Recensione a: Gian Enrico Rusconi, La teologia narrativa di papa Francesco, Laterza, Roma-Bari 2017, pp. 160, 16 euro (scheda libro)
Scritto da Francesco Belmonte
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Gian Enrico Rusconi, professore emerito di Scienze Politiche presso l’Università di Torino, in questo suo lavoro affronta il tema della teologia e della pastorale di papa Francesco confrontandosi con le implicazioni che dichiarazioni e scritti papali hanno fatto nascere.
L’autore si muove scrupolosamente tra le varie opere e dichiarazioni del papa concentrandosi principalmente sulle due esortazioni apostoliche Evangelii Gaudium e Amoris Laetitia. In tutto il volume, Rusconi si pone come «un laico che analizza il discorso teologico e la sua evoluzione quali fattori culturalmente e politicamente significativi per capire il nostro tempo» (pag.10). Rusconi, non dà un giudizio valoriale su quanto chiarito/modificato dal pontefice, ma si limita a sottolineare delle aporie o distorsioni concettuali che la visione bergogliana delle Scritture può suscitare. Il suo obiettivo principale però è quello di rendere chiaro ciò in cui la teologia di Bergoglio è diversa da quella della Chiesa Tradizionale e le conseguenze che essa potrà avere sulla Chiesa, sui laici e sulla società in generale.
Rusconi utilizza l’aggettivo narrativa per differenziare la teologia di Bergoglio dalla teologia sistematica dei dottori della Chiesa contemporanea. Teologia narrativa significa reinvenzione semantica, espressività emotiva accompagnata da flessibilità concettuale (pag.4). È una teologia che rende attuale la Bibbia usandola per commentare gli avvenimenti di tutti i giorni, è il racconto di una storia che continua, che si fa presente ogni giorno, che non resta mai indietro in quanto il suo compito essenziale è quello di attualizzare il dato rivelato. La teologia narrativa serve a che tutti possano comprendere giorno per giorno il messaggio di Dio e di Suo Figlio. Il tutti deve però definirsi in qualcosa di più specifico. Dunque, con tutti si intende popolo.
Con questo termine tocchiamo un altro punto affrontato da Rusconi nella sua opera: la Teologia del popolo. Quest’ultima, elaborata in America Latina nei decenni successivi al Concilio Vaticano II voleva essere una alternativa alla nota “teoria della liberazione” di matrice marxista. È da questa base che parte l’evoluzione del pensiero bergogliano. L’idea del popolo del Pontefice è una idea che egli stesso definisce come mistica. Il popolo non solo come nucleo religioso ed ecclesiologico del “popolo di Dio” ma anche come qualcosa di pluridimensionale. Il popolo non può essere inteso con una categoria logica, in quanto è una categoria mistica. Bergoglio, influenzato dal grande teologo argentino Lucio Gera, non vede il popolo come frutto di rapporti socio-politici e contingentati a rapporti economici (vedesi teoria della dipendenza marxiana), bensì come unito da un ethos comune. Citando Walter Kasper, Rusconi afferma che la teologia del Papa è una “teologia del popolo e della sua cultura”. Infatti il Pontefice in Evangelii Gaudium dà un’importanza fondamentale alla cultura che diviene strumento per comprendere le diverse espressioni della vita. Ed è proprio nella prima esortazione apostolica bergogliana che viene così scritto:
«L’essere umano è sempre culturalmente situato; natura e cultura sono quanto mai strettamente connesse. La grazia suppone la cultura, e il Dono si incarna nella cultura di chi lo riceve» (p.35).
Misericordia e Peccato
Ed è precisamente in un processo di inculturazione evangelica che si crea un processo di trasmissione culturale che innesta anche la fede in modelli sempre nuovi. Infine la connotazione essenziale del popolo in generale e in particolare del Popolo di Dio è la povertà. In Bergoglio assistiamo a una duplice visione della povertà che da una parte viene intesa come situazione oggettiva e di ingiustizia, ma d’altra parte si risolve nell’essere in potenza una situazione soggettiva che promuove solidarietà e spiritualità. Il popolo viene idealizzato. Ed è proprio qui che Rusconi si pronuncia ritenendo quasi irrealistica tale visione che non tiene conto invece degli atteggiamenti idiosincratici spesso assunti dal popolo con il popolo. Una comunità sociale non è oggettivamente luogo della comunione fraterna, può esserlo, ma può anche non essere così.
Basandosi su questa concezione del popolo, idealizzato come depositario naturale della solidarietà sociale appresa dalla fede religiosa, Papa Bergoglio tende a non accettare l’aggettivo populista riferito a partiti e movimenti richiamando l’idea di populismo argentino molto differente da quello europeo. Un altro punto fondamentale della guida bergogliana della Chiesa di Roma è la sua concezione della teologia subordinata alla pastorale. «Per lui il primato della realtà conta più dell’idea». Non è dalla teologia che scaturisce il giusto agire pastorale. E come scrive Kasper la sua conoscenza della vita non la deve ai libri di teologia ma alla grande esperienza pastorale e religiosa nelle favelas argentine. È questo che fa scaturire da parte sua un primato della realtà rispetto all’idea. E nelle sue dichiarazioni o in alcuni suoi sermoni, come quello della messa a Santa Marta del 21 maggio 2016, si notano delle posizioni quasi ostili a quei dottori della Chiesa contemporanea, a quei teologi illuminati «staccati da popolo di Dio che credono di avere tutta la scienza e la saggezza», ma che, «a forza di cucinare la loro teologia sono caduti nella casistica e non possono uscire da quella trappola».
Tutta la pastorale di Papa Francesco è fondata su due concetti fondamentali: Misericordia e Peccato. Dio perdona sempre tutto incondizionatamente, Dio è amore incondizionato e dunque “Dio è più grande del peccato”. La misericordia di Dio perdona incondizionatamente l’animo penitente del peccatore, qualunque sia stato il peccato. E anche la narrazione biblica del peccato originale di Adamo ed Eva assume caratteri completamente diversi. La narrazione che insegna “l’ira di Dio” diviene occasione per mettere a fuoco il gesto “misericordioso” di Dio, che dopo aver punito la coppia, fornisce ai malcapitati progenitori “tuniche di pelli” (Gn 3,21) per rivestirsi e come aggiunge il Pontefice, per dar loro coraggio.
Lo sforzo ermeneutico del Pontefice che sembra quasi svilire o perlomeno ridurre il significato di “peccato originale” sembra avere come effetto la minimizzazione della problematica dell’espiazione e della punizione del peccato. Oltre tutto ciò, l’aporia riscontrata da Rusconi non può che tradursi nella domanda: se la misericordia di Dio è incondizionata, perché la stessa non si è manifestata immediatamente nei confronti dei progenitori? Tale domanda viene elusa sia da Bergoglio ma anche dal papa emerito che intanto sembra stia costruendo una giustificazione teologica alla prospettiva nuova del papa argentino. Proprio Ratzinger definisce come un «segno dei tempi» il fatto che l’idea di misericordia di Dio diventi sempre più centrale e dominante nella nuova dimensione teologica cristiana.
Il peccato, onnipresente nelle riflessioni del pontefice, assume un ruolo fondamentale, non come causa specifica di tutti i mali dell’uomo e delle sue sofferenze, ma come superamento dello stesso grazie all’amore di Dio.
La Teologia alla prova del disordine familiare e dell’irrisolta questione del genere
Papa Francesco, inoltre, rivolge una attenzione determinante rispetto all’organo centrale della Chiesa, la «cosa più bella che Dio ha creato». La famiglia come luogo dell’accoglimento della parola di Dio. L’attività generativa ed educativa assume il riflesso dell’opera creatrice del Padre. Anche la sessualità assume un’importanza diversa, seguendo alle aperture di Giovanni Paolo II. «La corporeità sessuata non è soltanto sorgente di fecondità e procreazione, ma possiede la capacità di esprimere l’amore: quell’amore nel quale l’uomo diventa dono. L’erotismo più sano, sebbene sia unito a una ricerca del piacere, presuppone lo stupore e perciò può umanizzare gli impulsi».
I due dilemmi etici- il matrimonio dei divorziati e l’aborto- sono affrontati dal papa attraverso il caposaldo della misericordia. Proprio in Amoris Laetitia si tratta della possibilità di porre rimedio alle nuove unioni matrimoniali senza che vi sia stato l’annullamento del precedente matrimonio. Questo può essere l’esempio più chiaro ed esplicito della priorità dell’accoglienza prima che alla condanna, come ricorda Rusconi, «in nome della misericordia e del discernimento che l’accompagna» (pag.99).
Il fallimento del matrimonio non deve essere inteso solo come fallimento personale della coppia. È un peccato contro Dio proprio perché il matrimonio è voluto da Dio ed è l’immagine della Trinità Chiarito questo concetto, però, in Amoris laetitia si fa un passo avanti. Tutti i figli possono peccare, l’umanità è peccaminosa e il compito della Chiesa non è quello di punire, ma il suo ruolo assomiglia a quello di “un ospedale da campo”. E così viene rivalutato in altra chiave il ruolo dei Sacramenti e soprattutto quelli della Confessione e dell’Eucarestia. «Ai sacerdoti ricordo che il confessionale non deve essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore. Ugualmente segnalo che l’Eucarestia non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli». Dunque, il perdono è possibile, anche per i divorziati risposati senza che il matrimonio precedente fosse annullato, se tale richiesta di perdono sia commista a pentimento e un nuovo percorso di fede e di discernimento.
In merito all’aborto, papa Francesco ha compiuto un gesto innovativo. Ha esteso in modo permanente a tutti i confessori la possibilità di assolvere le donne che abortiscono e coloro che le aiutano o che le inducono a farlo. Nella lettera apostolica Misericordia et misera così il papa si pronuncia: «posso e devo affermare che non esiste alcun peccato che la misericordia di Dio non possa raggiungere e distruggere». Il peccato dell’aborto, dunque, dall’essere causa di scomunica, viene “declassato” a peccato sì gravissimo ma assolvibile. Proprio in queste nuove posizioni, Rusconi vede come latente una “evoluzione del dogma”.
Nelle ultime pagine del libro, l’autore affronta abbastanza criticamente le posizioni del pontefice in merito alla dichiarata «guerra mondiale della teoria gender nei confronti della famiglia». Al paragrafo 56 di Amoris laetitia si afferma la differenza e reciprocità naturale di uomo e donna, ancorché distinguibili, dai ruoli sociali e culturali maschili e femminili. E inoltre il giudizio sulle unioni omosessuali è netto: “non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”. Da tutto ciò nasce la necessità di difendersi dalla teoria gender. A tal proposito, però, interviene Rusconi sottolineando la confusione della Chiesa e di papa Bergoglio nel distinguere il concetto di sesso, genere e orientamento sessuale. E così dunque, qualsiasi idea che possa toccare uno dei tre argomenti confusi diviene ideologia gender che vuole imporsi come pensiero unico. Educare criticamente al genere, al rispetto per i diversi orientamenti sessuali e per chi non si riconosce nel proprio sesso biologico (tre cose diverse) viene assimilato tout court all’insegnare che si può scegliere a quale sesso appartenere e quale orientamento sessuale avere, di nuovo due cose distinte (pag.119).
Quanto detto dal papa ha comunque riscontrato una notevole opposizione nella Chiesa tradizionalista che in un manifesto dal titolo inequivocabile –La barca di Pietro è senza timone- denuncia «l’esagerato e unilaterale accento sulla misericordia» e la selezione di eventi biblici particolari per portare avanti la sua concezione della misericordia, svalutando così il concetto di “ira di Dio” e di “peccato originale”. Si denuncia inoltre, l’incompatibilità della posizione del papa «con la Sacra Scrittura e/o con la Tradizione, e con gli insegnamenti dei precedenti pontefici».
A questo punto, si chiede Rusconi, se stiamo affrontando una disgregazione della Chiesa e della sua dottrina, come denunciano gli oppositori di Bergoglio che evocano addirittura la crisi ariana del IV secolo. Rusconi risponde in maniera negativa. Non si prefigura uno scisma, bensì una evoluzione latente del dogma. Bergoglio, anche se dimostra sempre di essere in linea con Paolo, Agostino e Tommaso, di fatto «ricodifica la tradizionale dottrina con codici semantici-retorici-metaforici o mitici, la cui compatibilità con la versione tradizionale è di difficile valutazione» (pag.147).