Scritto da Giuseppe Palazzo
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Il TAP, la cui sigla sta per Trans-Adriatic Pipeline, è un gasdotto che fa parte del Southern Gas Corridor, ovvero il corridoio meridionale che porterà il gas in Europa dall’Azerbaijan. Il TAP ne costituisce l’ultimo tratto che attraversa l’Adriatico percorrendo 878 km dal confine tra Grecia e Turchia fino ad arrivare alla località San Foca del Comune di Melendugno nel leccese: 550 km in Grecia, 215 in Albania, 105 nell’Adriatico e 8 in Puglia[1]. Si aggiungono infine i circa 60 km da Melendugno a Mesagne (Brindisi) gestiti da SNAM (il gestore della rete di trasporto del gas in Italia) che allacceranno il TAP alla rete nazionale[2]. Avrà una capacità di trasporto di 10 miliardi di metri cubi all’anno (raddoppiabili), abbastanza per le esigenze di 7 milioni di famiglie. L’erogazione si prevede inizierà nel 2020. La Valutazione Impatto Ambientale, eseguita per obblighi di legge, mostra che San Foca è stata scelta tra altri 20 siti per il minore impatto[3].
I lavori di posa si limiteranno all’esecuzione di uno scavo lungo il tracciato, a circa 2 metri di profondità, alla posa della condotta e alla successiva copertura che permetterà la nuova piantumazione degli ulivi temporaneamente rimossi.
All’origine del progetto vi sono ragioni tecnico-economiche e “connettografiche”, ovvero legate alla geografia delle connessioni infrastrutturali ed economiche di cui si è recentemente occupato anche lo studioso Parag Khanna (qui una recensione su Pandora).
Le ragioni tecnico-economiche riguardano il fabbisogno energetico italiano ed europeo e l’incremento della resilienza del sistema del trasporto del gas del Vecchio Continente. Le ragioni “connettografiche” riguardano l’equilibrio di potere lungo la filiera del gas: vi sono coinvolti gli interessi dell’UE e di altri attori (Russia in primis) e dei singoli stati europei (in particolare Germania, Italia ed Europa dell’Est).
Per quanto riguarda i consumi italiani di gas i dati parlano di un costante calo dovuto alla crisi economica fino al 2014 e di una risalita a partire da quell’anno, in parte dovuta alla ripresa industriale e in parte per via fenomeni di siccità che hanno ridotto la produzione idroelettrica, compensata dal termoelettrico. Nel 2017 si è registrata una crescita del 6% del consumo complessivo rispetto al 2016 e anche nel 2018 si rileva un lieve aumento, tendente al +1,8%[4].
Nonostante l’importanza della risalita dei consumi non sia valutata allo stesso modo dagli addetti ai lavori, le importazioni sono tornate a crescere dal 2014[5]. A tal proposito si può ricordare che la nostra capacità di importazione è comunque usata solo al 50%. Ci si potrebbe quindi chiedere per quale ragione sia necessario incrementarla.[6] Il gas importato proviene per oltre il 40% dalla Russia, seguita da Algeria, Qatar, Libia e Norvegia. Il peso di Mosca è diventato più significativo negli ultimi anni, dato il declino della produzione nordeuropea. Un dato che suggerisce l’opportunità di perseguire una maggiore diversificazione delle fonti energetiche.[7]
Da un punto di vista geopolitico va rilevato come il TAP permetta l’approvvigionamento diretto di gas azero, rappresentando un’alternativa alle forniture russe. Inoltre, il sottoutilizzo della nostra capacità di importazione – in particolare di quella di rigassificazione, ovvero degli impianti che rigassificano il gas naturale liquefatto (GNL) importato – costituisce solo apparentemente una sovracapacità, in quanto le direttrici che conducono il gas in Italia sono poche e metà del metano importato viaggia su un unico gasdotto attraverso il passo del Tarvisio[9]. La dipendenza da questi colli di bottiglia rende il Paese poco resiliente. Il suddetto gasdotto, infatti, fu al centro di un’esplosione a Baumgarten in Austria nel dicembre 2017 che bloccò il trasporto facendo salire il prezzo del gas in Italia dell’87%, fino a 44,5 €/MWh[10]. La diversificazione delle importazioni e la riduzione dell’impatto di tali imprevisti sono quindi tra le potenziali implicazioni del TAP.
Infine va sottolineato che senza il TAP vi sarebbe il rischio di dover sopperire alla domanda di importazioni con maggiori quantità di GNL, più oneroso in quanto implica i costi del processo di liquefazione e del trasporto via mare. Va inoltre considerata la concorrenza dei mercati dell’Estremo Oriente a cui i produttori preferiscono rivolgersi data la loro maggiore redditività.[11] Il prezzo del gas sul mercato italiano (Psv) potrebbe anche ridursi avvicinandosi a quello sul mercato olandese (Ttf), considerato un prezzo “medio” indicativo dell’Europa nel complesso. Il differenziale di prezzo a detrimento del Psv è da imputare per lo più alle importazioni dal Nord Europa, che potrebbero essere ridotte dal TAP inducendo un conseguente abbassamento dei prezzi Psv.
Passando dall’Italia all’Europa, anche in questo caso i consumi complessivi di gas stanno crescendo. Il consumo del 2017 ha registrato un +6% rispetto all’anno precedente (come in Italia). Nonostante pure in questo caso l’entità della crescita sia messa in discussione, con esperti che sostengono che il trend complessivo degli ultimi anni sia negativo grazie allo sviluppo di rinnovabili ed efficienza energetica, emerge come il declino della produzione interna contribuisca ad un aumento delle importazioni. Secondo la International Energy Agency la domanda europea salirà dello 0,3% annuo fino al 2040. Non un grande incremento ma una parte significativa di questo potrebbe essere soddisfatta dal TAP[13]. Per quanto si tratti di numeri che non intaccano la sostanziale dipendenza dalla Russia, che resta in grado di fissare un prezzo competitivo. Resta il fatto che con questo progetto si va nella giusta direzione della diversificazione e della resilienza. Tant’è che la Banca europea degli investimenti (BEI) contribuisce con 1,5 miliardi €[14] e l’azionariato del TAP è tutto europeo: 20% Snam (Italia), 20% Bp (UK), 20% Socar (Azerbaijan), 19% Fluxys (Belgio), 15% Enagàs (Spagna), 5% Axpo (Svizzera)[15].
Oltre alla dimensione nazionale ed europea vanno menzionate anche le ricadute per la Puglia. Le ricadute economiche per il territorio dovrebbe ammontare a circa 155 milioni di euro: di cui 100 si concretizzeranno in tutto il Salento e 55, sotto forma di compensazioni sociali e iniziative per limitare il disagio dovuto ai lavori, andranno ai comuni coinvolti[16].
Quando si parla di progetti infrastrutturali pensati su di un orizzonte decennale occorre estendere lo sguardo oltre le stime di breve e medio periodo. A tal proposito è importante considerare l’obiettivo di mantenere la crescita della temperatura globale sotto i 2°C rispetto ai livelli pre-industriali e il ruolo che in questo avrà il gas. Ovvero se il gas, essendo la meno inquinante tra le fonti fossili, possa fungere da “ponte” fino all’affermarsi delle rinnovabili. Sia i sostenitori che gli oppositori di questa tesi trovano nella Strategia Energetica Nazionale italiana del 2017 e nell’Accordo di Parigi sul clima del 2015 possibili argomenti a favore di strategie di sostenibilità che prevedano l’aumento o la riduzione del consumo di gas. Il settore energetico è infatti uno di quelli su cui è più difficile fare previsioni. Da un lato le rinnovabili corrono: diverse stime le vedono preponderanti nella nuova capacità di generazione energetica che verrà installata in futuro, col 40% della nuova produzione da oggi al 2040 che userà queste fonti[17]. Dall’altro è stimato che nel 2040, anche onorando l’accordo di Parigi, le fonti fossili soddisferanno ancora il 74% dei consumi mondiali mentre le rinnovabili meno del 20% (e le nuove rinnovabili, solare ed eolico, meno di un ventesimo)[18]. Tuttora in Europa, che pur rappresenta un soggetto politico che ha sempre dedicato attenzione alle questioni climatiche, restano elevati i consumi di carbone di molti paesi. Il carbone è la più inquinante fonte fossile, nonostante il suo prezzo sia tornato a salire il prezzo. Il percorso verso la transizione può essere quindi ancora lungo, per motivi economico-tecnologici spiegati dal professor Alberto Clô nel suo ultimo libro (recensito da Pandora), e per procedere su questa strada servono impegno e investimenti. Pur essendoci visioni diverse sul possibile ruolo del gas nel favorire o nel rallentare questa transizione è chiaro che uno scenario nel quale vi sia una grande preponderanza delle fonti rinnovabili non è all’ordine del giorno e pertanto lo sfruttamento del gas deve continuare ad essere tenuto in conto.
Le ragioni geopolitiche del progetto TAP sono già state in parte affrontate in questo scritto ma meritano un maggior approfondimento.
Con l’espressione “tiro alla fune” Parag Khanna intende la competizione tra gli stati nella geografia delle connessioni infrastrutturali ed economiche per trovarvisi il più possibile al centro ed esserne luogo di origine e transito[20]. Un gioco simile esiste tra Azerbaijan, UE e Russia ma anche tra il Nord e il Sud Europa. Nel 2019 dovrebbe entrare in funzione North Stream II, il raddoppio del gasdotto che viaggia dalla Russia alla Germania attraverso il mare, senza transitare in altri stati. Sarà in grado da solo di soddisfare quasi un quarto della domanda attuale UE di gas. Si tratta di un progetto economicamente valido tra un grosso esportatore e la prima economia UE. Da un punto di vista politico esso è avversato dai paesi Est europeo e dalla Commissione.
A differenza del TAP, esso aumenta la dipendenza dalla Russia, rafforzando il ruolo preponderante di Gazprom. Esso consentirebbe al tempo stesso alla Germania di acquisire il ruolo di hub del gas per tutta l’UE, con cospicui vantaggi commerciali[21]. Berlino sta volutamente ignorando le ragioni dell’UE dopo che queste hanno, invece, impedito la realizzazione del South Stream, un gasdotto analogo che avrebbe portato gas russo in Europa attraverso il Mar Nero e l’Italia.[22]
Il TAP non può competere con i numeri del North Stream II (110 miliardi di metri cubi di capacità), anche tenuto conto di una rete pensata per trasportare il gas da Nord a Sud e da Est a Ovest e che deve essere migliorata per consentire l’inversione di flusso, necessario per condurre nel resto d’Europa il gas azero e del Mediterraneo orientale da Sud e il GNL dai rigassificatori iberici. Tuttavia, il TAP contribuisce alla resilienza europea e promuove lo sviluppo di un hub meridionale del gas. Inoltre, rinforza il legame commerciale tra Azerbaijan ed Italia[23], rafforzando un Paese che costituisce un fattore di stabilità per il Caucaso, con tendenze multiculturali e non incline a incoraggiare estremismi[24] (pur non essendo una democrazia, come nessuno degli altri principali stati da cui importiamo idrocarburi).
Permettendo all’Italia di avere un po’ di “fune”, il TAP rappresenta l’opportunità strategica di guadagnare un posizionamento migliore nelle filiere globali. Sono considerazioni che un Paese maturo, e dotato di una politica energetica di lungo periodo, deve svolgere con serenità e senza abbandonarsi a considerazioni di corto respiro.
[1] Lanza Alessandro, “Così il Tap apre una nuova via del gas”, Lavoce.info, 31 luglio 2018
https://www.lavoce.info/archives/54459/cosi-il-tap-apre-una-nuova-via-del-gas/
[2] Giliberto Jacopo, “Lecce si misura con la mappa sociale dei No Tap e le ricadute sul territorio”, il Sole 24 Ore, 3 aprile 2018
[3] Haraigue Nadira, “L’approdo di Enea”, 31 luglio 2018
http://sostienenadira.it/tap-lapprodo-di-enea/
[4] Idem; Giliberto Jacopo, “Eni, scoperto in Adriatico mega giacimento di metano”, il Sole 24 Ore, 5 ottobre 2018
[5] Lanza Alessandro, “Così il Tap apre una nuova via del gas”, Lavoce.info, 31 luglio 2018
https://www.lavoce.info/archives/54459/cosi-il-tap-apre-una-nuova-via-del-gas/
[6] Bergamaschi Luca, “Se il Tap non serve”, la Stampa, 13 agosto 2018
https://www.lastampa.it/2018/08/13/scienza/se-il-tap-non-serve-YkKWl5J0Nb9zirr679vEfK/pagina.html
[7] Lanza Alessandro, “Così il Tap apre una nuova via del gas”, Lavoce.info, 31 luglio 2018
https://www.lavoce.info/archives/54459/cosi-il-tap-apre-una-nuova-via-del-gas/
Ardito Greta, Sala Lorenzo, “Dietro il Tap c’è Putin?”, Lavoce.info, 11 settembre 2018
https://www.lavoce.info/archives/54908/dietro-il-tap-ce-putin/
[8] Ardito Greta, Sala Lorenzo, “Dietro il Tap c’è Putin?”, Lavoce.info, 11 settembre 2018
https://www.lavoce.info/archives/54908/dietro-il-tap-ce-putin/
[9] Rendina Federico, “Da sudditi del gas a padroni del nuovo hub europeo? Si può fare”, il Sole 24 Ore, 13 dicembre 2017
[10] Giliberto Jacopo, “Esplosione hub gas Austria, ecco da dove arriva il metano in Italia”, il Sole 24 Ore, 12 dicembre 2017
[11] Haraigue Nadira, “L’approdo di Enea”, 31 luglio 2018
http://sostienenadira.it/tap-lapprodo-di-enea/
[12] Bergamaschi Luca, “Se il Tap non serve”, la Stampa, 13 agosto 2018
https://www.lastampa.it/2018/08/13/scienza/se-il-tap-non-serve-YkKWl5J0Nb9zirr679vEfK/pagina.html
Ruggieri Gianluca, “”Hub europeo del gas naturale? Ecco perché non conviene all’Italia”, Altreconomia, 23 giugno 2017
https://altreconomia.it/hub-gas-naturale/
[13] Galeotti Marzio, Lanza Alessandro, “Tap, la via del gas per una lunga transizione”, Lavoce.info, 4 aprile 2017
https://www.lavoce.info/archives/46006/tap-velleita-cinismo/
[14] Palmiotti Domenico, “BEI sostiene Tap con un finanziamento da 1,5 miliardi”, il Sole 24 Ore, 7 febbraio 2018
[15] Ardito Greta, Sala Lorenzo, “Dietro il Tap c’è Putin?”, Lavoce.info, 11 settembre 2018
https://www.lavoce.info/archives/54908/dietro-il-tap-ce-putin/
[16] Giliberto Jacopo, “Lecce si misura con la mappa sociale dei No Tap e le ricadute sul territorio”, il Sole 24 Ore, 3 aprile 2018
[17] IEA, “World Energy Outlook 2017”, IEA Publications, novembre 2017
[18] Clô Alberto, “Energia e clima”, Saggi, il Mulino, 2017
[19] Bellomo Sissi, “Carbone più forte della politica: in Europa i consumi corrono (anche con prezzi record)”, il Sole 24 Ore, 6 settembre 2018
[20] Khanna Parag, “Connectography”, Fazi Editore, settembre 2016
[21] Buck Tobias, “How Russian gas became Europe’s most divisive commodity”, Financial Times, 17 luglio 2018
https://www.ft.com/content/e9a49e8c-852c-11e8-a29d-73e3d454535d
[22] Chiellino Giuseppe, “Germania-Ue, sfida sul gasdotto Nord Stream 2”, il Sole 24 Ore, 4 agosto 2017
[23] Cariani Valentina, “Un mercato strategico per il Sistema Italia”, OBOR Watch, ISPI, 26 febbraio 2018
https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/un-mercato-strategico-il-sistema-italia-19743
[24] Massari Augusto, “Azerbaijan: paese di primo piano”, OBOR Watch, ISPI, 26 febbraio 2018