Note su “Sessualità e nazionalismo” di George L. Mosse
- 21 Dicembre 2018

Note su “Sessualità e nazionalismo” di George L. Mosse

Scritto da Carlotta Centonze

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In una società ormai libertaria, apparentemente disinibita ed erotizzata, che senso può avere parlare oggi del concetto di rispettabilità borghese? Come potrebbero mai essere collegati i processi di evoluzione della virilità, del ruolo della donna nella società, dell’ideale del maschio con il risorgere dei nazionalismi in Europa?

George L. Mosse, storico tedesco naturalizzato statunitense, cercava di rispondere a questi complessi interrogativi nel 1984, attraverso il volume Sessualità e nazionalismo.

Figura chiave della storiografia contemporanea, costretto durante il nazismo per via della sua origine ebraica a fuggire prima in Inghilterra, poi in America, Mosse ha insegnato all’Università del Wisconsin, dove ha dedicato la sua ricerca all’esperienza del nazismo, dei movimenti di massa e del nazionalismo tedeschi.

Segnando una svolta metodologica fondamentale, Mosse abbraccia l’insegnamento di Benedetto Croce, secondo il quale “ogni vera storia è storia contemporanea”. È necessario, dunque, stabilire un rapporto empatico con la storia, nel cammino di comprensione del presente. Per questa ragione l’opera di Mosse, a partire da La nazionalizzazione delle masse del 1975, che indaga sulle modalità di coesistenza tra individuo e massa, continua a dialogare con la nostra attualità, disseminando indizi e sollevando questioni che oggi, più che allora, sembrano essere nevralgiche.

«Questo libro non pretende di essere una storia generale della rispettabilità, del nazionalismo, della sessualità normale e di quella anormale; esso, invece, cerca di comprendere come questi fenomeni abbiano contribuito a plasmare gli atteggiamenti della società nei confronti del corpo e della sua sessualità».

Con questa premessa, l’autore ci accompagna in un viaggio a ritroso che illumina le pagine più contraddittorie e oscure del nostro tempo. Ritenendo insufficienti le fonti storiografiche tradizionali per spiegare il razzismo, il fascismo e il nazismo come fenomeni di massa in Europa, Mosse segue i metodi della storia culturale, addentrandosi in un racconto storico più ampio possibile che analizza la letteratura popolare, i trattati di medicina, i sermoni religiosi, le leggi, l’arte e l’iconografia. Egli individua, quindi, nella cosiddetta “cultura di massa” lo strumento attraverso cui la società moderna vede e rappresenta se stessa, e partecipa alla politica, intesa appunto come rappresentazione.

Sessualità e nazionalismo contribuisce infatti all’individuazione di una delle caratteristiche salienti della contemporaneità, ovvero l’attenzione nei confronti dell’esperienza visiva, e la sempre più frequente espressione degli atteggiamenti nei confronti della società in termini estetici. La propaganda nazista e fascista ne sono la dimostrazione: sfruttano a loro favore la propensione estetica che si andava consolidando e l’alto grado di penetrazione delle idee attraverso le immagini.

Un altro contributo essenziale di Mosse è l’intuizione che la sfera della sessualità, e in generale l’atteggiamento della società nei confronti del corpo, sono influenzati da fenomeni politici e sociali come il nazionalismo, di cui sono l’oggetto.

 

Rispettabilità, estetica e bellezza

Partendo dalla sua esperienza personale, di ebreo e omosessuale, Mosse sviluppa una ricerca storico-antropologica volta a ricostruire una sorta di “controstoria”: quella di coloro che sono ai margini o al di fuori della società. Per farlo, egli focalizza l’attenzione sul legame tra nazionalismo e rispettabilità e sul ruolo che hanno avuto nel definire e controllare la sessualità.

La scelta della sessualità come aspetto particolare dell’insieme delle convenzioni sociali è dovuta sia al fatto che essa determina la nozione morale di rispettabilità, sia perché contribuisce a formare la sensibilità estetica. Si collegano, dunque, nella sfera delle norme sessuali, due punti focali della tesi di Sessualità e nazionalismo: rispettabilità ed estetica.

Inoltre, come chiarisce sin dall’introduzione del volume in questione, «le convenzioni sociali che accettiamo per vere, le abitudini, la morale e i comportamenti sessuali che regolano la vita in Europa fin dal sorgere della società moderna hanno una storia nella quale il nazionalismo ha svolto un ruolo cruciale». In questo senso, riprendendo il concetto foucaultiano di governamentalità, Mosse analizza i comportamenti privati e la sessualità (che con l’affermarsi della società di massa diventano sempre più l’oggetto della politica), come lo specchio di tali snodi storici, fondamentali per individuare le linee guida del processo di creazione delle norme sessuali della società contemporanea, da lui considerate un prodotto dello sviluppo storico e non leggi universali.

Nei primi quattro capitoli, Mosse affronta il tema della costruzione degli ideali di virilità, femminilità e amicizia, per poi analizzare negli ultimi tre la messa in atto dell’ideale, e la sua estrema concretizzazione nella guerra, nel razzismo e nel fascismo.

Lo studio di Mosse si concentra in particolare sul caso della Germania, dove il nazionalsocialismo porta all’estremo il tentativo di dirigere e controllare la sessualità, e sul caso dell’Inghilterra. Pur avendo in comune la matrice protestante e di conseguenza un patrimonio morale condiviso, Mosse chiarisce la distinzione tra l’Inghilterra unita e potente di inizio Ottocento e la Germania in lotta per l’unità, mettendo in luce il diverso grado di penetrazione del nazionalismo, che ebbe un ruolo di gran lunga maggiore in Germania.

Diversamente dalle nazioni cattoliche, dove è raro riscontrare un modello maschile sfumato di omoerotismo, e dove esiste una certa elasticità morale in riferimento alla sessualità (la Chiesa Cattolica, nonostante un irrigidimento contro gli attacchi alla famiglia e al matrimonio a partire dalla seconda metà del XIX, mantenne sempre un atteggiamento più tollerante), in Inghilterra e in Germania l’inflessibilità protestante aveva una lunga tradizione alle spalle quando pietismo ed evangelismo si manifestarono.

In questi due paesi, infatti, il trionfo delle classi medie e l’affermazione del pietismo in Germania[1] e dell’evangelicalismo in Inghilterra[2] hanno accelerato il consolidamento dell’ideale di rispettabilità, come controllo delle passioni, funzionale all’attività economica del ceto medio e in contrapposizione con l’indolenza delle classi inferiori da un lato e la dissolutezza dell’aristocrazia dall’altro.

Nel XIX secolo, l’ideale di rispettabilità, che risponde alla necessità di stabilità e ordine nella modernità industrializzata e caotica, si allea indissolubilmente all’ideale di nazione (divenuto secondo Mosse principio onnicomprensivo a partire dalla Rivoluzione Francese), che a sua volta fa sua la mentalità borghese, diffondendola in tutte le altre classi sociali.

Il controllo sulla sessualità operato da tali ideali si è concretizzato nella rigida separazione tra normale e anormale, che considera l’eccitazione sessuale di qualsiasi tipo indegna e asociale. Gli stereotipi nazionali, per i quali la virilità significa necessariamente libertà dalle passioni sessuali e sublimazione della sensualità nella guida della nazione, coincidono così perfettamente con quello della classe media.

Entrambi contribuiscono alla costruzione di un preciso modello estetico, che fa corrispondere l’ideale di virilità alla bellezza classica, come fu descritta nel 1774 da J.J. Winckelmann nella sua Storia dell’arte antica, simbolo della mascolinità, della nazione e della gioventù, che incarna la serenità d’animo e l’assenza di passione e sensualità.

Il ritorno all’ideale greco è incoraggiato e abbracciato dal nazionalismo, che intende in questo modo dare un carattere di eternità e immutabilità alla propria dottrina. Anche in riferimento al ruolo dell’estetica Mosse sottolinea una differenza sostanziale tra i due casi analizzati: in Inghilterra, infatti, l’aspetto estetico ebbe minore importanza, e solamente con la prima guerra mondiale la bellezza maschile entrò a far parte dello stereotipo nazionale inglese. Nel caso tedesco, esemplare in tal senso fu il cinema di Leni Riefenstahl, che esaltava tanto l’ordine delle masse durante i raduni nazisti quanto la bellezza eroica degli atleti e dei soldati tedeschi[3].

In contrapposizione a questo ideale virile, l’anormalità risulta evidente da un punto di vista estetico: gli “anormali” erano descritti come deformi, fiacchi, malaticci e tendenti all’esaurimento nervoso. La medicalizzazione di questi fenomeni e le teorie delle nuove discipline come la frenologia, la sessuologia, la fisiognomica confermano l’idea secondo la quale la deformità fisica caratterizza l’estraneo (omosessuale, ebreo, nero ecc.), facendo sì che la valutazione estetica del paziente si inserisca nel discorso scientifico, contribuendo a creare un confine netto tra comportamenti ritenuti normali e anormali, e rafforzando di conseguenza gli stereotipi sessuali.

La perversione sessuale, espressa in termini di masturbazione, omosessualità, lesbismo, rappresenta nell’opinione comune l’eccesso sessuale e la confusione dei sessi, e viene considerata tanto una minaccia per la divisione sessuale del lavoro alla base della vita economica borghese, dunque per la rispettabilità, quanto un fattore di potenziale degenerazione che mette inevitabilmente a rischio la sopravvivenza della nazione.

 

Amicizia, società maschile e “antifemminismo”

La riscoperta del corpo da parte dei movimenti giovanili fin de siècle in Germania, che esaltavano la natura e il corpo nudo come simbolo di innocenza sessuale e di resistenza alla depravazione della modernità, insieme al culto settecentesco dell’amicizia e successivamente al mito del Mannerbund («la società maschile basata sull’affinità piuttosto che sulle esigenze di un’autorità superiore come lo Stato» (p. 71) vengono assorbite dal nazionalismo, che si rafforza e collabora con la rispettabilità borghese nel combattere l’omoerotismo latente in tali movimenti.

Infatti, il nazionalismo e la rispettabilità condividono l’obiettivo di separare l’amicizia dalla sessualità, riducendo l’autonomia dell’individuo: «agli uomini e alle donne non doveva essere permesso di scegliere liberamente le proprie amicizie, come non gli doveva essere permesso di seguire i propri istinti sessuali: andavano stabiliti dei modelli e vi si doveva conformarsi» (p. 73).

Differente, tuttavia, è la declinazione che l’ideale di amicizia ebbe in Germania e in Inghilterra. Nella prima, l’ideale di amicizia maschile si intreccia prima col patriottismo, e in un secondo momento col nazionalismo integrale del XIX sec., alimentato da miti e simboli delle guerre di liberazione nazionale. Conseguenza naturale fu la subordinazione dell’amicizia al nazionalismo, e l’attenzione verso il Bund più militante rispetto al circolo di amici settecentesco, dando vita a un ideale di mascolinità aggressiva che esalta la bellezza maschile e ha la sua espressione maggiore nel Mannerstaat, costantemente minacciato dall’omosessualità[4].

In Inghilterra, dove il nazionalismo ebbe meno presa, l’omoerotismo insito nell’ideale di amicizia si manifesta nella società maschile per eccellenza, ovvero la scuola pubblica. La società separata degli istituti di formazione di Oxford e Cambridge garantisce un minore controllo sull’omoerotismo, ed è frequente l’esperienza omosessuale per gli studenti inglesi durante l’università.[5] Mosse analizza inoltre il dinamismo dell’Impero britannico come frutto delle energie sessuali represse, che diedero vita a miti esotici di civiltà dai molli costumi come quella araba[6].

Secondo Mosse, proprio «l’azione reciproca tra amicizia e nazionalismo può servire a dimostrare quanto spazio l’individuo riuscì a garantirsi nell’ambito della società e dello Stato per far proprio il diritto alla libera scelta e all’espressione di sé» (p.  72).

Ciò che è interessante notare dell’analisi di Mosse è la sua capacità di restituire il quadro complesso e sfaccettato del legame tra nazionalismo e sessualità. Egli non solo ripercorre le tappe salienti di questa alleanza, ma mette a fuoco anche le contraddizioni interne ad essa, dipingendo a chiare lettere gli effetti collaterali della repressione borghese, e il moto aggressivo che paura e frustrazione sessuale possono generare.

Convinto che la storia della rispettabilità sia ancora la nostra, Mosse restituisce una voce all’“estraneo”, costringendoci a riflettere su quanto l’ideale di virilità influenzi il nostro vivere sociale e politico, e quanto la morale delle classi medie, quindi economica e religiosa, contribuisca alla costruzione di una linea di demarcazione netta tra la decenza e l’ “altro”, tra la società maschile e il femminile mortificato come espressione di debolezza (l’ebreo e l’omosessuale sono infatti disprezzati anche perché considerati femminili).

Gli anni successivi alla seconda guerra mondiale hanno segnato una crescente apertura verso il tema della sessualità, incoraggiata da studi come il rapporto Kinsey e la ricerca di Masters and Johnson in America, e dai numerosi trattati scientifici conseguenti, il cui apice può essere individuato nella rivoluzione sessuale del ‘68 e nella scoperta della pillola contraccettiva, che cambia radicalmente il ruolo della donna.

Nonostante ciò, l’analisi di Mosse risulta essere più attuale che mai nel panorama socio-politico odierno, in cui il rafforzarsi in Europa dell’estrema destra nazionalista[7] si è accompagnato a una retorica che potremmo definire “antifemminista”, finalizzata a riportare al centro del discorso politico temi tradizionali di quella che Foucault chiama biopolitica[8]. Il sostegno alla natalità (spesso legato alla teoria del complotto nota come “sostituzione etnica” che prende di mira la migrazione verso l’Europa), le proposte di legge che tentano di ostacolare il divorzio, l’appoggio ai movimenti pro-life antiabortisti e la difesa della famiglia tradizionale hanno caratterizzato il focus delle rivendicazioni da parte dei movimenti che rappresentano oggi il nazionalismo europeo, dimostrando l’attualità dell’analisi di Mosse del processo di creazione degli stereotipi nazionali e sessuali, fondati sull’individuazione dell’“altro” considerato una minaccia per la “normalità” e sull’enfasi data alla società maschile e al modello di “virilità normativa”.

Alla luce di quanto detto, appare dunque fondamentale riconsiderare gli studi pionieristici di Mosse e di Foucault sull’argomento, che hanno aperto la strada a una nutrita storiografia in merito[9], per trovare l’esempio di una riflessione lucida sulle modalità con cui il potere tuttora definisce ed esercita il controllo sulla sessualità e sul corpo come espressione dell’individualità.


[1] Mosse fa riferimento, parlando di pietismo e evangelicalismo, al risveglio protestante del XVIII sec., e al suo impatto sulla storia della rispettabilità (p. 4). Il pietismo è un movimento di riforma religiosa formatosi in seno al protestantesimo a partire dal XVII sec., che accentua gli elementi soggettivi, non razionali, dell’esperienza religiosa, l’impegno per una fede operante nella società, con una parallela polemica contro il dogmatismo teologico, le sistemazioni scolastiche, le istituzioni ecclesiastiche che cristallizzavano le confessioni riformate. http://www.treccani.it/pietismo/

[2] L’evangelicalismo, invece, è un complesso moto di rinnovamento che riguarda la vita religiosa inglese tra XVIII e XIX sec., articolandosi in diverse sette e gruppi che fanno capo al metodismo: rappresenta, nel suo insieme, l’esigenza di una religione interiore, che si esprima soprattutto nelle opere buone, necessarie per la salvezza, e in una scrupolosa accettazione dei precetti di umiltà, di povertà e di serena laboriosità e solidarietà, prescritti dal Vangelo. http://www.treccani.it/evangelicalismo/

[3] Significativi i due principali film della Riefenstahl: Il trionfo della volontà (Triumph des Willens) (1934) e Olympia (Olympia 1. Teil – Fest der Völker e Olympia 2. Teil – Fest der Schönheit) (1938).

[4] Figura chiave della lotta contro l’omosessualità nei ranghi delle SS e della polizia fu Himmler, «eminenza occulta che guidò la persecuzione degli omosessuali e impersonò la politica e le paure, nei riguardi della sessualità, del Terzo Reich» (p. 188).

[5] Testimonianza dell’amore omosessuale nelle scuole pubbliche inglesi, è il romanzo Maurice scritto da E. M. Forster nel 1914, e pubblicato solamente nel 1971.

[6] P. 137, T. E. Lawrence, detto Lawrence d’Arabia, scrivendo della sua esperienza di guerra nel famoso The Seven Pillars of Wisdom (1926) descrive l’omosessualità tra i giovani arabi nel deserto.

[7] www.internazionale.it/reportage/annalisa-camilli/estrema-destra-donne-aborto

[8]Foucault M., La volontà di sapere, Feltrinelli, Milano 1978.

[9] Betta E., Percorsi della storia della sessualità, Contemporanea, Vol. 14, No. 4 (ottobre 2011), pp. 701-703.


Crediti immagine: Giovane uomo nudo seduto in riva al mare (1835) di Hippolyte Flandrin, [CC0 Creative Commons], attraverso wikimedia.com

Scritto da
Carlotta Centonze

Laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali all’Università di Bologna, si interessa di tematiche legate al diritto islamico, al diritto della migrazione, alle relazioni esterne dell’UE e ai gender studies. Scrive di cinema per diverse riviste online.

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