Recensione a: Tecnocina. Storia della tecnologia cinese dal 1949 a oggi, add editore, Torino 2023, pp. 256, 20 euro (scheda libro)
Scritto da Laura Laportella
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Considerando il contesto storico-sociale e geopolitico attuale non è possibile prescindere dal pensiero comune che si ha sulla Cina, specialmente per ciò che riguarda l’aspetto tecnologico. Nell’immaginario collettivo la Cina è percepita sempre più come un luogo tecnologicamente all’avanguardia, tanto da risultare avveniristico: abbiamo coscienza che le innovazioni prodotte lì hanno – e avranno – un impatto sostanziale anche su di noi. Un immaginario che spesso assume tratti quasi fantascientifici, ma che, come vedremo, è spesso frutto di percorsi tortuosi e non sempre da subito fortunati.
Con Tecnocina (add editore 2023) Simone Pieranni ci porta di nuovo in viaggio verso l’Oriente – dopo le esperienze di La Cina Nuova (Laterza 2021) e Red Mirror (Laterza 2020) – e ci racconta come siamo arrivati alla Cina di oggi. Questa volta lo fa con un obiettivo ben preciso: ripercorrere la storia dell’evoluzione tecnologica cinese, schiarendo la foschia che spesso accompagna la visione di un Paese che appare così distante da noi. Il contributo più importante è dato dallo studio storico ricostruttivo svolto dall’autore, il quale mostra l’evoluzione su piani convergenti tra lo sviluppo tecnologico e quello politico in Cina, illustrando come la guida politico-ideologica dei vari leader cinesi abbia influenzato un percorso che arriva ai nostri giorni, ma che non si ferma ad oggi. Vedremo che la tecnologia è centrale nella visione politica cinese rispetto alla costruzione di un futuro già codificato in precise strategie, rivolte non solo all’evoluzione della propria popolazione e alla crescita economica, quanto al tentativo ulteriore della creazione di un possibile nuovo modello di sviluppo globale basato sul sistema valoriale di cui il Partito Comunista Cinese è portatore.
Leggere Tecnocina significa partire per un viaggio dinamico e serrato che l’autore fa iniziare col 1949 e che si muove su una linea del tempo costituita da eventi storici, personaggi politici e visioni del mondo che sono andate profondamente a modificarsi nel corso dei decenni. Pieranni racconta in un modo efficace questa evoluzione, di cui si riesce ad osservare una panoramica dettagliata in cui si incontra la Storia con le sue singole storie, in un intreccio di biografie che hanno come protagonisti – al fianco delle principali figure politiche – scienziati e scienziate cinesi, che hanno realizzato piccole e grandi rivoluzioni, a noi più o meno conosciute.
Per comprendere il contesto contemporaneo è fondamentale partire dal principio: ovvero dal momento in cui Anastas Mikojan, che in seguito diverrà una figura di spicco dell’Unione Sovietica di Nikita Chruščëv, «bolscevico della prima ora …[che] era stato anche un fedele alleato di Stalin» (p. 7), si accorse che Mao Zedong aveva in mano le sorti della Guerra civile cinese. Avendo egli compreso l’affinità del pensiero di Mao con lo “spirito sovietico”, fu il primo membro del Politburo del Partito Comunista Sovietico a prendere contatti proprio con il futuro leader cinese, stabilendo così le basi per un sodalizio tra Russia e Cina i cui effetti sono visibili ancora oggi e che, soprattutto in passato, ha influenzato profondamente le traiettorie di sviluppo cinese. Il processo di consolidamento di questa alleanza si sviluppò sotto diversi aspetti, a partire da una “importazione” da parte della Cina dei piani quinquennali e di nuove conoscenze a livello tecnico-scientifico, ma specialmente dei valori onnicomprensivi, pilastri dell’Unione Sovietica.
Procedendo negli anni, possiamo dire che è dal 1956 che in Mao nasce l’idea del “Grande balzo in avanti”, dovuta anche al fervore d’animo di molti scienziati cinesi i quali dimostravano un desiderio di rivalsa, nonché di mal tolleranza, rispetto ai consulenti sovietici che venivano spesso a far visita ai loro laboratori. In quel momento storico nasce un principio che, tenendo sempre presenti le differenze storiche, rivedremo molto spesso – e vediamo ancora ai giorni nostri – nell’approccio cinese alla tecnologia: importarla da fuori e renderla migliore di quella esistente.
In questo quadro Pieranni ci racconta una storia, fondamentale sia per l’apporto dato al processo dell’innovazione tecnologica cinese, sia perché è la storia di una donna: il suo nome è Xia Peisu e, per quanto a noi possa non dire molto, è stata la prima informatica cinese. Dopo una tesi di dottorato ad Edimburgo, nel 1951 rientra in patria in un momento cruciale, apparendo la perfetta attuatrice dei desideri di Mao: Xia produce ricerche, contenuti teorici e ottiene grandi risultati, come il primo computer progettato e sviluppato interamente in Cina nel 1960. È inoltre impegnata sul fronte dell’educazione: è lei che ha fondato l’Istituto di Computer Technology all’interno dell’Accademia delle Scienze di Pechino, da cui nascerà l’Università di Scienze e Tecnologia.
Da questo momento in poi si innesca un processo di sviluppo che sembra inarrestabile, a partire dall’incredibile velocità dello sforzo per portare a termine il programma di costruzione di armi atomiche, dopo la sospensione nel 1959 del programma russo di supporto alla Cina per il nucleare. Un’ascesa, quella cinese, che troverà uno dei suoi massimi esponenti in Deng Xiaoping, salito al potere nel 1978. Nel libro viene definito come «l’accelerazionista» e come «una specie di idolo del mondo occidentale, il leader che avrebbe aperto la Cina prima al mercato globale, poi alle riforme politiche»[1], nonostante il ruolo controverso che ebbe nella sanguinosa repressione delle proteste di piazza Tienanmen del 1989. Una sintesi esplicativa, quella di Pieranni, che racchiude l’essenza del protagonista di un cambiamento epocale: primo leader del Partito Comunista Cinese che si contrappone alla politica maoista, proponendo la teoria del “un Paese, due sistemi”[1], che ha fornito le premesse ideologiche per il cosiddetto “ritorno” alla Cina prima di Hong Kong nel 1997 e poi di Macao nel 1999. Inizia così la corsa del Paese per diventare la potenza economica che è ad oggi, affermandosi «trading leader di 120 Paesi nel mondo e contando 140 Paesi firmatari della Belt and Road Initiative» (p. 59) come riporta Robert M. Gates su Foreign Affairs[2]. Una crescita rapida e incessante, fermata solo dalla brusca frenata a cui stiamo assistendo nei mesi recenti, frutto di scelte politiche di “chiusura” compiute da un segretario del Partito Comunista che presenta caratteristiche molto diverse rispetto ai suoi predecessori: Xi Jinping.
Ed è proprio così che l’autore conclude il suo viaggio nel tempo, con L’era di Xi, che inizia nel 2012. Quella del leader attuale è una figura complessa da raccontare al pubblico italiano in quanto «la politica cinese ha grammatica e geometria diverse da quella occidentale» (p. 191). Con Xi abbiamo assistito a un cambio di paradigma di rilievo tale che sinologi autorevoli, ad esempio Elizabeth C. Economy, hanno parlato di “Terza rivoluzione” per la Cina. Per comprendere al meglio il quadro in cui ci stiamo muovendo, è necessario soffermarci su un aspetto importante e ricordare come dal 2008 ad oggi l’evoluzione tecnologica a livello globale abbia subito un’accelerazione enorme, arrivando a cambiare profondamente la vita di gran parte degli abitanti del pianeta. Pensiamo alla nascita dei social network, poi degli smartphone, poi della tecnologia blockchain, fino ad arrivare all’intelligenza artificiale. Ebbene, si tratta sì di innovazioni tecnologiche, ma anche di strumenti che sono stati motore di profondi cambiamenti sociali, e questo aspetto la Cina di Xi lo ha colto ben prima dell’Occidente, in virtù proprio della visione di uno “Stato forte” da parte del suo leader. Basti pensare all’emergenza sanitaria legata al Covid-19: molti di noi avranno avuto modo di osservare come il governo cinese abbia utilizzato la cosiddetta “super app” WeChat di Tencent (società poi presa di mira, come altri colossi big tech, proprio dal governo cinese), per inviare i cosiddetti codici di controllo che di fatto stabilivano se una persona fosse più o meno soggetta a restrizioni della libertà personale. Parliamo di un’applicazione per smartphone che già da anni in Cina è utilizzata per svolgere tantissime operazioni – come spiega lo stesso Pieranni nelle sue due opere precedenti – all’interno del vissuto quotidiano, divenendo strumento allo stesso tempo di facilitazione e di controllo.
Le app di Tencent, così come il social network cinese Weibo – che potremmo definire un mix tra Facebook e X/Twitter – e la versione cinese di TikTok di Bytedance, sono però sottoposte ad una rigida sorveglianza da parte delle autorità cinesi. O meglio: se in una prima fase la richiesta a queste piattaforme era di applicare una forma rigidissima di controllo dei contenuti generati dagli utenti, in modo che rimanessero perfettamente in linea con i valori del Partito, in un secondo momento – il cui inizio si può identificare nel 2021 – le autorità cinesi hanno iniziato a guardarle in modo diverso. Ciò che ha innescato questo cambiamento riguarda il rapporto tra la gestione dei dati degli utenti da parte delle piattaforme e la paura del governo di perderne il controllo. Questo ha portato Xi a ridimensionare il potere delle big tech in diversi modi: dallo “spacchettamento” delle grandi società come Alibaba ad altre operazioni atte a limitarne il potere. In tale direzione si può osservare un episodio significativo: recentemente, durante un momento politico fondamentale per la vita del Partito Comunista Cinese, ovvero le “due sessioni” legislative[3], Xi Jinping, nell’ottica di realizzare una “data driven governance”, ha annunciato la creazione di una nuova agenzia governativa per la centralizzazione degli archivi dei dati raccolti in tutto il Paese. Accanto a ciò, il leader ha ribadito un principio centrale per quelle che saranno le sue politiche sulla tecnologia dei prossimi anni esplicitando la priorità per Pechino, ovvero l’autosufficienza tecnologica.
Per dettare la sua linea Xi Jinping si coordina con una sempre più folta classe dirigente di tecnocrati – figure ben descritte da Pieranni in Tecnocina – dando vita ad una visione che include molteplici temi rilevanti, come l’affermazione della Cina quale potenza spaziale, l’incremento degli studi di genetica, ma specialmente la ricerca sull’informatica quantistica. Aspetto che si traduce nel campo di esplorazione all’interno del quale si esprimono le potenzialità maggiormente strategiche: l’intelligenza artificiale. Chiunque si sia ritrovato a frequentare qualche fiera sulla tecnologia non avrà potuto fare a meno di notare la presenza di “cani robot” (come quelli raffigurati nella copertina del libro): per noi “occidentali” sembrano dei giocattoli altamente sofisticati, invece in Cina sono già in parte diffusi sia come animali da compagnia sia come guida per persone non vedenti, ma anche in ambito militare. Questo dispositivo tecnologico è l’esempio emblematico di quella che è la visione più ampia e profonda di Xi, che vuole promuovere un ingresso sempre maggiore della tecnologia nella vita quotidiana delle persone: dall’espansione delle reti 5G, all’utilizzo su larga scala dell’Internet of Things.
In conclusione, Pieranni ci mostra qual è la direzione in cui sta procedendo questo Paese. Alla fine di questo viaggio siamo portati a dire che per la Cina la tecnologia è politica. Aspetti coincidenti perché espressione della volontà di uno sviluppo autonomo e indipendente nei confronti dell’Occidente, ma anche perché sarà proprio questo tipo di innovazione a veicolare, per quella che è la visione di Xi, un sistema di valori alternativo a quello attuale. Ancora una volta, quindi, osserviamo la Cina posizionarsi sullo scacchiere globale con una ben determinata e dichiarata volontà di leadership, in contrapposizione alla debolezza dell’Occidente, per rinnovare il processo di sviluppo globale, basato su nuovi paradigmi ed equilibri.
[1] Formula coniata dall’ex leader cinese, Deng Xiaoping, prevede il riconoscimento di un’unica sovranità all’interno della quale coesistono diverse realtà amministrative.
[2] Robert M. Gates, The Disfunctional Super Power, «Foreign Affairs», novembre/dicembre 2023.
[3] Definite come: “appuntamento annuale più rilevante della vita legislativa del sistema politico cinese” da Lorenzo Lamperti, La Cina di Xi Jinping vuole ancora più controllo sui dati, «Wired», 9 marzo 2023.