Scritto da Gianluca Piovani
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Nel mese di ottobre 2018 sono state presentate le due pubblicazioni semestrali di studio dell’economia globale dell’FMI (Fondo Monetario Internazionale). Il World Economic Outlook si occupa di studiare la congiuntura attuale da un punto di vista macro economico, con particolare riferimento ai valori di PIL e crescita potenziale, inflazione, bilancia commerciale, etc. Il Global Financial Stability Report è uno studio di natura finanziaria e verte sulle condizioni di liquidità, sullo stato di salute dei mercati finanziari e dei sistemi bancari, sulle possibili tensioni nel mercato dei cambi, etc. La combinazione di questi due studi fornisce un quadro completo dello stato attuale di ciò che pensa l’FMI del sistema economico mondiale, con riferimento sia ai paesi sviluppati che a quelli in via di sviluppo. Il presente articolo si propone di presentare un’analisi dei due studi dell’FMI e delle prospettive che delineano.
Le previsioni dell’FMI si basano su uno scenario ipotetico e non riflettono pienamente eventi possibili ma al di fuori di questo scenario. Lo scenario dell’FMI prevede che non vi siano crisi economiche all’interno dell’orizzonte temporale studiato (ovvero fino al 2022). L’FMI mostra come l’economia mondiale potrebbe evolvere in uno scenario di base privo di shock negativi; si noti tuttavia che lo studio non esclude la possibilità di crisi. Nello scenario dell’FMI non sono previste ulteriori misure di restrizione al commercio internazionale da parte dell’amministrazione Trump, poiché al momento queste sono incerte ed eventuali e inserirle nello scenario sarebbe stato arbitrario. Si suppone inoltre che la politica monetaria della FED resti restrittiva per contenere l’inflazione americana e che effettivamente vi riesca (tassi al 3.5% nel 2019 per poi calare fino al 2,9% nel 2022; inflazione USA al 2,1% nel 2018, 2,3% nel 2019 e poi in decrescita graduale fino al 2%). La politica monetaria in Europa non prevedrà rialzi di tassi fino a metà 2019 (data a partire dalla quale il restringimento della politica monetaria sarà comunque molto prudente) e l’inflazione europea si rialzerà gradualmente raggiungendo il 2% solamente nel 2022.
I risultati delle stime dell’FMI per gli aggregati economici più rilevanti sono riportati nella tabella che segue (in cui WEO è l’acronimo di World Economic Outlook, ovvero del titolo inglese di questo stesso studio):
L’FMI spiega che le economie avanzate cresceranno a un ritmo inferiore a quello delle economie emergenti. Le economie dei paesi in via di sviluppo, pungolate dalla necessità di dover crescere rapidamente, hanno in genere attuato più riforme e sono state più volenterose nell’implementare politiche economiche virtuose. Questo ha permesso di incrementare la loro crescita potenziale e ne farà il traino dell’economia mondiale nel prossimi anni, così come mostra il grafico che segue:
Con riferimento all’Europa occidentale, l’FMI raccomanda ai paesi che la compongono di prestare attenzione al tema delle politiche fiscali e di un loro equilibrio in vista di future crisi. Il periodo attuale è visto come una parentesi di crescita moderata prima di alcune difficoltà future che ormai si delineano in modo chiaro all’orizzonte e a cui si farà riferimento nel seguito. Eccezione al suggerimento di riequilibri fiscale all’interno dell’Europa è la Germania, a cui invece è raccomandato di aumentare gli investimenti e di intraprendere politiche espansive per ridurre il suo surplus commerciale eccessivo e aiutare gli altri partner trainando, insieme alla propria, la loro crescita. L’FMI vede una congiuntura europea fragile, indebolita dalle tensione sui commerci internazionali e da una crescita interna che stenta: il suggerimento di policy che ne deriva è di attendere fino a metà 2019 per iniziare a normalizzare la politica monetaria e comunque di procedere con molta prudenza.
Lo studio dedica ampio spazio agli USA ed in particolare alla loro politica fiscale: ricordiamo come questa sia attualmente espansiva a causa del piano di riduzione delle tasse attuato dal presidente Trump. La scelta di adottare un approccio espansivo viene ampiamente messa in discussione e in più occasioni criticata. L’FMI rileva che la disoccupazione americana è a livelli minimi e inoltre l’economia USA sta già crescendo al di sopra del suo livello potenziale. Rendere maggiormente espansiva la politica fiscale in questo momento del ciclo non può che aumentare le spinte inflazionistiche e rendere più forte la reazione della FED con riferimento al rialzo dei tassi. La politica fiscale espansiva causerà un aumento del debito che renderà minore lo spazio per sostenere l’economia in caso di difficoltà. Si stima inoltre che, nonostante le politiche protezioniste, l’espansione fiscale in corso negli USA dovrebbe peggiorare la bilancia commerciale americana, incrementando squilibri tipici dell’economia a stelle e strisce. Le tensioni portate ai commerci internazionali dovute alla rinuncia della trattativa da parte degli americani metteranno in crisi le aziende, le cui catene di produzione sono ormai globali, e ne ridurranno gli investimenti a causa dell’incertezza generata intaccando così il PIL globale anche nel lungo termine.
La normalizzazione monetaria negli USA, e il suo probabile inasprimento per bilanciare la politica fiscale espansiva, potrebbe causare notevoli difficoltà ai paesi emergenti con conseguente crisi e instabilità economica a livello globale. Le aspettative dei mercati, rivelate dai sondaggi, mostrano come queste si basino su un piano di rialzo dei tassi più soft di quello programmato dalla FED. L’FMI non esclude inoltre che il rialzo dei tassi possa essere ancora più rapido di quello nei piani FED nel caso l’inflazione americana si surriscaldi eccessivamente. In questo scenario i flussi di investimento verso i paesi emergenti verrebbero colpiti fortemente a causa della contrazione della massa monetaria in dollari intensificando le crisi valutarie e le condizioni finanziarie restrittive già presenti. L’FMI cita come esempi quello delle crisi valutarie turca ed argentina, a cui potrebbero aggiungersi quelli di vari altri paesi emergenti.
Con riferimento alla Cina l’FMI rileva che la sua crescita dovrebbe stabilizzarsi nel corso dei prossimi anni, fino a raggiungere il 6,2% nel 2020. Vengono riservati apprezzamenti per le iniziative di riforma economica implementate in India, la cui crescita viene rivista a rialzo. Questa dovrebbe superare quella della Cina nei prossimi anni raggiungendo il 7,4% nel 2020. Il rialzo del prezzo del petrolio dovrebbe favorire la crescita dei paesi esportatori in condizioni geopolitiche di stabilità (quindi ad esclusione di Libia ancora priva di un unico governo effettivo, Venezuela in forte crisi economica, Iran nuovamente sottoposto alle sanzioni USA). L’incremento di crescita del gruppo dei paesi esportatori, compreso tra lo 0,1% e lo 0,3%, dovrebbe essere uguale e opposto a quello dei paesi importatori. L’FMI si raccomanda di non ritardare le riforme economiche approfittando del miglioramento economico temporaneo dovuto all’incremento delle rendite petrolifere. Le previsioni di crescita per l’America latina restano modeste, seppure in graduale miglioramento nei prossimi anni, a causa della crisi economica del Brasile e di quella valutaria dell’Argentina. La forte crescita economica dell’Europa dell’Est dovrebbe subire infine una battuta d’arresto a partire dal prossimo anno.
L’FMI indica una lista dei principali rischi connessi a un potenziale ribasso dell’economia mondiale. In primo luogo, come già citato, vi è l’instabilità finanziaria dovuta al ciclo restrittivo della politica monetaria USA. Nel caso l’inflazione aumenti in modo eccessivo, le strette della FED dovrebbero farsi più aspre mettendo in crisi l’economia americana e, a causa del rafforzamento del dollaro, quelle emergenti. L’instabilità dovuta al mancato controllo della delicata fase di innalzamento dei tassi è una minaccia all’intera economia globale e potrebbe costituire l’innesco della prossima crisi finanziaria. Similmente altro epicentro di possibile crisi sarebbe un fallimento delle politiche cinesi per gestire la cosiddetta fase di “atterraggio” da economia emergente a matura. La diminuzione della crescita economica dovrà essere accompagnata da investimenti e riforme in grado di riconvertire l’economia della Cina aumentandone la crescita potenziale. La sfida del governo cinese sarà in altre parole di evitare di rimandare i problemi alimentando un sistema di corruzione, sprechi e sovrapproduzione di enormi imprese pubbliche too big to fail. Si spera così che l’atterraggio dell’economia cinese sia soft, cioè graduale e gestito in modo tale da evitare turbolenze finanziari e shock negativi riguardo restrizioni sul mercato del credito. In caso contrario, considerato che l’economia cinese è ormai uno dei principali driver della crescita economica mondiale, lo scenario di instabilità finanziaria cinese potrebbe rapidamente propagarsi ai paesi dell’area asiatica e all’intero pianeta.
Altro fenomeno che potrebbe incidere in negativo sullo scenario di base ipotizzato dall’FMI è quello dell’aumento delle tensioni commerciali. L’FMI analizza un possibile aumento dei dazi USA verso la Cina, l’introduzione di dazi verso il settore auto e le conseguenze di queste misure protezionistiche sugli investimenti delle imprese ed il settore finanziario. In questo scenario la guerra commerciale ridurrebbe il PIL mondiale fino al -0,4% nel lungo periodo. L’economia USA arriverebbe a soffrire fino a un -1% per poi attestarsi al -0,6% nel lungo periodo; l’economia cinese invece arriverebbe a perdere fino all’1,6% per poi recuperare e fermarsi ad una perdita di -0.5% di prodotto interno lordo nel lungo periodo. Meno rilevante ma comunque significativo l’impatto sull’Europa che arriverebbe a perdere fino al -0,4% nel lungo periodo.
L’FMI indica poi alcuni campi sui quali sarebbe necessario intervenire a livello mondiale rafforzando la cooperazione tra paesi.
L’economia mondiale sta attraversando il periodo di crescita più lungo di sempre, ma questo non deve far credere che la crescita sia inarrestabile ed eterna. Le crisi economiche fanno parte dei sistemi delle economie capitalistiche e per essere pronti ad affrontare la prossima è necessario “fare tesoro” del restante periodo di crescita economica per aggiustare le finanze ed i debiti pubblici. Viene inoltre segnalato come le condizioni economiche siano in peggioramento rispetto a quanto rilevato nei precedenti outlook pubblicati in aprile (-0,2% della crescita globale). Mentre in aprile le possibili variazioni allo scenario di base adottato dall’FMI erano ritenute “bilanciate”, ossia in media neutre, queste vengono ora riviste come sbilanciate verso possibili scenari più negativi. Il messaggio che traspare non è disfattista tuttavia esorta chiaramente ad utilizzare l’ultima fase di un ciclo economico positivo ma ormai affaticato per prepararsi ad affrontare la prossima crisi.