“Storia profonda” di Daniel Lord Smail
- 26 Luglio 2017

“Storia profonda” di Daniel Lord Smail

Recensione a: Daniel Lord Smail, Storia profonda. Il cervello umano e l’origine della storia, Bollati Boringhieri, Torino 2017, pagg. 235, 24 euro (scheda libro)

Scritto da Fabio Milazzo

5 minuti di lettura

Reading Time: 5 minutes

On Deep History and the Brain, questo il titolo del libro di Daniel Lord Smail, docente di Storia a Harvard, che Bollati Boringhieri manda in stampa a quasi 10 anni dalla sua pubblicazione originale, avvenuta nel 2008. Il titolo si pone in continuità con altri testi che programmaticamente criticano la logica della storia basata esclusivamente sul periodo successivo all’invenzione della scrittura.

Per molti versi questa critica rientra in una più generale attenzione da parte del mondo dell’editoria italiano che, solo di recente, ha pubblicato diversi testi che in forme e prospettive diverse si propongono di mettere in discussione gli assetti storiografici: The History Manifesto[1] [Donzelli 2016] di David Armitage e Jo Guldi, innanzitutto, che critica una presunta riduzione micro-storiografica ed una eccessiva riduzione del lavoro dello storico sulla dimensione del micro-evento, a svantaggio delle grandi narrazioni e delle ampie ricostruzioni tipiche della longue durée.

E poi c’è Abbiamo ancora bisogno della storia. Il senso del passato nel mondo globalizzato [Raffaello Cortina 2016] di Serge Gruzinski che, attraverso il punto di vista della storia globale vuole problematizzare il «senso del passato nel mondo globalizzato». Mettendo al centro la necessità di una storia organizzata intorno a connessioni globali l’autore critica lo status quo, oltre all’impostazione «accademica delle discipline storiche, sempre più parcellizzate in compartimenti stagni non dialoganti fra loro e impegnate in dibattiti che, a suo dire, «mirano più spesso a ridefinire settori (…) indeboliti che a mettere in discussione le abitudini accademiche»[2].

La critica di un’impostazione che identifica l’inizio della storia con l’emergere della “cultura” o, al più, con la rivoluzione cognitiva è dunque in sintonia con questo più ampio moto problematico che investe la disciplina storiografica. Lord Smail, in particolare, è convinto che non si possa escludere più dalla ricerca il periodo che precede l’invenzione della scrittura; i dati disponibili, le ricerche portate avanti in ambito neuro-cognitivo, oggi consentono una svolta verso una «storia profonda», più completa, in grado di rendere conto di una molteplicità di percorsi evolutivi oggi colpevolmente tralasciati.

La principale responsabile di questo stato di cose, secondo l’Autore, è la storia sacra che per diverse migliaia di anni ha influenzato gli storici «che scrivevano all’interno della tradizione ebraico-cristiana [e] sono rimasti indifferenti alla questione delle origini» (p.26). Il dato di partenza era assodato e coincideva con quello stabilito dalle Sacre Scritture che lo collocavano «nel Giardino dell’Eden, e questo era il luogo dove le storie generali della tarda antichità e dell’Europa medievale facevano cominciare la loro storia» (p.26). Lord Smail affronta la questione nel primo capitolo, quello forse in cui più emerge la natura del libro derivato da un corso tenuto nel 2000 presso la Fordham University.

L’andamento espositivo appare in più passaggi ripetitivo e didattico e le informazioni contenute non sono sempre adeguatamente sviluppate. Nonostante ciò il capitolo appare essere propedeutico per l’impalcatura del libro che vuole riconoscere legittimità a «quel lungo tratto dell’Età della Pietra che precede la diffusione dell’agricoltura» (p. 16). Una delle ipotesi del testo è che tale scelta metodologica miri a salvaguardare la specificità dell’uomo, infatti – come ha sostenuto Mott Greene – «abbandonare la preistoria equivarrebbe a ipotizzare una continuità tra l’origine biologica dagli ominidi e l’ascesa della civiltà di quell’astratto “genere umano” che si trova nella storiografia umanistica» (p. 17). Invece la storia profonda che interessa all’Autore deve tenere insieme «il Paleolitico e il Neolitico assieme al Postlitico – ossia, a tutto ciò che è accaduto a partire dalla comparsa della metallurgia, della scrittura e delle città circa 5500 anni fa» (p. 17).

 

Neurostoria e storia globale

L’idea di una storia che faccia della lunga durata l’architrave metodologica per una ricostruzione che abbracci tutta la cronologia del passato umano è interessante e, per molti versi, si muove nella stessa direzione indicata da Armitage e Guldi nel loro Manifesto allorché sottolineano la necessità di superare la dittatura delle micro-narrazioni basate sul lavoro d’archivio. In questa ottica anche il libro di Lord Smail è una sorta di opera programmatica che auspica un nuovo modo di intendere la storiografia, che integra la paleoantropologia, la geologia, ecologia e tutte quelle che un tempo erano indicate come discipline ausiliarie. E lo conferma lo stesso Lord Smail quando afferma lapidario che il suo «è un lavoro che si schiera apertamente a difesa della necessità di avere una storia profonda e, nel contempo, rappresenta una guida per la stesura della stessa» (p. 18).

Tra gli ostacoli maggiori che si frappongono al programma, oltre all’inerzia degli studiosi, alle logiche accademiche e a una tradizione che si è sviluppata e diffusa nei manuali, nei corsi di studio e, quindi, nell’immaginario collettivo, c’è una consolidata forma mentis che identifica la storia dell’uomo con quella successiva all’invenzione della scrittura. Ne deriva una diffidenza altrettanto radicata verso gli archivi genetici, le composizioni orali, le tracce come «fossili, resti vegetali, fonemi e varie forme moderne di DNA» (p.20) e, più in generale, tutti quei significanti che giungono dal passato non in forma di scrittura.

Così nei primi tre capitoli del libro l’Autore affronta proprio la questione degli ostacoli metodologici ed epistemologici che rendono così problematica la decifrazione di questi segni. Oltre alla «morsa della storia sacra», appare degno di sottolineatura il convinto e diffuso scetticismo «nei confronti della possibilità di studiare il tempo» (p. 59) che precede la scrittura. La strada che il testo propone come quella più congeniale è lo studio neuro-storico del cervello attraverso il suo percorso evolutivo. Viene sviluppata nel quarto e nel quinto capitolo attraverso l’idea di un percorso comparato tra comportamento, biologia e scienze cognitive.

Il risultato dovrebbe essere una storia naturale dell’uomo che attraverso la ricostruzione biologica del destino umano punta a realizzare un orizzonte di continuità tra il passato profondo e il presente. Dall’ipotesi, secondo Lord Smail, si potrebbero trarre interessanti – ma a nostro parere irrilevanti per il discorso pubblico – considerazioni sull’uguaglianza umana, sulle differenze culturali, sul valore sociale e storico dei comportamenti e delle abitudini umane, sulle condizioni e le realtà fisiologiche che le hanno determinate.

Tra le ragioni invocate dall’Autore a sostegno della propria proposta c’è una volontà di aprire la storia verso l’interdisciplinarità – elemento sicuramente auspicabile – e un desiderio di opporsi «allo sterile presentismo che avvince la comunità storica» (p. 23). L’idea che gli storici attuali siano concentrati su «un tempo di gran lunga minore rispetto a ciò di cui erano soliti occuparsi quando la disciplina era nella morsa della storia sacra» (p. 23) è una posizione che il testo condivide con The History Manifesto e, probabilmente, ha una sua ragion d’essere negli Stati Uniti.

«Adottare il Paleolitico» – come sostiene l’Autore – per disporre una rinnovata cronologia in grado di fare spazio «non solo per la nostra storia profonda ma anche per la storia di “mezzo”», (p.23) non appare essere una motivazione che ha quel grado di novità e di urgenza che, forse, riveste negli USA. Questo perché in Italia, i dipartimenti di storia Antica, Medievale Moderna – ciò che l’autore ha in mente con «storia di mezzo» – non sono evaporati, né sono stati fagocitati da quelli di storia Contemporanea. Non è dunque in questa urgenza che va individuato il valore del libro.

A nostro giudizio, invece, molto più interessante appare lo sdoganamento di quella dark age che oggi non può più essere considerata un’età senza tempo, simile alla celebre notte in cui tutte le vacche si assomigliano. La contaminazione tra punti di vista diversi, come lo «studio delle malattie e delle interazioni umane con l’ambiente» (p. 213), ma anche la neurostoria, la genetica, la biologia, lo studio del clima, può rappresentare un potenziale inesauribile per lo sviluppo di inedite ipotesi di ricerca, in particolare in riferimento a una storia comune della specie umana. Sì, perché questa ipotetica «storia è anche una storia globale, poiché l’equipaggiamento di base è condiviso da tutti gli esseri umani, nonostante il fatto che sia costruito, manipolato e modificato in modi differenti a seconda delle differenti culture» (p.213).

Una storia della continuità ricostruita attraverso le discontinuità dei diversi passati e i molteplici punti di vista dei saperi e delle discipline adottate. Forse però perché questa strada risulti produttiva, almeno in Italia, occorre che i corsi di laurea in storia valutino la possibilità di inserire corsi e insegnamenti relativi a quegli studi – climatologia, genetica, paleoantropologia, etc. – necessari per ampliare il raggio d’azione della storiografia. Ciò dovrebbe rientrare in più generale riorganizzazione dei corsi di studio di cui, però, allo stato attuale non si intravede una reale volontà politica.


[1] F. Milazzo, La storia smarrita. Su The History Manifesto, in “L’identità di Clio”, 28 febbraio 2017, http://www.lidentitadiclio.com/the-history-manifesto/

[2] Cfr. F. Paolini, Se l’accademia si autoconfina, in “L’indice dei libri”, febbraio 2017.

Scritto da
Fabio Milazzo

Siciliano, nato nel 1979. Ricercatore e docente di storia e filosofia nei licei. È Phd candidate in Storia Contemporanea presso il Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell'Università di Messina. È membro della Società Italiana per lo Studio della Storia Contemporanea (Sissco), dell'Istituto di Studi Storici Salvemini di Messina, dell'Istituto di Studi avanzati in psicoanalisi (ISAP), dell'Associazione amici di "Passato e presente" (APEP). Scrive per riviste cartacee e giornali online e oltre a diversi articoli di storia, filosofia e psicoanalisi è autore di: "Senso e godimento. La follisofia di Jacques Lacan" [Galaad ed.]. Collabora con l'Istituto Storico della Resistenza e della Società Contemporanea di Cuneo e svolge attività di ricerca presso il Centro Studi in Psichiatra e Scienze umane della Provincia di Cuneo.

Pandora Rivista esiste grazie a te. Sostienila!

Se pensi che questo e altri articoli di Pandora Rivista affrontino argomenti interessanti e propongano approfondimenti di qualità, forse potresti pensare di sostenere il nostro progetto, che esiste grazie ai suoi lettori e ai giovani redattori che lo animano. Il modo più semplice è abbonarsi alla rivista cartacea e ai contenuti online Pandora+, è anche possibile regalare l’abbonamento. Grazie!

Abbonati ora

Seguici