“Modello Milano?” di Alberto Bortolotti
- 27 Dicembre 2020

“Modello Milano?” di Alberto Bortolotti

Recensione a: Alberto Bortolotti, “Modello Milano?” Una ricerca su alcune grandi trasformazioni urbane recenti, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna 2020, pp. 228, euro 22 (sceda libro)

Scritto da Kevin Santus

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Un libro multifocale, nel quale processi globali e locali compongono una narrazione sulle transizioni di città e territori. “Modello Milano?” Una ricerca su alcune grandi trasformazioni urbane recenti è un saggio che parla di dinamiche intrecciate, in cui la geografia mondiale si interseca a più riprese con questioni nazionali, dove la relazione tra città, politica ed economia diviene campo di indagine, e al contempo espediente, per raccontare gli sviluppi e le prospettive della città-territorio di Milano. Ed è proprio il capoluogo lombardo che diviene il perno di questa narrazione, sia attraverso la ricostruzione dell’immaginario che ruota attorno ad essa, al suo sviluppo e rilancio, ma anche nella sua relazione con dinamiche sociali e amministrative più ampie.

L’autore apre così a diversi campi di indagine, raccontando della città ambrosiana unitamente ad alcune esperienze internazionali: Singapore, cuore pulsante asiatico ed emblematica Città-Stato; Parigi e Londra, frontiere stratificate del vecchio continente. Il tutto è così inquadrato nell’orizzonte delle global cities, in cui l’analisi dei processi storici, e dei progetti in corso, aiutano comprendere più approfonditamente le possibili prospettive e gli scenari sui quali la questione urbana milanese è proiettata. Ciò, avviene anche attraverso alcune analogie che intervengono legando alcuni progetti in corso nella città (Cascina Merlata, Mind e Scalo Farini) ad altre esperienze dal respiro internazionale.

«Esiste un “Modello Milano”? Quali sono le sue dinamiche politico-economiche in relazione allo sviluppo della città?». Con queste domande si apre il saggio che, in prima battuta, chiarisce lo stato dell’arte da cui si dipaneranno poi queste ampie questioni. A partire dalla sua posizione geograficamente favorevole, nel cuore dell’area padana e al contempo baricentro di flussi di scambio tra Nazione ed Europa, Milano ha infatti definito un carattere fortemente gravitazionale, portando la città a con-fondersi con il territorio. È in questa complessa geografia che si sviluppa la capacità di relazionarsi con una rete interdipendente, legando realtà provinciali attorno al cuore del capoluogo di regione, definendo così un rapporto fortemente transcalare delle dinamiche socioeconomiche. Questa concezione, per così dire “allargata”, del sistema Milano è prodotta non solo da un’analisi dei flussi e delle reti presenti, ma avvalorata dalla prospettiva assunta da alcuni istituti di rating quali il McKinsey Global Institute Cityscope, il quale considera la città di Milano non tanto nei suoi confini amministrativi, quanto più inglobando l’intera regione urbana, definendo un vero e proprio “sistema policentrico” ospitante quasi 8 milioni di abitanti, con un PIL complessivo stimato di 358 miliardi di dollari.

L’interpretazione sottolinea così il crescente legame tra Milano e realtà globali, in cui un policentrismo locale si relaziona ad una rete internazionale di città. Rileggendo le parole della sociologa ed economista statunitense Saskia Sassen, infatti, Alberto Bortolotti sottolinea come «La dimensione, in termini economici, politici, architettonici e urbanistici, delle città ha portato alla configurazione di una rete mondiale, un pianeta in rete che definisce la globalità delle cose […]». È a partire da questa concezione di “metropoli multi-localizzata”, unitamente alle rinnovate condizioni di rilancio dell’intero sistema urbano, formatesi a seguito dei nuovi processi di rigenerazione e sviluppo, che l’autore inizia a costruire le prime caratteristiche del “Modello Milano”. Risulta interessante, a riguardo, l’immediato chiarimento delle differenze che intercorrono tra l’idea di “Modello” e quella di “Città-Stato”, dove quest’ultima non possa infatti essere associata alla città meneghina a causa dell’assenza di alcuni requisiti amministrativi per la costruzione della sua autonomia.

Da ciò si osserva come anche il concetto stesso di “Modello” risulti influenzato dalla modalità di governance consentita, la quale non può, di fatto, agire sul territorio policentrico gravitante attorno alla Città Metropolitana; costruendo così una condizione per la quale Milano, pur esercitando un «ruolo di potenza regionale con ambizioni globali», non può avvalersi di una codificazione giuridica autonoma. Diviene allora chiaro che l’idea di modello non risiede tanto nelle caratteristiche amministrative, quanto più nella capacità di produrre un immaginario collettivo, sovente veicolato attraverso il disegno urbano. L’importanza di quest’ultimo è descritta nella capacità di strutturare «programmi flessibili aperti alla sperimentazione immaginando il disegno urbano come un esercizio di sperimentazione e di messa alla prova più che come prefigurazione dell’assetto spaziale finale». Difatti, come sarà poi ripreso nelle parti centrali del saggio, il disegno urbano è declinato nella sua capacità di osservare e progettare in maniera congiunta strategie urbane e progetto d’architettura. Piazza Gae Aulenti, gli interventi del Campus Bicocca, la Fondazione Prada, sono solo alcuni dei progetti presentati nel rinnovato immaginario urbano, coniugando l’idea di prosperità e raffinatezza a quella di comunità aperta, legandosi così ad una cultura vicina alle grandi capitali internazionali.

L’autore coglie in questo un carattere di quel Modello Milano capace di reinventare e rilanciare la dimensione milanese come un “hub internazionale”, aprendosi ad una serie di dinamiche finanziarie legate anche alla capacità attrattiva di investimenti. È qui che il progetto d’architettura acquisisce un valore di spicco: diviene manifesto di una città e di un paesaggio che muta, strumento possibile per la creazione di place-making. In questo scenario, l’autore riesce però a scorgere e delineare le possibili problematiche: dai processi di crescente gentrificazione ai rapporti asimmetrici tra città e provincia, tratteggiando il rischio di una crescente perdita di identità culturale e tipologica della città a fronte di un carattere globale. In questa complessità, il progetto di rigenerazione del centro direzionale di Porta Nuova, a Milano, diventa un caso studio emblematico che esemplifica i processi di gentrificazione, oltre a evidenziare l’intersezione di capitali esteri nella spirale d’investimenti.

Da ciò, Bortolotti, si interroga sul ruolo delle istituzioni pubbliche nel futuro, in relazione alle trasformazioni e alle potenzialità insite in esse. Se infatti lo scenario globale mostra chiaramente come le operazioni di rigenerazione siano spesso attivate grazie a partnership private, spesso tramite l’interazione con attori internazionali, il ruolo dell’amministrazione pubblica locale rimane un tema aperto, spesso fragilità all’interno di processi trasformativi. Pur non trovando una risposta certa, il solo quesito ha la forza di spingere ad interrogarsi e riflettere, accompagnando il lettore a porsi ulteriori domande e cercare di prendere una posizione in questo complesso scenario.

Definito l’ampio background culturale, il saggio si muove dunque verso la ricognizione di alcune grandi trasformazioni internazionali, mettendo a confronto Singapore, Londra e Parigi, attraverso singole unità prese in esame – Marina Bay per Singapore, King’s Cross per Londra, e Clichy Batignolles per Parigi, – così da restituire un puzzle globale, sapientemente intrecciato con le dinamiche milanesi, restituendo la dimensione delle strategie e delle correlazioni di cui si è parlato nelle parti precedenti del contributo. A partire da Marina Bay, ogni progetto di rigenerazione viene raccontato e interpretato attraverso i processi e gli attori specifici, individuando i ruoli e le conseguenze di questi interventi, dove le trasformazioni hanno plasmato nuovi spazi urbani e immagini/brand di città. Da ciò, infine, lo sguardo torna su Milano. Con un’idea sempre più chiara delle analogie e dei legami con il contesto internazionale, Bortolotti riconosce due fattori principali a cui ricondurre le trasformazioni in atto: le dinamiche socioeconomiche e le pratiche di governo del territorio. Queste sono argomentate a partire da un punto di vista allargato, descrivendo le dinamiche amministrative e urbane, sulle quali più volte l’autore si interroga sul ruolo dei diversi attori nella definizione delle trasformazioni urbane. Altrettanto, il testo, propone delle esemplificazioni, veicolate attraverso lo studio degli interventi di Cascina Merlata, Mind e Scalo Farini, presi in esame nei loro aspetti emblematici quali il progetto dello spazio pubblico, la permeabilità e la definizione di un immaginario specifico. Da ciò si ricostruisce il modus operandi di ogni intervento, riconoscendo le differenze dei tre casi analizzati, sia nelle accezioni temporali e spaziali così come nelle singole narrazioni progettuali.

Queste si chiudono poi con un’intervista a Luigi Borré, Professore associato dell’Università̀ del Piemonte Orientale e Presidente di EuroMilano S.p.A., società chiave nella rigenerazione dell’area di Cascina Merlata. Attraverso lo scambio con Borré è infatti possibile comprendere approfonditamente le dinamiche intercorse nella trasformazione, ma è anche espediente per ripercorrere una sintesi dei temi incontrati nel corso del saggio, dal possibile gap tra Milano e il Sistema-Paese sino al concetto di Modello e Città-Stato.

In conclusione, “Modello Milano?” riesce a costruire una narrazione fortemente interdisciplinare, proiettando quell’immaginario collettivo multiforme, capace di mutare in base a chi lo osserva. Un immaginario che questo saggio interpreta e, forse, contribuisce a costruire proprio attraverso le questioni aperte che pone, in bilico tra ambizioni e riconfigurazioni geopolitiche. Questo, forse, è uno dei grandi pregi di questo saggio: raccontare il modello Milano mostrando la stratificazione di cui esso si compone, relazionando questioni locali con fenomeni globali, interrogandosi sui sistemi possibili e lasciando infine il lettore proiettato verso un futuro aperto.

Scritto da
Kevin Santus

Laureato in Architettura e Disegno Urbano (2019) al Politecnico di Milano, dove è attualmente Assistente alla Didattica e Dottorando di Ricerca in Architecture, Urban and Interior Design. Collabora con team di ricerca nazionali e internazionali, sviluppando tematiche legate alle transizioni del progetto urbano e architettonico, a fronte dei cambiamenti climatici e socioeconomici della contemporaneità.

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