Scritto da Riccardo Ottaviani
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Sono passati più di trent’anni dalla tragica scomparsa di Olof Palme, leader della socialdemocrazia svedese per oltre quindici anni e primo ministro per undici. Nonostante lo scorrere degli anni e delle vicende politiche, il ricordo di Palme non è oggi consegnato solo alle centinaia di strade e piazze a lui dedicate dal Nord al Sud della Svezia: l’eredità umana e politica dello statista svedese continua a esercitare influenza sul pensiero socialdemocratico sia in patria che al di fuori dei confini nazionali.
Spesso però nel nostro Paese, il ricordo di Palme resta legato prevalentemente alla vicenda del suo assassinio irrisolto e alle ipotesi ad esso collegate. Eppure, conoscere la storia di Olof Palme ci può aiutare a comprendere le peculiarità di un personaggio di indubbio rilievo in una fase politica di grande fermento – quella degli anni Settanta e Ottanta – e come egli abbia maturato la propria idea di socialdemocrazia. Ancor più importante è ripercorrere l’attività del Palme politico per trarne elementi che ancora oggi, a diversi decenni di distanza, possono offrire importanti spunti di riflessione. In questo articolo si cercherà dunque di ricostruire la biografia di Olof Palme dalla sua gioventù sino al 28 febbraio 1986, giorno del suo assassinio, analizzando le principali politiche portate avanti dal leader svedese e la fitta rete di relazioni internazionali che ne ha caratterizzato la politica estera. Si cercherà infine di elaborare alcune riflessioni per comprendere come Olof Palme abbia inciso sulla politica internazionale del suo tempo e quanto del suo pensiero politico possa essere ripreso oggigiorno.
Palme dalla gioventù al governo
Sven Olof Joakim Palme nasce a Stoccolma il 30 gennaio 1927 da una famiglia istruita e benestante. Il padre, Gunnar, era presidente di una prestigiosa compagnia di assicurazioni ereditata da Sven Palme, nonno di Olof. Elisabeth, la madre di Palme, era figlia di un’aristocratica famiglia lettone ed era immigrata in Svezia dopo aver studiato medicina in Germania. Gunnar Palme muore nel 1934, quando Olof ha 7 anni. Già da bambino, grazie all’istruzione impartitagli dalla madre, Palme parla svedese, tedesco, francese e in parte russo. La conoscenza delle principali lingue europee sarà elemento di grande aiuto nel corso della carriera politica di Palme, evidenziando fra l’altro come la propensione internazionale di Palme nasca da lontano. Ottenuta la maturità in un rinomato istituto privato, presta servizio militare per alcuni mesi e inizia gli studi in legge all’Università di Stoccolma. Da qui comincia la fase di attivismo politico che lo porterà a farsi conoscere fuori dai confini svedesi sin da giovane. Eletto nella segreteria dell’Unione degli studenti svedesi (Sfs), Palme dedica grande impegno all’organizzazione sino a diventarne il presidente. In questa veste ha modo di conoscere molti degli esponenti che avrebbero caratterizzato la sinistra europea degli anni Settanta e Ottanta, tra cui anche Enrico Berlinguer[1].
Una serie di viaggi negli Stati Uniti, in Messico e in Asia plasma ulteriormente il suo profilo umano e politico, portandolo a elaborare riflessioni e convinzioni sulla povertà e le disuguaglianze sociali che lo accompagneranno per tutto il suo percorso. I viaggi nell’Est Europa, in particolare, lo spingeranno ad allontanarsi sempre più dal comunismo sovietico, di cui contesterà in varie occasioni i metodi repressivi. Nel 1949 Palme arriva persino a impegnarsi in un matrimonio meramente politico in opposizione al modello sovietico: nel corso di un suo viaggio a Praga conosce una giovane studentessa, Jelena Rennerova, e la sposa per permetterle di abbandonare la Cecoslovacchia. I due divorzieranno dopo qualche anno una volta sicuri di non subire ripercussioni[2].
A poco più di vent’anni Palme ha già acquisito un’importante esperienza del mondo. Le sue doti di comunicatore e la sua conoscenza delle dinamiche socioeconomiche globali lo porteranno in breve tempo ad essere notato da Tage Erlander, storico leader socialdemocratico. Nel 1953, Palme viene scelto da Erlander come segretario personale. Tra i due si crea un rapporto di amicizia e una sintonia politica dimostrata da Palme anche negli anni della sua leadership. La carriera politica di Palme decolla rapidamente: eletto al Riksdag (il Parlamento svedese) nel 1957, nel giro di pochi anni ricopre diverse cariche ministeriali, tra cui il Ministero delle Comunicazioni e quello dell’Istruzione. Il 1969 è un anno chiave per Palme e per la Svezia: dopo 23 anni da primo ministro, Erlander lascia la carica e la leadership dei socialdemocratici. Palme è l’erede designato per guidare il Paese in una fase di riformismo del sistema politico – risale a quegli anni l’abolizione del sistema bicamerale e una revisione dei poteri del Re di Svezia[3] – e di importante crescita economica. Con Socialdemokraterna costantemente al disopra del 40% dei consensi, Palme rimane primo ministro fino al 1976. Dopo aver perso due elezioni consecutivamente, aprendo così una fase di governo centro-liberale – sotto la guida del centrista Thorbjörn Fälldin – Palme riconquista la carica di primo ministro nel 1982. La mantiene sino al 28 febbraio 1986, giorno del suo assassinio.
L’assassinio
Verso le 23:00 del 28 febbraio 1986, dopo essere uscito assieme alla moglie Lisbet da un cinema in via Sveavägen, nel centro di Stoccolma, Palme – che era solito muoversi senza scorta al di fuori degli orari di lavoro – viene sorpreso alle spalle da un uomo e freddato con diversi colpi di pistola. La moglie, ferita lievemente da un proiettile, cerca immediatamente di soccorrerlo con l’aiuto di alcuni passanti, ma le condizioni appaiono subito gravi. Palme muore dopo poche ore, lasciando la Svezia nello sgomento.
L’omicidio di Olof Palme è il più grave trauma collettivo vissuto della Svezia moderna. Un paese neutrale da due secoli, con uno scenario sociale decisamente meno conflittuale in confronto alla maggioranza degli stati europei del periodo, si trova a fare i conti con l’assassinio del proprio primo ministro e leader del partito di maggioranza. A tutto ciò si aggiunge la mancanza di un colpevole: l’assassino è difatti fuggito senza essere riconosciuto. La guida del governo passa a Ingvar Clarsson, compagno di partito di Palme e ministro dell’economia. Ai funerali del 15 marzo seguente partecipano i principali leader d’Europa e delegazioni da ogni parte del mondo.
L’assassinio di Olof Palme rimane – e rimarrà, con ogni probabilità – irrisolto. Le indagini si concentrarono su Christer Pettersson, un tossicodipendente già coinvolto in episodi di microcriminalità, arrivando alla condanna in primo grado anche grazie alla testimonianza di Lisbet, la moglie di Palme. Pettersson viene poi assolto in appello per l’inconsistenza delle prove a suo carico e risarcito per l’errore giudiziario[4]. Egli si dichiarerà poi colpevole una volta arrivata la prescrizione, ma la sua versione rimane poco credibile e può andare ad aggiungersi a quelle di centinaia di mitomani incolpatisi dell’omicidio. Andremo invece a considerare quella che è stata l’azione politica portata avanti da Olof Palme.
La politica
L’azione politica interna di Palme è indubbiamente legata al “modello svedese”, basato su massicci investimenti in welfare pubblico e piena occupazione. In questo senso Palme ha proceduto in continuità con il suo predecessore e “padre” politico Tage Erlander, che nel corso di oltre vent’anni di governo aveva indirizzato l’economia e la società svedese in una direzione tendenzialmente egualitaria e attenta alle tematiche sociali. L’elevata spesa pubblica in settori chiave quali la sanità e l’istruzione era per Socialdemokraterna una priorità. Il prezzo collettivo da pagare era una tassazione progressiva tra le più alte al mondo, il che rendeva Palme oggetto di aspre critiche da parte di coloro che percepivano un elevato reddito. Caratteristica tipica della politica di Palme, in linea con lo storico orientamento socialdemocratico svedese, è uno strettissimo rapporto con LO, il principale sindacato svedese. Nasce da qui il pioneristico esperimento dei fondi dei salariati e del Piano Meidner, il cui scopo era creare un sistema di cogestione delle imprese dove i lavoratori possedessero la maggioranza nei consigli di amministrazione delle aziende[5].
L’aspetto innovatore della leadership politica di Palme è la grande attenzione alla politica estera, intesa non solo come difesa degli interessi svedesi ma anche come lotta per i diritti e l’uguaglianza a livello globale. Il “neutralismo attivo” della Svezia di Palme fonde elementi classici della politica estera svedese con l’idea di socialismo europeo ed internazionale voluta dai due governi del leader svedese. Pur cercando di rimanere al di fuori delle dinamiche della guerra fredda, evitando l’adesione sia alla NATO che al Patto di Varsavia, Palme non mancava di far sentire la propria voce in ambito internazionale, specialmente riguardo ai paesi del cosiddetto Terzo Mondo e alla necessità di un disarmo nucleare concordato. La ricerca di una “terza via” era per Palme necessaria al raggiungimento del socialismo. In tal senso, nonostante il dialogo e le visite diplomatiche intrattenute, la contrapposizione con l’URSS era netta. Una delle critiche mosse dall’opposizione, tuttavia, era proprio la presunta volontà da parte di Palme di avvicinare la Svezia alla sfera di influenza sovietica. Palme riteneva la democrazia un elemento fondante del socialismo, pertanto rifiutava il sistema repressivo sovietico da lui stesso osservato nei suoi viaggi giovanili. Allo stesso tempo, egli contestava il modello americano, caratterizzato da enormi disuguaglianze economico-sociali sul piano interno ed eccessivamente interventista sul piano internazionale. Nel 1968 Palme criticò duramente l’azione degli USA in Vietnam. Pochi anni dopo fece lo stesso in riguardo al golpe cileno appoggiato dagli USA che aveva rovesciato il governo Allende, nonché gli interventi statunitensi in centroamerica[6]. Va notato, però, che Palme non può essere considerato antiamericano – ciò è riconosciuto anche dalle agenzie americane stesse [7]– e nemmeno anticapitalista. A tal proposito giova ricordare una sua celebre citazione: “Il capitalismo è una pecora che va tosata regolarmente ma non ammazzata”.
L’ambizione internazionale di Palme lo portava a interagire convintamente con le Nazioni Unite per il rispetto internazionale dei diritti umani, tant’è che non si sarebbe esclusa una sua candidatura come segretario. Ricoprì – con scarsi risultati – il ruolo di mediatore internazionale nella guerra fra Iraq e Iran, nel 1980. La sua caratura politica gli garantiva inoltre un importante ruolo all’interno dell’Internazionale socialista, in anni in cui la socialdemocrazia europea viveva grandi sviluppi – erano infatti gli anni di Brandt, Kreisky e del rafforzamento dei socialisti nell’Europa meridionale. Un profilo internazionale completo, insomma, per il leader di un Paese con poco più di 8 milioni di abitanti in grado di avere un’ampia veduta del mondo.
Quel che resta del pensiero di Palme
Abbiamo visto gli aspetti principali della vita e dell’approccio alla politica di Palme, cercando di andare oltre al suo assassinio. Il profilo che emerge è quello di un leader di alto profilo, ricollegabile al concetto di élite – nell’accezione positiva del termine – la cui azione politica è sempre stata supportata da una solida formazione personale. Alcune peculiarità lo caratterizzano, in primis le sue origini: proveniente dal ceto medio-alto, cresciuto nella “Stoccolma bene”, Palme ha dedicato la propria vita alla tutela di lavoratori, poveri ed emarginati, spesso inimicandosi gli appartenenti a quella che era la sua classe d’origine. La profonda conoscenza di contesti radicalmente diversi da quello svedese gli hanno permesso di sviluppare una concezione nuova della socialdemocrazia svedese, attiva anche al di fuori dei confini nazionali.
L’azione politica di Palme, considerata talvolta troppo estrema dagli svedesi stessi, mette in luce un’idea di Stato come motore del progresso economico e sociale. Questa visione, invisa ai liberali del suo tempo, si scontra con ancora più vigore con le pratiche neoliberiste che l’Europa sta sperimentando dagli anni Novanta. Palme incontrerebbe certamente molte difficoltà nel muoversi in questa complessa fase politico-economica.
Cosa resta, dunque, del pensiero di Olof Palme? In primis la sua attenzione alla gestione del sistema economico-sociale per limitare il conflitto e ridurre le disuguaglianze. Altresì la necessità di non considerare il Sud del mondo come nemico o mera opportunità di investimento a basso costo, ma di cooperare attivamente con esso. In considerazione di quella che è stata l’evoluzione del mondo nel dopo-Palme, si può affermare senza pericolo di smentita che la direzione globale è opposta a quella desiderata dallo statista svedese. La crescita incontrollata delle disuguaglianze e dei partiti xenofobi in tutta Europa – Svezia inclusa, con l’arrivo di Sverigedemokraterna (Democratici Svedesi) – sono solo due dei principali esempi. Riscoprire il pensiero di Olof Palme può essere d’aiuto alla sinistra europea per non farsi schiacciare dalle dinamiche globali e riprendere un cammino progressista fermo ormai da anni.
[1] Per un approfondimento rimando all’accurata biografia Olof Palme. Vita e assassinio di un socialista europeo di Aldo Garzia.
[2] A. Garzia, Olof Palme. Vita e assassinio di un socialista europeo, p. 60.
[3] L’approvazione del nuovo sistema unicamerale risale al 1969, mentre nel 1971 si attribuiva al Re, Capo dello Stato di Svezia, solamente funzioni di rappresentanza – si tratta di una formalizzazione, in quanto il Re non interveniva sull’azione di governo già da lungo tempo. Per un approfondimento: www.riksdagen.se/globalassets/07.-dokument–lagar/the-constitution-of-sweden-160628.pdf
[4] observer.com/2016/11/who-murdered-olof-palme/
[5] Per un approfondimento: www.pandorarivista.it/articoli/i-fondi-dei-salariati-in-svezia-paolo-borioni/
[6] www.nytimes.com/1986/03/01/obituaries/
[7] Un rapporto rilasciato dalla CIA sulla politica estera di Olof Palme: www.cia.gov/library/readingroom/docs/CIA-RDP86T01017R000403540001-4.pdf