La NATO nell’Europa settentrionale: scenari attuali e prospettive
- 09 Luglio 2018

La NATO nell’Europa settentrionale: scenari attuali e prospettive

Scritto da Riccardo Ottaviani

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A quasi settant’anni dalla sua fondazione, sono 29 i Paesi membri della NATO (North Atlantinc Treaty Organization), organizzazione nata nel 1949 dalla stipula del Patto Atlantico con l’obiettivo di fornire un sistema difesa militare — sviluppatosi, com’è noto, in opposizione al “blocco sovietico”, che a sua volta rispose con il Patto di Varsavia del 1955 — e collaborazione politica guidata dagli Stati Uniti. Dello scenario politico globale del 1949 poco è rimasto: la caduta dell’URSS, la volontà USA di non essere più il “poliziotto globale” sbandierata dal presidente Trump e un orientamento delle relazioni internazionali sempre meno eurocentrico sono solo alcune delle differenze tra l’attualità e settant’anni fa.

In considerazione di questi cambiamenti, molto si è discusso nel corso degli ultimi anni sul ruolo della NATO e sulla sua utilità o meno nel presente e futuro dell’“Occidente”. Se, da una parte, vi è la concezione della NATO come reliquia di un passato a egemonia statunitense, dall’altra vi è la percezione di nuovi pericoli globali che rendono necessaria un’alleanza politica e militare consolidata, soprattutto in assenza di una Difesa europea. Il ruolo giocato dalla Russia è motivo di disputa tra i vari schieramenti politici d’Europa e argomento cruciale quando si parla di NATO, in particolare per le relazioni sempre più complesse tra Russia e Unione Europea, rese decisamente spigolose dalla guerra del Donbass, dall’approccio alle volte “ruvido” del duo Putin-Lavrov e dall’incapacità UE di rendersi attore internazionale unitario.

Con l’eccezione di Canada, Turchia e USA, i restanti 26 membri NATO sono europei e offrono all’organizzazione un raggio d’azione che va dal Sud fino all’estremo Nord del continente. In questo articolo ci soffermeremo sulla presenza della NATO nell’Europa settentrionale, prendendo in considerazione il ruolo dei Paesi nordici nell’organizzazione e soffermandoci su due possibili future adesioni di rilievo, vale a dire quelle di Svezia e Finlandia.

 

NATO e Nord Europa: cenni storici e attualità

Nonostante il Nord Europa sia raramente al centro dei riflettori internazionali, il ruolo da esso ricoperto non va trascurato. Nel caso della NATO, in particolare, alcune caratteristiche portano i Paesi scandinavi, la Danimarca e l’Islanda ad avere una chiara importanza strategica. Partendo dagli albori dell’organizzazione possiamo subito notare la presenza di Danimarca, Norvegia e Islanda tra i Paesi fondatori.

Ciò è dovuto anche agli eventi verificatisi durante Seconda guerra mondiale. Difatti, tutte e tre le nazioni sono state interessate — con diverse peculiarità — dal conflitto. Nonostante la loro neutralità, Danimarca e Norvegia furono conquistate dalla Germania nazista nel 1940. Le opportunità strategiche offerte dalle due nazioni erano notevoli: lo sbocco sul Mare del Nord e sul Baltico, la ricchezza di risorse minerarie — e l’opportunità, inoltre, di importarne agevolmente dalla Svezia —, la possibilità di controllare il Regno Unito da Nord. Diversa fu invece la sorte islandese: l’isola, anch’essa neutrale, fu soggetta a quella che gli inglesi definirono una “invasione preventiva” per sottrarla alla possibile sfera nazista. Successivamente anche gli Stati Uniti intervennero sul territorio islandese a sostegno dell’Inghilterra, con l’intenzione assicurare agli Alleati la loro presenza nell’estremo nord. Al termine della Seconda guerra mondiale Danimarca, Norvegia e Islanda si sono dunque allineate con quello che andò a rappresentare il “blocco occidentale”, rimanendo nella NATO dal 1949 a oggi.

Analizzando il ruolo delle tre nazioni nordiche presenti a pieno titolo nell’organizzazione, è interessante notare come l’Islanda sia l’unico membro NATO a non possedere un esercito formale, pertanto può limitarsi al supporto logistico, a contribuire finanziariamente e fornire personale civile.

La Danimarca, invece, mette a disposizione la sua struttura di comando militare, partecipa regolarmente a esercitazioni militari congiunte ed è stata per anni lo sbocco principale sul Mar Baltico tramite il Principal Subordinate Command (PSC) rinominato Allied Forces Baltic Approaches, in coppia con la Germania. Le successive adesioni di Lettonia, Estonia, Lituania e Polonia avvenute nel 2004 hanno ampliato la presenza dalla NATO nel Mar Baltico, dove tuttavia la presenza area e marittima della Danimarca rimane importante.

Il Paese dell’Europa settentrionale che merita maggiore attenzione nell’ottica della “difesa collettiva” è sicuramente la Norvegia. La sua estensione geografica la porta ad essere l’unico paese nord-europeo interno all’Alleanza atlantica a confinare direttamente con la Russia. Le basi militari norvegesi presenti dal Nord al Sud del Paese rappresentano tasselli chiave per il controllo dell’Europa settentrionale. Un chiaro esempio è dato dalla base di Narvik, nella contea del Nordland, distante poche decine di chilometri dal confine russo. La sua posizione sul mare consente il controllo dell’area artica, dove le esercitazioni russe sono sempre più frequenti. Di recente una esercitazione russa di grande portata tenutasi nel mare di Barents [1] ha destato preoccupazione nei comandi NATO, che hanno quindi potenziato la presenza di navi norvegesi e straniere nel porto di Narvik. Oltre al controllo marittimo sull’Artico, la Norvegia ha anche responsabilità sul controllo aereo del Nord. In campo aeronautico la collaborazione norvegese con gli USA è consolidata e testimoniata da esercitazioni congiunte, training, nonché dal progressivo rimpiazzamento degli F16 con gli ormai noti F35 previsto per i prossimi anni[2]. Dalle basi di Bodø e Ørland gli aerei della Luftforsvaret, l’air force norvegese, garantiscono il controllo dello spazio aereo più a Nord dell’area NATO. Nel Sud del Paese è invece presente il Joint Warfare Centre, il quale ha un ruolo di grande importanza per nel training e nella cooperazione tra le nazioni comprese nell’Alleanza atlantica[3]. Infine, ricordiamo che Segretario della NATO, Jens Stoltenberg, è stato Primo ministro norvegese per il Partito laburista, alla guida della Norvegia dal 2000 al 2001 e successivamente dal 2005 al 2013.

 

Una possibile espansione? Svezia, Finlandia e la NATO

Svezia e Finlandia, entrambe nazioni UE, non fanno formalmente parte della NATO. Tuttavia, le relazioni fra la diplomazia dei due Paesi scandinavi e l’organizzazione del Patto atlantico sono tutt’altro che fredde. Sia Stoccolma che Helsinki sono da diversi anni partner NATO e il dibattito su un eventuale ingresso nell’organizzazione sta diventando sempre più centrale in ambedue i Paesi. Il cardine della discussione è comune: la politica estera di Mosca ritenuta aggressiva e il timore di ritrovarsi impreparati a una — al momento improbabile — aggressione russa, sommato inoltre a una crescente instabilità globale. Nel caso svedese, con una tornata elettorale alle porte che potrebbe riservare sorprese, il dibattitto sull’utilità o meno dell’ingresso nella NATO è tornato a far parte dell’agenda politica nazionale. I partiti dell’Alleanza (coalizione di opposizione composta da partiti di centro-destra), attualmente all’opposizione, hanno manifestato la loro intenzione di guidare la Svezia verso l’ingresso a tutti gli effetti nella NATO. Nelle parole di Anna Kingberg Batra, esponente di spicco tra i Moderati e leader dell’opposizione sino al settembre scorso, si legge la volontà di usufruire dell’organizzazione per garantire una maggiore difesa al Paese: “We need to build security with others . . . In a situation where we need help from others, we need full membership”[4]. Sul fronte di centro-sinistra, il premier socialdemocratico Löfven pare orientato ad aumentare la cooperazione tra Svezia, Finlandia e NATO, ma senza entrare formalmente in quest’ultima. Prevale dunque nell’attuale governo, in carica sino al settembre prossimo, l’idea che un’eventuale adesione svedese alla NATO rappresenti una provocazione verso la Russia in grado di destabilizzare l’area del Baltico. Tuttavia, occorre tenere in considerazione il ruolo giocato dall’opinione pubblica. Da un recente sondaggio è emerso come il 43% degli svedesi intervistati si sia dichiarato favorevole all’ingresso nella NATO[5]. Un dato da prendere con le molle, ma che evidenzia un cambiamento di posizione non trascurabile in un Paese neutrale da circa 200 anni. Le incursioni russe nello spazio aereo di tutto il Nord Europa e talvolta anche quelle marine — molto scalpore ha destato un sottomarino straniero nelle acque dell’arcipelago di Stoccolma nel 2014 — hanno aumentato il clima di insicurezza in Svezia. I 4,8 milioni di volantini informativi inviati dal Ministero della Difesa nelle case degli svedesi contenenti le buone pratiche da seguire in caso di attacco [6] sono un ottimo esempio di propensione alla prevenzione, in pieno stile nordico, ma probabilmente non aiutano a rasserenare gli animi.

Nel caso finlandese, l’intero confine est del Paese confina con la Russia, Stato dal quale ha ottenuto l’indipendenza poco più di un secolo fa, nel 1917. Le relazioni Finlandia-Russia rimasero tese nel corso degli anni Venti e Trenta, sino alla successiva invasione russa del 1939 a seguito delle clausole del Patto Ribbentrop-Molotov tra Russia e Germania per la spartizione del territorio europeo. Data questa brevissima premessa storica, è comprensibile l’attenzione riservata dalla politica finlandese al proprio vicino “rumoroso”. Come nel caso svedese, la Finlandia collabora esternamente con la NATO, ha contribuito alle operazioni dell’organizzazione nei Balcani e in Afghanistan, coopera con la Svezia per il controllo del Baltico. Un ingresso a tutti gli effetti nella NATO potrebbe apparire lo step successivo per un’efficace cooperazione difensiva, ma occorre tenere in considerazione diversi fattori. In primis, il malcontento russo. Nella politica e nell’opinione pubblica finlandese prevale l’idea che un’adesione alla NATO possa essere vista come uno sgarbo da Mosca e che possa quindi peggiorare le relazioni fra i due Paesi, i quali tra l’altro intrattengono relazioni commerciali dal valore di diversi miliardi di euro[7]. La spesa militare finlandese è rimasta constante negli anni, con un picco di 1,6% del PIL nel 2009 abbassatosi negli anni successivi sino all’1,4% del 2017 — numeri lontani dai 5,3% e 4,3% messi in campo nel biennio 2016-2017 dalla Federazione russa [8]—. Un eventuale ingresso nella NATO comporterebbe con ogni probabilità un aumento delle spese, soprattutto in considerazione della richiesta americana di un maggiore impegno da parte dei membri NATO verso l’organizzazione.

Alla luce di quanto detto sinora appare evidente come il dibattito sulla NATO, sia nel Nord che nel resto del continente europeo, dipenda in larga parte da come si interpreta l’espansione dell’Alleanza atlantica e il coinvolgimento crescente dei suoi membri. Mentre una parte degli schieramenti politici, generalmente europeisti, vede l’espansione della NATO come una misura cautelativa nei confronti della politica estera russa, la fazione opposta ritiene valida la concezione di un’espansione verso est come provocazione non tollerabile da Putin e il suo governo. Il presidente russo ha difatti più volte ribadito come l’espansione anti-russa dell’Alleanza atlantica non possa essere attuata senza conseguenze. È evidente che un allargamento della NATO, specialmente nel caso di un Paese confinante come la Finlandia, rappresenterebbe un fatto eclatante nelle relazioni Russia-UE. Ricordiamo che sono ancora in vigore sanzioni applicate dall’Unione alla Russia in seguito alla guerra di Ucraina e all’annessione della Crimea, con l’embargo russo prorogato dal Consiglio dei ministri europei sino al 2019. La complicata vicenda del “Russiagate” e le ombre su Trump hanno alimentato ulteriormente le ostilità, con il timore di ingerenze russe nelle elezioni di Paesi stranieri in chiave anti-atlantista. In aggiunta, l’ottimo stato delle relazioni tra Russia e partiti sovranisti europei — il Front National di Marine Le Pen, per citare il più noto internazionalmente — ha acuito lo scontro tra i vari partiti europei, inasprendo il dibattito.

Per concludere, al di là del dibattito Russia-UE, ci si può aspettare che l’impegno NATO nel Nord Europa non sia destinato a ridursi nel breve termine. Al contrario, in caso di ulteriori complicazioni tra Unione Europea e Russia sarà proprio il Nord Europa uno degli scenari da osservare con maggiore attenzione. Il possibile ingresso di Svezia e Finlandia nell’Alleanza atlantica, interessante sul piano geostrategico, è legato alle forze politiche che si troveranno alla guida dei due Paesi nei prossimi anni e agli eventi nel Baltico. Tuttavia, anche nel caso in cui sia gli svedesi che i finlandesi rimanessero partner esterni, la Scandinavia rimane importante per la struttura NATO e meno marginale di quanto spesso si tende a pensare.


[1] http://www.rcinet.ca/eye-on-the-arctic/

[2] https://www.airspacemag.com/

[3] http://www.jwc.int/index.php

[4] https://www.ft.com/content/

[5] https://www.aftonbladet.se/

[6] https://www.theguardian.com/world/

[7] http://www.infomercatiesteri.it/

[8] Military expenditure by country as percentage of gross domestic product, 2003-2017, SIPRI 2018

Scritto da
Riccardo Ottaviani

Nato a Cesena nel 1994. Laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche all’Università di Bologna, dove attualmente studia Sviluppo Locale e Globale. Si interessa politica europea e Nord Europa.

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