Reading Time: 7 minutesA seguito delle ultime elezioni il Portogallo sta vivendo un periodo di instabilità politica, complice la posizione partigiana del Presidente della Repubblica nel contesto costituzionale del paese, ma è emersa una netta maggioranza di sinistra che, per la prima volta dal ritorno della democrazia, è decisa a trasformare quel 50,08% di voti ricevuti in una chiara prospettiva di governo. Una volta tanto, there is no alternative è il motto della sinistra: la coalizione del Primo Ministro uscente Pedro Passos Coelho, Portugal à Frente (PàF), unione del Partido Social Democrata (che in Portogallo come in Brasile è un partito liberal-conservatore che non ha nulla a che vedere con la socialdemocrazia) e dei democristiani del CDS – Partido Popular, è riuscita a rimanere la formazione elettorale più votata con il 38,6%, ma si è fermata a 108 seggi sui 116 necessari per la maggioranza assoluta. Un autentico crollo considerato che, alle scorse elezioni, i due partiti avevano la maggioranza assoluta sia dei voti che dei seggi. Poiché in Portogallo vige il parlamentarismo negativo, la maggioranza assoluta non è necessaria e basterebbe il supporto esterno di un altro partito che si rifiuti di sfiduciare il governo. Questo però non è quel sta accadendo. C’è un accordo, i cui termini specifici sono ancora da rivelare, tra il Partito Socialista di Antonio Costa, avvocato figlio di un poeta indiano di Goa, che da sindaco di Lisbona aveva sfidato da sinistra la leadership del precedente Segretario Generale Antonio José Seguro in seguito alle scorse elezioni europee, il Blocco di Sinistra, guidato da un Comitato Permanente di sei membri, la cui portavoce è Caterina Martins, un’attrice teatrale, e la formazione comunista-verde, la Coalizione Democratica Unitaria, di Jeronimo de Sousa, in Parlamento senza interruzioni dal ritorno della democrazia portoghese nel 1975, dopo la Rivoluzione dei Garofani, e con un retroterra di tutto rispetto: metalmeccanico a soli 14 anni e poi militante antifascista sotto il regime di Salazar e sindacalista. Il Presidente della Repubblica Antonio Cavaco Silva (PSD), ha confermato Passos Coelho come capo di governo, appellandosi alla tradizione istituzionale di assegnare il mandato al partito arrivato primo, ma è stato duramente criticato da Antonio Costa, che evidenzia l’assurdità di assegnare l’incarico pur sapendo in anticipo che non ha i numeri per governare, e dai partiti della sinistra, che protestano contro la discriminazione ricevuta dal Presidente in quanto partiti anti-austerity (il BE) o antieuropeisti (i comunisti).
La Sinistra portoghese per la prima volta unita.
Storicamente quando uno dei due maggiori partiti non aveva i numeri per governare, il Partido Socialista (PS) ha sempre preferito astenersi dal coinvolgere i comunisti, sostenendo soluzioni centriste con l’avversario PSD, il quale dal canto suo non si poneva le stesse pregiudiziali nel trattare coi partiti alla propria destra. Questa è la prima che avviene l’opposto a livello nazionale. Fino ad oggi la collaborazione interna alla sinistra era stata limitata alle elezioni locali, con l’unica eccezione degna di nota nelle elezioni presidenziali del 2011, quando il BE supportò il candidato presidenziale socialista. Nelle parole di Antonio Costa, “è come buttar giù gli ultimi resti del Muro di Berlino”.
“É como deitar abaixo o resto do muro de Berlim”
Commentando i risultati la sera delle elezioni, pur ammettendo di aver ricevuto un voto inferiore alle aspettative (movente che già aveva causato un cambio al vertice del partito a seguito delle europee del 2014, quando Costa sfidò e conquistò la segreteria a Antonio José Seguro), il PS ha evidenziato come Passos Coelho non avesse il consenso democratico per governare e nei giorni seguenti alle elezioni ha dato inizio agli incontri con i partiti alla sinistra del PS, la sinistra radicale del Bloco de Esquerda (BE), che si è proposto come la Syriza portoghese, e i comunisti della Coligação Democrática Unitária (CDU), che comprende, oltre al Partido Comunista Português (PCP), anche i verdi del Partido Ecologista “Os Verdes”, cooptati dal 1987 e che compongono il 10% dei candidati e dei membri della CDU. Il PS non aveva escluso a priori un’intesa con il centrodestra, con il quale pure ha avuto dei tavoli di discussione, ma sempre nelle parole del leader socialista, “i negoziati [con la sinistra] sono ad un punto più avanzato e procedono molto più speditamente [che quelli con il centrodestra]“. Costa aveva anzi dichiarato di non essere disponibile a formare una coalizione negativa che si limitasse a sfiduciare il governo di centrodestra senza esprimere contestualmente un’alternativa credibile. Il 19 Ottobre i negoziati hanno dato un esito ben preciso, quando Catarina Martins ha trionfalmente annunciato che Passos Coelho non avrebbe più governato il Portogallo. Il Partido Socialista (PS) di Antonio Costa infatti ha dichiarato che non avrebbe supportato nessun governo guidato dal centrodestra e da Passos Coelho ed ha anche dichiarato che il Partito Socialista ha i numeri per formare una maggioranza di governo grazie al supporto dei due partiti della sinistra. Oggi Antonio Costa dichiara che i negoziati dell’accordo per portare la sinistra al governo del paese procedono e che sono svolti in onestà e buona fede e De Sousa ha ripetuto le sue parole confermando che l’accordo è sulla buona strada: un gesto molto importante che conferma che la collaborazione fra socialisti e comunisti, un tabù politico a livello nazionale ma praticato a livello locale sin dalle elezioni comunali a Lisbona del 1989, è finalmente realtà.
A rischio il “pupillo” della Troika e di Bruxelles.
Il Portogallo è stato il “favorito” della Troika, l’esempio vincente da opporre alla Grecia. Mentre la Grecia scalpita ed è refrattaria alle ricette dell’austerity e non riesce a ripartire, il Portogallo le applica volenterosamente e raggiunge i risultati previsti. Ovviamente le cose non stanno così. Il Portogallo viveva una sua crisi economica già prima di essere colpito dalla tempesta del 2008, quando il governo socialista di José Socrates si dimise di fronte al crescere del rendimento dei titoli di stato e alle proteste di piazza contro le prime misure d’austerity introdotte dal suo governo. Da allora, con l’elezione di Passos Coelho. il Portogallo ha implementato varie misure, criticate dai socialisti per aver portato povertà e stagnazione economica al Paese. È da notare come, nonostante tutto, al Portogallo sia stata permessa molta libertà. Il bilancio del 2014 venne infatti chiuso con un deficit del 7,5% con buona pace della Commissione europea. Quest’anno invece pare che, nonostante un picco del 4,5% registrato fra primavera e estate, il deficit ha finalmente raggiunto la soglia limite stabilita del 3,5%, ma ancora è impossibile emanare una legge di bilancio non essendoci un governo nel pieno delle sue funzioni, senza contare che la maggioranza, come sappiamo, non è della coalizione di governo ma è delle sinistre socialiste. Il rapporto debito/PIL ha continuato a salire, dal 108% al 130% di quest’anno, mentre la disoccupazione, dopo aver raggiunto picchi del 17% nel 2012 e del 13-14% nel 2015, è ridiscesa all’11,9% attuale, un miglioramento solo illusorio, visto che il Portogallo ha conosciuto un’emigrazione massiccia. Fra il 2011 e il 2014 oltre 485mila portoghesi, fra cui moltissimi giovani qualificati e laureati, hanno abbandonato il Paese. Una fuga di cervelli drammatica per un Paese che conta poco più di 10 milioni di cittadini.
Sappiamo che il Portogallo era stato il paese più duro nei confronti della Grecia di Tsipras. Se il Portogallo dovesse abbandonare il campo dell’austerità non per un’opposizione radicale come quella di Tsipras prima del referendum, ma anche solo per raggiungere il fronte dei pur moderati critici guidati da Francia e Italia, le dinamiche e gli equilibri di potere in seno all’Unione Europea ne subirebbero drammaticamente il contraccolpo. Non solo a livello negoziale, appunto, ma anche a livello ideale, visto che verrebbe a crollare l’ultimo contraltare politico e ideologico che dimostrebbe l’efficacia presunta dell’austerity. Ricordiamo che il BE ha condiviso le scelte politiche e strategiche di Alexis Tsipras in Grecia e condivide anche la sua proposta di rinegoziazione e ristrutturazione del debito mentre i comunisti sostengono l’uscita del Portogallo dall’unione monetaria, dall’Unione Europea e dalla NATO, tutte e tre denunciate come istituzioni imperialiste e lesive della sovranità popolare portoghese. D’altro canto, stando anche alle dichiarazioni di Antonio Costa e di vari deputati socialisti, è dato per scontato che per comune accordo queste proposte radicali non faranno parte del programma di governo, che si focalizzerà invece nel far uscire il paese dall’austerity e nel revocare subito le misure più impopolari imposte dal precedente governo. Il tutto mentre da Bruxelles si caldeggia affinché il nuovo governo, qualunque esso sia, non cambi la politica economica del paese. Un appello che suona sfasato dalla realtà.
Il seme del coraggio nel Partito Socialista Europeo.
In un periodo storico in cui le forze socialiste europee non riescono, per mancanza di capacità o di volontà, ad opporre un’alternativa alle politiche di austerità, alle pratiche antidemocratiche e alla xenofobia di destra, il Partito Socialista portoghese fornisce una speranza e un esempio per gli altri partiti socialisti, soprattutto quelli mediterranei, mentre suona come un cambio di rotta rispetto alle scelte della SPD tedesca che, posta in una condizione simile, ha optato per la grande coalizione con Angela Merkel. L’importanza della netta scelta di campo dei socialisti portoghesi non è da sottovalutarsi ed è in grado di ridefinire i rapporti di forza e la direzione politica dei prossimi anni sia in Portogallo che in Europa. Joao Soares, figlio dello storico leader che formò il Partido Socialista come principale forza riformista portoghese, oggi dichiara: “Per prima volta nel nostro paese c’è la prospettiva dio un governo di Sinistra con i Socialisti, i Comunisti e il Blocco di Sinistra. C’è una maggioranza contro le politiche dell’austerità e dell’impoverimento, che hanno segnato gli ultimi quattro anni. È molto importante seguire, diciamo, una politica anticapitalista. Sono socialista e sono stato sempre un moderato dentro la nostra famiglia socialista, laburista e socialdemocratica. Non ho vergogna di dire che sono socialista. Il capitalismo è tornato gli ultimi anni in una forma selvaggia e dobbiamo combatterlo a livello europeo per rovesciare la situazione attuale. In Portogallo abbiamo oggi la possibilità per avere un altro governo”.
Nonostante la decisione del Presidente della Repubblica, Antonio Cavaco Silva, di confermare Passos Coelho nel suo ruolo sia probabilmente ispirata dalla speranza che i socialisti si spacchino o che perlomeno una frazione dell’ala destra del partito si separi per sostenere il governo di destra, la sua scelta è stata accolta con sdegno da tutti i socialisti, anche i seguristi, sostenitori di Antonio José Seguro che era stato scalzato dal suo ruolo di Segretario Generale proprio da Antonio Costa, e come risultato il Partito Socialista ha ritrovato la sua unità. Un’altra buona notizia è che il Presidente dell’Assemblea è stato eletto con 120 voti dai partiti della sinistra contro i 108 voti per il candidato del governo, il che dimostra la tenuta dei socialisti e la coesione della coalizione di sinistra.
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Classe 1992, nato a L'Aquila, vive a Roma. Laureato in International Relations, dipartimento di Scienze Politiche LUISS, con 110 e lode.