Scritto da Pietro Dalmazzo
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Per uno sfondo storico articolato delle vicende degli ultimi vent’anni che hanno portato alla formazione dell’attuale governo polacco consigliamo la lettura dell’articolo La Polonia tra liberalismo conservatore e conservatorismo nazionale della prof. Carla Tonini.
Sarebbe stato impossibile per chiunque, nell’agosto 1980, immaginare che gli scioperi operai, allora in corso nei cantieri navali di Danzica, potessero innescare una serie di eventi che, tramite la nascita di Solidarność, inserirono la Polonia in un processo di crescita economica e sociale mai vissuto prima. La rivoluzione pacifica, portata avanti dal fondatore del sindacato polacco, il premio Nobel per la pace Lech Wałęsa, con l’obbiettivo di costruire, sulle ceneri del socialismo, una vera e solida democrazia tramite libere elezioni, venne coronata dal successo. Il sogno di una Polonia democratica, sfumato e confuso ad inizio anni Ottanta, si sviluppò in maniera sempre più nitida, anche grazie all’alleanza di Visegrad, nei primi anni Novanta e nel 2004 ottenne l’ingresso nell’Unione Europea.
Dal primo maggio 2004 il passato socialista divenne via via più lontano, fino a far perdere virtualmente le tracce. Dal punto di vista dello sviluppo economico, la Polonia, ottenne un impulso notevole grazie sia agli ingenti investimenti europei nella regione[1], sia alle capacità governative di cavalcare l’onda generata da questi fondi creando le condizioni favorevoli perché le multinazionali investissero nel paese.
Oggi il quadro macroeconomico polacco si presenta decisamente roseo: la transizione dal modello socialista ad un modello fondato sul libero mercato si è rivelata piuttosto semplice, specie se raffrontata con altri casi. Furono i fondi europei a fornire la spinta decisiva al sistema economico polacco che maturò nel raddoppio del PIL e in un abbattimento clamoroso della disoccupazione[2].
Ai fondi dell’Unione, come detto, si accompagna una bassissima pressione fiscale, in rapporto al resto del continente, che attira gli investimenti di diverse multinazionali; in Italia, per esempio, suscitò un discreto clamore la scelta della Fiat di spostare la produzione della nuova 500 nel paese centro-europeo.
In un contesto economico dinamico, dove si registra uno sviluppo fuori dal normale dei settori della finanza e della comunicazione[3], il paese si è attestato su una crescita percentuale maggiore rispetto alla media europea, ponendosi a tutti gli effetti come locomotiva della regione.
Il legame tra Polonia ed Unione Europea, che oltre ad aver prodotto incontestabili benefici economici, ha anche avuto un importante ruolo geopolitico in chiave anti russa, inizia ad incrinarsi a partire dalle due tornate elettorale del maggio, per le presidenziali, e dell’ottobre, per le parlamentari, 2015.
Tra la primavera e l’autunno, il partito Diritto e Giustizia (PiS) che dal 2005 era relegato all’opposizione, ha vinto entrambe le elezioni, scalzando Piattaforma Civica (PO)[4] dopo otto anni di governo. Il PiS, capeggiato da Jaroslaw Kaczyński[5], è un partito di destra, euroscettico ed atlantista; postosi in termini di rottura con la precedente amministrazione, è stato capace di dare una risposta credibile, in campagna elettorale, al malcontento della popolazione.
Malcontento comunque di difficile interpretazione alla luce dei palesi progressi socio-economici del paese negli ultimi anni[6].
Kaczyński, pur non avendo assunto alcuna carica, è diventato nell’arco di sei mesi l’uomo più influente di tutta la vita politica polacca[7], avviando una nuova stagione legislativa decisamente orientata a destra.
Negli ultimi due anni le azioni intraprese dal governo sono state spesso oggetto di critiche, in particolare accusate, giustamente, di ledere alcuni diritti fondamentali delle donne[8] e alla libertà dei mezzi d’informazione.
Questi atteggiamenti, pericolosamente autoritari, si sommano ad una politica sulle migrazioni in piena sintonia con quella degli altri paesi di Visegrad generando una giustificata diffidenza da parte delle istituzioni dell’UE.
Il contesto polacco si presenta quindi frammentato, ad un’economia in forte ascesa si aggiungono delle politiche sociali molto conservatrici, retrograde per certi aspetti, che non sempre hanno ottenuto l’appoggio delle piazze[9].
La riforma giudiziaria del governo polacco
In tale contesto, per certi aspetti fortemente contraddittorio, il PiS, negli ultimi giorni, ha attirato gli sguardi internazionali proponendo una riforma della giustizia che ha fatto molto discutere, sia a livello nazionale che internazionale.
La riforma giudiziaria, approvata da entrambe le camere, darebbe al governo, nello specifico al ministro della giustizia Zbigniew Ziobro, la possibilità di nominare tutti gli 83 giudici della corte suprema e di sostituirli; mettendo, di fatto, il potere giudiziario alle dipendenze di un esecutivo sempre più forte e difficilmente controllabile.
Le motivazioni, dietro alla proposta di un simile pacchetto di leggi, addotte dal governo sono la lotta alla corruzione e la volontà di razionalizzare il sistema giudiziario e la magistratura. Naturalmente è necessario sollevare il velo delle motivazioni di facciata per comprendere come, la riforma proposta, sia solo un ulteriore scalino di un percorso[10] verso l’autoritarismo. Un autoritarismo affermato tramite mezzi legali e democratici ma pur sempre un autoritarismo difficilmente coniugabile con gli ideali dell’Unione Europea.
Una tale riforma, capace di porre le basi per un governo autoritario, avrebbe probabilmente assestato il colpo definitivo allo stato di diritto polacco. A breve termine, le conseguenze dell’approvazione delle suddette leggi, sarebbero state negative a livello internazionale; i rapporti con l’Unione, già tesi per la questione dei migranti, si sarebbero deteriorati ulteriormente. Alla luce dell’europeismo, sui generis, ma sempre di europeismo si tratta, dei leader polacchi, un’eventuale uscita del paese dall’Unione pare improbabile ma la convivenza nelle istituzioni europee sarebbe stata ancor più complessa.
Naturalmente, sul fronte interno, tale riforma sarebbe stata la causa di un abbandono sostanziale del sistema democratico, tornando indietro di decenni ad una situazione che, per quanto ideologicamente distante, poneva l’intero stato al servizio delle strutture di governo.
L’accoglienza riservata all’approvazione della riforma da parte di Viktor Orbán, presidente ungherese storicamente vicino all’autoritarismo di destra, che ha offerto il suo appoggio contro la possibilità di sanzioni da parte dell’UE[11] rimane più unica che rara.
A livello internazionale, l’Unione Europea sulla quale si fonda, almeno in parte, il miracolo economico polacco, dal 2016 ha aperto una procedura d’infrazione per il rischio che corre lo stato di diritto in Polonia, a causa della precedente riforma costituzionale[12]. Dall’insediamento del nuovo governo i punti di rottura tra Bruxelles e Varsavia sono stati molti, soprattutto sui temi dei diritti, della libertà dei mezzi d’informazione[13] e sui migranti[14]. L’approvazione di una riforma, come quella proposta dal governo polacco antidemocratica per principio, ha inasprito ulteriormente i rapporti[15].
All’interno dei confini nazionali, l’approvazione del pacchetto di leggi, ha incontrato una fortissima opposizione interna; articolatasi su diversi livelli, partendo dal piano politico, dove l’opposizione ha presentato oltre 1300 emendamenti nel tentativo di bloccare tali leggi[16], passando per la condanna senza appello di una simile riforma da parte di Lech Wałęsa[17] e arrivando a delle continue proteste di piazza, davanti al palazzo del governo e di giustizia.
I manifestanti, riunti da vari slogan europeisti ed antigovernativi, hanno protestato per otto giorni, ribadendo il dissenso della società civile sull’operato governativo, confermato anche dai sondaggi[18].
La situazione, sempre più tesa, con il governo polacco attorniato dai ripetuti appelli dell’Unione Europea e dalle proteste interne, è giunta ad una soluzione quando, il 24 luglio, il presidente Duda, membro del partito di governo, tra lo stupore generale, decide di bloccare l’attuazione della riforma ponendo il veto.
La capacità di dire: Nie
Scongiurato il pericolo di ulteriori sanzioni dall’Unione e allontanato, almeno momentaneamente, il pericolo di una deriva autoritaria, Duda ha ratificato una sola delle tre norme proposte, come aveva annunciato[19].
Gli avvenimenti dei giorni scorsi confermano un quadro piuttosto contraddittorio della situazione polacca. Come evidenziato precedentemente, se l’economia cresce ad un ritmo più elevato della stessa media Ue, dal punto di vista politico negli ultimi due anni il paese ha imboccato una deriva autoritaria che conduce, pericolosamente, verso l’autocrazia.
Le azioni, che il governo sta tentando di veicolare, rappresentano un tentativo quasi unico, e pertanto molto interessante, di ottenere un potere pressoché assoluto utilizzando esclusivamente all’interno della legalità.
É ancora troppo presto per affermare che la riforma verrà definitivamente accantonata, la vicenda ha aumentato le tensioni tra l’Unione ed i 4 paesi di Visegrad fautori di un europeismo particolare, quasi nazionalista. Se un’uscita del paese dall’UE è solo uno scenario remoto, difficilmente immaginabile poiché entrambe le parti hanno più da perdere che da guadagnare da un’eventuale separazione, rimane un’incognita come si articoleranno i rapporti tra le due entità e con lo stesso gruppo di Visegrad.
Tutto ciò non sembra, per ora, aver intaccato la posizione geopolitica del paese centro-europeo che, animato da un forte sentimento russofobo, vede nell’UE e nella Nato dei partner chiave per contrastare l’attivismo russo nella regione.
Se i rapporti internazionali, che sembravano sul punto di deflagrare, sono rientrati nell’alveo della normalità occorre compiere una riflessione sulla società civile polacca e sull’atteggiamento assunto in quest’occasione, ma non solo, in chiave antigovernativa.
Come detto, è dall’autunno 2015 che il governo polacco ha intrapreso un percorso autoritario e restrittivo in materia di diritti, dovendosi costantemente scontrare con una società civile che, pur essendosi mostrata in certe occasioni molto conservatrice, davanti alle negazioni delle libertà perpetrate dal governo di Beata Szydło ed avvallate dal presidente Duda ha palesato una nuova maturità politica.
Mentre l’opposizione politica non è stata in grado di ottenere le forze parlamentari per opporsi alle azioni dell’esecutivo, la vera opposizione si è riunita a protestare nelle piazze ogniqualvolta venissero messe in discussione alcune libertà fondamentali.
Le restrizioni sulla libertà dei media[20], il tentativo di vietare l’aborto[21] e la riforma giudiziaria di questi giorni sono solo alcuni esempi di come il governo abbia dovuto fronteggiarsi, soprattutto con le piazze che, seppure difficili da tradurre politicamente, hanno loro peso.
In questi due anni, scarsi, di governo del PiS, il dibattito politico si è articolata su una dialettica piuttosto originale tra esecutivo e società civile capace di limitare, anche se solo parzialmente, un’azione governativa spesso inumana[22] ed illiberale, frenando l’allontanamento delle strutture democratiche che il partito di Kaczyński sembra voler veicolare.
La maturità della società civile polacca, che ha avuto il coraggio e la capacità di dire “no” a tutto ciò che ledeva la libertà, è confortante per gli scenari futuri del paese anche se rimane difficilmente decifrabile.
Una società capace di dire no in un contesto parlamentare di maggioranza assoluta si è rivelata fondamentale[23] per creare opposizione dove essa non era possibile. Sarebbe un azzardo affermare che tutta la legislatura sarà governata da questa dialettica, anche perché essa non è ne normata ne formalizzata, ma si può affermare che la società civile in piazza è stata capace di ritagliarsi un proprio spazio di influenza all’interno della vita politica polacca.
Per concludere, le proteste, le piazze riempite dalla società civile hanno lanciato un segnale importante sia verso le democrazie europee in un contesto, come quello del gruppo di Visegrad, sempre più lontano da un’idea democratica di Europa, sia all’interno della Polonia stessa dimostrandosi disposta a lottare per impedire l’affermarsi di uno stato autoritario che vanificherebbe tutto ciò che la Polonia ha ottenuto dalle proteste di Danzica nel 1980 ad oggi.
La società civile, dicendo no, ha riaffermato la propria importanza, costringendo il governo a dover fronteggiare un’opposizione che, pur impossibilitata ad incanalarsi nei parametri parlamentari, ha dimostrato di essere viva e disposta a lottare per i propri diritti.
[1]Circa 250 miliardi di euro.
[2]http://www.ilsole24ore.com/rapporto-paese/quadro-economico.shtml?refresh_ce
[3]http://www.eastjournal.net/archives/84358
[4]Partito precedentemente guidato da Donald Tusk.
[5]Gemello del fondatore del partito, morto in un incidente aereo nell’aprile 2010.
[6]http://www.limesonline.com/duda-presidente/77601
[7]http://www.politico.eu/article/5-takeways-polish-election-2015-law-justice-civic-voters-kaczynski-tusk-eu-pis-szydlo/
[8]In particolare destò scalpore l’irrigidimento delle norme sull’aborto e sugli anticoncezionali.
[9]http://www.repubblica.it/esteri/2016/12/17/news/varsavia_scontri-154283479/
[10]Percorso intrapreso dall’autunno 2015; per esempio basti vedere quanto nel gennaio 2016 la procura generale venne riformata passando sotto il diretto controllo del ministero della giustizia.
[11]http://www.politico.eu/article/hungary-viktor-orban-pledges-to-support-poland-against-eu-inquisition/
[12]http://www.repubblica.it/esteri/2016/06/01/news/ue_apre_procedura_rischio_sanzioni-141076538/
[13]http://www.bbc.com/news/blogs-eu-35220316
[14]http://www.independent.co.uk/news/world/europe/poland-no-refugees-eu-legal-action-infringement-quotas-resettlement-beata-szydlo-commission
[15]http://www.telegraph.co.uk/news/2017/07/19/poland-threatened-unprecedented-loss-eu-voting-rights-court/
[16]https://ilmanifesto.it/corte-suprema-varsavia-sfida-ue-e-opposizione/
[17]https://www.theguardian.com/world/2017/jul/22/polish-senate-approves-bill-to-give-government-influence-over-courts
[18]https://www.economist.com/news/europe/
[19]Nello specifico, quello ratificato è un programma per il riordino delle corti d’appello e regionali.
[20]http://www.eastjournal.net/archives/79376
[21]http://www.ilpost.it/2016/10/06/una-prima-vittoria-per-le-donne-polacche/
[22]Il solo fatto che venisse presa seriamente in discussione una legge per vietare totalmente l’aborto rende il pensare governativo irrispettoso dei fondamentali diritti umani.
[23]Anche perché, va detto, è stata ascoltata.