La svolta delle energie rinnovabili per la rete elettrica
- 11 Febbraio 2020

La svolta delle energie rinnovabili per la rete elettrica

Scritto da Giuseppe Palazzo

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Alla base della transizione energetica vi deve essere necessariamente un cambiamento di sistema, in quanto quali fonti utilizziamo e come consumiamo l’energia sono aspetti che si concretizzano nelle infrastrutture e che contribuiscono a determinare le politiche dei governi e, in generale, il modello di società.

In vari contributi Pandora ha affrontato gli aspetti economici e politici dell’energia con riflessioni sulle rinnovabili e sulla transizione energetica.[1] Questo articolo prova a fornire un quadro complessivo su cosa significa introdurre energia rinnovabile, in particolare solare ed eolica, nella rete elettrica italiana. Non si tratta solo di collegare alla rete elettrica pannelli solari e pale eoliche, queste fonti hanno aspetti radicalmente diversi da quelle fossili e al sistema elettrico è richiesto un adeguamento importante, sia a livello tecnico sia a livello di concezione dell’infrastruttura. Alla base dell’adeguamento vi sono un ribaltamento della prospettiva, da verticale a orizzontale, e l’elaborazione di nuovi dati. Una sfida caratterizzata da più fronti dell’innovazione, dalle rinnovabili alla blockchain, dalle batterie al digitale.

L’elettricità si prevede diventerà sempre più preponderante come vettore energetico, il solo che può portare l’energia rinnovabile. E lungo ogni rete, costituita da “vie della seta” o da cavi elettrici, vi è un’interazione, che comprende una componente politica, come spiega Marco Alberti su Limes 11/2019: «[…] le infrastrutture elettriche hanno un potere integrativo maggiore rispetto a quelle di trasporto degli idrocarburi. Presuppongono infatti un allineamento dei rispettivi quadri regolatori e la condivisione di protocolli digitali sempre più sofisticati. Dunque una maggior integrazione tra Stati transfrontalieri».[2]

La prima caratteristica peculiare delle fonti di energia rinnovabile (FER) è il loro essere distribuite, non localizzate come le fonti fossili. Teoricamente, con i diversi livelli di irradiazione e di ventosità, impianti solari ed eolici possono essere installati quasi ovunque. Mentre la generazione di energia da fonti fossili richiede impianti di una certa dimensione, quella FER consiste in una serie di impianti che va dai grandi parchi eolici fino ai micro-impianti costituiti dai pannelli domestici. L’architettura della rete sta diventando via via più orizzontale, considerando anche il crescente ruolo dei prosumer, i consumatori che oltre ad attingere alla rete vi immettono l’energia in eccesso prodotta da propri micro-impianti. Un’orizzontalità a livello infrastrutturale che si ripercuote sulle relazioni tra attori economici (cittadini compresi) e tra Stati, in nuove possibili configurazioni geopolitiche[3].

La generazione distribuita implica un certo livello di complessità per il gestore della rete, Terna (di cui il primo azionista è Cassa Depositi e Prestiti col 29,85%[4]), che deve coordinare più punti di generazione di elettricità, anche per piccoli quantitativi. Trattasi inoltre, altra caratteristica peculiare delle principali FER, di una generazione discontinua e aleatoria. L’imprevedibile discontinuità di sole e vento porta ad un’imprevedibile variabilità nell’immissione di elettricità da questi punti, con repentini picchi e crolli nella produzione.

Eurostat mostra come l’Italia abbia già superato gli impegni presi a livello europeo sull’utilizzo delle FER[5]. Il grafico qui di seguito indica la quota di elettricità prodotta negli anni utilizzando FER (dati dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente – ARERA[6]). Per il 2030 si fa riferimento alle intenzioni contenute nell’ultima Strategia Energetica Nazionale (SEN)[7]. È da notare la forte crescita nell’utilizzo delle FER nella produzione di elettricità, in particolare di quelle aleatorie, soprattutto solare ed eolico.

Rete elettrica

Fonti dati: ARERA, Relazione 291/2019/I/FER, 2 luglio 2019; Strategia Energetica Nazionale 2017

I piccoli impianti (potenza  10 MVA) sono passati dal 4,7% della produzione nel 2004 al 18% nel 2017 (di cui circa l’80% è costituito da FER e più del 40% da FER discontinue).[8] Il crescente peso delle fonti aleatorie e dei piccoli impianti richiede una rivoluzione della rete, sempre più centrale vista l’elettrificazione dei nostri consumi (auto elettriche, pompe di calore…)[9].

 

Funzionamento del sistema elettrico: la matassa

Per meglio comprendere la sfida dell’integrazione delle FER nella rete e alcune delle relazioni che corrono lungo i cavi, questo paragrafo espone, con alcune semplificazioni, il funzionamento del mercato all’ingrosso dell’elettricità in Italia, focalizzandosi sui mercati in cui si negozia l’elettricità per il giorno successivo.[10]

Mercato del giorno prima (MGP). Si apre 9 giorni prima del giorno di consegna e si chiude alle 09.00 del giorno precedente. Vi si aggregano, per ognuna delle 24 ore del giorno di consegna, le offerte di acquisto (da parte degli acquirenti quali grossisti e altri intermediari) e di vendita (da parte dei produttori di elettricità). Un algoritmo, per ogni ora del giorno di consegna, ordina queste offerte ottenendo una curva di domanda, una di offerta e un prezzo di equilibrio (punto di intersezione) a cui tutte le offerte sono valorizzate (si veda il grafico). Tutta l’offerta sopra quel prezzo e la domanda sotto di esso sono fuori mercato (a destra del punto di equilibrio).

Rete elettrica

Fonte immagine: Gestore Mercato Elettrico, “Vademecum della Borsa elettrica italiana”, p.40[11]

Le prime offerte di vendita lungo la curva di offerta, nel tratto iniziale a prezzo 0, corrispondono alla generazione FER: questa elettricità può essere venduta a 0 in quanto i costi marginali di produzione sono nulli (la materia prima, sole e vento, non si paga) e grazie agli incentivi. La produzione FER ha dunque la priorità nella fornitura.

Mercato dei servizi di dispacciamento (MSD). Si apre il giorno precedente e prosegue fino a tutto il giorno della consegna. Alcune imprese produttrici (impianti rilevanti per dimensioni) vendono a Terna la propria disponibilità a cambiare i programmi di produzione (stabiliti in base alle quote assegnate dal MGP). La quantità di elettricità immessa deve essere sempre uguale a quella consumata e Terna cerca di garantire questo bilanciamento. Accedendo a MSD Terna può chiedere a un’impresa di accendere (o spegnere) un impianto per poter meglio gestire eventuali picchi (o crolli) di domanda inattesi. I servizi possono essere o “a salire” o “a scendere” (per aumentare o diminuire l’elettricità in rete). Più vi sono sbilanciamenti e più Terna (di fatto la collettività) paga questi servizi, necessari per bilanciare la rete.

Emerge pertanto che, con il crescere della produzione FER, aumenta il peso della generazione discontinua e imprevedibile e con esso l’impegno, tecnico ed economico, richiesto a Terna e agli impianti di dimensioni più rilevanti. La crescita delle FER, inoltre, spinge fuori mercato (a destra nel grafico) gli impianti che usano energie fossili, costringendo alla dismissione di grandi capacità produttive. Sono stati dismessi impianti termoelettrici (a gas) per 15 GW (-20% dal 2013 al 2018, dati Terna)[12]. Una capacità particolarmente efficiente, flessibile e programmabile, su cui Terna poteva fare prezioso affidamento per bilanciare la rete.

 

Nuove fonti di flessibilità: la ricerca del bandolo

Dunque, la rete ha a disposizione meno impianti in grado di modulare la generazione di elettricità e deve gestire una crescente produzione FER non programmabile. Se si concretizzasse quanto indicato nella SEN, nel 2030, con la forte crescita della generazione solare ed eolica, l’energia movimentata e i costi per bilanciare la rete sarebbero il quintuplo rispetto a uno scenario di sviluppo inerziale (835 milioni di €)[13].

L’Italia sta seguendo due strade.[14] La prima è l’introduzione del mercato della capacità (capacity market), il cui processo è iniziato a giugno 2019. Si tratta di un mercato ad aste distinte sul territorio con cui Terna remunera i soggetti che mettono a disposizione capacità produttiva e sistemi di accumulo (batterie, ad esempio) per la gestione dei picchi di domanda. In questo modo Terna avrà a disposizione maggiore capacità programmabile preservandone allo stesso tempo l’economicità ed evitandone la dismissione.

La seconda strada, sostenuta dall’UE, diversamente dal capacity market[15], consiste nell’aggregazione di più soggetti finora esclusi dal bilanciamento della rete. L’innovazione sta nell’organizzare capacità produttive anche piccole sparse sul territorio nonché sistemi di accumulo e centri di consumo in modo che possano partecipare al MSD, contribuendo così al bilanciamento della rete su remunerazione di Terna. Come un impianto può contribuire al bilanciamento producendo di più o di meno, così anche le batterie possono rilasciare o assorbire elettricità e i centri di consumo possono prelevare meno o più energia. Queste aggregazioni si chiamano UVAM (Unità Virtuali Abilitate Miste) e ognuna può avere una diversa combinazione di impianti (FER e non), accumuli e unità di consumo, tutti asset caratterizzati da diverso potenziale.

I diversi tipi di impianto possono modulare la generazione in base alla disponibilità della materia prima. Nel caso degli impianti FER il servizio reso al bilanciamento è per lo più “a scendere”, ovvero rendendosi disponibili a produrre meno. Gli accumuli possono immettere o prelevare elettricità con una certa durata in base al loro stato di carica.

I centri di consumo, ovvero aziende ma potenzialmente anche domicili, possono ridurre (anche aumentare, ma è più difficile) i propri consumi abbassando (o alzando) la domanda di elettricità, se coerente con le proprie esigenze. Trattasi per lo più di aziende di settori ad alto consumo energetico.

La complessità di una UVAM aumenta con il numero degli asset aggregati e con l’eterogeneità di questi. Occorre una soluzione tecnologica che permetta di raccogliere i dati dagli asset, che gestisca le comunicazioni con Terna e che ripartisca gli ordini di questa ai diversi asset. Inoltre occorre un aggregatore, un soggetto che metta insieme gli asset interfacciandosi con chi li possiede: di solito un’azienda energetica che può far riferimento ad asset propri o appartenenti ai propri clienti e che può far valere la propria competenza.

Nel corso del 2019 è stato portato avanti un progetto pilota relativo alle UVAM che ha visto l’aggiunta di nuova capacità al bilanciamento della rete per un totale di 1156,5 MW con il movimento, a ottobre 2019, di 556,5 MWh “a salire” e 36,5 MWh “a scendere”. Le UVAM sono state 156 con 27 aggregatori (tra cui A2A, Enel X, Eni, Hera ed Iren) per un totale di 233 impianti e 184 unità di consumo (dati Terna). I risultati sono stati positivi, considerando la natura sperimentale dell’impresa, ma gli operatori sottolineano alcune barriere alla partecipazione. In particolare i costi della modulazione del prelievo/immissione di energia, che variano in base all’asset. Vi sono inoltre dei costi opportunità: per le unità di consumo accettare ordini di Terna implica cambiare programmi di prelievo e di produzione mentre gli impianti FER possono preferire generare elettricità godendo degli incentivi collegati alla produzione.

Dinanzi a questi diversi costi si ritiene che la presenza di un corrispettivo fisso per MWh all’interno della remunerazione di Terna può significativamente rafforzare l’economicità della partecipazione alle UVAM, allargando così la platea dei soggetti interessati, soprattutto alle FER. Si tratta di valutazioni da fare soppesando costi e guadagni. Da una parte il costo per la collettività rappresentato dal corrispettivo fisso e gli investimenti da parte degli operatori. Dall’altra i benefici ottenibili: una maggior diffusione delle FER; potenzialmente diversi GW messi a supporto del bilanciamento, con una riduzione dei costi nel mantenimento dell’equilibrio; nuova attività economica con positive ricadute su occupazione e gettito fiscale.

Energy & Strategy Group e Ricerca Sistema Energetico (RSE) stimano che i costi del bilanciamento nel 2030, con l’incremento delle FER previsto dalla SEN, raggiungeranno gli 835 milioni di €. Se il 50% delle necessità di bilanciamento “a scendere” stimate per quell’anno fossero soddisfatte con FER non programmabili, quei costi calerebbero del 60% (scenario 3 nel grafico qui sotto). Realizzando anche nuovi accumuli per 5 GW e facendo partecipare al bilanciamento il 10% di impianti termoelettrici e bioenergie in più tramite UVAM, i costi sarebbero riallineati allo scenario di sviluppo inerziale (scenario 4). In altre parole si potrebbero sviluppare le FER mantenendo sicurezza ed efficienza della rete e prevenendo costi maggiori. Il costo di tutto questo corrisponderebbe ad un aumento in bolletta di 1 c€/kWh (un centesimo a chilowattora).[16]

Rete elettrica

Fonte dati: Politecnico di Milano, Energy & Strategy Group, Ricerca Sistema Energetico (RSE), p.101, marzo 2019

Conclusioni

Capacity market, UVAM, incentivi e altri strumenti normativi ed economici sono al centro degli interessi di una pluralità di soggetti: la collettività, lo Stato, le imprese energetiche e le imprese “energivore”. Il sistema elettrico sta cambiando in modo profondo e vi si devono integrare gli interessi di tutti i soggetti e i dati dei loro impianti e dei vari asset. Un sistema sempre più permeato di sensoristica, elaborazioni rapide e algoritmi. La digitalizzazione è fondamentale per integrare le FER nel sistema, gestire la generazione distribuita e la rete in modo flessibile e in funzione di migliori modelli predittivi (ad esempio per il meteo), considerando tutti i nuovi punti di immissione e consumo che saranno sempre più messi in condizione di “contare”.[17]

La profondità e l’efficienza di questo coordinamento, reso possibile dal digitale, avrà ricadute positive sulla sostenibilità, in quanto permetterà di sposare FER, economicità ed equilibrio della rete. Infine il digitale consente all’orizzontalità portata dalle FER di realizzarsi appieno, con ricadute politiche e sociali, dalle comunità energetiche a livello locale fino a un livellamento del potere internazionale.

Dinanzi a questo percorso non mancano sfide e contraddizioni, come la necessità di continui investimenti per migliorare le tecnologie e non “bruciarle”[18], il ruolo che avranno le grandi imprese tech, la “guerra digitale”, nonché la sostenibilità economica, ambientale e sociale dei metalli e terre rare[19], meno “puliti” e distribuiti di sole e vento eppure necessari per la transizione energetica e tecnologica. Passando dall’equilibrio della rete all’equilibrio di poteri.


[1] Si veda su pandorarivista.it e “L’Italia dell’energia tra dipendenza e trasformazione” di Francesco Saccomanni su Pandora n 7 “Italia”, 2019.

[2] Alberti Marco, “Democratica, regionalizzata e digitale: geopolitica delle energie rinnovabili” in Limes 11/2019 “Cina-Russia la strana coppia” p.262, novembre 2019.

[3] Per approfondire: Democrazie rinnovabili? e Geopolitica ed energia dal sole e dal vento su pandorarivista.it.

[4] Terna.it – https://www.terna.it/

[5] Termini Valeria, “Il mondo rinnovabile”, Luiss University Press, Roma, novembre 2018.

[6] ARERA, Relazione 291/2019/I/FER “Stato di utilizzo e di integrazione degli impianti di produzione alimentati dalle fonti rinnovabili e di generazione distribuita – Anno 2018”, 2 luglio 2019.

[7] Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, “Strategia Energetica Nazionale 2017”, 10 novembre 2017.

[8] ARERA, Relazione 291/2019/I/FER “Stato di utilizzo e di integrazione degli impianti di produzione alimentati dalle fonti rinnovabili e di generazione distribuita – Anno 2018”, 2 luglio 2019.

[9] Energy & Strategy Group, “Electricity Market Report 2019 – L’apertura del MSD oltre I progetti pilota: quali ricadute per il sistema Paese?”, ottobre 2019.

[10] Molte informazioni contenute in questo paragrafo si trovano in Lo Bianco et al. “La guida del Sole 24 Ore al Management dell’energia”, a cura di Business Integration Partners (Bip), Gruppo 24 Ore, novembre 2011.

[11] Gestore Mercato Elettrico, “Vademecum della Borsa elettrica italiana”, p.40.

[12] Energy & Strategy Group, “Electricity Market Report 2019 – L’apertura del MSD oltre I progetti pilota: quali ricadute per il sistema Paese?”, ottobre 2019.

[13] Politecnico di Milano, Energy & Strategy Group, Ricerca Sistema Energetico (RSE), “Analisi dello stato attuale e delle possibili evoluzioni dei mercati elettrici in Italia”, con il contributo della Commissione Europea, marzo 2019.

[14] Molte informazioni contenute in questo paragrafo si trovano in Energy & Strategy Group, “Electricity Market Report 2019 – L’apertura del MSD oltre I progetti pilota: quali ricadute per il sistema Paese?”, ottobre 2019.

[15] Intervento di Andrea Galliani, Vice Direttore Direzione Mercati all’ingrosso e Sostenibilità Ambientale di ARERA alla presentazione dell’Electricity Market Report 2019 di Energy & Strategy Group presso MIP Politecnico di Milano Business School, Aula Magna Carassa Dadda – 31/10/2019.

ARERA, Documento per la consultazione 322/2019/R/eel “Testo Integrato del Dispacciamento Elettrico (TIDE) – orientamenti complessivi”, 23/07/2019.

[16] Politecnico di Milano, Energy & Strategy Group, Ricerca Sistema Energetico (RSE), “Analisi dello stato attuale e delle possibili evoluzioni dei mercati elettrici in Italia”, con il contributo della Commissione Europea, marzo 2019.

[17] Energy & Strategy Group, “Digital Energy Report – Il potenziale dell’energia 2.0”, novembre 2017.

[18] Clô Alberto, “Energia e clima”, il Mulino, bologna, 2017.

[19] Si veda Maronta Fabrizio, “Heavy metal” in Limes 11/2019 “Cina-Russia la strana coppia”, novembre 2019.

Scritto da
Giuseppe Palazzo

Laureato in Scienze Internazionali e Istituzioni Europee presso l’Università degli Studi di Milano, si è poi specializzato nel settore energetico, conseguendo un MSc in Global Energy and Climate Policy presso la SOAS University of London e un master in Energy Management presso il MIP Politecnico di Milano. Ha intrapreso percorsi legati alle politiche pubbliche ed europee, presso ISPI e Scuola di Politiche, e legati alla regolazione del settore energetico italiano presso l’Università di Siena. Ha lavorato come consulente in BIP, ora è project manager per le attività internazionali di RSE (Ricerca sul Sistema Energetico), dipartimento Sviluppo sostenibile e Fonti energetiche.

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