Scritto da Andrea Pareschi
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Recensione a: Matteo Cavallaro, Giovanni Diamanti e Lorenzo Pregliasco, Una nuova Italia: Dalla comunicazione ai risultati, un’analisi delle elezioni del 4 marzo, Castelvecchi, Roma 2018, pp.144, 16.5 euro (scheda libro).
Le elezioni parlamentari di marzo 2018, facendo del Movimento 5 Stelle il partito più votato con il 32% dei consensi e al contempo consegnando la maggioranza relativa ad una coalizione di centro-destra a trazione leghista, hanno determinato un drastico spartiacque nella politica italiana. I risultati delle urne, sfociati in un convulso interregno di incerti negoziati tra i partiti, che ha chiamato in causa con toni sopra le righe il Capo dello Stato e le sue funzioni, hanno poi condotto all’entrata in carica, all’inizio di giugno, dell’attuale governo di coalizione Lega-M5S.
A cura dei cofondatori di Quorum, agenzia che si occupa di ricerca e di comunicazione politica, e di YouTrend, webmagazine incentrato sui trend sociopolitici, Una nuova Italia offre mezzi per leggere premesse, esito e significati del voto. L’impianto del volume, articolato in sette capitoli, “copre” altrettanti aspetti della tornata elettorale: il sistema di voto, la campagna elettorale, le campagne dei diversi partiti, i capisaldi dei rispettivi programmi, la distribuzione geografica del voto, il rapporto fra tratti sociodemografici e voto espresso e, infine, gli orientamenti della popolazione italiana su determinati temi.
Dedicato al “sistema misto” (prevalentemente proporzionale) delineato dal Rosatellum, il primo capitolo valuta innanzitutto la sintonia fra i suoi meccanismi più controversi e le precedenti sentenze della Corte costituzionale sui cosiddetti “Porcellum” (2014) e “Italicum” (2017). Il Rosatellum viene ricondotto al contesto delle leggi elettorali italiane dell’ultimo secolo, nelle quali la dinamica proporzionale è stata prevalente: essa, si nota, ha mantenuto influenza persino in sistemi come il Mattarellum, istituito a seguito di un referendum popolare di segno maggioritario nel 1993, o il Porcellum, partorito in tempi di alternanza fra coalizioni (anch’essa di ispirazione maggioritaria) durante la Seconda Repubblica. Il capitolo si conclude riassumendo la ratio oggettiva della riforma elettorale – uniformare i sistemi relativi a Camera e Senato dopo l’intervento della Corte costituzionale sull’Italicum, che del resto era stato approvato per la sola Camera – così come le ragioni “interessate” dei vari partiti nel sostenerla o avversarla. Si constata anche, ma purtroppo senza approfondire, che attribuire al Rosatellum la situazione di impasse post-elettorale sarebbe parziale, “giacché le nostre simulazioni indicano […] che, dati i voti delle politiche 2018, nessun altro sistema elettorale, salvo forse uno a doppio turno, avrebbe prodotto una maggioranza in entrambi i rami del Parlamento” [1].
Il secondo capitolo esamina la campagna elettorale al tempo della “campagna permanente”, facendo buon uso di letteratura scientifica recente anche nell’identificare come “partiti del capo” le attuali forze politiche italiane, pressoché senza eccezioni. Il contesto è fornito dalle vicende, qui efficacemente sintetizzate, che hanno segnato “ascesa e declino di Matteo Renzi” fra il 2013 e il 2018, mentre la trattazione della campagna vera e propria tocca aspetti come l’uso dei diversi mezzi di propaganda da parte dei partiti e i loro messaggi sul tema più in vista, l’immigrazione.
La tematica del capitolo è approfondita nel successivo, che si concentra su cinque partiti – PD, M5S, FI, Lega e LeU – per ciascuno dei quali tratteggia la situazione di partenza, la strategia di diffusione dei messaggi-chiave e, infine, lo stile comunicativo del leader. Fra i diversi spunti evidenziati si possono citare la depersonalizzazione attuata dal PD nel 2018, a causa della popolarità del governo Gentiloni e delle difficoltà di un leader ormai malvisto al di fuori del perimetro dei sostenitori già convinti; le molteplici funzioni dell’annuncio dei futuri ministri da parte di Di Maio, abile in questo modo a dimostrare autonomia dal partito, catalizzare l’attenzione e segnalare posizionamenti; la trasformazione della Lega in partito sovranista nazionale attraverso un mutamento di simbolo (senza più la parola “Nord”) e di colore (dal verde al blu), nonché una martellante diffusione di messaggi stridenti tutti incentrati su sicurezza e immigrazione, grazie ad un network ramificato sui social e articolato attorno al leader.
Il quarto capitolo contiene un’analisi quantitativa dei programmi dei partiti e delle due principali coalizioni. Questi sono comparati fra di loro, oltre che con i programmi delle elezioni del 2013, sulla base delle specifiche parole utilizzate e della loro frequenza d’uso, con l’individuazione di 10 cluster tematici usati per determinare lo spazio dedicato dai partiti a varie questioni[2]. Il confronto generale fra 2013 e 2018 enfatizza come i riferimenti a Berlusconi e alla crisi economica siano usciti dal discorso politico, dove invece sono emersi termini come “Islam” e “terrorismo”, “Sud” e “turismo”. Anche in questo caso, l’analisi rivela numerosi spunti non scontati, come l’attenzione del programma leghista al lavoro dipendente; le differenze nella coalizione di centrosinistra fra “il liberismo di +Europa, il cattolicesimo sociale di Civica Popolare, l’ambientalismo di Insieme”, interpretate come tentativo di convincere fasce diverse di elettorato con messaggi diversificati; lo spostamento del M5S verso temi come immigrazione, sicurezza, politica fiscale e patrimonio culturale, almeno nel sintetico programma ufficiale, assai meno “green e welfarista” sia rispetto ad una versione più estesa pubblicata sul sito ad uso della base militante, sia rispetto al programma presentato nel 2013; la differenza fra il lessico di LeU, tipico di una pragmatica forza socialdemocratica, e quello movimentista e “di lotta” esibito da Potere al Popolo.
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Indice dell’articolo
Pagina corrente: I partiti e la campagna elettorale del 4 marzo
Pagina 2: Geografia e demografia del voto, opinioni dell’elettorato
Pagina 3: Una nuova Italia?
[1] Il riferimento è ad analisi come quelle apparse in questo articolo di YouTrend: http://www.youtrend.it/2018/03/08/no-non-e-colpa-del-rosatellum/
[2] I confini dei raggruppamenti non sono in verità sempre chiarissimi: i lemmi legati all’immigrazione si dividono fra un cluster autonomo e uno denominato “Giustizia e sicurezza”.
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