“Polarizzazioni” di Walter Quattrociocchi e Antonella Vicini
- 18 Luglio 2023

“Polarizzazioni” di Walter Quattrociocchi e Antonella Vicini

Recensione a: Walter Quattrociocchi e Antonella Vicini, Polarizzazioni. Informazioni, opinioni e altri demoni nell’infosfera, Franco Angeli, Milano 2023, pp. 198, 26 euro (scheda libro)

Scritto da Francesco Nasi

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Nell’ambito degli studi sociali sui media, si definiscono folk theories quelle teorie intuitive e informali che gli utenti sviluppano per spiegare gli outcome, gli effetti e le conseguenze delle tecnologie[1]. Seppur a volte azzardate, basate sulla mera esperienza individuale e altamente soggettive, le folk theories sono importanti poiché, essendo ritenute vere, sono estremamente reali nei loro effetti e determinano il comportamento degli individui. Per esempio, se credo che il sistema di tracciamento di Facebook mi ascolti anche se l’app è spenta o non ho concesso le varie autorizzazioni, potrei evitare di affrontare alcuni discorsi intimi e privati “in presenza” del mio smartphone.

Le folk theories sono uno strumento euristico che le persone non possono fare a meno di sviluppare. Ma non devono essere confuse con ciò che le tecnologie “fanno” veramente. Se si vuole sviluppare un sapere scientifico, empiricamente fondato e verificabile sul complesso rapporto tra tecnologia e società, infatti, c’è bisogno di uno sforzo ulteriore. In questo senso, la prospettiva delle hard sciences appare particolarmente utile non solo per fornire le basi scientifiche dello stesso sviluppo tecnologico, ma anche per suggerire modelli che siano in grado di descrivere processi di natura più propriamente sociale. Soprattutto, quando si tratta di fenomeni che, essendo quantificati e quantificabili, grazie al “diluvio di dati” possono essere letti con maggior facilità da data e computer scientist.

Dalla volontà di fornire una solida base scientifica per comprendere l’impatto delle nuove tecnologie sulla società e diffondere i risultati di queste ricerche ad un pubblico più ampio rispetto alla bolla dell’accademia nasce Polarizzazioni. Informazioni, opinioni e altri demoni nell’infosfera di Walter Quattrociocchi e Antonella Vicini. Quattrociocchi è professore associato di Informatica all’Università di Roma “La Sapienza”, dove dirige il Center of Data Science and Complexity for Society, centro specializzato nello sviluppo di modelli informatici per l’analisi dei processi sociali. Antonella Vicini è giornalista professionista, e con Quattrociocchi è già co-autrice di Misinformation. Guida alla società dell’informazione e della credulità libro di cui Polarizzazioni costituisce il naturale prosieguo.

Negli ultimi anni, Quattrociocchi e il suo gruppo di ricerca hanno approfondito le dinamiche comunicative che si presentano sui social media. I loro studi, che rientrano nell’ambito della “Computational Social Science”, fanno affidamento su dataset immensi costituiti da conversazioni, post e commenti sui vari social network (Twitter e Facebook tra i più famosi, ma anche Reddit e Gab), le cui caratteristiche vengono analizzate quantitativamente attraverso algoritmi. In particolare, il loro lavoro attinge dalla fisica dei sistemi complessi, che non guarda soltanto alle caratteristiche del singolo individuo, ma piuttosto alle sue interazioni con gli altri soggetti.

È attraverso questa metodologia di ricerca che si è trovato il riscontro empirico del fenomeno delle echo chamber (o “camere dell’eco”), ovvero quegli spazi mediali in cui le opinioni già possedute dagli utenti si rafforzano attraverso l’interazione con soggetti con idee simili, che confermano quanto già ritenuto giusto o vero.

Gli autori spiegano che in queste echo chamber si vanno a presentare veri e propri “meccanismi tribali”. Per esempio, i temi di discussione toccati da un utente sui social sono numerosissimi, ma sempre con lo stesso ristretto numero di persone. C’è poi una tendenza a concentrarsi, col tempo, su un piccolo numero di pagine, piuttosto che costruire diete mediali variegate. Inoltre, i contenuti che tendono ad avere maggiore visibilità sono quelli in cui aumenta il livello di polemica e la tossicità del linguaggio, poiché generano maggiori interazioni e commenti che vengono premiati dalle piattaforme. Una maggiore negatività, in sostanza, va a braccetto con un maggior coinvolgimento. Inoltre, come suggerito da Cass Sunstein, quando persone con opinioni simili parlano tra loro tendono a radicalizzare ed estremizzare il loro pensiero – una verità di cui possiamo anche facilmente renderci conto nella nostra vita quotidiana. Alla luce di questi riscontri empirici, non c’è da sorprendersi se debunking e fact checking (che alcuni anni fa erano presenti come panacea di tutti i problemi legati alle fake news) sono di fatto poco utili, e anzi rischiano soltanto di radicalizzare ulteriormente le opinioni degli utenti (il cosiddetto backfire effect).

Per comprendere a fondo la tribalizzazione della comunicazione social, bisogna tenere a mente due aspetti. In primo luogo, il fatto che le persone tendono ad utilizzare questi media non come strumento di crescita personale o di messa in discussione, ma come mero intrattenimento. Gli autori sottolineano più volte nel corso del volume che il business model delle piattaforme (basato, in sostanza, sulla vendita di inserzioni pubblicitarie targettizzate) mira ad aumentare il tempo di permanenza degli utenti sui social, con algoritmi che suggeriscono contenuti che siano il più possibile in linea con i loro desiderata o, comunque, con il potenziale di generare interazione. Questi contenuti si rivelano appunto essere, nella maggior parte dei casi, di intrattenimento o di conferma di quanto già ritenuto vero. Come scrivono gli autori: «Nelle piattaforme social, infatti, crediamo di informarci, di produrre contenuti informativi o di creare connessioni utili, mentre non facciamo altro che muoversi in una grande giostra nata per vendere e non per informare» (p. 150).

Gli algoritmi che selezionano i contenuti sembrano giocare un ruolo significativo in questo senso. Nello studio The echo chamber effect on social media[2], Quattrociocchi e colleghi hanno visto che le dinamiche di tribalizzazione e formazione di echo chamber sono molto più marcate su una piattaforma come Facebook, che fa ampio utilizzo di sistemi di raccomandazione per i contenuti, rispetto a Reddit, che invece non fa lo stesso.

Il secondo aspetto è che la mente umana lavora attraverso le cosiddette “euristiche”, ovvero scorciatoie, che spesso tendono ad esacerbare i meccanismi più perversi della comunicazione. Per riprendere una distinzione resa nota dal lavoro dello psicologo Daniel Kahneman[3], la mente umana funziona attraverso due sistemi: ci sono i pensieri lenti (riflessivi, ragionati, razionali, che compongono il sistema 1 e quelli veloci, necessari per la sopravvivenza e per prendere decisioni immediate, che compongono il sistema 2, più soggetti a ragionamenti istintuali ed emotivi. Entrambi i sistemi presentano pro e contro. Quelli veloci, hanno certamente il demerito di essere più caratterizzati da pregiudizi, non lasciando il tempo ad un’analisi dettagliata della situazione e facendo ampio uso delle euristiche. I social media, presentando un’enorme quantità di contenuti, tendono proprio a favorire i pensieri veloci, e quindi tutti i bias che ne derivano, come quello di conferma (ovvero considerare soltanto le informazioni che rafforzano e danno ragione alla nostra visione del mondo).

Nel libro sono presenti i risultati di altri studi importanti. Per esempio, in The COVID-19 social media infodemic[4] Quattrociocchi e colleghi mostrano come, contrariamente ad altri studi, sembra che l’informazione ritenuta meno attendibile non circoli più velocemente di quella più attendibile (in quanto proveniente da canali istituzionali o scientifici). O ancora, con Measuring social response to different journalistic techniques on Facebook[5], vengono studiate le dinamiche informative legate ai post di un quotidiano. I risultati sono interessanti perché suggeriscono che diversi tipi di contenuti (audio, video o testuale) giocano un ruolo importante nell’influenzare le reazioni del pubblico, esacerbando o meno dinamiche di polarizzazione e polemica.

Il volume contiene anche un interessante ultimo capitolo, scritto da Anita Bonetti, sul ruolo dei meme, che negli ultimi anni sono diventati uno dei fenomeni culturali più caratteristici dei social media, e che possono anch’essi essere studiati dalla prospettiva di varie discipline (da un approccio più qualitativo nel caso della semiotica, ad uno più quantitativo come nel caso della data science).

Il volume di Quattrociocchi e Vicini è molto efficace nel riportare in maniera divulgativa e facilmente fruibile i risultati di studi scientifici che, altrimenti, difficilmente troverebbero canali per raggiungere il grande pubblico. Se il contributo scientifico di Quattrociocchi è al centro del libro, anche il lavoro di natura più giornalistica e di stesura compiuto da Vicini diventa così altrettanto fondamentale.

Non bisogna certo aspettarsi che Polarizzazioni riveli tutto ciò che ancora non sappiamo sulla comunicazione e sui social media. Sia perché, come scrivono gli autori, le conclusioni sono sempre temporanee, sia perché una prospettiva multidisciplinare è quantomai necessaria per sviluppare una conoscenza completa e complessiva di fenomeni così complessi. La data science è preziosa soprattutto nel descrivere processi quantificati e quantificabili, ma bisogna essere consapevoli che questo non può bastare. Per esempio, tale approccio non riesce a tenere conto di ciò che non viene datificato, come il comportamento di quella stragrande maggioranza degli utenti che non lascia tracce digitali in termini di like e commenti, o la percezione altamente soggettiva dell’esperienza online. D’altro canto, i pregi sono evidenti. Innanzitutto, fornisce un’analisi empiricamente fondata e verificabile. In secondo luogo, riesce a rilevare pattern che altrimenti rischierebbero di rimanere all’oscuro, poiché banalmente non si hanno altri strumenti per verificarle.

La descrizione di queste dinamiche si prospetta inoltre come un punto di partenza per analisi di tipo diverso, che possano indagare aspetti più profondi della comunicazione sui social network. Sarebbe molto interessante ragionare (come già Vicini e Quattrociocchi hanno iniziato a fare) su quali alternative siano perseguibili all’attuale status quo informativo, in termini per esempio di moderazione dei contenuti, auto-regolamentazione delle piattaforme o intervento dei governi. Un altro aspetto centrale è quello degli interessi e delle dinamiche di potere che stanno dietro ai sistemi di raccomandazione dei contenuti, dove la polarizzazione rappresenta il “sintomo” di un sistema economico che tende a promuovere le “passioni tristi” per massimizzare il proprio utile. Per affrontare questi temi, evidentemente molto complessi e che intersecano vari saperi, è necessario però partire dalle basi. Basi che non possono limitarsi ad essere folk theories un po’ rielaborate, e che invece Polarizzazioni fornisce con grande chiarezza ed efficacia.


[1] Nadia Karizat, Dan Delmonaco, Motahhare Eslami e Nazanin Andalibi, algorithmic folk theories and identity. How tiktok users co-produce knowledge of identity and engage in algorithmic resistance, «Proceedings of the ACM on Human-Computer Interaction», 5, CSCW2 (2021).

[2] Matteo Cinelli, Gianmarco De Francisci Morales, Alessandro Galeazzi, Walter Quattrociocchi e Michele Starnini, The echo chamber effect on social media, «Proceedings of the National Academy of Sciences», 118 (2021).

[3] Daniel Kahneman, Pensieri lenti e veloci, Mondadori, Milano 2011.

[4] Matteo Cinelli, Walter Quattrociocchi, Alessandro Galeazzi, Carlo Michele Valensise, Emanuele Brugnoli, Ana Lucia Schmidt, Paola Zola, Fabiana Zollo e Antonio Scala, The COVID-19 social media infodemic, «Sci Rep» 10, 16598 (2020).

[5] Ana L. Schmidt, Antonio Peruzzi, Antonio Scala, Matteo Cinelli, Peter Pomerantsev, Anne Applebaum, Sophia Gaston, Nicole Fusi, Zachary Peterson, Giuseppe Severgnini, Andrea F. De Cesco, Davide Casati, Petra Kralj Novak, H. Eugene Stanley, Fabiana Zollo e Walter Quattrociocchi, Measuring social response to different journalistic techniques on Facebook, «Humanit Soc Sci Commun», 7, 17 (2020).

Scritto da
Francesco Nasi

Dottorando in Sociologia della cultura e dei processi comunicativi all’Università di Bologna. Ha lavorato presso l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il Centro Studi di Politica Internazionale (CESPI). I suoi interessi di ricerca si concentrano sull’impatto politico e sociale delle nuove tecnologie, in particolare per quanto riguarda l’IA e l’innovazione democratica.

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