Scritto da Roberto Volpe
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Recensione a: Paolo Borioni; Niels F. Christiansen, Danimarca, Unicopli, Milano 2015, pp. 250, 17 euro.
Non è necessario essere lettori troppo assidui di quotidiani e notiziari italiani e internazionali per imbattersi frequentemente in qualche commento più o meno estemporaneo su quanto accada nei paesi nordici. Si tratta di un vero e proprio genere letterario, spesso più parente della fantascienza che della cronaca, tenuto assieme da un filo conduttore, il concetto di eccezionalismo: ragioni storiche e geografiche, culturali, magari etniche renderebbero la Scandinavia – termine che si usa spesso un po’ a sproposito – non solo “diversa” ma radicalmente incomparabile con altrui esperienze nel resto del Continente e del mondo.
Partendo da questo presupposto non appare strano che, nel discorso pubblico contemporaneo, due narrative radicalmente differenti coesistano e persino si contaminino: una irenica che essenzialmente dipinge queste terre come una sorta di paradiso socialista-libertario, e un’altra che di converso mette l’accento su un “paradiso perduto”, caduto vittima delle sue stesse contraddizioni e lati oscuri. Queste narrative non sono particolarmente utili a comprendere perché la modernità nordica abbia assunto le forme che oggi ha, e perché essa abbia dato risultati ampiamente desiderabili in termini di prosperità economica, eguaglianza e coesione sociale, vitalità democratica e culturale.
Per questo letture come Danimarca, il volume pubblicato per Unicopli da Paolo Borioni insieme allo storico danese Niels Finn Christiansen, non possono che essere accolte con soddisfazione da chi abbia per la materia qualcosa di più che un interesse estemporaneo: sono una gradita occasione per dare uno sguardo più approfondito e un respiro più ampio alla riflessione.
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Indice dell’articolo
Pagina corrente: La Danimarca nel discorso pubblico
Pagina 2: Storia politica della Danimarca contemporanea
Pagina 3: La politica economica
Pagina 4: Il futuro della Danimarca