“Neopopulismi. Perché sono destinati a durare” di Paolo Graziano
- 22 Febbraio 2019

“Neopopulismi. Perché sono destinati a durare” di Paolo Graziano

Scritto da Ernesto Pusceddu

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Recensione a: Paolo Graziano, Neopopulismi. Perché sono destinati a durare, il Mulino, Bologna 2018, pp. 109, 11 euro (scheda libro).


“È necessario fare chiarezza”. Questo il punto di partenza di Paolo Graziano, professore di Scienza politica e Politica comparata presso l’Università di Padova, che nel volume Neopopulismi, edito dal Mulino, si pone l’obiettivo di far luce intorno a un concetto – quello di populismo – spesso abusato e utilizzato impropriamente. Analizziamo quindi i punti di forza dell’analisi condotta dall’autore.

Uno spettro si aggira per l’Europa (e non solo)

All’indomani delle elezioni politiche del 2018, si è parlato di trionfo populista, utilizzando il termine per indicare tutto ciò che non rientra nelle categorie politiche tradizionali, rischiando di banalizzare un fenomeno che ha, secondo l’autore, radici e conseguenze profonde. La prima innovazione proposta da Paolo Graziano è l’uso del termine neopopulismi per distinguere i populismi nati nel XX e nel XXI secolo in contesti democratici, da ciò che è stato il populismo sviluppatosi negli Stati Uniti e in Russia nel XIX secolo[1].

Di populismi (neopopulismi per l’autore) si parla fin dal 1967[2], senza che vi sia tuttora una definizione univoca di populismo.

Paolo Graziano prendendo le mosse dal lavoro di autori quali Ionescu, Gellner, Taggart, Canavan e Mudde, discute le dimensioni più rilevanti delle definizioni di populismo date finora per stabilire dei criteri di analisi. Tali dimensioni sono: ideologia, stile comunicativo e organizzazione[3]. 

  • “Il populismo è innanzitutto un insieme di assunti valoriali o una visione del mondo che pone al centro il popolo e le sue qualità. È un’ideologia”. In particolare il populismo, a differenza di altre ideologie più articolate, pone in essere una relazione antagonistica tra il popolo, considerato come puro e dotato di buon senso, e l’élite corrotta che ha posto il suo giogo sul popolo.
  • Lo stile comunicativo è finalizzato a far risaltare il politico o il partito populista come oggetto salvifico contro l’élite corrotta ed è basato su una retorica incentrata sulla semplificazione e sull’immediatezza del linguaggio. L’autore pone in risalto come interessi e preferenze del popolo siano sostituiti da esigenze, che essendo di fatto bisogni primari sono unici e necessari. Alle esigenze risponde il buon senso del politico populista.
  • L’organizzazione e la leadership dei partiti populisti è basata sulla centralizzazione della figura del leader all’interno e all’esterno del partito. Matteo Salvini è il leader della Lega ma è anche la Lega, così come Beppe Grillo prima, e Luigi di Maio poi, sono leader rappresentativi per il Movimento Cinque Stelle[4].

Le tre dimensioni analizzate dall’autore si intersecano e mescolano con sfumature e gradi differenti a seconda dei partiti, ma forniscono dei criteri e una definizione di partito populista come caratterizzato dalla presenza costante del dibattito tra popolo ed élite, condotto tramite uno stile comunicativo che mette in risalto la figura del leader salvifico che si pone dalla parte del popolo contro l’élite opprimente. Egli è anche perno intorno a cui ruota l’organizzazione del partito che si personalizza nella sua figura.

Questa definizione non viene ritenuta sufficiente dall’autore: è necessario analizzare il popolo, oggetto e soggetto del discorso populista ma anche criterio su cui il partito si modella. L’autore riprende quindi il lavoro di due studiosi francesi – Yves Mény e Yves Surel – che hanno suggerito una triplice distinzione del concetto di popolo: il popolo-sovrano, ossia la comunità politica che è in grado di prendere le decisioni in piena autonomia; il popolo-classe, che contrappone ricchi e poveri, svantaggiati e privilegiati, popolo ed élite quali banche e multinazionali e in generale popolo e globalizzazione; il popolo-nazione: lettura culturale e identitaria legata al senso di appartenenza connesso a un dato territorio, lingua o etnia.

Ogni concetto di popolo porta con sé dei problemi che ricevono risposte differenti a seconda del partito: le idee di Podemos sull’immigrazione sono opposte rispetto a quelle della Lega in quanto il primo si rivolge al popolo-classe mentre il secondo al popolo-sovrano e al popolo-nazione[5].

L’autore integra poi ai concetti di popolo i lavori di Dani Fic, Cas Mudde e Rovira Kaltwasser in cui “i populismi sono stati analizzati col metro dell’inclusività, e cioè osservando la natura più o meno inclusiva della nozione di popolo. E ciò è stato fatto partire da tre dimensioni: materiale, politica e simbolica”[6]. La dimensione materiale è connessa alle politiche pubbliche nazionali e alle politiche distributive; la dimensione politica è legata a due aspetti importanti della democrazia: opposizione e partecipazione; la dimensione simbolica è legata alla definizione di popolo e dell’antagonista di riferimento.

La natura inclusiva o esclusiva della definizione di popolo definisce e influenza l’azione del partito populista nelle tre dimensioni citate. Ognuna di queste dimensioni può essere analizzata considerando l’inclusività e l’esclusività delle politiche del partito populista. Nella dimensione materiale la possibilità di essere inclusi nella distribuzione delle risorse è data dalla natura inclusiva o esclusiva della nozione di popolo. Nella dimensione politica la visione inclusiva e la visione esclusiva differiscono su modi e soggetti da coinvolgere nel processo democratico: un esempio è il dibattito sullo ius soli. La dimensione simbolica, ossia quella ritenuta più importante in quanto connessa alla natura stessa del populismo, può manifestarsi in modalità simili per quanto riguarda la definizione del nemico ma estremamente diverse per quanto riguarda la definizione di popolo. Il populismo esclusivo mette in risalto l’appartenenza alla patria, in un discorso simile al concetto di popolo-nazione visto precedentemente. Il “nativismo” e la cittadinanza sono criteri esclusivi per l’accesso ai diritti. Il populismo inclusivo tende ad avere una visione più ampia di popolo e ammette coloro che sono sul suolo territoriale in un dato momento, includendo i soggetti marginali per il populismo esclusivo[7]. A seconda della concezione di popolo e del grado di inclusività ed esclusività di tale concezione, si possono delineare partiti populisti dalle idee opposte e divergenti, come per esempio i già richiamati Lega e Podemos.

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Indice dell’articolo

Pagina corrente: Uno spettro si aggira per l’Europa (e non solo)

Pagina 2: Le cause del successo dei neopopulismi

Pagina 3: Conclusioni sui neopopulismi


[1] Paolo Graziano, Neopopulismi. Perchè sono destinati a durare, il Mulino, Bologna, 2018, pp.8

[2] ivi pp. 11

[3] ivi pp. 13

[4] ivi pp. 14-19

[5] ivi pp. 21-24

[6] ivi pp. 24

[7] ivi pp. 24-30


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Scritto da
Ernesto Pusceddu

Nato a Cagliari nel 1992, laureato in Scienze della comunicazione all'università di Pisa e attualmente laureando in Comunicazione professionale e multimedialità presso l'Università di Pavia, e nella classe di Scienze tecnologie e società presso la Scuola IUSS di Pavia. Interessato alla politica, alla filosofia politica, all'etica pubblica e appassionato di società e costume.

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