Scritto da Pietro Moroni
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Soares vinse anche le elezioni presidenziali del 1991, mentre il PS, nel 1995, vinse finalmente le elezioni parlamentari con un ampio mandato. Soares non si candidò per un terzo mandato, poiché vietato espressamente dalla Costituzione che un Presidente potesse avere tre mandati consecutivi, ma non abbandonò la politica né il partito. Tre anni dopo era eletto nel Parlamento Europeo. Con grande lucidità, negli anni Novanta fu critico nei confronti della direzione verso cui le élite europee stavano portando il progetto europeo, dominato da “grigi tecnocrati” che a suo dire non si assumevano “la responsabilità di offrire una visione del futuro”. Nel 2006 fu ancora candidato dal PS, in grave affanno elettorale, alla presidenza: finì terzo, dietro Manuel Alegre, il candidato della sinistra dissidente, e Aníbal Cavaco Silva, candidato di destra, che vinse. Il vento non soffiava più nelle vele del padre della democrazia portoghese, incapace di risollevare le sorti del suo partito, ma accettò con serenità la sconfitta, giustificandola con la diffidenza dei portoghese per un terzo mandato ad un ex-Presidente e difendendo comunque la sua candidatura “come un incoraggiamento a tutti gli anziani che si rifiutano di morire prima del loro tempo”. Nuove critiche giunsero contro l’austerity: accusò i leader dell’eurozona di condurre la moneta unica verso il baratro, criticò il FMI, cui pure egli stesso ricorse nel 1983, e il resto della troika per i suoi tassi d’interesse eccessivamente alti ed espresse una memorabile reprimenda alla “virtuosa” Finlandia di Katainen, rea di essersi trasformata in un Paese conservatore e aver abbandonato la solidarietà che la contraddistingueva ai tempi di Kalevi Sorsa, la cui generosità contrasta con quella di “questi nani che vogliono governare la Finlandia” dando ai finnici l’illusione che “mercati speculativi e criminali fiscali possono distruggere nazioni con novecento anni di storia indipendente alle spalle”.
Alla morte di Mário Soares, la sua esperienza è stata ricordata con gratitudine da tutte le forze politiche, anche quelle che un tempo si opposero risolutamente a lui sia da destra che da sinistra. Lo salutano i vecchi compagni di tutta Europa e dei Paesi liberatisi, da soli, ma anche grazie al suo impegno, dal giogo coloniale portoghese, dalla Guinea-Bissau alla Cina. Ed è certamente un segno dei tempi e della forza della democrazia se oggi al governo in Portogallo ci sono i socialisti col sostegno esterno anche dei comunisti del PCP. Un fatto impensabile fino a poco tempo fa. L’esempio di Mário Soares è un esempio di lealtà alle idee del socialismo democratico e ai valori di uguaglianza e libertà, di grande capacità politica, e di generosità. In un tempo in cui spesso si dubita del valore dell’azione politica e della democrazia, giova ricordare una delle ultime considerazioni del compagno Soares a conclusione del suo incarico presidenziale: “se avessi vissuto in una democrazia, invece di spendere 32 anni facendo avanti e indietro dalla prigione, scappando dalla polizia e cospirando in segreto, avrei potuto fare molto di più per il Portogallo”. Ricordiamo però anche la capacità di Soares, condivisa con molti leader socialisti del tempo, di fare sistema in Europa e nel mondo, di riuscire ad essere solidali e coesi pur nelle inevitabili e spesso profonde divergenze di pensiero e nonostante i diversi interessi nazionali. In questo senso, Soares non è solo un esempio individuale, ma anche un testimone dei valori positivi del socialismo.