Scritto da Andrea Betti e Jacopo Timini
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I problemi della UE hanno a che vedere soprattutto con la propria struttura istituzionale. Tuttavia, a questo punto della crisi, i livelli di tensione inter-istituzionale fra stati membri fanno apparire una riforma dei trattati tanto impossibile quanto necessaria. Ciò nonostante, il Ministero di Economia e Finanza italiano, in un documento ufficiale pubblicato nel febbraio del 2016 ma poco considerato dai media, ha elencato una serie esaustiva di possibili riforme che includono: una politica fiscale che lasci spazio ad una relativa flessibilità per fomentare la crescita; il sostegno agli investimenti a livello europeo; il completamento dell’Unione Bancaria; il consolidamento del mercato comune; un sistema di assicurazione europeo contro la disoccupazione; e una gestione comune della crisi dei rifugiati. Tali misure possono essere di grande utilità non solo economica, ma anche politica, soprattutto se avessero lo scopo di identificare il momento più propizio per la convocazione di una conferenza intergovernativa che permetta una revisione dei trattati e un chiarimento sulla natura istituzionale della UE.
Se la UE non sceglie il proprio cammino e continua ad essere una somma di stati con differenti visioni, difficilmente sarà capace di elaborare strategie politiche che possano risultare efficaci e legittime. La incertezza sul futuro istituzionale incentiva i vari attori coinvolti a voler massimizzare i propri benefici e minimizzare i propri costi in termini statici – vale a dire nel presente – e non invece in termini dinamici – che implicherebbe maggiore considerazione per le situazioni e problemi futuri. Come ben spiegato nel 2005 da Margot Walström – all’epoca Vice Presidente della Commissione Europea – la UE deve chiedersi cosa è realmente e avere un’idea più chiara di cosa vuole essere nel futuro. Questo significa adottare una visione olistica dei problemi, affinché risultino evidenti i legami fra essi, e che possa fornirci gli strumenti intellettuali per disegnare un contesto istituzionale adeguato, una strategia di lungo periodo, e politiche pubbliche al passo con una realtà in costante cambiamento. Solo così la UE potrà tornare ad essere vista come uno spazio comune, avere un ruolo rilevante nella politica internazionale e riavvicinarsi ai propri cittadini.