“#republic. La democrazia nell’epoca dei social media” di Cass R. Sunstein
- 25 Luglio 2018

“#republic. La democrazia nell’epoca dei social media” di Cass R. Sunstein

Recensione a: Cass R. Sunstein, #republic. La democrazia nell’epoca dei social media, il Mulino, Bologna 2017, pp. 344, 22 euro (scheda libro)

Scritto da Roberto Mussinatto

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In #republic. La democrazia nell’epoca dei social media, l’economista comportamentale Cass R. Sunstein analizza il modo in cui la comunicazione via Internet e i social network influenzino i comportamenti elettorali e il modo di partecipare dei cittadini alla democrazia deliberativa. La prospettiva adottata dall’autore è quindi quella di studiare il comportamento umano nell’utilizzo della tecnologia e come questo possa essere modellizzato o quantomeno inquadrato in uno schema razionale.

La tesi di Sunstein è che Internet, e in particolare i social network, seguendo il principio della sovranità del consumatore, che per i social significa creare algoritmi che offrano all’utente contenuti il più in linea possibile con le sue idee e interessi, stiano creando delle echo chamber che sul lungo termine riducono la capacità delle persone di partecipare alla democrazia, che Sunstein intende in senso deliberativo: l’ordinamento istituzionale serve a gestire il dibattito pubblico e la sua trasformazione in decisioni politiche per il bene comune (pp. 60-67).

Il principio di sovranità del consumatore, invece, metterebbe in crisi questo tipo di democrazie: se il consumatore è sovrano e deve essere soddisfatto in ogni suo bisogno, anche artificiale (p. 200), allora anche il mercato dell’informazione deve provvedere a riportargli notizie e contenuti che rispecchino la sua visione del mondo. Così facendo, il sistema conduce ad una riduzione della capacità di ciascun cittadino di conoscere e confrontarsi con idee diverse dalle sue, comportando la perdita della capacità di dialogo fra i gruppi, che è invece un requisito fondamentale per il buon funzionamento di una democrazia deliberativa.

Secondo Sunstein invece, uno dei fattori che contribuiscono ad un buon funzionamento della democrazia deliberativa è proprio la possibilità, per i cittadini, di partecipare continuamente al dibattito pubblico attingendo a diversi punti di vista con facilità e imparzialità. È necessario infatti che, anche casualmente (pp. 52-56), i cittadini accedano a punti di vista diversi dal loro per poter poi, quando chiamati a decidere, compiere scelte che siano ponderate e non dettate da una cieca appartenenza partigiana. Per questo motivo Sunstein fa riferimento all’importanza della presenza dei fori pubblici, cioè luoghi in cui i cittadini possono liberamente esprimere le proprie idee e allo stesso tempo incontrarne di diverse dalle proprie, allargando i propri orizzonti.

In particolare, Sunstein considera fori pubblici quelli previsti dal diritto costituzionale americano, che li ha sempre difesi come luoghi nei quali si concretizza la libertà di espressione dei cittadini: sono i parchi, le piazze, le strade, beni che non possono essere alienati dallo Stato proprio per la loro natura di spazi pubblici a disposizione dei cittadini per esercitare i loro diritti costituzionali, i quali non devono essere limitati da nessun privato.

A questi luoghi legalmente sanciti, Sunstein aggiunge gli aeroporti e Internet, in quanto entrambi si configurano come spazi fisici e virtuali nei quali molti possono esprimere i propri diversi punti di vista e raggiungere le folle che lì transitano (cfr. cap. 2) Un discorso simile è fatto per i mass media tradizionali, che l’autore chiama mediatori dell’interesse generale. Questi media, infatti, grazie alla loro natura generalista dettata dell’esigenza di parlare ad un pubblico molto vasto ed eterogeneo, presentano al pubblico informazioni con tagli e punti di vista diversi, esponendo dunque i cittadini a quell’eterogeneo panorama di informazioni e interpretazioni come avviene in uno spazio di dialogo aperto e pubblico (pp. 57-60).

 

La polarizzazione: echo chamber e filter bubble

A questo panorama di esperienze fortuite ma fondamentali per il buon funzionamento di una democrazia deliberativa, Sunstein oppone le echo chamber e il mondo dei social dominato dal principio della sovranità del consumatore. Le echo chamber si costruiscono esattamente eliminando la possibilità, anche remota, per il consumatore di incappare in informazioni che non combacino col suo punto di vista. Sono bolle a serendipity zero (cioè senza i benefici che può dare l’incontrare informazioni che sulle prime possono darci fastidio, ma che magari potrebbero condurci ad una riconsiderazione delle nostre posizioni), con l’aggravante di essere costruite da un algoritmo sempre più preciso che ripete le scelte della persona selezionando i contenuti che questa ha già selezionato e visualizzato almeno una volta.

Questo meccanismo di selezione è quello che produce il News feed di Facebook, che propone notizie tutte omogenee ai like e alle azioni del singolo, definendo quindi intorno a lui una filter bubble che cambia da individuo a individuo (pp. 11-16). Questo principio è anche quelle delle cosiddette nicchie di mercato, che viene esaltato come un nuovo traguardo reso possibile da Internet: «le compagnie possono arricchirsi – e di fatto si arricchiscono – in misura crescente offrendo ai mercati di nicchia un’ingente quantità di prodotti» (p. 189), ma la possibilità per ciascun consumatore di scegliere ciò che più lo aggrada può andare a detrimento della sua partecipazione come cittadino. L’appartenenza più o meno consapevole ad una nicchia, infatti, può portare a fruire sempre più di esperienze “su misura” e sempre meno di quelle «esperienze collettive» (p. 178) che invece sono necessarie alla vita democratica.

Se ognuno condivide con altre persone simili esperienze, allora avrà, nelle relazioni sociali, un comune background che favorirà la discussione e il confronto fra le idee. Le esperienze comuni, che Sunstein intende in maniera molto ampia, comprendendo fra esse anche la fruizione degli stessi programmi televisivi e degli stessi spazi virtuali, rendono dunque funzionante la democrazia deliberativa, mantenendo vivo il dibattito pubblico attraverso il continuo stimolo alla riflessione personale e allo scambio interpersonale attraverso l’esposizione di idee e posizioni diverse rispetto a quelle del singolo.

Il problema posto dalle nicchie è affrontato da Sunstein in particolare in due capitoli (cfr. capitoli 3-4), in cui esplora gli effetti che le echo chamber hanno sulla percezione della realtà e sulle idee delle persone, facendo riferimento a esperimenti comportamentali condotti per studiare proprio come le filter bubble alterino la percezione personale della realtà. Il primo aspetto analizzato è quello degli scambi fra persone appartenenti a nicchie diverse: se già una discussione fra persone fuori dalle nicchie ma ideologicamente schierate nella maggior parte dei casi può condurre ad una maggiore polarizzazione, ancora di più questo sarà il risultato di una discussione fra persone appartenenti a nicchie diverse.

La discussione, strumento fondamentale della democrazia deliberativa, invece di creare confronto e sintesi crea polarizzazione e distanza fra i gruppi, che a lungo andare arrivano a non capirsi più, chiudendosi in una pressoché totale incomunicabilità. Per persone appartenenti alla stessa nicchia la questione è invece diversa: condividendo uno spazio comune, facendo quindi delle esperienze condivise, queste riusciranno a discutere in maniera più positiva, per quanto i dati continuino ad indicare che molto difficilmente le persone siano inclini a cambiare la loro idea.

Il dato più sorprendente che emerge, infatti, è proprio la generale scarsa inclinazione dei cittadini a mettere in discussione le proprie idee, trasformando ogni discussione in un confronto che non conduce alla sintesi, ma si risolve in un muro contro muro improduttivo. Spesso, l’esposizione ad una opinione diversa dalla propria, suffragata o no da dati inopinabili, rende le persone ancor più convinte delle proprie opinioni, invece di indurle ad una riconsiderazione di quest’ultime. Davanti a queste riflessioni la fiducia nella democrazia deliberativa di Sunstein potrebbe vacillare, ma egli risolve i dubbi ribadendo la necessità di salvaguardare e proteggere i fori pubblici, sia quelli fisici, sia quelli costituiti dai mediatori dell’interesse generale.

 

Serendipity e libertà di parola

A questa proposta di difesa dei fori pubblici, Sunstein ne aggiunge due: l’introduzione della serendipity nei feed dei social network e la regolamentazione della libertà di parola.

Circa la serendipity, l’autore propone che in particolare Facebook, il social più diffuso, adotti un pulsante che permetta di introdurre notizie nel nostro feed provenienti da punti di vista diversi e che ci consenta quindi quelle esperienze fortuite che possono catturare la nostra attenzione e permetterci di scoprire nuove cose (pp. 285-287). Quest’ultimo punto non è secondario: il mercato dell’informazione, soprattutto in un contesto di progressivo aumento dell’offerta com’è quello attuale, è sempre più influenzato dalla necessità di attrarre l’attenzione del consumatore. Questa però è un bene limitato e per questo motivo i vari media outlet devono trovare le tattiche migliori per guadagnarsene il più possibile.

Sunstein propone che queste tattiche vengano messe a servizio del dibattito pubblico, creando galassie di siti con visioni opposte ma legati da link reciproci che stimolino le persone a esporsi a punti di vista diversi dal loro (pp. 282-285). In questo, il proposto pulsante serendipity su Facebook potrebbe giocare un ruolo determinante.

Circa la libertà di parola, Sunstein si esprime nel senso di una regolazione, seppur molto cauta. Egli infatti interpreta il diritto alla libertà di parola non come «assoluto», ma come un diritto di natura democratica: è al servizio del buon funzionamento della democrazia, che ogni volta ne traccia i confini. Il governo di ciascuno Stato ha dunque il diritto di regolamentare il mercato dell’informazione nel senso di una difesa e incremento del dibattito pubblico. Se lo regolamentasse in senso autoritario, le pressioni sul governo lo spingerebbero a ritirare tali provvedimenti (pp. 249-256).

La tesi principale di Sunstein è dunque che, per consentire il buon funzionamento della democrazia deliberativa ed evitare sue degenerazioni, occorre superare la segregazione dei gruppi e recuperare le esperienze condivise, che permettono di riavere un terreno comune di discussione, di tornare a mettere in relazione i gruppi senza esasperarne le differenze.

Per quanto in generale le analisi di Sunstein siano puntuali, sembra pur sempre mancare una variabile: nel mercato della comunicazione non è solo determinante lo schieramento politico dei vari attori nel connotare una nicchia, ma anche la qualità della loro offerta. In breve, una echo chamber costituita solo da mezzi d’informazione che conducono un lavoro scadente, indipendentemente dal loro schieramento politico, avrà effetti peggiori di una composta per la maggior parte di siti di alta qualità. In più, questa sua fiducia nelle esperienze condivise, condotte anche attraverso i mediatori dell’interesse generale, come quelle, per esempio, di spettatori in una sala da cinema, rimanda a problemi già sollevati negli anni Cinquanta da Günther Anders[1]: le persone fruiscono sì dello stesso prodotto di massa (con tutte le dovute caratteristiche di riproducibilità in serie e ampia diffusione che lo accompagnano), ma non interagiscono fra loro.

Alla luce di questo, riporre la speranza di risolvere i problemi della democrazia deliberativa recuperando e proteggendo questo tipo di esperienze collettive può apparire in buona parte ottimistico.


[1] In Günther Anders, L’uomo è antiquato, Vol. 1, Bollati Boringhieri Torino, 2007, pt. 2 e in particolare pp. 99-102.

Scritto da
Roberto Mussinatto

Nato nel 1996, studia Storia all'Università di Torino, dove si sta laureando con una tesi in Storia medievale. Si interessa di storia e politica, con particolare riguardo alla crisi della democrazia contemporanea.

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