“Atlanti. Immagini del mondo e forme della politica in Max Weber” di Mirko Alagna
- 18 Febbraio 2018

“Atlanti. Immagini del mondo e forme della politica in Max Weber” di Mirko Alagna

Recensione a: Mirko Alagna, Atlanti. Immagini del mondo e forme della politica in Max Weber, Donzelli Editore, Roma 2017, pp. X-246, 28 euro (scheda libro)

Scritto da Fulvio Rambaldini

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Quello che scrive Mirko Alagna (assegnista di ricerca in filosofia politica presso l’università di Milano-Bicocca) è un libro importante sotto due punti di vista: contribuisce, in primis, a conferire complessità e valore agli studi su Max Weber, mettendo al centro un tema particolare quale quello del Weltbild, l’immagine del mondo. In secondo luogo, ha il pregio di portare all’attenzione questo concetto per poterlo utilizzare in un’analisi lucida del mondo che ci circonda, essendo «veicolo di un realismo critico, diverso e distante da alcune posture che si sono affermate nella riflessione critica e filosofico-politica degli ultimi decenni» (p.7).

L’immagine del mondo ha il compito di leggere i bisogni e le aspirazioni esistenti, proponendo però interpretazioni e soluzioni alternative a quelle dominanti. Alagna centra la sua opera su di una nozione considerata fondamentale del pensiero weberiano e che corre sottotraccia nelle sue opere senza venire mai definita; essa viene solo parzialmente alla luce nella Introduzione a L’etica economica delle religioni universali. Questo costrutto concettuale e cognitivo viene considerato come una “cassetta degli attrezzi”, “uno strumento euristico” utile all’orientamento pratico ed all’agire politico. L’Autore fa seguire alla chiara introduzione, in cui delinea con precisione l’argomento d’indagine, tre capitoli. I primi due propongono un’analisi del Weltbild che viene, poi, utilizzato come strumento nel terzo capitolo.

Alagna chiarisce fin dal primo momento la complessità dell’immagine del mondo, riuscendo però a tratteggiarla in modo preciso nell’introduzione: essa è «il set di assunti cognitivi sul mondo come totalità – e sulle sue totalità settoriali: la natura, la società, la storia, l’uomo –, che, di fatto, l’umanità si costruisce come criterio di orientamento pratico» (p.9). L’Autore sottolinea il tratto caratteristico di questo concetto weberiano: il muoversi su due piani, tra il cielo e la terra, procedendo sempre avanti ed indietro tra la dimensione materiale e quella immaginativa senza mai ridurre l’una all’altra. Questa complessità rende le immagini del mondo flessibili e perfetto strumento per l’analisi storica, politica o sociale.

Nel primo capitolo si parla dell’immagine del mondo come costellazione, «strumento di orientamento» (p.90) e se ne sottolinea la pluralità interna. Il mondo porta con sé un’eccedenza di realtà a cui non siamo in grado di dare una spiegazione, il Weltbild weberiano si pone l’obiettivo di essere varco d’accesso a questa indicibilità, essendo esso stesso un’opera di creazione. Un’immagine del mondo risulta essere vera solo nel momento in cui funziona pragmaticamente ed ha un impatto sulla condotta di vita delle persone; quando diviene cioè “atlante astronomico” creatore di valori ed in grado di dirigere la pratica politica.

Alagna afferma che le immagini del mondo rappresentano il cielo sotto cui si muove una civiltà, plasmano le persone all’interno di questa, fornendo il senso di dati comportamenti pratici. In questo si delinea chiaramente chi sarà il soggetto della redenzione, definendo una soggettività ed un noi a cui appartenere. Si crea un agire politico volto a mostrare il come di una possibile salvezza. La portata del Weltbild è tanto grande da riuscire a delineare anche il da cosa bisogna salvarsi, segnala infatti i tratti della situazione in cui si vive dai quali si desidera fuggire.

 

Il rapporto tra tempo storico, immagine e materia

Un altro aspetto di fondamentale importanza influenzato dal Weltbild è il tempo storico e l’immagine che si ha di esso, in che modo, insomma, si comportano i singoli ed i gruppi sociali in relazione alla fine del mondo ed a possibili aspettative “apocalittico-escatologiche”. Alagna nota che Weber non ha interesse a porsi il problema dell’origine di queste immagini che inevitabilmente mediano il rapporto tra l’uomo ed il mondo. Ciò che per Weber è importante domandarsi non è perché esse ci siano, ma perché ce ne sia una particolare in un particolare momento storico e luogo. In questo modo si scardina una prospettiva antropologica: l’uomo è sempre animale culturale ed «infinitamente plasmabile» (p. 42), il suo rapporto con il mondo non può essere chiuso e sintetizzato da qualità naturali. Questo non significa, chiaramente, che tutto sia sempre ed ovunque possibile, ma che c’è una costante influenza del Weltbild.

Chiariti questi primi fondamentali punti l’Autore analizza la fotofobia di Blumenberg e l’ira di Sloterdijk, che mantengono ancora una componente antropologica, per sottolineare la radicale novità del pensiero weberiano. Alagna sceglie di confrontare l’elaborazione di questi due pensatori con quello di Weber per sottolineare come, pur in una prospettiva di grande relativizzazione della componente antropologico-culturale, essi non raggiungano la solidità di quello weberiano che trova la sua stabilità nella completa assenza di «una caduta antropologico-naturalistica» (p. 39) che porterebbe al problema dell’origine del Weltbild. Nel primo caso la differenza tra le teorie dei due pensatori pare esile, ma si rivela essere sostanziale, in quanto Blumenberg postula un “piano naturale”, un posto dell’uomo nel mondo che si traduce in una fotofobia insita nella sua natura. Egli, per sua propria conformazione, non può sopportare un eccesso di Illuminismo, un eccesso di critica e dunque non può reggere troppe innovazioni e può così resistere alle future rivoluzioni politiche.

Per Sloterdijk invece l’uomo trascorre l’intero corso della propria vita all’interno di bolle, potendo permettersi di spendere energie per altro che non sia la sopravvivenza. Ma anche qui resta un residuo antropologico: le passioni e in particolare l’ira. L’uomo viene descritto come guidato da questa e dunque vittima di un presupposto, che non viene spiegato come dipendente da un’immagine del mondo. Ancora una volta, dunque, la pratica politica si trova a muoversi condizionata da un movente naturale ineliminabile. Per Weber è il Weltbild stesso a condizionare le passioni che scaturiscono da un dato evento e si spinge ancora oltre, affermando che è sempre il Weltbild a conferire gli statuti di verità di un’epoca: la realtà stessa è frutto di una visione del mondo predominante che ha presa sull’esistente in quanto credibile.

Due grandi assenti nel lavoro di Weber, sottolinea l’Autore, sono senza dubbio Niccolò Copernico e Cristoforo Colombo. Per Weber la rivoluzione copernicana è una scoperta scientifica come ce ne sono state altre; nel momento in cui la si carica di un significato che vada oltre la rivelazione scientifica si sta aderendo ad un’immagine del mondo, non si sta più facendo scienza, si sta, ancora una volta, descrivendo l’immagine del mondo come un’eccedenza. Allo stesso modo la mancanza di Colombo si spiega non sminuendo l’importanza storica dell’America, ma quella del singolo atto della scoperta.

Nel secondo capitolo Alagna ci fa tornare in terra e l’atlante da astrale diviene geografico. Ci tiene a precisare le differenze che caratterizzano l’operato di Weber dalle teorie del ressentiment di ispirazione nietzschana e dal materialismo storico marxista. Queste due teorie erano gli schemi all’epoca in voga per analizzare il rapporto tra immagine e materia. La prima avrebbe avuto la pretesa di spiegare tutti i cambiamenti sociali come mossi da un sentimento di risentimento verso un’altra classe sociale. La seconda aggiunge a questa analisi anche una «rigidità meccanica» (p. 96) che fissa il rapporto tra materia ed immagine in modo sempre uguale. Entrambi questi pensieri risultano essere «monolitici e monocausali» (p.96). Per Weber ogni tentativo di riassumere la grande complessità del mondo in una formula si squalifica da sé. Ciò che vuole smentire non è l’importanza della teoria, che viene riconosciuta valida, ma piuttosto la sua universalità presunta. La «mappatura dell’orografia materiale e sociale» (p.103) è affare complesso che non è possibile tracciare con una piatta teoria del ressentiment.

Il materialismo viene invece apertamente attaccato perché convinto che basti guardare in terra per capire cosa si muove in cielo, ma per Weber il rapporto tra materia ed idee è decisamente più complesso ed ambivalente. Alagna ci mostra come la complessità della cartografia weberiana si possa ricondurre a quattro aspetti: la geografia, ovvero le influenze che le conformazioni fisico-geografiche hanno su una civiltà; la geopolitica, le “sfide internazionali che una società percepisce come decisive» (p.105) quando viene mossa dal Weltbild; la dicotomia privilegiato/non privilegiato, ossia le diverse possibilità di ricezione di un’immagine del mondo da parte di diverse classi sociali; la microfisica dei ceti, cioè l’analisi dettagliata di una condotta di vita legata ad una certa professione. Tratto caratteristico della materialità di cui si occupa Weber è che essa è sempre interpretata dall’immagine del mondo dominante in quel momento e luogo. Le immagini del mondo scompaiono proprio perché non c’è una validità eterna e sono dipendenti dal contesto in cui sono calate, che influenzano e da cui sono influenzate. Un Weltbild può sopravvivere alle condizioni materiali sotto cui era sorto e può modificarsi anche senza il cambiamento delle condizioni materiali. Il Weltbild si muove tra immagini e materia.

 

Alagna e il Weltbild come mezzo di analisi della contemporaneità

Dopo aver caratterizzato le immagini del mondo, nel terzo capitolo, si svela “il fine dell’intero lavoro, la messa a valore del dispositivo”, osservando la relazione che si crea con le forme politiche. L’Autore prende in considerazione la nascita dei diritti di libertà, l’affermazione del liberalismo ed il diffondersi del socialismo, in modo da osservare le «costellazioni in movimento» (p.143). Quello proposto è un grandioso racconto storico per tappe osservando i mutamenti nelle immagini del mondo. Nel primo passaggio si vede come solo in una religione si potesse allora trovare la base per una battaglia radicalmente ampia, e come sia il Weltbild protestante a rendere possibile «l’ultimo eroismo borghese» (p.147). Lo spazio inviolabile dei diritti e delle libertà viene infatti conquistato tramite una promessa dell’aldilà che scardina la potenza statale; alla radice si trova una metamorfosi dell’immagine del mondo.

Nel secondo passaggio viene mostrato come il liberalismo sia intrinsecamente debole, pur rivendicando per sé la paternità della libertà. Il bisogno di ordine si mostra tanto disperato da divenire un vero e proprio Weltbild definito ed armonico. Nasce l’epoca dell’uomo che si è fatto da solo, con la propria intelligenza e si disaffeziona alla politica in quanto capace di cavarsela da sé. I cambiamenti nelle immagini del mondo sono qui dovuti a microtrasformazioni nei macrocomponenti che le costituiscono. Nel terzo passaggio ricostruito da Alagna ci troviamo di fronte ad una «costellazione interamente nuova» (p.211), che ripoliticizza massicciamente la società. Tramite un’irruzione profetico-marxista il Weltbild socialista si radica dall’esterno in una condizione materiale favorevole al suo sviluppo.

Da quest’opera emerge chiaramente uno «sperticato elogio della complessità» (p.236), nel quale il politico deve essere in grado di muoversi nell’imprevedibilità dei rapporti tra terra e cielo. Il dispositivo-Weltbild può essere utile per un’efficace analisi del presente, per ovviare alla «crisi e perdita di credibilità delle forme politiche» (p.242) inventando dei modi nuovi di vita collettiva. L’Autore si auspica la possibilità di un futuro lavoro volto a valorizzare il Weltbild come mezzo di analisi della nostra contemporaneità per tentare di uscire dall’esasperata soggettivazione del nostro rapporto con il mondo in modo da creare nuove appartenenze, un nuovo noi, presupposto fondamentale di un agire politico che sia efficace. Per fare questo sembrerebbe, oggi, maggiormente utile occuparsi di ripensare le istituzioni “alla luce dei soggetti concretamente esistenti” piuttosto che cercare di creare una nuova utopia, cosa che potrebbe rivelarsi un puro esercizio intellettuale, qualora non facesse presa sulla collettività.

Scritto da
Fulvio Rambaldini

Nato nel 1994 a Manerbio (BS). Diplomato al Liceo classico Arnaldo di Brescia. Studia filosofia presso l’Università degli studi di Roma “La Sapienza”. Si interessa di filosofia teoretica e politica occupandosi in special modo del pensiero di Walter Benjamin.

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