Scritto da Lorenzo Mesini
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Gli ultimi sviluppi della politica europea, da Brexit alla crisi dei migranti, hanno sollevato diversi dubbi sulla compatibilità di tre importanti elementi: democrazia, stato nazionale e globalizzazione economica. Dani Rodrik, economista di Harvard, ha elaborato il «Trilemma» che porta il suo nome, sostenendo come nello scenario attuale non sia possibile coniugare in maniera stabile tutti e tre i fattori1.
L’odierna crisi dell’Europa risulta leggibile attraverso l’impossibilità (o forse potremmo meglio dire: l’incapacità) di armonizzare i sistemi democratici dei tradizionali stati nazionali all’interno di un’economia globalizzata2. L’arresto del processo di integrazione, unito alla difficoltà a fornire efficaci risposte comunitarie alle sfide relative alla sicurezza e al benessere dei cittadini europei, sembra costituire un chiaro esempio della validità del «Trilemma» di Rodrik3. Inoltre, la continua ascesa di partiti “populisti”, contrari all’attuale assetto europeo, sembra fornire la prova del nove dell’impossibilità di far coesistere pacificamente stati nazionali democratici e globalizzazione economica. Quello che insomma viene messo in discussione dalla crisi attuale è la possibilità di un equilibrio virtuoso tra Stato, democrazia e mercato, ossia l’equilibrio tra i principali elementi garanti del nostro benessere e delle nostre libertà.
La rinazionalizzazione della politica e dell’economia europea non costituisce tuttavia un esito inevitabile, né tantomeno auspicabile per l’Europa stessa. A mio avviso, l’approfondimento dell’integrazione politica tra gli stati europei rappresenta la soluzione più lungimirante alla crisi attuale, per quanto difficilissima da realizzare nel contesto dato. Soluzione che non è affatto scontata, visto lo stato attuale in cui versano la politica e l’economia europea. Una delle cose di cui occorre essere consapevoli è il fatto che non ci sono soluzioni semplici, specialmente ai problemi che affliggono l’Europa di oggi. Ogni strada per uscire dalla situazione di stallo attuale comporta dei rischi e possiede le sue ombre. Di questo occorre essere consapevoli, specialmente se ci si pone in un’ottica europeista.
Chiunque oggi intenda porsi in tale ottica non può non declinarla in modo critico dello stato di cose presente. Critica europeista che dovrebbe accettare la sfida di porsi in maniera costruttiva nei confronti dei problemi che affliggono l’attuale assetto europeo: la gestione dell’euro, l’assenza di una politica finanziaria e fiscale comune, una politica comunitaria assente o non all’altezza delle sfide presenti, il predominio del metodo intergovernativo, l’assenza di autentici partiti europei etc. Davanti alla prospettiva di uno scenario segnato dal protezionismo e da miopi politiche provinciali (coltivate sia a destra che a sinistra nel miraggio di restaurare una piena sovranità nazionale), il completamento dell’interrotta integrazione politica costituisce la strada da seguire. Non solo per risolvere il problema di una crescita economica che langue ormai da troppi anni, ma anche per fare dell’Europa un attore capace di operare efficacemente in un mondo globalizzato in rapido cambiamento. Alle sfide della globalizzazione occorre rispondere con strumenti adeguati alla portata della complessità che essa comporta. Nessun singolo stato europeo, neppure la Germania, sarà in grado di confrontarsi alla pari con i futuri attori della scena internazionale, ossia con coloro che stabiliranno le regole per la globalizzazione nei prossimi decenni.
Purtroppo le varie opinioni pubbliche nazionali sono ancora restie ad accettare questo fatto, semplice ma incontrovertibile. Proprio per essere all’altezza dei suoi valori e della propria storia, per continuare a difenderli e ad affermarli in un mondo non più incentrato su di essa, l’Europa deve porsi come un attore politico ed economico capace di governare la globalizzazione, scrivendone le regole insieme ad alleati (come gli Stati Uniti), con attori del calibro di Cina e India e occuparsi quindi dei temi decisivi per la sua sicurezza e per il suo benessere. Questo è possibile solo attraverso un approfondimento del processo di integrazione.
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Indice dell’articolo
Pagina corrente: La possibilità di un equilibrio virtuoso tra Stato, democrazia e mercato
Pagina 2: Un modello di integrazione «a cerchi concentrici»