La new space economy verso territori inesplorati
- 22 Luglio 2024

La new space economy verso territori inesplorati

Scritto da Daniele Molteni

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Fin dai tempi antichi lo spazio cosmico ha rappresentato un enigma affascinante per l’umanità e suscitato domande profonde sulla natura dell’esistenza e sul principio fondamentale dell’universo. Le meraviglie del cielo notturno, con le sue stelle scintillanti e i misteriosi pianeti, hanno ispirato miti, leggende e riflessioni filosofiche, spingendo numerosi pensatori a interrogarsi sulle origini e la struttura del cosmo. Le prime speculazioni filosofiche hanno gettato le basi per una lunga tradizione di indagine scientifica e metafisica, che ha attraversato i secoli, sino ad arrivare alla rivoluzione scientifica e alle successive innovazioni tecnologiche, che hanno dotato l’umanità degli strumenti adeguati a esplorare fisicamente lo spazio superando la sola contemplazione filosofica. L’esplorazione spaziale, iniziata con i primi satelliti e le missioni lunari, ha aperto la strada ad aree un tempo solo sognate che hanno sviluppato la consapevolezza di essere di fronte a una risorsa strategica di grande valore economico, scientifico e politico.

Oggi lo spazio extra-atmosferico continua ad alimentare l’immaginazione e i sogni dell’umanità, basti pensare al classico “da grande voglio fare l’astronauta” diventato un cliché delle aspirazioni di ogni bambino o alle immagini dell’uomo sulla Luna utilizzate spesso come simbolo di traguardi epocali. Nella cultura di massa il potere suggestivo dell’esplorazione spaziale non sembra conoscere crisi, forse perché il cosmo, insieme alle profondità degli abissi, rappresenta uno degli ultimi confini inesplorati dall’umanità, ricco di mistero e foriero di fantasie. Dal punto di vista cinematografico un’analisi dell’essenza tecnologico-pionieristica umana e della sua volontà di essere vivente dalle aspirazioni universali aveva già provato a elaborarla Stanley Kubrick nel suo 2001: Odissea nello spazio del 1968. Ma sono numerosi i prodotti culturali, romanzi, saggi e film, che hanno permesso di viaggiare nell’infinito delle costellazioni, tra sci-fi e hard sci-fi. Le penne di autori come Carl Sagan, Stanisław Lem o Isaac Asimov, ma anche le cineprese che esplorano la missione scientifica di capire e controllare lo spazio e il tempo, per salvare il pianeta Terra come nel film Interstellar di Christopher Nolan (con consulenza del fisico Kip Thorne), oppure nel tentativo di esplorazione escatologica del “Pianeta Rosso” come in Sopravvissuto – The Martian, di Ridley Scott, con protagonista Matt Damon. Sono spesso questi prodotti culturali a mostrare in modo efficace e diffuso le possibilità, insieme alle solitudini, dell’uomo nella vastità dello spazio, dove pionieri spaziali affrontano dilemmi esistenziali spesso arrivando al punto di sacrificarsi per il bene del progresso dell’umanità.

Non di rado, a emergere è poi il tema della vita e delle intelligenze aliene, come nella serie cult degli anni Novanta X-Files, con il proverbiale «I want to believe», considerabile come una risposta alla leggendaria domanda di Enrico Fermi «Dove sono tutti?», che ha evidenziato con un paradosso la consapevolezza della vastità dell’Universo e l’alta probabilità della presenza di altre forme di vita al suo interno – nel passato, nel presente o nel futuro – rimaste, tuttavia, al momento invisibili all’occhio umano. Risposte molteplici sono state formulate in vario modo anche da film d’azione e di guerre di ambientazione extraterrestre – che pure risentono di quello che può essere definito come un antropocentrismo cosmico per la raffigurazione di alieni per lo più antropomorfi – nei mondi fantastici o orrorifici come quelli di Alien, Star Trek e Star Wars; nelle commedie come Guida galattica per autostoppisti o Guardiani della Galassia; e ancora nei racconti più intimi ed esistenzialisti, tra mistero, psicologia, matematica, linguistica e antropologia, da Incontri ravvicinati del terzo tipo, E.T. e Contact, passando per Moon, Arrival e il più recente Spaceman con la straordinaria interpretazione di Adam Sandler.

Oggi sono note le possibilità di studiare il cosmo per l’evolversi della conoscenza sulla Terra, così come le prospettive di sfruttamento delle risorse extraterrestri che portano alla promozione fantascientifica di una futura colonizzazione di altri pianeti per un’umanità che si trova di fronte a nuove sfide e opportunità al mutare del rapporto con il cosmo e alla soglia di interrogativi etici e politici di grande rilevanza per la nostra civiltà. All’interno di questo dibattito, l’economia dello spazio riveste un’importanza centrale e riguarda l’esplorazione e con essa la complessità della logistica, la multidisciplinarità della ricerca, le catene del valore dei processi downstream e upstream. Questa economia, chiamata space economy o anche new space economy, a indicare gli ultimi sviluppi del settore, è definita dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) come «l’insieme delle attività e dell’utilizzo di risorse che creano e conferiscono valore e beneficio agli esseri umani attraverso l’esplorazione, la comprensione, la gestione e l’utilizzo dello spazio»[1].

La progressiva e poi massiccia apertura di questo settore alla partecipazione dei privati nel corso degli ultimi decenni ha portato la NASA ad avvalersi di società private per i lanci e il trasporto di merci e persone verso la Stazione Spaziale Internazionale, che un tempo prevedeva un sistema di accesso gestito interamente dai governi. E sempre da un punto di vista della privatizzazione, è ampiamente nota la penetrazione economica in questo dominio di colossi come Axiom Space di Michael Suffredini e Kam Ghaffarian, Virgin Galactic di Richard Brenson, Blue Origin di Jeff Bezos e soprattutto SpaceX di Elon Musk. Il settore spaziale, dunque, si è aperto per includere molteplici scopi commerciali e civili, permettendo l’ingresso di aziende private di diverse dimensioni e startup. La riduzione delle barriere d’accesso, soprattutto per quanto riguarda la produzione di satelliti diventata più economica, ha generato molteplici opportunità per nuovi player, favorendo un ecosistema più dinamico e competitivo ma anche collaborativo tra istituzioni, università, centri di ricerca e imprese.

Secondo alcune stime, la space economy arriverà a valere 1.800 miliardi di dollari entro il 2035, rispetto ai 630 miliardi di dollari complessivi registrati nel 2023, con una creazione di valore per molteplici settori direttamente e indirettamente coinvolti[2]. Quella dello spazio è un’industria su cui sta scommettendo molto anche l’Unione Europea, che tra il 2021 e il 2027 gli ha destinato 14,8 miliardi di euro del suo bilancio complessivo, la cifra più alta di sempre[3]. Così come tanto sta investendo anche l’Italia, già dal 2016 nell’ambito del Piano Strategico Nazionale[4] con circa 4,7 miliardi di euro, coperti al 50% da risorse pubbliche, per potenziare i sistemi di osservazione della Terra, monitorare i territori dello spazio extra-atmosferico e rafforzare le competenze nazionali nella space economy. Oltre a essere stata la terza Nazione al mondo a lanciare e operare satelliti in orbita dopo Stati Uniti e Unione Sovietica, l’Italia è tra i membri fondatori dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) di cui è terzo contributore dopo Francia e Germania, ed è uno dei nove Paesi dotati di un’agenzia spaziale a cui è destinato un budget annuo che supera il miliardo di euro. Nella programmazione 2021-2026 dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), le risorse a disposizione ammontano infatti a circa 1,8 miliardi di euro, oltre a 300 milioni per la quota di partecipazione al programma Artemis promosso dalla NASA[5].

A questi investimenti, aperture e partecipazioni, vanno ad aggiungersi i più recenti sviluppi legati ai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che in questo ambito stanzia 1,49 miliardi di euro, oltre agli 800 milioni di euro del Fondo Complementare, per un totale di circa 2,3 miliardi. Il PNRR si occupa dello spazio in particolare nell’ambito della Missione 1 – Componente 2 che riguarda la voce “Digitalizzazione, Innovazione e competitività nel sistema produttivo”, attraverso l’Investimento 4 “Tecnologie satellitari e economia spaziale” che ha come soggetti attuatori l’ASI e l’Agenzia Spaziale Europea[6]. L’obiettivo dell’investimento è quello di sviluppare connessioni satellitari in vista della transizione digitale e verde, abilitando servizi come le comunicazioni sicure e le infrastrutture di monitoraggio per diversi settori dell’economia, con attività upstream quali i servizi di lancio e la produzione e gestione di satelliti e infrastrutture, e attività downstream, ovvero lo sviluppo di prodotti e servizi. Questa strategia di investimenti nel settore è stata promossa, peraltro, dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) che detiene la delega alle politiche spaziali e aerospaziali, con l’approvazione della prima legge quadro italiana sullo spazio e sulla space economy. Una legge che regolamenta l’accesso allo spazio per i privati, previe autorizzazioni, e prevede un Piano Nazionale e un Fondo per la space economy. L’ASI vigilerà sugli operatori, con norme per appalti agevolati per PMI e startup, obblighi assicurativi per incidenti spaziali e misure per l’uso efficiente dello spettro per comunicazioni satellitari.

I numerosi finanziamenti, insieme alla volontà politica, creano opportunità di sviluppo sostenendo la crescita di nuove imprese e facilitando l’innovazione nel settore spaziale e anche nei settori storicamente lontani da questa economia. La produzione di componenti meccaniche e sottosistemi, satelliti, elicotteri e aerei, forniscono accesso allo spazio anche alle piccole e medie imprese che partecipano all’interno di questa filiera permettendo attraverso la tecnologia satellitare un flusso crescente di usi migliorando l’efficienza, la gestione delle risorse, la precisione e il monitoraggio degli eventi legati alla crisi climatica tramite l’osservazione della Terra. La maggiore accessibilità per la miniaturizzazione di sistemi complessi e la frammentarietà della filiera offrono opportunità senza precedenti, poiché le tecnologie spaziali e i dati raccolti dai satelliti in orbita bassa possono essere applicati in numerosi ambiti, generando valore in modo trasversale nel comparto agroalimentare, nella pianificazione urbana, per le infrastrutture e servizi pubblici delle smart city, nella finanza, nella medicina, nella sicurezza e difesa e per la tutela ambientale. L’industria aerospaziale, quindi, non è un’isola, ed essere protagonisti in questa economia permette delle ricadute importanti, stimolando lo sviluppo tecnologico e l’economia digitale promossi attraverso le imprese che partecipano alla filiera, con l’integrazione di talenti e la formazione di un valore con ricadute importanti per i territori.

Per quanto riguarda l’impatto lungo la filiera, secondo la ricerca The Impact Of Space Procurement On Suppliers: Evidence From Italy del Centre for Industrial Studies[7] l’approvvigionamento legato allo spazio in Italia genera due benefici principali nelle imprese: i risultati intermedi, che riguardano l’apprendimento, l’innovazione e la penetrazione nel mercato; e i risultati finali, cioè, quelli riguardanti il profitto e le vendite, con lo sviluppo del business e l’occupazione. Questo studio, commissionato dall’ASI, ha dimostrato, insieme ad altre ricerche analoghe sui costi-benefici delle politiche pubbliche nel settore[8], come l’industria aerospaziale generi esternalità positive anche nel resto dell’industria manifatturiera e non solo. A beneficiarne in particolare sono i processi upstream, sia dal punto di vista dell’arricchimento delle strategie di innovazione tecnologica e l’avanguardia di processo e di prodotto, sia da quello della performance economica. I benefici socioeconomici derivanti dall’osservazione della Terra, soprattutto nel settore downstream, riguardano il miglioramento della qualità dei prodotti e servizi e l’incremento del know-how tecnologico, per la quasi totalità del campione di imprese ed enti di ricerca intervistato. Nonostante queste ricerche si concentrino esclusivamente sulle relazioni con l’ASI, le partnership tra tessuto imprenditoriale e diversi attori istituzionali regionali, nazionali e internazionali sottolineano quanto i benefici vengano attesi da una molteplicità di attori coinvolti, come le regioni italiane più attive nel settore aerospaziale: Lombardia, Lazio, Piemonte, Campania e Puglia. Ma importanti sviluppi recenti sono emersi anche per l’Emilia-Romagna, le Marche e la Basilicata, con prospettive consortili legate all’innovazione e numerose collaborazioni oltreoceano. Molte di queste realtà territoriali fanno parte del coordinamento del Cluster Tecnologico Nazionale Aerospazio (CTNA), interlocutore unico nazionale tra gli attori del sistema aerospaziale impegnati a rinforzare la filiera e a promuovere progetti legati al cambiamento climatico, alla sicurezza e alle telecomunicazioni.

La new space economy rappresenta, dunque, una fonte di crescita per le imprese ma anche un settore economico capace di generare benessere sociale e sviluppo sostenibile, con la stretta collaborazione tra attori pubblici e privati, istituzioni europee e nazionali. Nel singolo To the Moon and Back del 1996 estratto dal loro eponimo album, i Savage Garden raccontavano il desiderio di una persona di trovare l’amore e l’affetto che le mancano, sperando che qualcuno la porti via dalla solitudine verso luoghi lontani in una chiamata a sognare: «But somewhere in a private place/ She packs her bags for outer space/ And now she’s waiting for the right kind of pilot to come». L’attesa sembra aver ripagato, perché oggi lo spazio non è più esclusivamente sinonimo di mondi lontani irraggiungibili che stimolano l’immaginazione, così come non riguarda soltanto possibili scenari di future colonizzazioni e viaggi interstellari, ma è anche una prospettiva sempre più tangibile con ricadute materiali su interi settori e territori mai coinvolti in passato, come accade in Italia. «I would fly to the moon and back/ If you’ll be, if you’ll be my baby/ I’ve got a ticket for a world/ Where we belong/ So would you be my baby?», continua la canzone del duo pop australiano. Solo con l’immaginazione, la volontà e la lungimiranza politica ed economica sarà possibile accettare l’invito per questo mondo inesplorato, to the Moon and back, staccando il biglietto per migliorare la qualità della vita sulla Terra.


[1] OECD, OECD Handbook on Measuring the Space Economy, OECD Publishing, 2012, Parigi.

[2] World Economic Forum, Space: The $1.8 Trillion Opportunity for Global Economic Growth, «Insight Report», Aprile 2024.

[3] Osservatori Digital Innovation, La Space Economy italiana è in rampa di lancio, 9 febbraio 2023.

[4] MIMIT, Piano Strategico Space Economy – Quadro di posizionamento nazionale, Ver. 1.0, maggio 2016.

[5] Accademia Politica, Space Economy, il grande business da un trilione di dollari, «Il Sole 24 Ore», 10 gennaio 2023.

[6] Sul sito di OpenPNRR dell’associazione Openpolis è possibile monitorare lo svolgimento dei progetti: https://openpnrr.it/misure/50/

[7] J. Catalano, F. Giffoni e P. Castelnovo, The impact of space procurement on suppliers: Evidence from Italy, Working Papers 202102, «CSIL Centre for Industrial Studies», 2021.

[8] Cfr. M. Florio, L’impatto socio-economico delle politiche pubbliche nel settore spazio in Italia, 2021; M. Florio et. Al., Accounting for the impact of space policies: The case of the Italian Space Agency, «Space Policy», Volume 67, 2024.

Scritto da
Daniele Molteni

Editor di «Pandora Rivista», si è laureato in Relazioni internazionali all’Università Statale di Milano e ha collaborato con diverse realtà giornalistiche, tra cui «Africa Rivista», «Lavialibera» e «Modern Insurgent». Si occupa di politica internazionale, questioni sociali e tecnologia. È membro del collettivo giornalistico “Fuorifuoco”.

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