“The Passenger – Roma”
- 18 Marzo 2021

“The Passenger – Roma”

Recensione a: AA.VV., The Passenger – Roma, Iperborea, Milano 2021, pp. 192, euro 19,50 (scheda libro)

Scritto da Enrico Cerrini

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La casa editrice Iperborea, specializzata in narrativa nordica, nella prima uscita dedicata ad una città italiana della collana The Passenger ha proposto una guida non convenzionale di Roma. La guida nasce per omaggiare i centocinquanta anni di Roma capitale italiana e si presenta come un reportage sulla sua bellezza e i suoi lati oscuri. Iperborea ha raccolto una serie di saggi che illustrano le caratteristiche di una città diversa da quella che ci aspettiamo. La metropoli più estesa d’Europa è infatti costituita dal 92 per cento di palazzi moderni, si mostra dinamica e in trasformazione, malgrado i 2770 anni di storia. L’introduzione chiude con la potente affermazione che si potrebbe paragonare Roma a Manchester o Chicago, se non fosse dannatamente più bella.

I saggi contenuti nel volume scoprono i problemi della capitale, in primis l’abusivismo edilizio narrato da Marco D’Eramo, la criminalità raccontata da Floriana Bulfon e le infiltrazioni neofasciste analizzate da Leonardo Bianchi. Lo scrittore Nicola Lagioia offre la prospettiva più inquietante, che traccia un ritratto dell’anima della metropoli a partire dall’omicidio Varani del 2016. Scrittori profondamente romani raccontano un’altra capitale: Christian Raimo si occupa della periferia nord, Letizia Muratori costruisce una guida acustica della città, Matteo Nucci racconta il Tevere, Francesco Pacifico descrive la scena musicale nata sui 126 scalini di Trastevere, Daniele Manusia compie un’analisi sociologica del calciotto.

Ai saggi, si sommano “I 39 appunti per un romanzo su Roma” di Francesco Piccolo e le illustrazioni tratte dal progetto #mapparoma di Keti Lelo, Salvatore Monni e Federico Tomassi. Il risultato è una Roma in chiaroscuro, estremamente diversa da quella narrata dai media. Nella guida rinascono gli spazi sociali e materiali che rimangono fuori dal chiacchiericcio quotidiano. La periferia non appare come un blocco monolitico degradato, ma assume ogni volta caratteri diversi.

 

Cosa non funziona?

Il primo saggio di Marco D’Eramo “La città non così eterna” cita quattro poteri che si incontrano e scontrano nella capitale: l’amministrazione pubblica, la Chiesa cattolica, l’industria edilizia e quella turistica. L’industria edilizia ha determinato l’attuale fisionomia della città, anche grazie all’influenza dei palazzinari e dell’abusivismo. I primi abusi edilizi hanno preso forma durante il fascismo, quando il proletariato urbano fu espulso dal centro cittadino verso le borgate disposte lungo le consolari, le vie principali che si diramano in direzione della periferia. L’abusivismo è diventato un fenomeno diffuso durante il boom economico e demografico, quando i migranti costruivano baracche per soddisfare le proprie necessità abitative. Con il successivo stallo demografico, i palazzinari costruirono interi quartieri abusivi.

Negli anni Novanta, le giunte di centrosinistra decisero di compensare i costruttori con nuovi metri cubi da edificare al di fuori del Grande Raccordo Anulare, nel tentativo di frenare l’urbanizzazione nei dintorni di aree sottoposte a vincoli. Malgrado le buone intenzioni, tale principio ha generato compensazioni eccessive e ha contribuito a espellere la popolazione fuori dal GRA, in aree denominate nuove centralità, presto tramutate in quartieri dormitorio.

L’articolo “Roma non giudica” di Nicola Lagioia è forse la colonna vertebrale del volume. Lo scrittore barese riflette sull’omicidio di Luca Varani del 2016, il fatto di cronaca che lo ha portato a scrivere il suo ultimo romanzo La città dei vivi. Due giovani borghesi, privi di un chiaro percorso vita, uccisero barbaramente un ragazzo di periferia. Dopo essersi chiusi in appartamento per tre giorni a consumare cocaina, ai due balenò l’idea di commettere un reato e così torturarono e uccisero un giovane conoscente, colpevole solo di aver risposto al loro invito.

La morte scatenò reazioni indignate che correvano sui social, focalizzandosi anche sull’omosessualità di uno dei due assassini. L’autore prende le distanze dalle interpretazioni grossolane e giudica l’omicidio come specchio di una città al collasso per la propria indolenza, al tempo traghettata dal commissario prefettizio, sprofondata tra i rifiuti e travolta dallo scandalo di Mafia capitale. Riflessi di una città in preda alla corruzione e alla maleducazione di cittadini e turisti.

Lo scrittore ricorda la definizione di “mondo di mezzo”, fornita dal principale imputato del processo di Mafia capitale, Massimo Carminati, ex terrorista nero legato alla banda della Magliana. Il “mondo di mezzo” è il luogo in cui i vivi che abitano sopra incontrano i morti che risiedono sotto. La realtà si mescola, perché il sopramondo può aver sempre bisogno di un favore da parte di chi vive sotto. Secondo Lagioia, tale caratteristica è eredità della Roma imperiale. Chi arriva nella capitale percepisce da millenni come il potere si amalgami alla gente comune, contribuendo al cinismo e alla disillusione dei romani, che osservano imbelli il declino della città.

Tale amalgama si percepisce nel saggio sul calciotto di Daniele Manusia, cofondatore della testata sportiva L’Ultimo uomo. Il calcio giocato in otto appare il passatempo principale dei romani, variante capitolina del calcio a 5 o a 7 che si pratica nel resto d’Italia. Nell’articolo si illustrano i diversi personaggi che compaiono nei campi sportivi, dal calciatore professionista all’anziano commercialista, passando per il supertifoso, mentre scompaiono le differenze sociali.

 

La Periferia

The Passenger illustra una periferia ben diversa da quella che nei media appare solo come fucina di disagio sociale, in preda alla rabbia per campi rom e migranti. In realtà, ai confini del GRA si alternano ampie aree verdi, parchi archeologici e quartieri residenziali. Lungo il raccordo si incontrano le grandi aree commerciali e fuori si attraversano i vari quartieri dormitorio, ognuno con le sue peculiarità.

Gli agglomerati della periferia est, come Torre Angela e Settecamini, sono raccontati da Leonardo Bianchi nell’articolo “Il format della ribellione delle periferie”, in cui il giornalista di Vice Italia smonta la narrazione mediatica. L’autore puntualizza come la rabbia sociale sia in gran parte frutto della strumentalizzazione attuata dai partiti neofascisti, che si presentano come comitati di quartiere composti da semplici cittadini esasperati. I media hanno dato credito a queste narrazioni finché, nel 2019, i residenti di Torre Maura hanno espresso il proprio dissenso rispetto alla caccia allo straniero, per bocca di un ragazzo di quindici anni.

Ancora a est, lungo la via Tuscolana, si diramano i quartieri dominati dalla famiglia dei Casamonica, la più nota organizzazione criminale della capitale. La famiglia sinti è arrivata dall’Abruzzo e dal Molise negli anni Settanta, per occuparsi di commercio di cavalli. In seguito, ha acquisito potere grazie allo spaccio di droga, alle estorsioni e a relazioni con personaggi legati alla banda della Magliana. L’articolo di Floriana Bulfon “La famiglia” ci trasporta nell’area che si staglia dalla metro di Porta Furba fino alla chiesa di San Giovanni Bosco, nelle vicinanze di Cinecittà, dove nel 2015 furono celebrati gli appariscenti funerali di Vittorio Casamonica.

L’articolo di Christian Raimo “L’eco della caduta” si concentra sulla periferia nord. L’area include i quartieri di Fidene e Settebagni, attraversa il GRA, raggiunge Cinquina e termina nella Riserva naturale della Marcigliana, immensa e meravigliosa area verde, affascinante quanto abbandonata. Cinquina rappresenta il fallimento delle nuove centralità. Il piccolo agglomerato è sorto con l’abusivismo della necessità di chi è immigrato durante il boom economico, ed è stato poi integrato con due cicli di edilizia popolare, il primo a metà degli anni Ottanta e il secondo più recente. Tali ondate si sono dimostrate incapaci di amalgamarsi sia a livello urbanistico che sociale.

Il quartiere avrebbe dovuto legarsi alla città grazie al prolungamento della metro B1, ma il progetto è abortito in favore di una nuova linea ferroviaria, che dovrebbe includere la nuova fermata Porta di Roma, davanti al più grande centro commerciale della capitale. Porta di Roma appare come una città privata lungo il GRA, con i suoi 150mila metri quadri di proprietà di una società olandese.

La periferia ovest è lambita con la menzione dell’Insugherata, considerata la più bella riserva naturale della capitale, e de La Storta, quartiere residenziale dove viveva Luca Varani, ubicato fuori il GRA, lungo la linea ferroviaria che conduce a Bracciano. L’area sud è caratterizzata dal percorso del Tevere, che nei ricordi di Matteo Nucci diventa specchio della città e dei suoi cambiamenti. Alla foce del Tevere si incontra Ostia, periferia anomala perché territorio litoraneo, distante e mal collegata dal centro, controllata dalla famiglia Spada alleata ai Casamonica.

 

Il Centro

Il centro è analizzato con gli occhi di Letizia Muratori, Francesco Piccolo e Francesco Pacifico. La scrittrice romana inizia la sua “Guida acustica della citta” di fronte alla Fontana di Trevi, continuamente affollata da turisti. I trolley che stridono sui sampietrini sono il rumore principale, a testimonianza di un centro da cui sono gradualmente espulsi i cittadini.

“I 39 appunti per scrivere un romanzo su Roma” dell’autore casertano Francesco Piccolo si diramano dal luogo in cui abita, piazza Vittorio, zona multietnica nelle vicinanze della stazione Termini. Luogo della convivenza tra italiani e stranieri, dove negozi di elettrodomestici si alternano a supermercati cinesi e ristoranti indiani. Gli appunti spaziano per l’intera area urbana, ricordando vizi e virtù dei cittadini, come la passione per le cene fuori e lo snobismo di chi vive lungo la metro A nei confronti di chi abita sulla metro B e poi C.

L’articolo “Campare di Campari” di Francesco Pacifico si concentra su Trastevere, esattamente sulla scalea del Tamburino, dove si è formata l’ultima generazione di musicisti della capitale. Lungo i 126 scalini passavano il tempo i ragazzi che formano la Lovegang o Crew 126, i quali dominano la scena rap/trap romana. Ad esempio, Franco126 è reduce dal successo nazionale in coppia con Carl Brave, altro cantautore romano che orbita intorno alla gang. Lo splendido album Polaroid, doppio disco di platino, è solo la punta dell’iceberg di una scena musicale formata da ragazzi cresciuti in centro negli anni Novanta.

Se Polaroid è caratterizzato da testi semplici, che narrano una Roma vissuta in piazza tra una birra e uno spinello, altri rapper utilizzano toni più ruvidi, a partire da Ketama126. Numerosi pezzi contengono nostalgia per un passato che non tornerà, sia quello mitico della capitale che quello personale, sui banchi di scuola. Riflettono un disagio che si rintana nell’odio per la società e l’amore per l’alcool e le droghe, come si percepisce chiaramente nel video Stay Away. I giovani cantano una Roma nichilista, consapevole della propria bellezza e della propria rovina, che ricorda la capitale decadente raccontata da Nicola Lagioia.

 

Le elezioni

Le celebrazioni per i centocinquanta anni di Roma capitale si sovrappongono alle prossime elezioni amministrative. Leggere The Passenger non serve tanto a capire cosa visitare, quanto a comprendere le sfide affrontate quotidianamente dai cittadini e dalla giunta comunale. Il nuovo sindaco dovrà amministrare una città disseminata di rifiuti, dominata da gabbiani e clan malavitosi, assediata da gruppi neofascisti e dotata di un sistema di trasporto pubblico già gravemente insufficiente prima della pandemia. Ogni quartiere sembra trascinare problemi diversi, così che gli agglomerati si presentano come centinaia di città che compongono la capitale, malgrado ritornino ad amalgamarsi quando visti da occhi esterni.

Per ricostruire il trasporto pubblico e far rinascere i quartieri dormitorio è necessaria un’idea complessiva della città che sappia riaprire gli spazi pubblici ai cittadini, oggi confinati nei grandi centri commerciali. L’amministrazione dovrebbe valorizzare le centinaia di aree verdi poco curate e recuperare il patrimonio immobiliare per erogare servizi essenziali diffusi. Se la giunta fosse capace di programmare il futuro, anticipando le trasformazioni e pensando la città almeno fino al 2031, Roma potrebbe uscire lentamente dalla crisi su cui si è avvitata. Altrimenti, la capitale continuerà a sprofondare nella propria indolenza, perché dopo anni spesi a tamponare le emergenze, queste si sono accumulate al punto che non è più possibile occuparsene in tempi accettabili.

Scritto da
Enrico Cerrini

Ha studiato Scienze Economiche all’Università di Pisa e all’Università di Graz e ha conseguito il dottorato in Economia Politica all'Università di Siena.

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