Scritto da Enrico Cerrini
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Prima dell’abolizione di pochi giorni fa, i voucher potevano essere utilizzati da qualsiasi tipo di impresa e potevano essere acquistati nelle sedi INPS (sia fisicamente che tramite procedura telematica), nei tabaccai, alle poste e in alcune banche. I limiti al loro utilizzo consisteva in 2.000,00 € per la retribuzione annuale di un datore verso un singolo lavoratore e in 7.000,00 € annuali per la remunerazione di un singolo lavoratore da molteplici datori. Non era previsto invece un ammontare complessivo massimo del numero di dipendenti che l’azienda potesse retribuire tramite questo strumento. Il Jobs Act emanato dal Governo Renzi ha fatto esplodere l’utilizzo dei voucher non tanto grazie ad una forte liberalizzazione, quanto alla cancellazione e alla forte limitazione dei suoi principali concorrenti, come i contratti a chiamata o a intermittenza.
Tabella 1: Distribuzione dei voucher in valore assoluto per anno di vendita e settore di attività. Fonte: INPS
L’esplosione del fenomeno è ben documentata nella Tabella 1, dove si nota come il mercato del lavoro è passato dall’assorbire poco meno di 10 milioni di voucher nel 2010 ai 115 milioni del 2015. Nell’ottobre 2016, nel tentativo di regolare il fenomeno, il governo Renzi ha inserito un metodo di tracciabilità, imponendo alle imprese di comunicare all’INPS l’utilizzo della prestazione lavorativa retribuita con voucher almeno un’ora prima del suo inizio, anziché nei trenta giorni successivi, come stabilito dalla normativa precedente. Al momento non sono ancora presenti dati che possano misurare la bontà dell’iniziativa.
Tabella 2: Distribuzione dei voucher in valore percentuale per anno di vendita e settore di attività. Fonte: INPS
Lo studio dell’INPS “Il lavoro accessorio dal 2008 al 2015. Profili dei lavoratori e dei committenti” di Bruno Anastasia, Saverio Bombelli e Stefania Maschio, ha evidenziato come gran parte dei voucher sia stato utilizzato per retribuire lavoratori in costante situazione di precariato. I dati che compongono le Tabelle 1 e 2 mostrano che questo strumento è stato sopratutto utilizzato in quei settori il cui mercato del lavoro è fortemente stagionalizzato, come il commercio e il turismo. Se il contratto stagionale regola quei momenti in cui l’impresa è sicura del maggiore carico di lavoro, i voucher regolavano quelle giornate di condizioni meteorologiche favorevoli a latere della stagione. In questo contesto, spesso i voucher non rappresentavano l’emersione del lavoro nero, ma la punta dell’iceberg. Il lavoro accessorio sarebbe stato in minima parte pagato tramite voucher, mentre la maggior quota della retribuzione veniva pagata in nero.
I tagliandi potevano essere utilizzati sia per mascherare situazioni di lavoro nero, più o meno continuativo, che per il loro ruolo originario di retribuzione di lavoretti domestici. L’universo voucher rispecchia quindi una giungla di situazioni, spesso caratterizzate da casi di esclusione sociale, precariato e lavori scarsamente retribuiti, talvolta in termini assoluti, altre in termini relativi. Il problema che ci poniamo è quello di dividere la necessità di fermare l’abuso del ricorso al lavoro accessorio da parte delle imprese, dalla necessità di migliorare la condizione sociale di chi non ha altra fonte di reddito se non lavoretti eseguiti per privati cittadini.
I due casi devono essere regolati in modo differente. I dati mostrano come l’esplosione del voucher nel mondo delle imprese ne abbia trascinato lo sviluppo tra i privati cittadini. La sostituzione dei voucher con un nuovo strumento finalizzato a regolare le medesime situazioni potrebbe creare disorientamento e far ricadere nel lavoro nero ciò che era faticosamente emerso. Sarebbe opportuno ripristinare un sistema il più possibile simile a quanto appena smantellato, ma ad uso esclusivo dei privati cittadini. Deve invece essere profondamente ripensato il rapporto tra imprese e prestatori di lavori saltuari. Deve essere sperimentato un sistema agile che preveda una serie di regole e di incentivi, che possano garantire vantaggi per le imprese e diritti per i lavoratori.
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