sentimenti non del tutto razionali come il risentimento e l’indignazione. Dietro fenomeni apparentemente spontanei spesso infatti si celano precise strategie comunicative e in essi agiscono infiltrazioni da parte di gruppi politici intenti a cavalcarne il sentimento. In questa situazione problematica spesso si è indotti ad accentuare la tendenza ad usare un metodo induttivo di estensione di problemi locali a prassi e condizioni generali: ciò che quotidianamente osserviamo.

 

Mondi possibili: l’invasione e le crociate

La parte centrale del libro si concentra infatti su quella che Eco aveva definito «la costruzione del nemico», che consiste nell’elevare i propri disagi personali a interpretazione generale di una condizione problematica in cui siamo immersi, e di conseguenza, «allargando ad un intero gruppo le caratteristiche di alcuni suoi membri che vivono in situazioni di marginalizzazione», scaricare su un preciso obiettivo il proprio risentimento.

Eco faceva riferimento ad un problema di costruzione dell’identità, per rafforzare i confini della quale si rende necessario immaginare e costruire un nemico che ne attenti la sopravvivenza. Si ripresenta così nella retorica del noi vs loro, stavolta spostata su un piano di orizzontalità: il risentimento viene costruito verticalmente ma si manifesta nell’odio inter pares. Senza dubbio questo meccanismo è ben visibile nel già menzionato “piano Kalergi”, fondato su una presunta sostituzione etnica, ma grazie agli esempi riportati da Bianchi, come ad esempio le barricate di Gorino per opporsi al trasferimento nel paese di dodici donne richiedenti asilo, gli attacchi ai centri d’accoglienza nelle periferie romane, le “crociate” anti gender, riusciamo a metterne a fuoco i problemi soggiacenti e di conseguenza l’enorme diffusione “orizzontale” di queste manifestazioni, online e sul territorio.

Di questi fenomeni è possibile infatti individuare un nucleo in cui “archeologicamente” andare a rintracciare i processi di nascita e diffusione, a volte è ben visibile, altre meno, quasi mai proviene dal basso in maniera spontanea. Bianchi ad esempio ricostruisce con precisione la nascita della cosiddetta ideologia gender, in cui associazionismo cattolico e gerarchie ecclesiastiche giocano un ruolo fondamentale: come sempre dietro alle strutture che sorreggono le narrazioni ci sono motivazioni reali e concrete.

Meriterebbe una trattazione a parte solamente l’analisi della situazione del sistema d’accoglienza italiano, da cui scaturiscono le retoriche dell’invasione o la “caccia al nero” avvenuta a Corcolle. Un’altra ancora forse per decifrare gli intrecci tra le decisioni politiche e gli effetti linguistici che stanno alla base di molte narrazioni degli ultimi anni: l’idea di “invasione” si appoggia fortemente sul concetto di illegalità, la quale è frutto di una decisione politica precisa, ovvero l’istituzione del reato di immigrazione clandestina con la legge Bossi-Fini del 2002, situazione dalla quale poi si sono sviluppate le retoriche che hanno preso piede nella comunicazione.

Ma tutta la narrazione sulla questione migranti non nasce per partenogenesi ed il caso che Bianchi riporta riguardante Gorino ne è esempio emblematico: il sistema d’accoglienza italiano è perennemente in emergenza, le cause di una mancata strutturazione sono molte. I richiedenti asilo sono smistati in tutto il territorio italiano, spesso in zone periferiche e inoltre manca una informazione capillare sul territorio da parte delle istituzioni, che, invece di tentare una mediazione con le istanze dei cittadini, spesso strumentalizza la situazione.

Se possibile i problemi negli ultimi mesi si sono intensificati ancora di più, dalle campagne contro le ONG alla posizione ambigua del governo italiano sugli accordi con la Libia. Tratto accomunante: una pericolosa convergenza mediatica e politica.

 

Il favoloso mondo dell’internet

Non poteva infatti che terminare dietro allo schermo il viaggio nel risentimento che Bianchi ha tratteggiato con accuratezza in ogni sfumatura e aggiungendo quel tocco narrativo di chi si è calato soggettivamente nelle situazioni (il riferimento al lavoro di Carrère all’inizio del libro non è casuale). Dalla ricostruzione che viene proposta si desume chiaramente che il web non è un mondo alternativo come spesso viene ancora descritto, in cui valgono logiche di circolazione delle idee diverse, off line e on line fanno parte dello stesso ecosistema mediatico.

L’autore traccia un filo rosso lungo tutto il testo in cui si rintracciano le convergenze fra fenomeni della rete, media tradizionali e politica. La Gente si apre col vendicatore mascherato “Spider Truman” intento a svelare i segreti della casta di Montecitorio; prosegue col giovane Luca Donadel, studente di scienze della comunicazione e autore di un video che ha raggiunto 700.000 visualizzazioni su YouTube e oltre 3 milioni su Facebook, in cui illustra “la verità sui migranti” e le ONG; termina con la fallimentare campagna gentista ad opera dell’apparato comunicativo del Partito Democratico in favore del referendum costituzionale dello scorso dicembre. Menzione a parte per l’affaire che ha coinvolto Alessio De Giorgi, facente parte dello staff comunicazione di Renzi, “auto-smascheratosi” gestore della pagina Matteo Renzi news in un climax dal postmoderno al kafkiano.

I siti di bufale che infestano il web non fanno altro che rimpacchettare notizie già uscite su alcuni giornali, lo stesso Donadel attinge alla “pratica della re-informazione, utilizzata dall’estrema destra francese”, ma lo fa in un modo molto più elegante e quindi potenzialmente più pericoloso. Questo tipo di comunicazione, più diretto rispetto ad un articolo di giornale, è riuscito a colpire alcuni nodi scoperti, emula infatti sia lo stile della controinformazione che quello del fact checking, facendo ampio uso di riferimenti a “fatti” furbescamente decontestualizzati e lanciando inferenze nei momenti cruciali della sua spiegazione che l’utente dovrà completare da solo: un testo sincretico (utilizza immagini in sovraimpressione) che invoca una partecipazione attiva, modalità sempre più presente in rete.

Troppo facile ovviamente addossare la colpa agli strumenti di informazione e ai social, che certamente promuovono strutture e legami orizzontali, ma fanno parte dello stesso “cortocircuito” mediatico, in cui anzi spesso non fanno che sviluppare e riprendere i codici dei media tradizionali a cui forniscono nuovi modelli da cui trarre spunto. L’esempio della campagna referendaria del PD è paradigmatico, le istituzioni che si adeguano al modello web: è questo il futuro che ci aspetta?

La seconda domanda, che in realtà può essere utilizzata a parziale risposta della precedente, è stata: come possiamo far passare a livello comunicativo il nucleo problematico che sta dentro ad una notizia? Come opporsi alle strumentalizzazioni? Ovviamente una risposta ancora non c’è, come accennato precedentemente rendere più complessa la nostra argomentazione non è soddisfacente purtroppo al pari di fornire una spiegazione semplice e consolatoria. In aggiunta la paranoia e il risentimento si innestano dove ci sono già contrasti di difficile risoluzione. Un lavoro come quello di Bianchi fornisce però il quadro storico in cui certi concetti sono nati e hanno proliferato: un certo input è stato dato, è necessario svilupparlo da un punto di vista teorico e politico.

Il merito principale del libro è infatti quello di aver preso in seria considerazione questi fenomeni, andando illustrando alcuni elementi della loro genesi, cosa che buona parte della politica ha ignorato per molto tempo. Le nuove teorie del complotto e la galassia degli estremismi di destra sul web non sono spuntati dal nulla, ma hanno potuto proliferare all’interno di un sistema comunicativo ben preciso. Gli accostamenti ricostruiti da Bianchi formano una struttura paratattica che non riesce a esaurirne il senso (anche perché in costante evoluzione), che come abbiamo detto può essere ricostruito solo localmente, ma è capace di instaurare una catena interpretativa che possa tenere in considerazione l’eterogeneità degli stessi.

Tramite questi spunti è possibile analizzare gli effetti pragmatici che queste narrazioni hanno sul mondo dell’informazione, della politica e della società civile. Su molti dei temi scottanti che Bianchi analizza si giocheranno le prossime elezioni. È notizia di questi giorni la polemica sulla diffusione di fake news online fra il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle. Per far sì che questi temi non siano strumentalizzati, come sta già accadendo, si è resa prioritaria la necessità di scendere al livello profondo per esplicitare le strutture di cui sono composti. Ne va della possibilità di un nuovo modo di fare informazione, più attenta ai cambiamenti della società, e della politica stessa, che dovrà necessariamente proporre nuove forme di intermediazione sociale, un ruolo che sta perdendo sempre più ogni giorno, intorno ai temi urgenti del consenso e dell’integrazione.


Bibliografia

Barkun, M. (2013), A culture of conspiracy: Apocalyptic visions in contemporary America, University of California Press.

Eco, U. (2012),  A passo di gambero, Bompiani.

Eco, U. (2011), Costruire il nemico e altri scritti occasionali, Bompiani.

Marchetti, C. (2016), “Le sfide dell’accoglienza. Passato e presente dei sistemi istituzionali di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati in Italia”, Meridiana, 121-143.

Scritto da
Simone Bernardi della Rosa

Nato a Firenze nel 1990, dove si è laureato in Filosofia con una tesi sull'etica in Machiavelli. Attualmente studia Semiotica all'Università di Bologna.

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