Scritto da Luca Picotti
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Note su: SVIMEZ – Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, Rapporto SVIMEZ 2018. L’economia e la società del Mezzogiorno, Il Mulino, Bologna 2018, pp. 568, 46 euro (scheda libro). A questo link è possibile scaricare introduzione, sintesi e appendice statistica del Rapporto.
Nel Rapporto SVIMEZ 2018 sull’economia e la società del Mezzogiorno vengono analizzate le principali variabili macro-economiche degli ultimi anni, le prospettive future, le disuguaglianze e, infine, le politiche e i settori sui quali si dovrebbe agire per sfruttare appieno le potenzialità delle regioni del Sud.
Il Rapporto offre uno studio complesso e approfondito del Mezzogiorno, affrontando non solo i temi economici, ma anche quelli più squisitamente sociali, con il risultato di fotografare la realtà del Sud Italia nelle sue diverse sfumature. Quanto emerge è un mosaico di luci e ombre, che unisce ai dati positivi dell’ultimo triennio l’incertezza che si prefigura all’orizzonte assieme allo spettro di una grande frenata dell’economia. I timori di una guerra commerciale e di un’inversione della politica monetaria della BCE – che finora ha garantito condizioni favorevoli di credito a imprese e famiglie – potrebbero infatti frenare l’espansione dell’attività produttiva e della domanda globale; considerato che quest’ultima ha trainato la forte ripresa dell’economia italiana nel 2017 (+1,5%), una sua contrazione potrebbe danneggiare notevolmente il nostro Paese e, di conseguenza, il Mezzogiorno e la sua, seppur debole e timida, ripresa.
I dati sul Mezzogiorno riportati dalla SVIMEZ sono incoraggianti, nonostante le ferite della crisi siano lontane dall’essere ricucite del tutto – il prodotto interno lordo è ancora inferiore del 10% rispetto al 2007, un recupero inferiore alla metà di quello registrato nel Centro-Nord (-4,1%). «Secondo valutazioni di preconsuntivo elaborate dalla SVIMEZ, nel 2017 il prodotto interno lordo (a prezzi concatenati) è aumentato nel Mezzogiorno dell’1,4%, con un incremento rilevante rispetto al 2016 (0,8%). La crescita è stata solo marginalmente superiore nel Centro-Nord (1,5%), accelerando anche in quest’area rispetto al 2016 (0,9%)». (p.2). Per quanto riguarda la domanda estera, ci troviamo per il Mezzogiorno di fronte ad un aumento delle esportazioni del 9,8% (a prezzi correnti), rispetto ad un 7,1% registrato nel resto del Paese; in particolare, l’aumento deriva dall’incremento delle esportazioni di prodotti petroliferi raffinati e coke in Sicilia (43,2%) e in Sardegna (29,6%). Sul lato dell’offerta è la graduale uscita dalla crisi del settore manifatturiero (+5,8%) a trainare la crescita, seguito da quello delle costruzioni (+1,7%), in ripresa, seppur debole, dopo i dieci anni consecutivi di calo dal 2005 al 2014. Positivi sono anche i dati sul turismo, che la crisi geopolitica del Mediterraneo ha dirottato verso il Sud Italia, con un valore aggiunto nel settore che comprende i servizi turistici e di trasporto del 3,4% nel Mezzogiorno (2,7% nel resto del Paese): «il numero di viaggiatori stranieri nel Mezzogiorno è del resto aumentato del 7,5% nel 2017, rispetto al 6% medio in Italia, con un aumento della spesa turistica del 18,7%, molto superiore di quello medio italiano (7,7%)». (p.3).
La crescita, oltre alla domanda estera, è stata sostenuta anche da un incremento degli investimenti: come si legge nel Rapporto, il miglioramento del clima di fiducia degli imprenditori e le favorevoli condizioni sul mercato del credito, unito alle aspettative positive sulla domanda internazionale, hanno spinto gli investimenti anche nel Mezzogiorno; la loro crescita, lievemente maggiore rispetto a quella del Centro-Nord, è stata del 3,9%, più che confermando l’aumento del 2016 (+2%, e del 2015, +4,5%) che veniva dopo sette anni di variazioni negative – ciononostante, se prendiamo come riferimento i livelli pre-crisi, gli investimenti fissi lordi sono cumulativamente inferiori del -31,6% nel Mezzogiorno, contro il -20% del Centro Nord. Grazie all’aumento degli investimenti privati è stato possibile compensare, in termini di crescita, il declino di quelli pubblici, per i quali non si riesce a invertire il trend negativo.
Il triennio 2015-2017 conferma l’uscita dalla recessione per tutte le regioni italiane; questo però non toglie la forte disomogeneità, rilevata dalle stime SVIMEZ, nella ripresa delle regioni: nel 2017, Calabria, Sardegna e Campania sono le regioni meridionali che hanno fatto registrare il più alto tasso di crescita, rispettivamente +2%, +1,9% e +1,8%, mentre il Molise ha avuto una lieve inflessione. Questa eterogeneità si manifesta anche sul piano settoriale; prendendo l’esempio della Calabria, notiamo un forte sviluppo del settore delle costruzioni accompagnato da un modesto andamento del terziario; oppure, guardando alla Sardegna, una buona crescita dell’industria in senso stretto accompagnata da un calo nel settore agricolo.
Ad incombere sulla ripresa economica poc’anzi descritta ci sono le nubi dell’incertezza dei prossimi anni, con il rischio di una “grande frenata” dell’economia meridionale. Le previsioni per il 2019 non sono affatto positive; il rallentamento del commercio globale e il probabile rialzo dei tassi sia sul debito pubblico che privato minacciano una frenata del ritmo di crescita. Le conseguenze, considerati i nodi strutturali rimasti irrisolti nell’economia meridionale, rischierebbero di essere, come al solito, più pesanti che al Nord.
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Indice dell’articolo
Pagina corrente: Il Rapporto SVIMEZ 2018 e il rischio di una “grande frenata” dell’economia
Pagina 2: Lavoro, povertà, demografia: lo stato di salute del Mezzogiorno nel Rapporto SVIMEZ 2018
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