Destra e sinistra sono finite? Una ricerca sul voto al Parlamento Europeo
- 22 Maggio 2019

Destra e sinistra sono finite? Una ricerca sul voto al Parlamento Europeo

Scritto da Nicolò Fraccaroli, Anatole Cheysson

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Pubblichiamo volentieri questo articolo che descrive i risultati di una ricerca condotta da Nicolò Fraccaroli e Anatole Cheysson e segnalato anche da Sergio Fabbrini in un suo recente articolo su Il Sole 24 ORE.


“Il tempo delle ideologie è finito”. Così esordiva Beppe Grillo sul suo blog, l’allora piattaforma web di riferimento del Movimento 5 Stelle, nel gennaio 2013, in un articolo intitolato Il M5S non è di destra né di sinistra (link). Da un mese a quella parte, il Movimento avrebbe partecipato alle sue prime elezioni nazionali, diventando inaspettatamente la terza forza politica del paese. Da allora, i Cinque Stelle non si sono discostati da questa posizione (vedi ad esempio Di Maio e Grillo rispettivamente nel 2018 e nel 2017), continuando ad evitare etichette ideologiche. L’“apolidìa ideologica” del M5s sembra rispecchiarsi anche nelle scelte del partito a livello europeo: da membri del gruppo degli euroscettici di Nigel Farage (EFDD), il fondatore del Brexit Party, i Cinque Stelle hanno provato ad allearsi con uno dei gruppi più europeisti del Parlamento Europeo, l’ALDE (liberaldemocratici), per poi ritrovarsi respinti per le loro “differenze fondamentali su questioni chiave europee”.

In un universo politico dominato da partiti che, sia in Italia sia in Europa, ancora si rispecchiano nelle categorie tradizionali di destra e sinistra, viene quindi spontaneo chiedersi se questa mancanza di ideologia, che non riguarda soltanto i Cinque Stelle, ma si estende a nuove formazioni europee come En Marche in Francia o Ciudadanos in Spagna, sia solo una strategia di comunicazione politica o trovi effettivamente riscontro nei fatti.

Sebbene il contenuto ideologico di un partito si possa analizzare sotto molti aspetti, dalla sua comunicazione politica al suo manifesto programmatico, in questo articolo ci siamo concentrati su quella che consideriamo la manifestazione più pragmatica delle ideologie, ovvero il comportamento di voto dei suoi parlamentari. Se il Movimento 5 Stelle non fosse effettivamente né di destra né di sinistra, ci aspetteremmo che i suoi parlamentari votino diversamente rispetto ai partiti di entrambe le fazioni. È effettivamente così? O forse è possibile collocare i Cinque Stelle sull’asse destra-sinistra?

 

Una nuova logica politica?

Per capirlo, in un recente articolo, abbiamo raccolto tutti i 22,980 voti su cui i parlamentari europei si sono espressi tra il 2004 e il 2019 in seduta plenaria. Usando una tecnica statistica nota come analisi delle componenti principali (principal component analysis), abbiamo estratto due dimensioni che sono in grado di spiegare buona parte (circa la metà) del comportamento di voto dei parlamentari europei. Semplificando, questa metodologia permette di estrarre due dimensioni su cui si posiziona ciascun parlamentare europeo, assegnando per ciascuno un punteggio. Ad esempio, una dimensione può essere l’asse sinistra-destra, in cui valori più alti sono associati all’essere di sinistra, e valori più bassi all’essere di destra. Dato che questa metodologia ha il limite di non “dirci” a cosa corrisponde ciascuna dimensione, abbiamo estratto ed esaminato i voti statisticamente più rilevanti per ciascuna di esse. Il risultato è che al momento del voto i parlamentari si coalizzano e dividono rispetto a due assi principali, uno che corrisponde al supporto rispetto all’integrazione europea, l’altro che corrisponde al tradizionale asse sinistra-destra.

La Figura 1 riporta i nostri risultati sui due assi dell’attuale parlamento (2014-2019). Ogni punto rappresenta un parlamentare, colorati a seconda del loro gruppo politico nel Parlamento Europeo. Più un parlamentare è nella parte alta del grafico (valori più alti sull’asse verticale), maggiore è il suo supporto per l’integrazione europea. Più un partito è posizionato nella parte sinistra del grafico (valori più bassi sull’asse orizzontali), più è posizionato ideologicamente a sinistra. In alto a sinistra, in rosso, troviamo il gruppo dei socialdemocratici (S&D), di cui sono membri il Partito Democratico e Articolo 1, in alto a destra, in blu, i popolari di centro-destra (EPP), il gruppo più grande in cui confluiscono Forza Italia e la CDU di Angela Merkel. In mezzo troviamo i liberali centristi dell’ALDE. A sinistra dei socialdemocratici, ma più in basso, troviamo in verde il gruppo dei Verdi (Verts/ALE) e in marrone la sinistra di Syriza e dell’Altra Europa con Tsipras (GUE/NGL). La Lega, membro con Marine Le Pen del gruppo dei nazionalisti (ENF, blu scuro), si trova a destra nel punto più basso del grafico, date le sue posizioni di destra ed euroscettiche, che si riscontrano quindi nel suo voto.

 

Destra e Sinistra

Figura 1: Risultati dell’analisi delle componenti principali sui voti dell’ottavo parlamento europeo (2014-2019)

Questi risultati confutano la prima dichiarazione di Grillo, ovvero che il tempo delle ideologie è finito. Al contrario, le ideologie continuano ad avere un ruolo molto importante nel determinare i voti dei parlamentari europei. Tuttavia, rimane da scoprire dove si collochino i parlamentari Cinque Stelle in queste dimensioni.

Attualmente i Cinque Stelle fanno parte del gruppo Euroscettico EFDD insieme a Nigel Farage, promotore della Brexit e leader prima di UKIP, ora del neonato Brexit Party. La Figura 1 mostra chiaramente che si tratta del gruppo più “spaccato” al suo interno, dato che la sua ellisse si estende lungo tutto l’asse, sovrapponendosi sia con gli euroscettici dell’estrema destra, sia con i parlamentari di estrema sinistra. Questo significa che pur stando nello stesso gruppo politico, un gruppo di parlamentari dell’EFDD ha votato sistematicamente con la sinistra, mentre un altro gruppo ha votato sistematicamente con la destra, trovandosi anche a votare in maniera opposta sugli stessi emendamenti.

Filtrando i risultati per partito politico, abbiamo scoperto che il gruppo di parlamentari che vota sistematicamente con i partiti di sinistra corrisponde ai parlamentari pentastellati. Il resto del gruppo EFDD, che comprende UKIP e altri partiti minori di destra, vota in maniera diametralmente opposta, e quasi identica a Salvini e Le Pen (le ellissi sono infatti sovrapposte). Dire che quindi il M5s sia un partito “di sinistra” significherebbe fare il passo più lungo della gamba. Tuttavia, quello che possiamo dedurre da questi risultati sembra supportare questa ipotesi: indipendentemente da ciò che si possa considerare di sinistra, nel Parlamento Europeo i Cinque Stelle hanno votato insieme a partiti tradizionalmente associati alla sinistra, ovvero i partiti della Sinistra Unitaria Europea/Sinistra Verde Nordica (gruppo GUE/NGL).

L’altro aspetto interessante è che nell’asse “europeista” i Cinque Stelle sono relativamente meno euroscettici di quanto ci aspetteremmo. Il loro supporto per l’integrazione europea è infatti maggiore rispetto a quello di Lega e Fratelli d’Italia (entrambi in ENF). Tuttavia sono più euroscettici del Partito Democratico (e degli altri partiti di centrosinistra come Articolo 1 e Possibile) e di Forza Italia (e degli altri partiti nell’EPP, come UDC e SVP).

Rimane un ultimo punto da spiegare. Perché se sono ancora così rilevanti si ha la sensazione che destra e sinistra stiano scomparendo? Sebbene questa risposta richieda riflessioni che vadano oltre l’obiettivo della nostra ricerca, una risposta parziale a questa domanda è visibile osservando gli assi della Figura 1. La percentuale di voti “spiegati” dall’asse verticale, ovvero dalle differenze rispetto al supporto per l’integrazione europea, è infatti più alta di quella spiegata dall’asse sinistra-destra (asse orizzontale). Se quindi è vero che destra e sinistra sono ancora categorie importanti per comprendere la politica europea, è anche vero che la loro importanza è passata in secondo piano rispetto alla divisione tra i sostenitori dell’integrazione europea ed i suoi oppositori.

Scritto da
Nicolò Fraccaroli

Postdoctoral Research Associate alla Brown University, Stati Uniti, presso il Watson Institute for International and Public Affairs. Ha lavorato presso la Banca Centrale Europea, la Banca d’Inghilterra e l’Inter-American Development Bank. Ha conseguito un dottorato in Economia all’Università di Roma Tor Vergata e un master in Politica economica europea alla London School of Economics. È autore di: “Austerity vs Stimulus. The Political Future of Economic Recovery” (con R. Skidelsky, Palgrave Macmillan 2017).

Scritto da
Anatole Cheysson

Dottorando in economia presso lo European University Institute di Fiesole, Firenze.

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