Warm war: la guerra tiepida ai tempi di internet
- 03 Novembre 2016

Warm war: la guerra tiepida ai tempi di internet

Scritto da Raffaele Danna

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La temperatura di esercizio di una normale CPU oscilla fra i 45 e i 75°C. Né caldo né freddo: tiepido. Una temperatura modesta, meno evocativa del “freddo” della seconda metà del secolo scorso, ma non per questo meno rilevante dal punto di vista delle possibili conseguenze.

A partire dagli anni Novanta la popolazione degli utenti di internet[1] è aumentata vertiginosamente. Stando ai dati Onu, nel 1995 le persone che avevano accesso alla rete erano meno dell’1% della popolazione mondiale. Oggi più del 40% degli abitanti del pianeta, vale a dire più di tre miliardi di persone, gode di un accesso stabile a internet. Si tratta di un incremento vertiginoso avvenuto nel giro di un ventennio, e il dato è in continua crescita.[2]

Internet garantisce una disponibilità immediata di informazioni e servizi a una popolazione di utenti in continua espansione. La crescita degli utenti alimenta l’aumento dei servizi, i quali a loro volta attirano un maggior numero di utenti in una sorta di circolo. Svariati settori sono stati radicalmente ristrutturati in seguito all’avvento della rete (edizioni online dei quotidiani, film e serie tv disponibili in streaming, siti di prenotazioni, social network, servizi di navigazione, di ricerca, telecomunicazioni, internet banking, pagamenti, transazioni…). Una cifra caratteristica dell’informatizzazione è la disintermediazione, vale a dire l’annullamento delle distanze spaziali e temporali. Si tratta di un cambiamento profondo, che sta iniziando a mostrare le sue conseguenze anche su alcuni elementi portanti della nostra società, dal mondo del lavoro (la cosiddetta ‘on-demand/gig economy’), alla politica (in cui la disintermediazione sta trasformando le dinamiche dell’opinione pubblica, la struttura dei partiti, le forme della comunicazione politica), alla produzione (la cosiddetta ‘quarta rivoluzione industriale’).

Internet sta infatti entrando sempre più profondamente nella nostra quotidianità. Soprattutto a partire dall’avvento degli smartphone, la quantità di informazione prodotta e registrata sul web è aumentata esponenzialmente, tanto che si stima che negli ultimi due anni siano stati prodotti più dati che in tutta la precedente storia dell’umanità: [3] l’avvento dei big data è senza dubbio uno dei grandi cambiamenti degli ultimi anni. Il secondo fattore all’origine della forte crescita di dati prodotti e salvati su internet è il cosiddetto Internet of Things (IoT). Un numero crescente di oggetti (dagli elettrodomestici, alle abitazioni, ai macchinari, agli impianti, ai veicoli) viene dotato di dispositivi in grado di rilevare informazioni e di condividerle attraverso la rete. L’Internet of Things è a sua volta alla radice di un cambiamento profondo nei modelli di organizzazione della produzione, vale a dire il cosiddetto ‘smart manufacturing’ o ‘industria 4.0’. Grazie all’utilizzo di macchinari, impianti e piattaforme di gestione collegate fra loro in cloud, è oggi possibile conoscere in tempo reale, anche da uno smartphone, lo stato della produzione, la performance, la produttività, le scorte e gli ordini di ogni impianto di un intero gruppo industriale, indipendentemente dalla posizione geografica dell’impianto e dell’utente, con la possibilità sia di ‘zoommare’ sui singoli macchinari sia di avere dati aggregati aggiornati.

L’era di internet, che sta iniziando a mostrare le sue cifre caratteristiche, è caratterizzata dalla preminenza dell’informazione come asset. Tale informazione viene organizzata in reti, spesso monopolistiche (Google, Facebook, Amazon), talmente pervasive da obbligare chi non ne fa parte a entrarvi controvoglia, dato che la maggior parte dei suoi contatti si aspettano di poterlo contattare attraverso di esse. L’informazione viaggia su queste reti in tempo reale, eliminando virtualmente la distanza spaziale, diventando dunque globalmente disponibile e abbattendo drasticamente i costi di transazione. Diverse informazioni, anche preziose o riservate, non vengono più conservate in ambienti isolati, ma sono collocate all’interno di ambiente integrato che le rende continuamente accessibili e, soprattutto, intimamente connesse fra loro. Nel caso di informazioni riservate esistono naturalmente delle misure di sicurezza (password, PIN, one time password, etc.), ma è lecito domandarsi quanto tutto questo sia sicuro. Il controllo e il dominio dell’informazione – strumento di potere antico – assume forme nuove, e risponde a nuove logiche, come le logiche delle reti.

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Scritto da
Raffaele Danna

Laurea in Filosofia all’Università di Bologna e PhD in History presso la University of Cambridge, Pembroke College. Dopo un periodo presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Istituto di Economia, è attualmente Max Weber Fellow presso lo European University Institute, Faculty of History.

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