Recensione a: Frediano Finucci, Operazione satellite. I conflitti invisibili dalla Guerra Fredda all’Ucraina, Paesi Edizioni, Roma 2023, pp. 128, 14 euro (scheda libro)
Scritto da Alfredo Marini
10 minuti di lettura
Il 20 dicembre 2019 nasce la United States Space Force (USSF), il sesto ramo delle forze armate americane. È il gennaio del 2020 quando il Presidente Trump, con un tweet, ne pubblica il singolare logo che non tarda a diventare oggetto di ironia sui social network. Si sa, quando un tema entra nella cultura popolare significa che inizia a farsi strada nel grande pubblico e la serie televisiva Space Force[1] ne è un esempio. In uno degli episodi della commedia televisiva, il capo della USSF (interpretato da Steve Carell) scruta il cielo con un telescopio per controllare se il suo satellite spia sia in orbita. Mentre osserva il satellite americano, nell’inquadratura entra un satellite cinese che, prima di allontanarsi, estrae dei bracci robotici per recidere i sistemi di alimentazione di quello americano rendendolo inservibile. La scena descrive in chiave comica un atto di guerra silenzioso che, seppur in forme diverse, trova riscontro nella realtà.
È emblematico il caso del pallone spia cinese abbattuto nei cieli americani il 4 febbraio 2023, probabilmente uno dei rarissimi casi ad aver raggiunto una grande eco mediatica e grazie al quale si intuisce l’intensità del livello di scontro appena al di sopra delle nuvole. «Il vantaggio quasi unico dell’offensiva consiste nella sorpresa» avrebbe affermato il generale prussiano Carl von Clausewitz. Più di due secoli ci separano dalle guerre napoleoniche, ma la citazione è abbastanza duttile per descrivere quanto accade oggi a qualche centinaio di chilometri sopra le nostre teste. Guerra, spazio, innovazione tecnologica e digitale. Questi e altri sono i temi affrontati in Operazione satellite – Paesi Edizioni, l’ultimo libro del giornalista Frediano Finucci, capo della redazione economia ed esteri del Tg de La7, rete per la quale è stato corrispondente da Bruxelles e dove attualmente conduce la trasmissione Omnibus.
Il testo di Finucci riesce a spiegare compiutamente diverse tematiche di natura tecnico-scientifica estremamente complesse adoperando un registro linguistico essenziale e divulgativo. L’autore costruisce il libro avvalendosi delle testimonianze di massimi esperti della materia, offrendo al lettore un prodotto culturale di alto livello contenutistico grazie al quale è possibile cogliere la complessità e l’importanza che le tecnologie satellitari rivestono nei conflitti armati, nell’economia, nel progresso scientifico e nella vita quotidiana delle persone. Operazione satellite porta all’attenzione del grande pubblico la sfida silenziosa che si consuma in orbita, dove i protagonisti si affrontano senza esclusione di colpi, saggiando subdolamente le capacità dell’avversario. Un dato interessante rintracciabile nell’opera di Finucci riguarda la natura dei protagonisti implicati nella lotta per la supremazia spaziale (e quindi mondiale). Non si tratta solo di Stati, ma anche di privati che – grazie agli ingenti capitali a disposizione – riescono a sviluppare tecnologie di altissimo livello operando, non di rado, anche in maniera contraddittoria rispetto agli interessi del Paese di appartenenza. Insomma, quanto accade quotidianamente nello spazio è una battaglia silenziosa per la supremazia tra superpotenze e tra privati che impatta fortemente sulle relazioni tra gli Stati e sulla vita quotidiana delle persone.
L’opera di Frediano Finucci, dal punto di vista concettuale, può essere suddivisa in due parti: una prima, che raccoglie informazioni di natura storica e tecnica in cui si descrive il funzionamento dei satelliti, il modo in cui essi vengono messi in orbita, l’impiego che hanno nei teatri di guerra, i servizi che forniscono e le armi che le superpotenze stanno sviluppando per colpirli. In tal modo il lettore viene introdotto gradualmente alle tematiche affrontate nel libro. Nella seconda parte, l’autore si concentra sul rapporto tra Stati e privati nonché sull’impatto che le tecnologie satellitari avranno nel plasmare l’ordine globale nell’era della digitalizzazione.
Finucci chiarisce cosa sia un satellite, cioè quella macchina – la cui stazza può variare da quella di un’auto a quella di una scrivania[2] – portata in orbita da un lanciatore[3] per scopi civili e/o militari. I satelliti sono dotati di sistemi propulsivi con cui effettuano degli spostamenti non sempre con scopi pacifici. Un satellite, infatti, può spostarsi per evitare impatti, per mantenere o cambiare la propria orbita oppure per avvicinarsi ad altri satelliti per distruggerli o danneggiarli. Ogni satellite, esaurito il carburante necessario ad alimentare il sistema di propulsione appena descritto termina il suo ciclo di vita trasformandosi spesso in un rifiuto spaziale potenzialmente pericoloso. Dal 4 ottobre 1957 – giorno in cui lo Sputnik divenne il primo satellite artificiale in orbita – ad oggi, i satelliti attorno alla Terra sono diventati 12.480 di cui solo 4.900 attualmente in funzione. A quanto pare, lo spazio è un luogo abbastanza affollato e questo aspetto di certo non facilita le relazioni tra chi vi opera.
Il satellite, argomenta Finucci, nasce dalla necessità di sviluppare una tecnologia innovativa con cui rafforzare la posizione di supremazia di chi lo possiede. È una storia simile a quella dell’orologio inventato dall’inglese John Harrison nel 1735. All’epoca, infatti, mancavano gli strumenti idonei a calcolare la longitudine durante la navigazione, con la possibile conseguenza di perdere la rotta con facilità. Per ovviare al problema il Parlamento inglese bandì un concorso a cui Harrison rispose presentando un’ingegnosa soluzione tecnologica: un orologio[4] capace di calcolare la longitudine e con cui era possibile individuare la posizione precisa di una nave sulle carte nautiche. Dopo diversi test e altrettante versioni migliorate, il Governo di Sua Maestà decise di dotare ogni nave della Royal Navy di questa tecnologia e il risultato fu decisivo. Attraverso l’orologio di Harrison, l’Inghilterra si affermò come potenza marina indiscussa poiché le sue navi – al contrario di quelle francesi – potevano calcolare con precisione la propria posizione. L’importanza di avere rotte certe e calcolabili rispondeva ad una necessità militare che non tardò a tradursi in un vantaggio anche di natura commerciale per i mercantili inglesi che navigavano da una parte all’altra dell’Impero Britannico. Finucci, con questo excursus storico, argomenta come l’invenzione del Global Positioning System (GPS)[5] abbia avuto una portata rivoluzionaria simile a quella generata dall’introduzione dell’orologio di Harrison. Il GPS, infatti, è stato l’elemento sul quale gli Stati Uniti a partire dal 1973 hanno rafforzato il proprio vantaggio competitivo nei confronti dell’Unione Sovietica. Dunque, già a partire dalla Guerra Fredda, l’integrazione delle tecnologie satellitari nel comparto militare era diventata irrinunciabile per implementare e mantenere inalterata la propria supremazia e la logica di deterrenza. Per tale ragione Cina, Russia e Unione Europea decisero di sviluppare le proprie costellazioni satellitari per la geolocalizzazione. Nacquero in questo modo la costellazione satellitare russa GLONASS[6], la cinese BeiDou[7] e la costellazione europea Galileo[8].
Il grande pubblico è venuto più o meno a conoscenza di una nuova dimensione del conflitto grazie alla guerra in Ucraina, già a partire dagli eventi di Euromaidan. In questa cornice Stati Uniti e Russia hanno spostato il confronto anche nello spazio già dal 2014, anno dell’annessione della Penisola di Crimea alla Federazione Russa. L’autore riporta che il 13 marzo del 2014 (tre giorni prima del referendum che sancì l’annessione della Penisola) Mosca lanciò un attacco hacker che bloccò per alcuni minuti le reti informatiche e di telecomunicazione ucraine. Il 17 marzo l’aeronautica militare statunitense fece sapere che i satelliti della Federazione Russa avevano posto in essere delle attività potenzialmente pericolose per i satelliti americani. Pochi giorni dopo, i ventiquattro satelliti che compongono la costellazione GLONASS si sono spenti per tredici ore disattivando il sistema di geolocalizzazione russo. La gravità delle implicazioni militari è ovvia. Passarono due settimane e, nuovamente, quasi metà della costellazione GLONASS venne messa fuori gioco. Cosa è accaduto?
L’evento singolare è stato oggetto di discussione durante un interessante dibattito presso il Centro Studi Americani all’inizio del 2024[9] e l’opera di Finucci ha il pregio di raccogliere numerose informazioni con cui ricostruire un mosaico dal quale trarre una spiegazione logica da un evento che i vertici militari di Mosca non hanno mai voluto commentare. Secondo l’autore il fatto che la vicenda non sia stata commentata dai russi è già un indizio, ma Finucci ci dice qualcosa in più: i satelliti GLONASS si sono spenti uno alla volta, in modo sequenziale. Sembrerebbe un attacco camuffato sotto forma di un malfunzionamento. L’autore spiega che questa azione ai danni di Mosca poteva provenire solo da una località: Alice Springs, Australia, cittadina di per sè abbastanza anonima se non fosse che nelle vicinanze è ubicata la base di Pine Gap[10], punto di ricezione satellitare del circuito dei famosi Five Eyes[11]. Insomma, nessuna apparente conferma, solo moltissime coincidenze che fanno intuire come a causare il collasso di GLONASS siano stati gli USA. Un’ipotesi utile a comprendere alcuni aspetti cruciali: la proiezione del conflitto russo-ucraino al di là del campo di battaglia, il ruolo giocato dagli Stati Uniti grazie alla superiorità tecnologica di cui godono e la fragilità del sistema di geolocalizzazione di Mosca da cui dipende il suo apparato militare.
I richiami alla guerra in Ucraina però non sono finiti. Attraverso le sue pagine Finucci fa luce anche sul ruolo dei privati nei conflitti armati in ragione delle tecnologie satellitari di cui dispongono. Il riferimento è all’utilizzo della costellazione Starlink di Elon Musk da parte degli ucraini, dopo che Mosca aveva bloccato tutti i sistemi di comunicazione del nemico, il giorno prima dell’ingresso negli Oblast ancora interessati dalle ostilità. Il progetto del magnate americano partì nel 2018, anno in cui i primi due satelliti Starlink furono messi in orbita con l’obiettivo finale di portare la connessione internet ovunque nel pianeta. L’imponenza del progetto diventa autoevidente osservando i numeri: se nel 2018 i satelliti di SpaceX erano 2, oggi sono 5.000.
All’inizio delle operazioni militari il governo di Kiev – con un tweet del Vice Primo Ministro e Ministro della trasformazione digitale Mykhailo Federov – chiese il supporto della costellazione Starlink per ristabilire la connessione internet, vitale per le operazioni militari e non solo. Il supporto non si fece attendere e Finucci descrive il successo del partenariato pubblico privato tra USAID[12] e SpaceX che permise l’invio di migliaia di terminali di ricezione Starlink nel teatro bellico.
Per la prima volta, spiega l’autore, un privato mette a disposizione di uno Stato delle tecnologie destinate ad uso civile per scopi militari al fine di supportare la strategia dello Stato di appartenenza. A questo punto una domanda sorge spontanea. La potenza assunta dai privati è automaticamente al servizio degli obiettivi che lo Stato d’appartenenza intende perseguire? Probabilmente un tempo era così, ma oggi la situazione è più complessa e la guerra in Ucraina resta un esempio emblematico anche in questo caso.
Finucci descrive la potenza che può esprimere un partenariato pubblico privato come quello creatosi tra la prima potenza militare (gli Stati Uniti) e il privato con le tecnologie satellitari più avanzate al mondo (Elon Musk), ma come abbiamo detto i rapporti di forza non sono più totalmente orientati a favore degli attori statuali. L’autore, infatti, risponde ad una domanda spesso taciuta: chi paga SpaceX per fornire servizi al Governo ucraino? A quanto pare, il magnate sudafricano avrebbe rivolto le sue lamentele al Pentagono sottolineando come la sua azienda stesse perdendo 20 milioni di dollari al mese[13] per mantenere la connessione internet in Ucraina. Allo stato attuale Kiev gode ancora dei servizi offerti da Musk, cruciali e irrinunciabili per la prosecuzione della resistenza contro l’esercito di Mosca; perciò, qualcuno deve aver pagato il conto anche se non sappiamo con certezza chi sia stato. Possediamo solo informazioni frammentarie, come l’interesse manifestato dall’Unione Europea nel sobbarcarsi parte dei costi e la certezza che la Polonia abbia contribuito all’acquisto dei sistemi di ricezione.
Nel nuovo ordine mondiale che si sta delineando sembrerebbe che gli interessi economici del settore privato non siano serventi rispetto agli obiettivi dello Stato, e a rafforzare il concetto che sta alla base del nuovo rapporto tra queste due realtà interviene un ulteriore elemento. Gwynne Shotwell (Presidente e Chief Operating Officer di SpaceX) ha affermato che la società aveva adottato delle contromisure per limitare l’utilizzo a scopi militari della tecnologia satellitare Starlink soprattutto per quanto concerne le operazioni offensive portate avanti dall’esercito di Kiev.
Quanto detto fino ad ora ci conduce verso i concetti che l’autore sviluppa nell’ultima parte della sua opera. Innanzitutto, l’intuizione di pensare il nostro pianeta come un enorme panopticon, alla luce del ruolo rivestito dalle tecnologie satellitari. Grazie ai satelliti si è registrato con mesi di anticipo l’ammasso di truppe russe al confine con l’Ucraina, così come, ricorda l’autore, si è identificato l’alto numero di carri funebri davanti ai forni crematori delle principali metropoli cinesi nel 2020 a pochi mesi dall’inizio della pandemia da Covid-19. Anche in questo caso Finucci induce il lettore a riflettere: «è possibile ipotizzare un mondo più sicuro perché i satelliti controllano minuto per minuto il cortile del vicino» (p. 110)? Quanto accaduto il 24 febbraio 2022 era stato osservato con mesi di anticipo, ma non è bastato a fermare le scelte di Vladimir Putin.
L’ultimo capitolo di Operazione satellite, dal titolo L’ordine digitale, parte da alcune considerazioni di Ian Bremmer[14] per descrivere gli esiti delle interazioni tra sicurezza globale, economia e digitalizzazione nel prossimo futuro. Il politologo americano definisce tre ordini globali, due dei quali abbastanza chiari da analizzare. L’ordine relativo alla sicurezza continuerà ad essere dominato dagli Stati Uniti con la Cina in cerca del sorpasso e la Russia fuori dalla competizione a seguito del sostanziale fallimento registrato nelle pianure ucraine. L’ordine economico vedrà ancora un dominio condiviso tra Unione Europea, Stati Uniti e Cina. Il terzo, definito da Bremmer come «ordine digitale», è l’unico in cui «la dimensione di potere non è ancora ben plasmata» (p. 110) nonché l’unico in cui i privati possono influenzare le scelte dei governi e la vita dei cittadini. Le grandi potenze riusciranno a imbrigliare la forza delle grandi tech company? Nei prossimi anni conosceremo la risposta che, se dovesse essere negativa, determinerebbe la nascita di un nuovo assetto politico globale mai conosciuto prima d’ora.
Cina, Russia, Stati Uniti e India sono le potenze che stanno plasmando il presente e il futuro. A tal proposito Operazione satellite nasconde tra le sue pagine una questione silenziosa che si può riassumere in questi termini: cosa vuole fare e cosa vuole essere l’Europa in questo nuovo scenario? L’assenza di una difesa comune tanto quanto quella di un procurement militare standardizzato rende l’Unione Europea priva di una dimensione strategica e difensiva autosufficiente. L’incapacità di fondere ricerca e industria militare in un sistema organizzato rende l’Unione un soggetto incapace – nonostante le grandi potenzialità – di reggere il confronto con Stati Uniti, Cina e Russia per quanto concerne la nuova corsa allo spazio. Un esempio in tal senso è offerto dalla scelta europea di mandare in pensione il lanciatore Ariane[15] a causa degli elevati costi di gestione, con la conseguenza di rendersi dipendente da privati come SpaceX. Sarebbe arrivato il momento per l’Unione di dotarsi di nuovi strumenti poiché lo scontro tra superpotenze che si sta delineando non potrà essere sostenuto solo con la volontà di porsi come regolatori di tecnologie progettate, realizzate e commercializzate da terze parti e di cui – in fin dei conti – siamo meri fruitori.
Infine, il libro permette di riflettere sul futuro ordine mondiale plasmato dalle tecnologie digitali e satellitari; i privati arriveranno a detenere dei poteri sciolti da qualsiasi vincolo? Gli Stati, sempre che ne abbiano la forza, dovranno approntare strumenti regolatori severi nei confronti di questi ultimi?
Nel frattempo, i cieli della Terra si sono trasformati in una scacchiera – speculare ai teatri di guerra – in cui ogni attore muove silenziosamente le sue pedine (i satelliti). Non a caso Frediano Finucci rammenta che quando si parla di satelliti «significa che da qualche parte in un bunker o in una sala di controllo, una persona (spesso con una divisa) dopo aver ricevuto un preciso ordine preme dei pulsanti per comandare un costoso e segreto ammasso di ferraglia» (p. 110) da cui derivano delle conseguenze che è necessario conoscere e comprendere.
[1] Serie tv prodotta da Netflix, in onda per due stagioni dal 2020 al 2021.
[2] I cosiddetti “cubesat”.
[3] Missile usato per inviare un carico utile nello spazio che può consistere in satelliti, sonde interplanetarie, veicoli con astronauti o moduli di rifornimento per le basi spaziali orbitanti.
[4] Il prototipo prendeva il nome di H1.
[5] Sistema di posizionamento e navigazione satellitare militare statunitense.
[6] “Global’naja Navigacionnaja Sputnikovaja Sistema” (Global Navigation Satellite System).
[7] Běidǒu (北斗) indica la costellazione Mestolo del Nord, conosciuta in occidente con il nome di Orsa Maggiore.
[8] La costellazione europea viene intitolata a Galileo Galilei, l’astronomo che scoprì le quattro lune di Giove, una delle quali, conosciuta con il nome di Europa.
[9] “Operazione satellite: la geopolitica dello Spazio” 16/01/2024. Saluti: Roberto Sgalla; Antonio Virgili; Panel: Marco Aliberti – Senior Research Fellow, European Space Policy Institute; Davide Cipelletti – Generale di Brigata Aerea, Capo Ufficio Generale Spazio, Ministero della Difesa; Frediano Finucci; Stefania Giannini – Vice Direttore Generale UNESCO, già Ministro dell’Istruzione; Conclude: Emanuele Errichiello – Responsabile Osservatorio UE del CSI, Ricercatore della London School of Economics (LSE); Modera: Gianluca Di Feo – Giornalista, la Repubblica.
[10] Una delle più grandi basi terrestri di Echelon per l’intercettazione delle comunicazioni.
[11] L’alleanza nel campo dell’intelligence siglata da Canada, Regno Unito, Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti e da quest’ultima guidata.
[12] Agenzia per lo Sviluppo degli Stati Uniti.
[13] Dei 25.300 terminali Starlink presenti sul suolo ucraino solo 10.000 pagavano l’abbonamento.
[14] Politologo americano, è fondatore e presidente di Eurasia Group e di GZERO Media. Editorialista per gli affari esteri e editor-at-large della rivista Time, in Italia scrive sul Corriere della Sera.
[15] Il riferimento è al Programma Ariane, consistente in una serie di vettori ad uso civile costruiti e progettati dal consorzio Arianespace per conto dell’Agenzia Spaziale Europea.