Recensione a: Gabriele Giacomini, Psicodemocrazia. Quanto l’irrazionalità condiziona il discorso pubblico, Mimesis, Milano 2016, pp. 214, 18 euro (scheda libro)
Scritto da Simone Bernardi della Rosa
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“Derazionalizzazione e politica on line” è il titolo dell’appendice del volume scritto da Gabriele Giacomini (dottore di ricerca in Neuroscienze cognitive e Filosofia della mente e attualmente Assessore all’Innovazione e allo Sviluppo economico della Città di Udine) uscito per Mimesis nel 2016. Partendo proprio dalle domande e gli spunti di riflessione che l’autore pone in appendice al suo libro è interessante ricostruire à rebours la genesi e la portata del concetto di razionalità all’interno della democrazia e nello specifico delle dinamiche di voto. Le ultime pagine sono dedicate ad una analisi del fenomeno di Twitter, che ha ottenuto sempre maggiore rilevanza all’interno del dibattito politico degli ultimi anni, fino al punto che nel caso delle elezioni di Trump, avvenute peraltro lo stesso anno e poco dopo l’uscita del volume, molti analisti politici si erano spinti nell’affermare che la stessa piattaforma potesse aver influito pesantemente sul voto. Come sottolinea giustamente l’autore, già dalla prima campagna di Obama era cresciuta notevolmente l’attenzione nel pubblicare contenuti di carattere emotivo e personale che instaurassero una nuova forma dialogica fra candidato ed elettore. Il 2016 è però anche l’anno del termine post-truth assurto a panacea per tutti i mali della politica e dell’informazione, e quello attuale non è certamente iniziato meglio con le recenti dichiarazioni del fondatore di Twitter, Evan Williams, al New York Times: “Internet is broken”, riferendosi alla crescente polarizzazione dell’informazione e alle pratiche di odio politico e non solo che tutti i giorni invadono la piattaforma e le discussioni e i commenti di ogni social network.
Come si può facilmente evincere dal quadro appena delineato e dalle nostre esperienze quotidiane su internet, gli spunti forniti da una attenta analisi delle dinamiche irrazionali sul web sono moltissimi e vanno in molte direzioni, e molti studi recenti confermano la tendenza del web a polarizzare e in certi casi estremizzare il carattere impulsivo di molte scelte politiche.
Per questo motivo sono partito dalle riflessioni conclusive di Giacomini: in questa situazione di instabilità ritengo che una attenta analisi con una solida base teorico-filosofica supportata dai risultati delle scienze cognitive possa aiutarci a non cadere in facili catastrofismi, ed è proprio questa la direzione in cui si muove l’autore.
Crisi del modello razionale
Il modello razionale della partecipazione democratica fu formulato per la prima volta nel 1957 da Anthony Downs, ancorando alla scienza politica l’approccio razionalista nato in ambito economico. Assumendo questa prospettiva l’elettore era descritto come un individuo pienamente razionale e consapevole, capace di calcolare il rapporto fra costi e benefici personali che l’attuazione di un programma politico avrebbe comportato e in base a ciò esprimere la propria preferenza. Nonostante il carattere normativo della teoria, ben presto sono venute alla luce molte criticità che hanno messo in discussione le caratteristiche e le capacità razionali dell’attore politico.
Ritengo molto interessante il doppio binario che possiamo seguire all’interno della trattazione, da un lato le scienze empiriche e sperimentali hanno permesso di individuare precise strutture che condizionano le scelte politiche, rendendole in parte misurabili, dall’altro l’esplosione dei mezzi di comunicazione di massa le ampliavano notevolmente, in quanto la comunicazione politica si è immediatamente appropriata di strategie che puntassero a colpire la parte più irrazionale dell’elettore. Del resto la passione e l’impulsività sono fattori a cui la politica fa costantemente appello. L’esempio riportato del confronto fra Kennedy e Nixon mette in scena esattamente questa strettissima connessione tra i media e i fattori irrazionali, che molto spesso si annidano nei dettagli, nei particolari, ma al tempo stesso possono risultare decisivi: e quindi l’espressione del volto o la tonalità di una giacca che la televisione rendeva percepibili per la prima volta possono risultare decisivi come e quanto la preferenza partitica o un programma politico desiderabile per la propria condizione sociale.
Ciò è possibile ovviamente solo a seguito di un cambiamento nel modello standard di voto, in cui i media hanno sicuramente giocato un ruolo decisivo. Abbiamo assistito infatti sempre più dalla nascita della televisione fino all’esplosione del web ad una personalizzazione della politica, ad una comunicazione diretta e impulsiva nei confronti dell’elettore. Le preferenze di voto oggi quindi possono essere molto più altalenanti, ed alcuni risultati a volte sorprendenti degli ultimi anni ne darebbero conferma.
In cosa consiste quindi a livello individuale l’irrazionalità politica? Quali sono le strutture che formano le credenze di un cittadino selezionando informazioni e influenzando le sue scelte in cabina elettorale?
Psicodemocrazia e razionalità limitata
È nell’approccio multidisciplinare che si può individuare il fulcro della ricerca che sostiene l’argomentazione dell’intero volume. Con molta attenzione nel non ridurre le dinamiche politiche alla sola dimensione cognitiva da laboratorio, Giacomini individua alcune caratteristiche insite alla costruzione del ragionamento che possono rendere conto e aiutarci a fornire alcune risposte alle nostre domande appena poste. Un sistema cognitivo segue quotidianamente due binari, un ragionamento intuitivo, automatico, fortemente influenzato da bias cognitivi e predisposizioni ad agire da una parte; ed un secondo sistema basato sulla razionalità, sul metodo deduttivo, su una riflessione più lenta ed accurata. Come già avevano chiarito benissimo i filosofi pragmatisti, nella vita di tutti i giorni non è possibile vagliare ogni singola decisione, pena un’esistenza miserabile. Appoggiandosi agli studi di Kahneman Giacomini perviene a conclusioni simili: bias cognitivi ed euristiche non svolgono un ruolo fondamentale solo nelle azioni immediate e quotidiane o nelle operazioni logiche più semplici, ma influenzano direttamente anche scelte che necessiterebbero una analisi razionale e approfondita, come per l’appunto le decisioni politiche. Queste osservazioni vengono estese in un frame più ampio, a mio avviso a buona ragione, a supporto della tesi principale dell’autore: nessuno è escluso da queste dinamiche cognitive, nemmeno attori sociali più competenti rispetto al comune cittadino come tecnici, analisti, esperti. Le stesse persone che estrapolano dati in laboratorio sono soggette a queste strutture irrazionali costitutive del pensiero, e questo ad esempio dovrebbe farci riflettere molto attentamente riguardo la fiducia incondizionata che riponiamo nelle elaborazioni di dati.
Fondandosi su queste premesse l’autore esclude la tentazione tecnocratica, a cui oppone una “Democrazia dialogica imperfetta”: infatti affidarsi in toto in politica a figure esperte e tecnici non risolve assolutamente la questione dell’irrazionalità, in cui sono di fatto essi stessi coinvolti, condividendo la stessa natura di tutti noi cittadini. Una Democrazia consapevole invece dei limiti razionali di tutti gli attori coinvolti può garantire comunque alcune certezze, di fatto riconducibili anche ad uno dei principi cardine della stessa, ovvero la rotazione del potere che “impedisce che posizioni di comando siano mantenute in maniera esclusiva e per lungo tempo da pochi individui”.
Se purtroppo da un lato stiamo assistendo alla perdita di fiducia da parte dei cittadini in alcuni dei principi fondamentali della democrazia (e chissà che la costante comunicazione sul web e non che fa costantemente appello all’irrazionalità dell’elettore non stia giocando un ruolo anche in queste dinamiche, proprio sotto i nostri occhi), dall’altro sarebbe importante rinnovare la fiducia invece ai molti giovani ricercatori che come in questo caso tentano con nuovi approcci e angolazioni, percorrendo una non facile linea di frontiera fra discipline, di fornire spiegazioni solide e razionali a fenomeni complessi all’interno dei quali al giorno d’oggi domina appunto l’irrazionalità.
Bibliografia: Walter Quattrociocchi e Antonella Vicini, Misinformation. Guida alla società dell’informazione e della credulità, FrancoAngeli, Milano 2016.